A cura di Matteo Simone, psicologo e psicoterapeuta Gestalt ed EMDR. Responsabile Nazionale Sezione Sport Corpo Italiano di Soccorso Ordine di Malta (CISOM). Atleta e dirigente dell’ASD Atletica La Sbarra. Triatleta di Podistica Solidarietà. 21163@tiscali.it - 3804337230
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venerdì 14 agosto 2015
Filippo Poponesi: 24 ore di corsa chiamata Popof Day and Night
Gli ultramaratoneti non corrono solo per se stessi
ma corrono anche per gli altri, ci sono gli spingitori come Antonio Mammoli e
Daniele Cesconetto che stanchi di record e di imprese estreme attraverso le
100km di record sul tapis roulant o le tante vittorie alla nove colli running
di 202km o la Spartathlon di 246km ora spingono Marco Albertini in carrozzina
per le strade della Strasimento di 60km, per la Pisotoia Abetone salita ripida
di 50km per il passatore classica gara storica di 100km attraverso il passo
della colla di quasi 1.000 metri da Firenze a Faenza.
Se davvero vuoi ce la fai: portare a termine una grande impresa
Un grande Vito Rubino, capace di portare a termine una grande impresa
grazie anche al suo equipaggio coordinato dalla moglie Palas che si sono presi
cura di lui fino alla fine della Race Across America (RAAM). Trattasi di una
gara di ultraciclismo più dura al mondo, bisogna attraversare tutto il
territorio degli Stati Uniti per una lunghezza di 3.004 miglia che corrispondono
a 4.800 km in un tempo massimo di 12 giorni chi ci riesce è un eroe. Vito ci è
riuscito in 11 giorni e mezzo.
Questo è significato per lui fare 12 giorni e notti di vita con la
bicicletta, dormire il meno possibile, minuti, qualche ora, da due a tre ore al
massimo. Significa pedalare dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina,
con la luce, con il buio, attraversando tanti tipi di territori, con diversi
climi, ed avere un pensiero fisso pensare al traguardo, pensare a portare a
termine la gara, pensare a tutto quello che si è investito in questa gara, in
termini di allenamenti, di preparazione atletica, mentale, programmazione a
tavolino delle varie tappe, delle varie difficoltà, i rischi che si potevano
correre, quello di cui doveva fare attenzione.
Ora che è arrivato ed ha portato a termine questa impresa per Vito c’è
bisogno di tanto recupero, di rieducarsi alla vita quotidiana, dormire comodo
in un letto, mangiare un pasto completo a tavola, e tante altre cose che si è
dovuto privare durante questa competizione estrema. Ho fatto alcune domande a Vito
sulla sua recente esperienza, ecco di seguito cosa racconta di se stesso.
venerdì 24 luglio 2015
Vito Rubino: È proprio il rischio di non farcela che rende la gara una sfida
Vito Rubino è un atleta ultra, ultra, spazi immensi naturali ma anche strade semplici o impervie, mari, acque e bici lo allettano e gli fanno sperimentare il piacere di sentire, il corpo, la fatica, il riuscire nelle sue imprese.
Lui è un
originario di un posto immerso nella natura che è la città di Manfredonia alle
porte del Gargano dove c’è l’immensa foresta Umbra, le strade ed i sentieri del
promontorio del Gargano, ed i mari dove poter nuotare nell’immensità
dell’Adriatico.
Vito sembra un cannibale, un mangiatore di sport, di chilometri, di ore a
fare sport, sembra insaziabile, ma per lui vivere è questo, da molto importanza
allo sport.
Raffaele Luciano: Cosa spinge un ragazzo di 32 anni a correre 50 km?
Le ultramaratone attraggono le persone sia per parteciparvi da corridori sia per respirare l’aria che c’è durante queste competizioni, sia per aiutare ad organizzare tali competizioni, sia per aiutare le persone ad approfondire questo mondo. Un ragazzo di 29 anni si è avvicinato a questo mondo per tutti e tre i precedenti motivi, ha iniziato ad allungare le distanze di gare, ha aiutato Pasquale Giuliani ad organizzare la prima 100km del Gargano.
Di seguito Raffaele Luciano ci illustra la sua passione per questo mondo di sport.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Nel senso proprio del termine, sono ultramaratoneta, avendo percorso in
gara la distanza superiore alla maratona, praticamente devo lavorare ancora
molto, con 3 ultra e diverse maratone sono all’inizio del mio percorso di
crescita e conoscenza interiore.”
Giovanni Capasso: il mio integratore è acqua limone zucchero
Approfondire
il mondo delle ultramaratone mi sta dando l’opportunità di conoscere tanta
gente, tanti atleti, tanti campioni, tante persone comuni, tra le tante persone
anche giovanni, trattasi di un operario che ha scoperto la corsa prolungata
come autoerapia, come valvola di sfogo alla quotidianità, come momento per star
bene con se stesso e sperimentare anche la prestazione sportiva.
Giovanni
sa che correre da benessere anche se i famigliari ed il medico di famiglia gli
sconsigliano di esagerare, ma lui fa tutto con pasione, dedizione, ci mette
tutta la buona volontà e vorrebbe che i propri figli seguissero il suo esempio.
Pietro Salcuni: Correre è la mia passione
Pietro Salcuni, nato a Monte S. Angelo, all’età
di 61 anni si definisce piccolo ultramaratoneta, perché ha tanta strada da fare
per esplorare il mondo delle ultramaratone: “Sono un piccolo ultramaratoneta,
sono ancora a 35 e nel giro di un mese arriverò a 37.”
Per lui essere
ultramaratoneta significa amare correre per tante ore. Cosa significa per te
essere ultramaratoneta? “Un podista che gli piace correre anche per tante ore”.
Ha iniziato piano piano ad allungare il chilometraggio in gara,
appassionandosi sempre di più alla corsa.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Ho cominciato con le gare di10 km poi pian piano ho
deciso di correre una maratona e da li sempre gare con più km”.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? “Ho cominciato con le gare di
Cosa ti motiva
ad essere ultramaratoneta? “La passione per la corsa”.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Si sempre, ad ogni
gara, ma poi arrivati al traguardo si pensa subito alla prossima”.
Sara Paganucci: l'ultramaratona ti entra dentro
Tante donne amanti delle ultracorse e
soprattutto delle corse in montagna, nella natura, degli ultratrai. Tra queste
ho avuto modo di contattatare Sara Paganucci, disposta a raccontare di se e
della sua passione: “L'ultramaratoneta per me è una persona resistente, che non
teme la solitudine ma non disdegna nemmeno la compagnia, spesso si parte da
soli e si arriva che si è parte di un gruppo. Ho iniziato quasi per scommessa
contro me stessa, contro il mio corpo non proprio sano, ho bruciato le tappe
facendo una maratona dopo pochi mesi che correvo, poi un’altra, poi una 50km e
così via.” Come tanti altri, si inizia per caso, o per scommessa, e si scopre
di avere la capacità e la determinazione di riuscire a portare a termine una
delle gare che una volta era considerata estrema e che bisognava arrivarci
gradualmente, dopo anni di allenamento.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La
passione per la corsa, la voglia di conoscere posti nuovi, il piacere che provo
nel soffrire tante ore e la soddisfazione infinita che si prova nel tagliare il
traguardo, voltarsi indietro e pensare: ‘ce l'ho fatta!’.” Come tanti altri si
parte per un’impresa, per percorrere una distanza quasi impossibile per i non
addetti ai lavori, e poi una volta arrivati si guarda indietro e si rimane
sorpresi per quello che si è riuscito a fare e questo ti da più sicurezza nella
vita quotidiana, nell’afffrontare i problemi quotidiani, comprendi che tutto
passa, che tutto è possibile, bisogna impegnarsi con attenzione ed andare
avanti con determinazione e voglia di riuscire, di superare il momento
presente.
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “Ogni volta che soffro per un malore o che non è andata come volevo ma dura
poco; dopo pochi attimi penso già alla successiva e stranamente è sempre più
impegnativa. ”
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