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venerdì 10 luglio 2015

Tante volte i limiti sono mentali perché la razionalità ci blocca

Hervé Barmasse nel suo testo La montagna dentro spiega come tante volte i limiti sono mentali perché la razionalità ci blocca, non ci permette di osare ma è anche vero che a volte la posta in gioco è molto alta e quindi l’istinto può giocare brutti scherzi facendoti agire senza calcolare eventuali imprevisti inattesi, per non parlare della preoccupazione dei famigliari ed amici che stando ad aspettare possono immaginare le peggiori cose, ecco cosa scrive a proposito Hervé: “L’ultimo giorno procede come gli altri, tra imprevisti, ostacoli e rischi. Una scalata al limite? Forse. Di certo un’esperienza completa e unica. Una sfida che il  buon senso e la razionalità mi suggerivano di non tentare e che l’istinto mi ha permesso di affrontare. Dopo tre giorni di scalata e due bivacchi inparete concludo la via nuova e sulla cima una grande sorpresa mi attende. Nella luce opaca che precede la notte, la sagoma di mio padre prende forma come un miraggio. Dicono che a guardarmmi scalare dal Breuil fosse nervoso, quasi arrabbiato per non avermi impedito di partire, dicono che fosse preoccupato per suo figlio e così mi ha raggiunto salendo per la cresta di Furggen.”(1)
Gli ultrarunner sperimentano di avere risorse interiori nascoste che vengono fuori al momento opportuno, inoltre sperimentano di riuscire nelle loro imprese, sperimentano di essere in grado di portare a termine i loro progetti, i loro obiettivi.
Le risposte degli atleti alla domanda: “Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta?” fanno riferimento ad altre dimensioni, al superare il normale, il banale, la vita quotidiana, si parla di girare una curva per vedere cosa c’è dietro, scoprire quello che non si può vedere e quindi la voglia di superarsi, di superare il noto, il conosciuto.
Gli atleti più che di sport parlano di un viaggio nel mistero nella conoscenza propria, nel vedere cosa riescono a fare, cosa riescono a sopportare, a raggiungere. Di seguito le risposte ricevute:
Marco Stravato: “Il viaggio, l’avventura, i lunghi percorsi, 24 ore e più a non pensare allo stress lavorativo, sembra di essere entrato in un'altra dimensione, dentro se stessi.”
Marco Dori: “Questo credo che sia qualcosa estremamente legato al motivo per il quale ho iniziato e proseguo nella corsa. La corsa per me è soprattutto un allenamento mentale, un irrobustire la mente e la sua capacità di fare qualcosa che comporti sacrificio e costanza anche in assenza di vittorie (non arriverò mai primo a una gara). Qualcosa che significhi contare solo su me stesso e essere solo di fronte a qualcosa da risolvere, da portare a termine. Non a caso i periodi nei quali mi alleno di meno vanno di pari passo a quelli durante i quali sono più debole di testa anche in tutte le altre cose della vita: lavoro, relazioni e fiducia in me stesso. Forse non è un caso che sia diventato ultramaratoneta in un periodo nel quale le difficoltà sia lavorative sia relazionali abbiano raggiunto livelli molto alti. Credo di aver trovato nella preparazione e nella partecipazione alle ultra un allenamento mentale per far sì che non vacillassi in tanti aspetti importanti della mia vita. E sento la necessità e l’importanza di proseguire in questo cammino.”
Giuseppe Meffe: “La voglia di mettermi in gioco, di conoscermi, di sperimentare e soprattutto l’incontro con l’altro.”
Paolo Zongolo: “La voglia di conoscere paesaggi sempre diversi e di conoscere sempre più me stesso e fino a dove posso spingermi.”
Giuseppe Mangione: “Mi spinge il semplice gesto della corsa, gesto atletico più naturale che esista, mi spinge perché l’ultramaratona mi dà un pensiero positivo, mi spinge perché devo scoprire i miei limiti. La forza e la grande passione che ho per la corsa mi fa continuare ad essere una ultramaratoneta.”
Maria Chiara Parigi: “La bellezza di questo sport mi spinge a proseguire pensando sempre a nuove strade e nuove sfide da affrontare! Di base sono un avventuriera!”
Paolo Barnes: “Penso che il vuoto esistenziale e le endorfine mi fanno andare avanti.”
Stefano Ruzza: “Allenarmi e sentire il mio fisico adattarsi sempre di più alle lunghe distanze mi piace, come mi piace ancora gareggiare.”
Stefano Bognini: “Infrangere i miei record personali e migliorarmi sempre.”
Salvatore Musone: “Essere ultramaratoneta significa andare avanti senza limiti, non mi stanco di cercare competizioni sempre più dure. Solo per un serio infortunio di salute si smette a malincuore, purtroppo come nel mio caso.”
Giorgio Calcaterra: “Niente, è una cosa che mi va di fare e che faccio, ma non mi spinge niente se non la passione.”
Roldano Marzorati: “Piacere, puro piacere, sfide non stop fra me e la montagna, la strada.”
Roberto D’Uffizi: “Ritengo che sia importante per me continuare a progredire dal punto di vista umano, l’ultramaratona non è certamente l’unico mezzo di questo percorso, ma uno dei possibili, visto che amo correre.”
Vito Rubino: “Vivere la vita intensamente. Raggiungere uno stato in cui solo le cose importanti contano. Riscoprire le persone importanti nella mia vita. Riscoprire e migliorare me stesso.”
Silvio Cabras: “Mi spinge essere alla ricerca dei miei limiti, e poi noi che corriamo sappiamo il benessere psicofisico che ci da la corsa! “
Dante Sanson: “Scoprire i miei limiti e costringermi a trovare nuove soluzioni per continuare a ridivenire ultramaratoneta.”
Armando Quadrani: “L'illusione che un giorno riesca a raggiungere quel qualcosa che cerco ogni volta che corro, ma che non so cosa sia, e che quindi non potrà mai concretizzarsi.”
Andrea Boni Sforza: “AMO FARE SPORT, AMO VIVERE EMOZIONI E TRASMETTERLE, FINCHE’ L’ULTRAMARATONA MI DARA’ QUESTA GIOIA, CONTINUERO’.”
Stefania: “Quando corro mi sento bene”.
Vito Todisco: “Vedere fin dove arriva quel ragazzino che da piccolo giocava in porta o andava a servire la messa pur di non far fatica.”
Gian Paolo Sobrino: “Il piacere di esserlo, la condivisione della avventure con persone speciali.”
Matteo Pigoni: “La passione che ho per la montagna, arrivare di corsa in posti naturalmente incontaminati, il brivido di raggiungere una vetta.”
Mario: “Le emozioni che provo ogni volta che corro.”
Giuliano Cavallo: “La voglia/curiosità di scoprire dove si arriva con la testa/mente!”
Giuliano Ruocco: “E’ un fascino particolare, le mie emozioni vissute dal cambio del paesaggio a seconda delle altitudini sono quelle che mi emozionano di più.”
Luca Pirosu: “Continuare a toccare certe corde tra me e corpo,  in una gara corta non hai neanche il tempo per capire cosa stai facendo o pensare a chissachè se non raggiungere l’avversario là davanti in ore di corsa, approfittando dei ritmi più blandi , trovi spinto forse dall’adrenalina e endorfine a volte delle risposte ai tuoi perché.”
Alberto Ceriani: “La sfida con me stesso.”
Susanna Forchino: “Il fatto di potermi misurare con i miei limiti, di constatare ogni volta che ‘volere é potere’ e di provare ogni volta una felicità immensa nel portare a termine un’impresa.”
Iolanda Cremisi: “la forza che ho trovato in me stessa,  capire che, se si vuole, qualsiasi obiettivo può diventare raggiungibile, aver scoperto risorse interiori finora inesplorate, entrare in contatto con me stessa.”
Mario Demuru: “Mi spinge la voglia di affrontare qualcosa di difficile nella corsa. Ho già detto di considerare le ultra, come vere e proprie imprese e il fatto di essere capace di farle mi fa sentire davvero bene. Poi, non è la stessa cosa di una gara breve, dove partenza e arrivo le congiungi nel più breve tempo possibile; nelle ultra, sulla linea di partenza, ti concentri quasi come se dovessi affrontare un lungo viaggio e magari guardando la direzione che prenderai, sei costretto ad alzare lo sguardo verso l’alto, dove c’è una montagna enorme che dovrai salire e poi ridiscendere nell’altro versante; nella quale il percorso lo dovrai ragionare attentamente ad ogni km di percorrenza, per non compromettere nulla sino all’arrivo. E i cancelli orario!? La soddisfazione di passarci nel tempo stimato e poi ricevere l’ok dei medici, che ti aspettano per valutare le tue condizioni fisiche e vedendoti ancora energico, ti incitano a proseguire!? In quali altre gare le vedi queste cose?  Le ripartenze dai cancelli orario, mi riempiono di soddisfazione. Mi fanno un effetto energico, mi danno ancora più carica, per ultimare la gara.”
Julien Chorier: “Le plaisir de découvrir de nouvelles courses, paysages, personnes à travers le monde mais aussi le défi sportif. (Il piacere di scoprire nuove gare, paesaggi, persone di tutto il mondo, ma anche la sfida sportiva.)”
Raffaele Luciano: “Correre una ultramaratona, mi permette di scoprire nuovi aspetti del mio carattere, di conoscermi meglio, scopro di avere risorse che nel quotidiano non pensavo di avere.”
Cecilia Poli: “In primis la curiosità, come dicevo, non solo di esplorare posti nuovi ma anche di conoscere nuovi amici folli che come me condividono l’amore per questo sport. Ah! Dimenticavo, non essendo molti ancora, posso dire di essere fiera di essere entrata a far parte della famiglia del trail, ecco sì è proprio questo che mi spinge, la voglia ogni volta di sentirmi di nuovo a casa.”
Domenico Martino: “mi gratifica tanto perché ripeto amo correre.....e mi fa stare bene fisicamente e mentalmente.”
Come dicono Susanna e Iolanda: “volere è potere” e “se si vuole, qualsiasi obiettivo può diventare raggiungibile”, questo è un chiaro messaggio che emerge dagli atleti che praticano questa disciplina faticosa, impegnativa che sembra non alla portata di tutti in quanto ci vuole tanto coraggio, tanta passione, determinazione, volontà, elevata autoefficacia e tanta resilienza per superare momenti di difficoltà o eventuali crisi che possono presentarsi durante i lunghi percorsi di gara.
Gli ultramaratoneti riportano di non considerare la partecipazione ad ultramaratone come spingersi oltre i limiti ma hanno un approccio di sicurezza in quello che fanno avendo sperimentato con gradualità crescente la propria autoefficacia, cioè di poter riuscire ad aumentare il chilometraggio in allenamento ed in gara utilizzando delle strategie che gli permettano di superare eventuali crisi, difficoltà o quello che viene definito limite. Altri vogliono sperimentare sensazioni che possono essere di dolore o sofferenza che comunque non impedisce il raggiungimento di un loro obiettivo.

(1)     Hervé Barmasse, La montagna dentro, Editori Laterza, Bari, 2015, p. 192.


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