martedì 8 agosto 2017

Leonardi Daniele, ultrarunner: Il Mio Cammino, sapersi guardare dentro

Matteo Simone 
 

Non si è mai pronti per un lungo cammino come può essere l’intero cammino di Santiago da Campostela che comporta tanti giorni di cammino lontani dal lavoro, dalla famiglia, da casa, ma a volte si prende la decisione e si smette di rimandare, è quello che ha fatto Daniele a un certo punto della sua vita.

Conosco Daniele da tanti anni, si può dire che ho iniziato a correre con lui e un altro amico Mauro Ceschin, con la stessa squadra, qualche allenamento insieme, qualche gara insieme, poi Mauro è partito e ognuno ha preso la sua strada, squadre diverse, direzioni diverse, ogni tanto ci siamo rincontrati piacevolmente.
Di seguito Daniele racconta la sua esperienza, rispondendo ad alcune mie domande, prima del convegno sul cammino organizzato a Barletta da Enzo Cascella, presidente della società Barletta Sportiva.
Come hai iniziato i cammini? Ho iniziato a conoscere l'evento per puro caso, dopo l'invito di un amico a partire insieme, ma ancora non era il momento giusto e soprattutto non avevo il tempo da potergli dedicare in totale libertà dagli impegni lavorativi.”
Cosa significa per te?
 “Il Mio Cammino. Cosi l'ho sempre definito da quando ho compreso il suo carattere di unicità. Ognuno compie il proprio anche se tra tanta gente, insieme ad un'onda continua che si muove. Questo è stato lo spirito che mi ha accompagnato, convinto che ognuno deve viverlo secondo il proprio desiderio, necessità, visione di tutto quello che lo circonda e che può incontrare durante lo scorrere del tempo e dei chilometri. Ho avuto la possibilità di ampliare nel tempo quella capacità di analizzare la mia interiorità, cosa che solitamente faccio durante la corsa. Sapersi guardare dentro, avere la curiosità di vedere anche da un'altra prospettiva la propria esistenza vissuta. Lanciare uno sguardo al futuro, ma volendo vivere profondamente il presente.”

Belle le parole di Daniele, il cammino diventa la metafora della vita, ognuno prende il suo cammino, la sua direzione come nella vita, a volte si rimane in contatto con se stessi, con la propria interiorità, si fa una specie di rendiconto della propria esistenza, si va avanti da soli, incontrando persone lungo il percorso, facendo tratti insieme, incontrandosi, confrontandosi e perdendosi per strada.
Quali i benefici?Il beneficio più grande: una sensazione di serenità che continua ad accompagnarmi e la felicità per aver realizzato qualcosa che é conosciuto in tutto il mondo. La cosa che contraddistingue il cammino é la presenza di pellegrini con una media di età che supera i 40 anni. Segno che solo dopo aver raggiunto una piena maturità, sopraggiunge il desiderio di rivedere quanto si è vissuto. I giovani erano davvero pochi, secondo me poco disposti a quel tipo di sacrificio e ancora solo con la voglia di scoprire cosa li attende. La scoperta per loro é proiettata in avanti, per noi anche in tutto quello che abbiamo vissuto e come.”

Dopo lunghi cammini, dopo aver raggiunto la meta, si porta a casa tanta esperienza, tanta soddisfazione, si ritorna più ricchi dentro, più consapevoli, più sereni.
Prossimi cammini?Non so se e quando rifarò un cammino. Mia moglie si era incuriosita, ma non potrebbe affrontare un percorso cosi lungo. Mio figlio di 14 anni si é detto disposto a farlo con me...vedremo.”

Interviste, racconti e testimonianze da parte di atleti di sport di endurance mi hanno permesso di scrivere il libro Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida 
Psicologo clinico e dello sport, Psicoterapeuta
http://ilsentieroalternativo.blogspot.it/p/chi-siamo.html

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