martedì 21 luglio 2015

Il mio medico di base dice che prima o poi ‘morirò di corsa’


Non si è disposti a fermarsi, a rallentare, a smettere, ad accontentarsi, gli ultramaratoneti non vogliono arrendersi ma vogliono alzare sempre più l’asticella, vogliono sempre essere sul campo a correre, a sperimentare, a sentirsi vivi, a sentire le forti sensazioni, le emzioni, a condividere con i più giovani le dure imprese di lunghe distanze. Di seguito le risposte ricevute alla domanda: “E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva?”:
Angelo Fiorini: “A livello medico si, un fisiatra al quale mi ero rivolto per problemi alla schiena e al nervo sciatico, dopo che ha ascoltato quello che facevo è rimasto allibito, dicendo che era il minimo quello di avere quei problemi, e che per fare certe cose si ha bisogno di essere seguiti e che purtroppo nel nostro caso, sono allenamenti ‘fai date’, che comportano tanti errori. Io, in quella occasione, l’ho ascoltato solo per il periodo di riposo e cura che mi aveva prescritto. “
Pasquale Artuso: “Sì, l’ortopedico!!! Secondo lui dopo i 40 anni non si dovrebbero più correre neanche le maratone.”
Marco Stravato: “Si, nel 2005, al solito stavo preparando il Passatore, correvo sempre sul tappeto una mezza a 3’45’’ mi si gonfiò il ginocchio, problemi di cartilagine al ginocchio sinistro, stop di 1 anno e mezzo, ma ne sono uscito fuori, il consiglio dell’ortopedico dell’IOR di Bologna fu, mai più Passatore, invece nel 2010 ricorro il Passatore, è più forte di me e poi ritengo che sia molto più traumatico la corsa veloce corta (21 km) che non un lungo viaggio/corsa ad andatura lenta, ora infatti corro molto più lentamente.”
Stefano La Cara: “Tranne mia madre, no.”
Mauro Fermani: “Un ortopedico mi aveva detto che avrei dovuto ridurre sensibilmente a causa della condizione delle ginocchia. “
Claudio Leoncini: “Si, i tanti anni di ultramaratone hanno un po’ lasciato il segno sui tendini e ora ho dovuto ridurre di circa il 20% il chilometraggio settimanale.”

venerdì 17 luglio 2015

Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?

Matteo Simone 21163@tiscali.it

Gli amici inizialmente considerano l’atleta fuori di se, ai limiti della pazzia, ma con il tempo apprezzano gli aspetti del carattere che gli permettono di sostenere allenamenti e competizioni di lunghissima durata e di difficoltà elevatissima, diventando quasi fieri di essere amici e raccontando in giro le gesta dei propri amici atleti, quasi a vantarsi di conoscere gente che fa l’impossibile, extraterrestri.

I familiari inizialmente non approvano la passione di un ultramaratoneta che percorre tanti chilometri su strade o sentieri in condizioni atmosferiche difficili, a volte ai limiti della sopravvivenza, ma con il tempo comprendono che l’atleta si dedica ad una passione che lo coinvolge e che gli permette di sperimentare benessere.

giovedì 16 luglio 2015

Manuela Vilaseca: Una delle gare più estreme è stata la XMAN

Tanti ultramaratoneti, ultrarunner, ultratrailer vedono il mondo in modo diverso dai normali runner o dalle persone comuni che praticano una qualsiasi attività sportiva o che seguono lo sport in TV o sui mass media. 

E’ quello che emerge da interviste ad ultramaratoneti per la redazione di un testo rivolto a loro ma anche a coloro che non conoscono questo mondo particolare per capire le loro motivazioni, passioni, stranezze, conoscere aneddoti, modalità di superare crisi, difficoltà, aspetti psicologici che utilizzano per raggiungere i loro obiettivi.
Emerge anche l’importanza dello sperimentare, del far parte di una categoria privilegiata che sa che se vogliono possono fare tutto nello sport e nella vita. Riporto di seguito l’intervista a Manuela Vilaseca.

Philipp Reiter, campionissimo giovane studente Ultrarunner

Interessandomi di Ulramaratoneti e gare estreme per la stesura del mio nuovo libro che dovrebbe uscire a fine settembre, ho avuto modo di contattare un giovane studente amante della montagna, dell’attività fisica in generale, e visto che correva facile per i sentieri di montagna con notevoli dislivelli ha deciso di competere con i più forti esperti del trail e dello skyrunner.
Come tanti altri anche Philipp ha iniziato per caso a frequentare la montagna portato dai genitori e poi ha scoperto di avere un talento e quindi la passione lo ha portato a dedicarsi a questo sport intensamente con allenamenti impegnativi ma non togliendo troppo tempo allo studio, quindi non solo corsa ma anche cultura per avere un lavoro che ti appassiona oltre allo sport e che un domani ti possa dare una sicurezza economica.
Di seguito riporto le domande che ho posto anche a quasi un centinaio di ultrarunner per la maggior parte italiani.
What was your path to becoming a Ultrarunner? (Qual è stato il tuo percorso per diventare un Ultrarunner?
My parents always took my siblings and me in the mountains to show us the beauty of nature but ‘just for fun’ and without any competitions. At the age of 16 I saw an advertisement of a skimountaineering race closed from my home and took part there. So I got involved into the racing scene and did trailrunning just for summer training. After my first Transalpine Run (8 day-team-race where you cross the Alps) I focused more on trailrunning. (I miei genitori mi hanno sempre portato con i miei fratelli in montagna per mostrarci la bellezza della natura, ma "solo per divertimento" e senza nessuna competizione. All'età di 16 anni ho visto una pubblicità di una gara di SCI ALPINISMO nei pressi dalla mia abitazione e partecipai. Così sono stato coinvolto e facevo trailrunning solo per l'allenamento estivo. Dopo la mia prima Transalpine Run (8 giorni-team-gara in cui si attraversano le Alpi) mi sono concentrato più sul trailrunning.)

mercoledì 15 luglio 2015

Avere fiducia in se stessi è una delle doti più grandi che si possano avere

Se desiderate compiere qualcosa nella realtà, innanzitutto visualizzate voi stessi mentre riuscite a compierla.” (Lazarus A., 1989)

Scrivendo di psicologia dello sport ed approfondendo l’argomento degli ultrarunner e delle gare estreme mi sono imbattuto nel libro La montagna dentro di Hervé Barmasse che da eccellente sciatore si trasforma a causa di un infortunio primo in maestro di sci e successivamento in scalatore di nuove vie attraverso le alte montagne, passione condivisa anche con il padre.
Leggendo il suo libro sono tanti gli spunti relativi all ricerca del limite, al confine tra il rischio e l’avventurarsi mettendo da parte la razionalità, gli infortuni, le morti per avventure estreme.Interessante è un suo passaggio sull’autoefficacia che riporto di seguito: “Avere fiducia in se stessi è una delle doti più grandi che si possano avere. Come una pianta che viene curata, innaffiata, potata, anche la fiducia deve essere alimentata se non vogliamo che si spenga e ci abbandoni. Per questo motivo è importante porsi degli obiettivi e cercafre di raggiungerli, inseguire i nostri sogni e i nostri ideali. Non per competere o primeggiare, ma per continuare a credere nelle nostre capacità, nelle nostre qualità. La vita è un alternarsi di momenti positivi e negativi, un andare e venire come le onde del mare, e quando le cose funzionano a meraviglia, siamo pervasi dalla fiducia, mentre quando viviamo un momento difficile, questa scarseggia e per ritrovarla, a volte, non sempre basta guardare dentro di noi. Abbiasmo bisogno di una parola e di un consiglio di un amico, di chi ci vuole berne. Per questo i rapporti con le persone sono la ricchezza più grande di cui possiamo disporre nella vita. Una vera e propria risorsa alla quale attingere nei momenti difficili.

Se si affrontano nel modo giusto, non ci sono gare ‘impossibili’

L’ultramaratoneta è continuamente alla ricerca di situazioni sfidanti da gestire, superare che poi facciano parte del proprio corredo caratteriale. 

Alcuni hanno dichiarato di temere gare troppo lunghe, di distanze superiore ai 200 km, alcuni temono le condizioni atmosferiche oppure la privazione del sonno. Di seguito le risposte ricevute alla domanda: Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine?
Marco Stravato: Nessuna, ancora oggi ritengo che possa arrivare in fondo a qualsiasi gara, con l’avanzare dell’età non so, i miei prossimi obbiettivi sono UTMB e TDG e spero di riuscirci.”
Stefano La Cara: Temo il freddo, quindi ogni gara esposta a temperature rigide mi preoccupa (il che non significa che prima o poi non la proverò…)
Vincenzo Luciani: Ora come ora praticamente tutte. In passato quando stavo meglio ho rinunciato alla 9 Colli, alla Sparta-Atene, perché ho ritenuto, sulla base di informazioni avute da amici che l’avevano corsa che non era nelle mie possibilità. Nella vita e nella corsa bisogna sempre porsi questa domanda: posso permettermelo? E se la risposta è negativa, bisogna farsene una ragione.

Ci vuole tanto spirito di sacrificio, una buona dose di follia e tanta passione


Dalle risposte di ultramaratoneti alla domanda: “Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme?” emerge l’importanza di alcuni aspetti mentali utili nella vita e nello sport. 

Ad esempio si considera l’importanza dell’autoefficacia, cioè il sapere di sapere fare, la convinzione di poter riuscire a raggiungere i propri obiettivi.
Importante è anche lo spirito di gruppo che si crea, il condividere le esperienze estreme, l’idea di trovarsi tutti sulla stessa barca, nella sessa situazione ardua da saper gestire e superare.

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