martedì 21 novembre 2017

Valentina Spano: Ho deciso di dedicarmi per un po' a distanze più 'brevi' come i 100km

Matteo Simone  

Il mondo degli ultrarunner appare sempre più bizzarro e sorprendente.

Gli ulrtarunner sembrano essere sempre più consapevoli delle proprie capacità e dei propri limiti e sempre pronti a mettersi in discussione e a decidere momento per momento quello che può essere meglio per loro continuando a fare sport ma allo stesso tempo continuando a sperimentare benessere individuale e collettivo. 
E sì perché lo sport che vogliamo non è fatto solo di fatica, sofferenza, performance ma anche di partecipazione, aggregazione, inclusione, uno sport che avvicina persona dal Nord al Sud passando per il centro, che abbatte barriere culturali e generazionali.
Valentina racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande che mi permettono di dar voce ad atleti considerati più o meno strani, più o meno normali, più o meno bizzarri e io stesso sento di farne parte piacevolmente e resilientemente.
Ciao Valentina, che sapore ti ha lasciato questa 24 ore? Questa è stata una 24h particolare per me perché ho deciso "a tavolino " di far un test sui 100km. Sapevo di non essere pronta per correre una 24 ore perché negli ultimi mesi non ho potuto allenarmi a dovere. Inoltre ho deciso di dedicarmi per un po' a distanze più "brevi" (come i 100km).”
Avuto problemi, criticità?Sono estremamente soddisfatta di questa esperienza. Il mio test è andato al meglio. Ho corso concentrata e rilassata come non mi capitava da tempo. Non ho avuto crisi. Ho chiuso con un tempo di 10 ore e 20 minuti. Un sogno per me, un salto di qualità notevole. Considerando che nell'ultimo anno in gara ho spesso avuto problemi fisici, mi sono presa una 'rivincita' nei confronti di me stessa. Penso che gran parte dei problemi che ho avuto in gare passate, dipendano da me.

Davvero una bella gara, un bel tempo, nuove consapevolezze con questo nuovo personal best, complimenti, il lavoro, la persistenza, la tenacia, il crederci, la motivazione hanno dato frutti.
Cosa lasci a Reggio Emilia e cosa porti a casa? Curiosità? Sorprese?Dopo i miei 100km mi sono cambiata i vestiti perché faceva molto freddo, ed ho proseguito la corsa fino alla dodicesima ora. A quel punto mi sono fatta un massaggio e una doccia calda ed ho guardato la gara degli altri atleti. Di dormire non se ne parlava proprio!
Quali sono ora tue mete, direzioni, obiettivi?Nel 2018 ho un obbiettivo: correre al meglio la 100km di Seregno. Magari intorno alle 10 ore, chissà… è un obbiettivo ambizioso ma sognare è gratis!”

Un obiettivo ambizioso, difficile, sfidante ma si può fare con impegno, determinazione e credendoci sempre di più. Quasi quasi vengo anch’io.
Come ti prendi cura di te ora dopo una gara di più di 10 ore di corsa?Ma adesso farò una settimana di riposo, poi mi dedicherò alla piscina. In genere dopo gare così lunghe vado dal mio terapista di fiducia, Alessandro Bossini. Mi segue da anni e da come rimettermi in sesto.

Un po’ di coccole e autoprotezione anche sì dopo tanta fatica, sempre importante prendersi cura di sé e affidarsi ad amici o bravi professionisti del settore.
Cosa hai raccontato a casa, al lavoro, agli amici dopo la gara di più di 10 ore di corsa?La manifestazione di Reggio Emilia è sicuramente un'esperienza che ripeterei alla prima occasione. L'atmosfera era magica, emozionante.”
Hai conosciuto altri atleti? Hai approfondito la conoscenza di altri atleti? Hai qualcosa in comune ad altri atleti?Atleti di alto livello, assistenza ottima. Sono molto fortunata a far parte della cerchia di atleti allenati da Luca Sala. Chi lo conosce sa che è una persona generosa e paziente e con noi ultramaratoneti di pazienza ce ne vuole. Per me sotto alcuni punti di vista è stato come un raduno di famiglia perché con altri atleti presenti abbiamo condiviso davvero tante trasferte. Con alcuni di loro ho un rapporto profondo e sincero. Quando si corrono le gare a circuito si crea un clima di solidarietà, ci si aiuta l'un l'altro. Ho conosciuto atleti che non avevo mai incontrato, tutti abbiamo una passione viscerale per la corsa, tutti amiamo la sofferenza che si trasforma in gioia appena finita la gara.”

Il mondo degli ultramaratoneti è un mondo che unisce, dove si è tutti nella stessa situazione di sfida, di difficoltà, di intenzioni di far bene e meglio delle altre volte.
Cosa lasci a Reggio Emilia e cosa porti a casa?Mi sento sicuramente arricchita umanamente dopo questa manifestazione. Sono tornata a casa piena di entusiasmo e con tanta voglia di migliorarmi. Sono molto fortunata ad avere una famiglia unita che fa il tifo per me.”

In genere alle gare si portano bagagli pieni di tensione, preoccupazioni, dubbi, perplessità ma poi si torna soddisfatti, stanchi ma felici e contenti, nuove amicizie, amicizie più profonde, nuove consapevolezze.
Testimonianze di atleti mi hanno permesso di scrivere alcuni libri, tra i quali "Ultramaratoneti e gare estreme" e proprio in questo libro riporto anche la seguente testimonianza di Valentina che, come tanti altri atleti, sperimenta amore e felicità nella corsa e quindi più corre e più è felice: 
Sono una persona che ama correre alla follia, l’ultramaratona è solo il mezzo per raggiungere la felicità. L’ultramaratoneta secondo me dimentica l’orologio, non pensa più i km uno a uno. L’ultramaratona è un modo per prolungare la gioia della corsa.

Questo è il sorprendente, bizzarro, straordinario mondo degli ultrarunner: incontri, saluti, abbracci, condivisione dell’esperienza. 
Valentina è menzionata nei libri: 
Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida, edito da Edizioni Psiconline. 
La 100km del Passatore. Una gara fra coraggio e resilienza, edito da Psiconline, 2021.

Matteo SIMONE +393804337230 
Psicologo clinico e dello sport, Psicoterapeuta 

Nessun commento:

Translate