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mercoledì 11 dicembre 2013

Sviluppare la resilienza per affrontare la crisi

“Ciò che non mi uccide mi rende più forte” Friedrich Nietzsche

 

L’obiettivo dell’intervento è fornire strumenti e illustrare,  aspetti inerenti la resilienza e le modalità per svilupparla; fornire strumenti per stimolare l’autoconsapevolezza e valorizzare le risorse personali e di rete; presentare un mio modello di intervento denominato: O.R.A. che è l’acronimo di Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia.

In fisica il termine resilienza indica la proprietà di un materiale di resistere a stress, ossia a sollecitazioni ed urti, riprendendo la sua forma o posizione iniziale. (Immaginate di schiacciare pallina di tennis)

Sport per il recupero fisico-psicologico del personale affetto da disabilità


Un passo dopo l’altro si diventa campioni nella vita e nello sport



Impegnatevi per ottenere ciò di cui avete bisogno, e quando non riuscite a ottenerlo, ebbene, sorridete e tentate ancora, in un modo diverso.

William Hart (1)


“Ciò che non mi uccide mi rende più forte”                         Friedrich Nietzsche

Il giorno 3 dicembre presso la biblioteca di Palazzo Esercito, il Ministro della difesa ed il Persidente del comitato Italiano Paralimpico (CIP) Luca Pancalli hanno firmato una lettera di intenti per promuovere la pratica sportiva quale elemento di stimolo per il recupero fisico-psicologico del personale della difesa affetto da disabilità per incidenti subiti nell’adempimento del proprio dovere.

giovedì 5 dicembre 2013

.: Europei di cross con l'Esercito in prima linea

.: Europei di cross con l'Esercito in prima linea: Daniele Meucci Roma. Domenica   8 dicembre a Belgrado, in Serbia, si svolgerà il campionato europeo di cross, e tra i 36 azzurri sel...

mercoledì 4 dicembre 2013

Per una relazione autentica: uno sguardo alla determinazione ontologica dell’uomo.



Si chiami homo perché è fatto di humus (Terra)
M. Heidegger


 “La Cura mentre stava attraversando un fiume, scorse dal fango cretoso; pensierosa, ne raccolse un po’ e incominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa abbia fatto, interviene Giove. La Cura lo prega di infondere lo spirito a ciò che essa aveva fatto. Giove acconsente volentieri. Ma quando la Cura pretese imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio. Mentre la Cura e Giove disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché aveva dato ad esso una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione: “Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito. Tu, Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, fin che esso viva lo possieda la Cura. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo perché è fatto di humus (Terra)”[1].
In questa fabula, che Heidegger riporta in Essere e Tempo, l’uomo è forgiato dalla Cura e ad essa appartiene per il tempo della sua vita. In tale senso la Cura non è intesa come un atto o una serie di atti ma l’essenza dell’essere-nel-mondo dell’uomo, dell’Esserci. Essa ha “un’apriorità esistenziale” per cui viene prima degli atti di cura: si situa prima di ogni comportamento e di ogni situazione in cui l’Esserci si trova[2].
La Cura è un esistenziale, e in quanto tale definisce l’umanità dell’uomo. Senza Cura, non vi è umanità. Dal suo primo sguardo sul mondo, ciascuno si trova nella condizione esistenziale di appartenere alla Cura. Se noi siamo plasmati dalla Cura, se siamo esistenzialmente Cura, non possiamo certamente dipendere dagli atti di cura[3].
Dunque il tentativo di Cura fallisce a priori dato che qui non lo intendiamo come atto, ma come un esistenziale. La rivelazione dell’Esserci come Cura implica che l’Esser-ci in quanto con-esserci si rapporta al mondo secondo le determinazioni del prendersi cura e dell’aver cura. L’aver cura è “l’incontro (autentico) col con-esserci degli altri nel mondo”, distinto dal prendersi cura inteso come l’esser presso le cose, che riduce l’altro a un “utilizzabile”, lo sottopone secondo Levinas a uno “sguardo totalizzante”, molto più semplicemente, non lo rende una “cosa” come afferma Buber[4].
Se io ho cura di me e ho cura di aver cura di me, allora mi “pre-occupo”[5] dei miei comportamenti e di tutte le situazioni in cui vengo a trovarmi. Ancora se ho cura di me e degli altri allora considero me, iscrivo me e allo stesso modo gli altri di cui ho cura nella molteplicità delle possibilità dei modi di essere dell’esserci. La dimensione dell’aver cura schiude quindi l’esistenza dei singoli membri, ne definisce il poter-essere, ossia la progettualità esistenziale. Nel momento in cui mi prendo cura sto inevitabilmente facendo riferimento ad un oggetto, quindi prendendomi cura di una persona ne sto negando l’esistenza.
“La vita dell’essere umano […] non consiste soltanto in attività che hanno un qualcosa per oggetto. Percepisco qualcosa. Provo qualcosa. Mi rappresento qualcosa. Voglio qualcosa. Sento qualcosa. Penso qualcosa. […] cose di questo genere insieme, fondano il regno dell’esso. Ma il regno del tu ha un altro fondamento. Chi dice tu non ha alcun qualcosa per oggetto. Poiché dove è qualcosa, è un altro qualcosa; ogni esso confina con un altro esso; l’esso è tale, solo quando confina con un altro. Ma dove si dice tu, non c’è alcun qualcosa. Il tu non confina. Chi dice tu non ha alcun qualcosa, ma sta nella relazione”[6].
Aver chiaro questo, come professionisti psicoteraputi, è uno degli aspetti indiscutibili della terapia col paziente. Se io ho cura del paziente, si schiuderanno di fronte una ampia gamma di possibilità dei modi di essere di quella persona e questo permetterà  di guardare più chiaramente nella sua progettualità. Questa essenziale e sostanziale distinzione tra aver cura e prendersi cura potrebbe evitare molte delle controversie e di quelle ambiguità di cui spesso risultano vittima nostre relazioni.
La cura, il rispetto, l’amicizia, l’amore dovrebbero essere rappresentanti di legami saldi, e pure le istituzioni pubbliche dovrebbero poggiare su un rapporto di fiducia sociale schivo di qualsiasi forma di conflitto di interesse. Invece proprio le istituzioni sembrano fondarsi sulla competizione e la brama di dominare gli uni sugli altri e tutto questo genera spiacevoli incombenze. Infatti come osserva Virginia Held, si tende a considerare innovativo soltanto ciò che ha a che fare con il governo e la produzione. Invece, se si riuscisse a guardare alla convivenza umana, alla luce di quanto detto, potremmo riconoscere una nuova centralità, quella del rapporto fra la persona capace di cura materna e il bambino che, molto più della competizione e del dominio sugli altri, è relazione dell’orizzonte specificamente umano[7].
Infatti aver cura dell’esistenza porta con sé un desiderio di trascendenza, di oltrepassare una situazione data per porsi di fronte al possibile, a ciò che autenticamente rappresenta il proprio poter essere; aver cura è, in questa prospettiva, “farsi soggetti capaci di generare mondi[8]”. La componente generativa dell’aver cura è evidente nella matrice etica della cura materna, che non si limita a far nascere biologicamente il figlio, ma lo fa nascere in quanto soggetto, portatore di possibilità di esistenza  che vanno tutelate e promosse[9].
L’agire materno “sufficientemente adeguato” rappresenta un vero e proprio versante di riflessione sull’etica pubblica, nella misura in cui questa si muove nella direzione di promuovere la vita e le possibilità di chi viene al mondo[10].
È risultato sostanziale tenere presente questa differenza nella terapia con i pazienti, tuttavia questo è solo uno degli aspetti da tenere in considerazione nella relazione terapeutica. Sono specializzata in psicoterapia ad indirizzo antropologico trasformazionale. Tale orientamento individua un inedito dispositivo di cura: il soggetto collettivo curante. La caratteristica specifica di quest’approccio, che discende dal lavoro di pratica sociale e di ricerca clinica di psicologi e di psichiatri all’interno dei servizi di salute mentale, sta nell’utilizzo di una “terapeuticità” diffusa, collettiva, transindividuale. Sicuramente è importante non essere l’unico titolare della “terapeuticità” del processo di cura, nel senso di una collaborazione tra altre figure professionali. Ma indubbiamente questo non basta. Colgo con piacere l’invito di G. Buonaiuto rispetto ad una sensibilizzazione tra vari detentori del sapere[11].
Credo fermamente che bisogna essere inclini alla pluralità, anziché solidificarsi e dogmatizzarsi in un sistema di dottrine; bisogna lasciare ampi margini per ulteriori sviluppi e per un costante arricchimento, perché solo con feconde contaminazioni possiamo riuscire umilmente ad essere autentici professionisti. Non si smette mai di formarsi, di apprendere, di confrontarsi: la mia esperienza mi insegna che con una forte indipendenza e creatività si possono elaborare efficienti prospettive. Si ricordi che nemmeno i più stretti allievi, collaboratori e assistenti di Husserl, come Edith Stein o Eugen Fink, addirittura Martin Heidegger, possono essere definiti husserliani[12].



[1] M. Heidegger, Essere e tempo, Milano, Longanesi, 1976.
[2] Ibidem.
[3] Questa è la condizione in cui viene a trovarsi il neonato che dipende dagli atti di cura della madre.
[4] M. Buber, Il principio dialogico e altri saggi, Milano, San Paolo, 1993, p. 27.
[5] Uno dei significati  originari di cura è proprio quello di pre-occupazione spiega M. Conte, ne “La cura come esistenziale pedagogico”, in Encyclopaideia, 2001.
[6] Ibidem, p. 60.
[7] V. Held, Etica femminista. Trasformazioni della coscienza e famiglia post-patriarcale, Milano, Feltrinelli, 1997.
[8] L. Mortari, aver cura della vita della mente, Firenze, La nuova Italia, 2002.
[9] Ibidem
[10] H. Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Torino, Einaudi, 1990.
[11] G. Buonaiuto, Il contratto in terapia. Guida pratica per il primo approccio con il paziente”, Milano, Ferrari Sinibaldi, 2013.
[12] Per chi vuole approfondire legga Storia della fenomenologia, Antonio Cimino e Vincenzo Costa, Roma, Carocci, 2012.

mercoledì 6 novembre 2013

Psicologia dello sport per la perfomance sportiva

Incremento dell’autoefficacia
L’autoefficacia è la convinzione della propria capacità di fare una certa cosa, o in altre parole, di raggiungere un certo livello di prestazione. L’autoefficacia viene definita dallo psicologo Albert Bandura come “la fiducia che una persona ripone nella propria capacità di affrontare un compito specifico”.
Importanti dati di ricerca sottolineano come le persone con forti convinzioni di autoefficacia sono sicure di potersi esprimere al meglio delle proprie potenzialità, hanno aspirazioni ambiziose, si impegnano nelle attività che fanno e si riprendono rapidamente dagli insuccessi; tutti questi sono elementi importanti per una prestazione di successo.
L’autoefficacia per un certo compito è resistente quando una persona resta convinta delle sue capacità anche di fronte a insuccessi e difficoltà di vari tipo; non lo è invece quando difficoltà e insuccessi portano a sentirsi meno capaci.
La persona che avrà sviluppato un forte senso d’autoefficacia sceglie obiettivi più elevati, è più motivata, usa le proprie capacità con maggiore efficienza, è meno ansiosa, gestisce meglio i fallimenti, è più tenace e ottiene risultati più soddisfacenti di chi invece ha una percezione negativa delle proprie possibilità.

Il segreto per mantenersi in salute

L’attività fisica fa bene alle persone di ogni età: nei bambini promuove uno sviluppo fisico armonico e favorisce la socializzazione, mentre negli adulti diminuisce il rischio di malattie croniche e migliora la salute mentale. Non è mai troppo tardi per iniziare con l’attività fisica. Per gli anziani, i benefici riguardano l’autonomia funzionale, la diminuzione del rischio di cadute e di fratture e la protezione dalle malattie correlate all’invecchiamento. (1)
L' Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato le “Global recommendations on physical activity for health”. Questo documento indica i livelli di attività fisica raccomandati per la salute nelle fasce d'età 5-17 anni, 18-64 anni e over65. Le raccomandazioni sono orientate alla prevenzione primaria delle malattie cardiorespiratorie, metaboliche, muscolo-scheletriche, tumorali e dei disturbi depressivi.
Quattro ore di sport a settimana sono il segreto per mantenersi in salute secondo le raccomandazioni dell'Istituto Superiore di Sanità emanate nell'ambito del programma "Guadagnare Salute" sulla linea delle Global recommendations on physical activity for health redatte dall'OMS.

La forte determinazione nella vita e nello sport Modello O.R.A.: Obiettivi, Risorse, Autoefficacia con Gestalt Therapy, E.M.D.R. ed Ipnosi Eriksoniana

Se vuoi puoi con forte determinazione, basta volerlo e lo puoi fare attraverso 2 fasi:
-          1^ fase lavoro nel presente, fase contemplativa, dell’autoconsapevolezza, dell’aggancio, della sensibilizzazione.
       Modello R.O.S.A.: Respiro, Osservazione,Sensazioni, Autoconsapevolezza (Fase contemplativa) (per stare bene) attraverso Meditazione, Psicoeducazione, Gestalt Therapy ed Ipnosi Eriksoniana.

-          2^ fase lavoro con presente, passato, futuro. Fase della stabilizzazione, dell’azione, mantenimento, dell’uscita dal problema, disagio, difficoltà, attraverso l’autoconsapevolezza e la rielaborazione, desensibilizzazione informazioni legate ad antichi o peggiori episodi, eventi, immagini e lavoro su futuro, obiettivi imminenti.
       Modello O.R.A.: Obiettivi, Risorse, Autoefficacia (Fase dell’azione) (per eccellere) attraverso E.M.D.R., Gestalt, ipnosi Eriksoniana (lavoro sul presente, passato, futuro).

Ricerca, installazione, potenziamento delle risorse facendo focalizzare sull’obiettivo imminente e considerando le risorse occorrenti, le precedenti situazioni dove si sono sperimentate, immaginare l’obiettivo da raggiungere legato alle risorse occorrenti, insomma un lavoro sull’incremento dell’autoefficacia con l’aiuto dell’EMDR.

Cambiano motivazioni ed obiettivi ma campioni si può rimanere

Si inizia a praticare sport per scelta, per caso, per riabilitazione, invogliati da genitori, da istruttori di educazione fisica, si inizia con una motivazione intrinseca, ludica, per il gusto di giocare, di divertirsi, per apprendere delle abilità da piccoli per poi incontrare lo sport da calzare, dove si è portati, dove si è visti potenziali vincenti e quindi si inizia ad investire tempo e soldi nello sport ma bisogna sempre essere consapevoli delle proprie sensazioni, dei propri bisogni, esigenze, bisogna sempre monitorare le proprie motivazioni, calibrare i propri obiettivi e decidere volta per volta cosa è meglio per se stessi, continuare la strada da campione o investire in altro, studio, lavoro, apprendere un arte o mestiere in cui credere. Ecco alcune testimonianze di alcuni campioni rispetto alle loro motivazioni ed obiettivi.

Lo sportivo non è solo

Impegnatevi per ottenere ciò di cui avete bisogno, e quando non riuscite a ottenerlo, ebbene, sorridete e tentate ancora, in un modo diverso.
William Hart  (1)



Si inizia a praticare sport per scelta, per caso, per riabilitazione, invogliati da genitori, da istruttori di educazione fisica, si inizia con una motivazione intrinseca, ludica, per il gusto di giocare, di divertirsi, per apprendere delle abilità da piccoli per poi incontrare lo sport da calzare, dove si è portati, dove si è visti potenziali vincenti e quindi si inizia ad investire tempo e soldi nello sport ma bisogna sempre essere consapevoli delle proprie sensazioni, dei propri bisogni, esigenze, bisogna sempre monitorare le proprie motivazioni, calibrare i propri obiettivi e decidere volta per volta cosa è meglio per se stessi, continuare la strada da campione o investire in altro, studio, lavoro, apprendere un arte o mestiere in cui credere. (2)
Lo sportivo non è solo, è circondato dall’allenatore che dovrebbe conoscere le sue potenzialità, i suoi punti di forza e di debolezza. Dovrebbe costruire con lui un progetto con obiettivi raggiungibili, stimolanti, dare feedback adeguati, spiegare le sedute di allenamento, l’importanza del gesto sportivo, il significato, raccontare aneddoti, far parte della storia sportiva dell’atleta, condividere momenti di gioia e sofferenza, di vincite e di sconfitte, essere disposto ad ammettere di aver fatto un errore, di aver preteso, di aver sottovalutato, di non aver considerato. (3)
I famigliari contribuiscono al benessere o al malessere dell’atleta, durante il percorso sportivo, l’atleta ha necessità di prendere decisioni sul proseguio della sua carriera sportiva, ha bisogno di proiettarsi sul futuro per immaginare quello che potrà essere, diventare, fare se dovrà abdicare dal mondo sportivo per motivi vari, esempio, infortunio, calo motivazione, impegni di allenamento diventati gravosi.

Conferenza gratuita: Modello O.R.A. Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia nello sport e nella vita

Sabato 16 novembre ora 10.00 – 12.00

Conferenza gratuita: Modello O.R.A.
Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia nello sport e nella vita

Ordine degli Psicologi del Lazio
Via del conservatorio 91 – 00186 Roma

Se desiderate compiere qualcosa nella realtà, innanzitutto visualizzate voi stessi mentre riuscite a compierla.” (Lazarus A., 1989)

La mia intenzione è di presentare un modello di intervento che ho definito con l’acronimo O.R.A.: Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia.
L’idea è scaturita dall’integrazione di aspetti della Psicologia dello Sport, tecniche della Psicoterapia della Gestalt, il protocollo EMDR adattato alle prestazioni eccellenti e l’Ipnosi Ericksoniana.
Gli aspetti della psicologia dello sport che ho considerato di primaria importanza sono il goal setting (formulazione degli obiettivi) e l’autoefficacia di Bandura.
Il protocollo EMDR di Sviluppo e Installazione di Risorse (RDI – Resource Developement and Installation) contribuisce, a fare un lavoro di sviluppo delle risorse occorrenti. Si lavora per un obiettivo futuro partendo dal “Qui e Ora” e attraverso la storia narrata dal soggetto si cerca di individuare ed enfatizzare le capacità e le competenze possedute.
L’Ipnosi Eriksoniana viene utilizzata nel momento di individuare le esperienze passate dove si è sperimentato di possedere le risorse occorrenti e nel momento di immaginare di affrontare la situazione impegnativa utilizzando la risorsa “installata”.

Matteo SIMONE
3804337230 - 21163@tiscali.it

http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html

Visualizzare per il rilassamento e la performance


Ho iniziato a visualizzare nel 1978. La mia visualizzazione è stata perfezionata sempre di più col passare degli anni. 

Questo è ciò che veramente mi ha dato il record del mondo e le medaglie olimpiche. Mi vedo nuotare in gara prima della gara reale ….. Circa 15 minuti prima della gara ho sempre visualizzato la gara nella mia mente e "vedo" come andrà. Vedo dove sono tutti gli altri, e poi mi concentro su di me. Non mi preoccupa nessun altro. Penso alla mia propria gara e a nient’altro .... Stai realmente nuotando la gara. Nella mia mente … mi sento in acqua. "(Nuotatore olimpico di successo) (1)

Liggett e Hamada, fanno una distinzione tra imagery mentale ed imagery cinestesica. L'imagery mentale consiste nel vedersi da soli eseguire la prestazione, nel caso degli atleti, come se si stesse guardando un film o un video della loro stessa prestazione. Nell'imagery cinestesica, l'immaginazione diventa più intensa o più profonda, l'atleta sente realmente il movimento nei muscoli e sperimenta le emozioni della performance; rispetto a quella mentale, l'imagery cinestesica è più efficace a causa degli impulsi, confrontabili a quelli dell'evento reale, che vanno ai muscoli.

Studenti protagonisti contro le droghe e le mafie

Lo studio di una popolazione che includeva 4746 adolescenti di scuole medie e superiori del Minnesota, equamente divisi per sesso (50,2% maschi, 49,8% femmine) evidenziò che gli adolescenti maschi erano più propensi delle adolescenti di sesso femminile di ammettere di aver usato SA per aumentare i muscoli negli ultimi 12 mesi (5,4% e 2,9% rispettivamente).
Tra gli adolescenti, l’uso di steroidi è tipicamente motivato da benefici a breve termine, includendo il desiderio di aumentare la forza e il rendimento atletico e il desiderio di migliorare l’aspetto. In generale, gli utilizzatori di steroidi che sono atleti sono più propensi ad usare steroidi per motivi legati al rendimento atletico, mentre gli utilizzatori che non sono atleti sono più motivati da preoccupazioni relative l’aspetto.
Un’analisi del contenuto delle 10 riviste più popolari tra le persone tra i 18 e i 24 anni evidenziò che le riviste lette dagli uomini (Sports illustrated, Playboy, Newsweek, National Geographic, Rolling Stone, Penthouse, Life, Field and Stream, Jet, e Gentlemen’s Quarterly), diversamente da quelle lette dalle donne, contenevano più articoli sulla forma fisica che sulla dieta. Gli autori suggeriscono che le pubblicità il contenuto di articoli dei mass media possono giocare un ruolo importante nel persuadere le donne ad essere preoccupate primariamente con il peso e gli uomini a focalizzarsi sul cambiamento della forma fisica (Olivardia R., Pope H.G., Hudson J.I., 2000).
L’immagine del corpo è stata a lungo un soggetto di ricerca e la maggior parte degli individui sono risultati essere infelici in qualche modo con il loro corpo.

Studenti protagonisti contro le droghe e le mafie

Lo studio di una popolazione che includeva 4746 adolescenti di scuole medie e superiori del Minnesota, equamente divisi per sesso (50,2% maschi, 49,8% femmine) evidenziò che gli adolescenti maschi erano più propensi delle adolescenti di sesso femminile di ammettere di aver usato SA per aumentare i muscoli negli ultimi 12 mesi (5,4% e 2,9% rispettivamente).
Tra gli adolescenti, l’uso di steroidi è tipicamente motivato da benefici a breve termine, includendo il desiderio di aumentare la forza e il rendimento atletico e il desiderio di migliorare l’aspetto. In generale, gli utilizzatori di steroidi che sono atleti sono più propensi ad usare steroidi per motivi legati al rendimento atletico, mentre gli utilizzatori che non sono atleti sono più motivati da preoccupazioni relative l’aspetto.
Un’analisi del contenuto delle 10 riviste più popolari tra le persone tra i 18 e i 24 anni evidenziò che le riviste lette dagli uomini (Sports illustrated, Playboy, Newsweek, National Geographic, Rolling Stone, Penthouse, Life, Field and Stream, Jet, e Gentlemen’s Quarterly), diversamente da quelle lette dalle donne, contenevano più articoli sulla forma fisica che sulla dieta. Gli autori suggeriscono che le pubblicità il contenuto di articoli dei mass media possono giocare un ruolo importante nel persuadere le donne ad essere preoccupate primariamente con il peso e gli uomini a focalizzarsi sul cambiamento della forma fisica (Olivardia R., Pope H.G., Hudson J.I., 2000).
L’immagine del corpo è stata a lungo un soggetto di ricerca e la maggior parte degli individui sono risultati essere infelici in qualche modo con il loro corpo.

Gli stadi del cambiamento: Modello Transteorico di DiClemente e Prochaska

Matteo SIMONE 
3804337230- 21163@tiscali.it 

I cambiamenti possono essere meglio compresi attraverso l’esame di tre dimensioni: comportamento, cognizione e contesto.

Il comportamento è “ciò che uno fa”: indica quindi tutte le azioni fisiche effettuate dagli individui, compresa la ricerca di informazioni circa la propria salute.
La cognizione è “ciò che uno pensa”: il modo in cui le persone definiscono e considerano la realtà e le proprie attività e il modo in cui cambiano opinione e atteggiamento. Sono esempi di cognizione le credenze religiose, la fiducia/sfiducia nella medicina, la consapevolezza che il fumo è dannoso.

Descrizione libro “O.R.A.: Obiettivi, Risorse, Autoefficacia” (Modello di intervento per raggiungere obiettivi nella vita e nello sport)

Matteo Simone

L’obiettivo di questo mio scritto è illustrare argomenti riguardanti il raggiungimento di obiettivi nella vita e nello sport, con tecniche della psicoterapia della Gestalt, approccio E.M.D.R. e Ipnosi Ericksoniano, integrando con aspetti della Psicologia dello Sport, quali il goal setting, la motivazione, l’autoefficaicia, riportando un mio modello di intervento denominato Modello O.R.A. che è l’acronimo di Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia.

Modello O.R.A. (Obiettivi, Risorse, Autoefficaica) applicato al gruppo