venerdì 10 luglio 2015

Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta?

Matteo SIMONE 

Si smette per motivi di salute, per logorio, impossibilitati a continuare. Si smette a malincuore, si vorrebbe essere invincibili, imbattibili, supereroi, infiniti, quasi immortali.
Ecco le risposte alla domanda: Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta?
Angelo Fiorini: “Non ho mai pensato di smettere ma nel momento di massino entusiasmo e di ottima forma fisica, ho dovuto fermarmi a causa di gravi problemi fisici dovuti alla gara più estrema alla quale ho partecipato, la Sparta Atene di 245 km, nell’ottobre del 2011. Dopo 172 km, sono stato costretto a fermarmi e lo sono fino a tutt’oggi!

giovedì 9 luglio 2015

Ho allenato il mio cervello ad andare oltre

Gli atleti considerano l’importanza del fattore mentale, affermando che non basta solamente l’allenamento fisico ma è opportuno sviluppare anche aspetti mentali quali la caparbietà, la tenacia, la determinazione e questi aspetti poi saranno utili anche per la vita quotidiana, infatti permetteranno di saper gestire ed affrontare determinate situazioni considerate difficili.

La domanda: “Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta?” ha avuto le seguenti risposte:
Angelo Fiorini: “La motivazione principale che mi ha spinto ad iniziare tale percorso, è stata la mia caparbietà e tenacia nel cercare il prossimo risultato dopo averlo ottenuto, sfidando la fatica fisica, grazie ad un’ottima tenuta mentale che in questo tipo di attività estrema, è fondamentale perché le gambe possono essere in forma ma se la testa dice no non vai da nessuna parte!!!
Pasquale Artuso: “Vedere fin dove posso e riesco ad arrivare, mi ha dato sempre fastidio ‘non riuscire a vedere cosa c’è dietro una curva’ perché dovevo girare per tornare indietro.”
Stefano La Cara: “Ogni singola sensazione che si respira.”

Libro illustrato LA VITA E' IN GIOCO

E’ possibile ordinare ONLINE il LIBRO ILLUSTRATO LA VITA E’ IN GIOCO CHE EDUCA ALL’INTEGRAZIONE.
Da Amnesty International ecco 11 racconti per denunciare le violazioni dei diritti dei bambini
Educare, promuovere l’integrazione e l’intercultura, risvegliare il sentimento della solidarietà. Questi in sintesi i grandi obiettivi che ruotano attorno al Gruppo 56 di Amnesty International (uno dei duecento operativi in tutta Italia, sedici solo nel Lazio), l’organizzazione non governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani. Obiettivi e tematiche che si rincorrono anche negli 11 racconti del Libro illustrato “La vita è in gioco”.
 “Il Libro si propone di essere uno strumento didattico rivolto agli insegnanti e ai genitori di bambini dai sei anni in su”, spiega Giuseppe Meffe, responsabile del Gruppo 56 e coordinatore del progetto.
Giuseppe Meffe Ideatore: “Una bella esperienza di gruppo, credo che ognuno abbia avuto modo di esprimere al meglio le proprie potenzialità e sviluppare relazioni umane significative. Non dobbiamo mai stancarci di avvicinare l’altro e conoscerlo entrando in sintonia con le sue emozioni, credo che questo lavoro è un esperienza, che porteremo dentro ognuno di noi, utile per fornire contributi al miglioramento continuo della nostra società Ideare le storie è stato molto interessante soprattutto aprire una telecamera su un mondo quelli dei diritti umani dei bambini, così poco rappresentati. 

martedì 7 luglio 2015

L’importanza di fermarsi ed apprendere dagli errori

Volendo, si può far tutto, la passione è un motore potente che riesce a mobilitare le energie occorrenti per portare a termine qualsiasi impresa con qualsiasi condizione, è una sorta di adattamento graduale che ti permette gradualmente di incrementare l’autoefficacia personale e sviluppare la resilienza che ti permette di andare avanti e con tutte le proprie risorse, capacità personali scoperte nel corso di precedenti e situazioni.
KABAT-ZINN nel suoi testo “Dovunque tu vada ci sei già. In cammino verso la consapevolezza” (2) illustra l’importanza del non fare, di fermarsi, di sperimentare l’essere: “Un buon modo di interrompere le nostre occupazioni è passare per un momento alla ‘modalità dell’essere’. Valutate semplicemente questo momento, senza tentare affatto di cambiarlo. Cosa sta accadendo? Cosa provate? Cosa vedete? Cosa sentite?
Quando ci si ferma, l’aspetto curioso è che immediatamente si diventa se stessi. Tutto appare più semplice. In un certo senso è come se foste morti e il mondo continuasse. Se moriste realmente, tutte le vostre responsabilità e obblighi svanirebbero d’incanto.
Riservandovi alcuni attimi di ‘morte volontaria’ arginando le pressioni del tempo, finché vivete sarete liberi di ritagliarne una parte per il presente. ‘Morendo’ ora, in questo modo, in realtà divenite più vivi. Questo è il vantaggio di fermarsi. La pausa contribuisce a rendere più vivaci, ricche e articolate le azioni successive, aiuta a inquadrare nella giusta prospettiva tutte le preoccupazioni e insicurezze. Serve da guida.

Niente è impossibile, se si vuole si può superare qualsiasi cosa

Hervé Barmasse nel suo testo La montagna dentro spiega che niente è impossibile, se si vuole si può superare qualsiasi cosa: “Superare le montagne si può, come si possono superare le vie difficili in falesia, i limiti nello sport, ma anche i pregiudizi, le barriere sociali e culturali.” (1)


Dalle risposte alla domanda “Cosa significa per te essere Ultramaratoneta?” una parte degli atleti ha evidenziato semplicemente il percorrere una distanza superiore alla maratona, mentre un’altra parte ha evidenziato aspetti inerenti le capacità mentali di perseguire uno sforzo prolungato nel tempo oltre quello previsto per la percorrenza della distanza di una maratona e le conseguenze relative, tipo la capacità di saper soffrire, di saper autoregolare le proprie energie, lo sperimentare nuove emozioni, ecc.
Ma emerge l’importanza dello sperimentare, del far parte di una categoria privilegiata che sa che se vogliono possono fare tutto nello sport e nella vita. Riporto di seguito le risposte alla domanda “Cosa significa per te essere Ultramaratoneta?”:

SUCCESSO DEL PRIMO FESTIVAL DEL CALCIO

Si è conclusa la prima edizione del Festival del Calcio di Perugia, il primo ed unico festival al mondo dedicato al racconto, al mito, alle storie, alla cultura, ai protagonisti che hanno creato l’epica del pallone. I protagonisti sono stati campioni di calcio di oggi e di ieri, readings e concerti, street food, videogames, biliardini e il biliardo umano. Il Festival del Calcio è stato realizzato da team di 11 esperti composto da Angelo Guglielmi, Bruno Voglino, Enrico Ghezzi, Piero Chiambretti, Luca De Biase, Roberto Renga, Serse Cosmi, Paolo Riccini Ricci, Paolo Maggioni, Daniele Sborzacchi, Alessandro Riccini Ricci.
Parte degli allestimenti utilizzati per il festival sono stati donati in sostegno del progetto di pet therapy del centro cinofilo “Speed Dog” presso l’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia.
Grazie all’iniziativa realizzata in collaborazione con Amatori Nuoto Libertas Perugia, Amatori Nuoto Libertas Rari Nantes e La Polisportiva Salesiana Don Bosco tanti ragazzi hanno partecipato e si sono sfidati a calcio presso la polisportiva Don Bosco, per poi giocare in Corso Vannucci con il biliardino 11vs11 allestito in occasione della manifestazione (grazie al contributo di Wind, azienda guidata da Maximo Ibarra e con la collaborazione della FIBI, Federazione Italiana Biliardino). Un sabato e una domenica all’insegna del divertimento, dello sport e del gioco, per imparare fin da piccoli il rispetto, il gioco di squadra e il sano agonismo.

Intervista a due Campioni Ultratrailer: Francesca Canepa e Julien Chorier

Francesca Canepa e Julien Chorier hanno vinto nel 2013 la Ronda dels Cims della distanza di 170km con 13.000m di dislivello positivo. Francesca Canepa (Team Montura Vibram) si impone con una gara in rimonta stroncando la resistenza delle sue avversarie, Emelie Lecomte arriva al traguardo più di 4 ore dopo Francesca. Julian Chorier in 28h40' vince la gara con 2 ore e mezza di vantaggio sul giapponese Keniki Jamamoto, abbassando di quasi 2 ore il tempo del vincitore 2012 Oscar Perez.
Ad entrambi ho invitato a rispondere al questionario predisposto per raccogliere dati per la stesura del mio prossimo libro Ultramaratoneti e gare estreme, interessanti le loro risposte che riporto di seguito.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?
Francesca: “Significa semplicemente ritenere possibile correre QUALSIASI distanza. Senza limiti. Significa che il mio cervello non vede confini, il mio corpo neanche.”
Julien: “Il s’agit tout simplement d’être capable d’aborder un ultramarathon. Savoir se préparer à gérer son allure, son alimentation et son hydratation sur plusieurs heures de course. (Si tratta semplicemente di essere in grado di affrontare una ultramaratona. Sapersi preparare a gestire il ritmo, il cibo e l'idratazione in diverse ore di gara).”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?
Francesca: “Nel 2010 dopo una granfondo con gli sci ho capito di non faticare su distanze da molti ritenute già “lunghe”, lì erano 45 km. Così qualche settimana dopo ho provato un trail di 26 km e la settimana seguente ho provato una maratona vera, chiusa in 3.29 senza essere stanca.
Julien: “Je suis venu au sport assez tard, à 20 ans. J’ai pratiqué le cyclisme comme amateur de 20 à 26 ans me suis tout de suite mis à courir des ultratrails. Mon premier, la Saintélyon en 2006 (Ho iniziato a fare sport relativamente tardi, all'età di 20 anni. Ho praticato il ciclismo a livello amatoriale da 20 a 26 anni e subito dopo ho iniziato a correre le ultratrails. Il mio primo, il Saintélyon ​​nel 2006).”

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