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mercoledì 24 febbraio 2016

Chi si dopa è in qualche maniera ‘predisposto’ a fare uso di stupefacenti

Nella gara sportiva oggi si è arrivati ad un agonismo così spinto, ad interessi economici così grossi che l’atleta cerca ogni mezzo per migliorare la sua prestazione. Anzi, l’atleta riporta di sentirsi “costretto” a fare questo, perché i tifosi richiedono, i giornali criticano le scarse prestazioni, gli allenatori spingono perché l’atleta abbia sempre un rendimento maggiore.
Su ilfattoquotidiano.it del 6/2/2013 è possibile leggere un intervista di Lorenzo Vendemiale ad ex corridore professionista, Graziano Gasparre che decide di raccontare la sua storia dopo un tumore alla natica che per i medici la causa potrebbe esser stata il doping.
Perché racconta tutto proprio ora? “Perché la mia testimonianza possa aiutare gli altri a non rovinarsi la vita per una stupida soddisfazione personale. A me è stato asportato un frammento nodulare di quasi 4 cm. L’operazione è perfettamente riuscita, ora sto bene e nei giorni scorsi ho ricevuto i risultati dell’esame istologico: il tumore era benigno.”
Per il chirurgo che ha eseguito l’intervento potrebbe essersi trattato di un effetto collaterale del doping di cui ha abusato per anni? “Esatto: la formazione è cresciuta proprio nel punto in cui ho fatto tantissime iniezioni intramuscolari, il mio corpo non è riuscito ad assorbire quelle schifezze.”
Di che schifezze stiamo parlando? “L’epo, ovviamente; ma anche Gh (l’ormone della crescita) e testosterone. Ma è quello che fanno un po’ tutti i corridori professionisti, né più né meno. Avevo un preparatore, da cui andavo un paio di volte al mese, e insieme alla tabella di allenamento mi somministrava anche i farmaci.”
E non c’è nessuno che si ribella perché vinto dal rimorso? “Io non ho mai avuto rimorsi. Quando vai forte ti senti bene, ti dimentichi di tutto. E’ come andare giù in discesa a 90 all’ora, l’adrenalina cancella la paura: quando finisci di correre e sei sotto la doccia magari ci pensi, ma il giorno dopo rifai tutto da capo. Anche perché non mi sentivo un dopato, non avevo sensi di colpa: mi comportavo come tutti gli altri, lo facevo solo per competere ad armi pari. Una volta che cominci e che vedi gli effetti, è difficile uscirne: temi di andare piano, di restare senza contratto. Chi non l’ha provato probabilmente non può capire. La squadra ti dà ‘solo’ un consiglio, nessuno ti obbliga a doparti, ma quando sei in gruppo ti rendi conto che o ti adegui al sistema o smetti di correre.”
Cos’altro imponeva il sistema? “Quando correvo io non ho fatto uso solo di doping, ho preso anche altra merda, come cocaina e anfetamine. Nel ciclismo la droga è più diffusa di quanto si pensi: ho cominciato su consiglio di un compagno di allenamenti che pure lo faceva, poi è diventato un vizio che mi ha accompagnato negli anni. E non solo per il gusto dello ‘sballo’, ma sempre a fini professionali: tiravo per dimagrire, specie in inverno quando è facile mettere su qualche chilo di troppo; mi impasticcavo per fare super allenamenti di molte ore. Chi si dopa è in qualche maniera ‘predisposto’ a fare uso di stupefacenti. E pure questa diventa una dipendenza: il vizio della cocaina mi ha accompagnato negli anni, anche dopo il 2005. Poi sono riuscito a smettere, di botto, perché stavo perdendo la mia famiglia, mia moglie e mio figlio, quel che ho di più caro al mondo. E adesso c’è stato il tumore.”
Ora come vive un ex dopato? “Ho accettato di piegarmi al sistema e di drogarmi per una stupida soddisfazione personale. Un errore che mi stava distruggendo la vita. E’ una cosa che non può succedere. Per questo oggi parlo. E spero che qualcuno mi ascolti.”
 Gli atleti resilienti sono meno propensi a fare uso di sostanze dopanti, ma di fronte a sconfitte e frustrazioni si mettono sotto con l’impegno, la tenacia, la forte motivazione e fanno in modo di riuscire nel loro intento o, comunque, se non riescono a tornare ai vertici possono considerare e valutare i propri limiti senza cercare di barare per superarli ed ottenere vittorie o prestazioni truccate.
Se all’atleta non gli va di arrivare secondo dopo essere stato imbattibile per tanto tempo, per tanti anni, può riorganizzare la propria vita e fare altro per realizzarsi, può diventare commentatore sportivo, allenatore, dirigente.
Numero Verde Anti-Doping 800 89 6970

Bibliografia
Vendemiale L., ilfattoquotidiano.it, 6/2/2013.
Simone M., Doping Il cancro dello sport, Edizioni Ferrari Sinibaldi, Milano, 2014.
Simone M., Sviluppare la Resilienza Per affrontare crisi, traumi, sconfitte nella vita e nello sport. MJM, Meda (MI), 2014. http://www.mjmeditore.it/autori/matteo-simone
 
www.psicologiadellosport.net
380-4337230 - 21163@tiscali.it
http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+matteo+simone.html

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