Matteo SIMONE
Mary Moor, ultrarunner che sta affrontando il tumore, come se fosse la sua prossima gara, con il sorriso, con la speranza, la forza, la determinazione.
La cosa più
importante è partire da se stessi, la fiducia in se stessi, l’autoefficacia
sperimentata già in gara, la resilienza, l’aver superato altri periodi di
crisi, di difficoltà, io comunque le sono vicino.
Di seguito Maria ci
racconta come sta affrontando questo periodo con la vicinanza ed il sostegno di
tanti amici runner.
Com’è vivere
la malattia per una atleta abituata a fare tanti km di corsa? “Difficile da
accettare, ti senti catapultato fuori dal proprio mondo, come una punizione,
gli altri corrono e tu stai fermo a guardare. Ti ritrovi in una vita che non ti
appartiene, di mondi e menti diversi da te. Ma a parte questo vivo la
malattia come un evento naturale della vita.”
E’ difficile
fermarsi a guardare, soprattutto quando sembra che tutto fila liscio, hai tante
energie in corpo, tanta voglia di andare lontano con le gare, di fare tanti km
in gara, maratone, 6 ore di corsa, 24 ore di corsa, gare di 100km.
Come hai
affrontato l’intervento? Ci sono analogie con una gara difficile? “Come tutte
le difficoltà in cui non hai altra soluzione…affrontandolo senza paura come in
una gara.”
Se sei forte
in gara, se sei abituato ad indossare i pettorale per partecipare ad una gara,
puoi affrontare qualsiasi cosa quasi, anche un intervento, ti puoi preparare
mentalmente pensando ed immaginando che l’intervento dipende anche da te, dalla
tua positività e convinzione di riuscita, virtualmente fai parte dell’equipe,
contribuisce in qualche modo alla riuscita dell’intervento.
In che modo
l’essere ultrarunner ti aiuta nelle sedute di kemio? “Le sedute di chemio per me sono le più
dolorose dal punto di vista mentale. Stare seduta su una poltrona e vedere
scendere per più di 3h quel cocktail di liquido rosso e scomparire nella
vena sapendo che da li a poco cominceranno i disturbi di quel
farmaco è l unico momento che mi fa sentire malata di cancro. Mi deprimo e mi
viene solo un pensiero: fuggire, se non fisicamente, allontanandomi con la
mente, così come avviene in una gara quando troppo stanca e dolorante cerco di
distrarmi.”
La pratica
dell’ultramaratona al servizio della medicina, quello che sperimenti con lo
sport di endurance è un investimento utile nella vita quotidiana, se sei capace
di affrontare gare estreme con tante incognite e difficoltà, sarai più pronto
per affrontare qualsiasi disagio o difficoltà, soprattutto le gare lunghe in
situaizoni di stress fisico ed ambientale, ti rinforzi nel carattere e diventi
altamente resiliente.
Come stai
affrontando questa tua avventura con il fisico, il cuore e la mente? “Io
sono credente e penso che la vita sia un dono prezioso da difendere. Le mie
armi sono quelle di un ultrarunner che sta affrontando la gara più
difficile, mettendoci l’impegno fisico, mentale e il cuore.....l’amore per la
vita. La terapia inizia da me, non posso guarire senza.”
Parole
importantissime e insegnamento esperienziale, come nelle gare difficili ed
importanti non bisogna trascurare nulla, bisogna crederci, impegnarsi con il
corpo, la mente ed il cuore.
Ci sono
crisi che come vengono così se ne vanno come succede in gare ultra? “Ci sono
momenti di sconforto, momenti in cui voglio mandare tutto al diavolo perché la
terapia stanca, fisicamente non mi sento la stessa persona, sul mio corpo
i segni di una donna che combatte da mesi per cacciare via il male.
Ma so di essere forte, ci vorrà un po', ma come in tutte le gare sono fiduciosa.”
Tante volte
è salita sul podio Maria Moramarco, sa come affrontare qualsiasi situazione di
gara, sa adattarsi ai percorsi ed alle condizioni di gara e così che affronta
la sua importante gara, con convinzione e mettendocela tutta senza mollare, sa
che la fatica esiste ma si può addomesticare.
In che modo
stai preparando questa tua ultra più importante della vita? “Questa ultra a
parte la terapia è un percorso di visite, controlli, esami, poiché sono un
responso di come il corpo reagisce alla terapia. Io ho unito la corsa, un'alimentazione sana e tanta voglia di vivere.”
Nella
corsa la forza ce l’hai nelle gambe, in questo caso dov’è la tua forza? “Io
credo che per ogni persona sia più facile affrontare una malattia quando si ha
una passione. In questo caso la mia è la corsa e anche se le gambe non
rispondono bene le tengo sveglie con delle lunghe passeggiate alternate a
micro corsette. Non nego di aver azzardato qualche gara e nessun rimorso. Sono
un ultra, ho bisogno di testa e gambe, il che vuol dire non arrendersi.”
Fa tanta
attenzione Mary al suo decorso, ma non può negarsi di vivere, corri e cammina
fa parte del suo stile di vita e l’aiuta ad apprezzare fino alla fine il senso
della vita, quindi si va avanti senza esagerazione, con attenzione e senza
eccessive privazioni.
Cosa
significa per te essere ultramaratoneta in malattia? “Tutto ciò che ho
fatto sino ad ora non è stata una perdita di tempo come possono pensare tanti.
Ho sempre vissuto la corsa come una palestra per supportare le difficoltà
della vita e oggi mi ritrovo a mettere in pratica quello che la corsa mi ha
insegnato.”
Qual è stato
il tuo percorso per arrivare a questa malattia? “Un percorso non voluto, ma
dovuto anche a mie negligenze. Sentirsi troppo forti talvolta è dannoso.”
Quali meccanismi psicologici ritieni ti aiutano ad andare avanti con coraggio e
resilienza? “Mi piace ridere e sdrammatizzare su ogni cosa, lo preferisco
piuttosto che piangermi addosso.”
Sempre
solare, felice ed allegra Maria, molto contagiosa con tutti, ottimo approccio
per affrontare la vita e qualsiasi situazione.
Cosa
pensano familiari e amici di questa tua avventura che non era in
programma? “Bella domanda. Sinceramente a me dispiace più per loro, vista da
fuori la malattia fa più paura di chi la vive. Per questo ho voluto
allontanare amici e famigliari che si ponevano in modo negativo. Ma ho tanti, ma
tanti amici che mi sostengono e che non pensavo di avere, molti amici di corsa
e della mia società Happy Runners, non faccio nomi poiché potrei dimenticare
qualcuno, poi amici fuori dal mondo della corsa tutti che tifano per me e
sostengono la mia famiglia. Insomma sono circondata da persone positive gioiose
e giocose come me.”
Si può dire
che Mary ha una rete sociale molto consistente e consolidata e ciò è merito
suo, ha saputo seminare e costruire attorno a se, ed ora può disporre di
sostegno e supporto da parte di tanti.
Cosa
hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta in malattia? “Nulla
di nuovo, non sono cambiata, affronto la malattia come un evento naturale della
vita....penso che quando ti capita va vissuta come un esperienza di vita, e per
quanto possa sembrare assurdo ha anche i suoi lati positivi ad esempio il modo
d intendere la vita, non importa quanta ne resterà, ma la vivi in tutta
la sua essenza.”
L’autoconsapevolezza
è molto importante per sentirsi, per ascoltarsi, per conoscersi, per
comprendere quello di cui si ha bisogno, quello che si vuol fare della propria
vita, a volte si va incontro a situazioni impattanti che ti fanno aprire la
mente, e la vita ti può cambiare se vuoi.
Come è
cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “I miei mi sono vicino e insieme
seguiamo questo percorso con serenità. In quanto al lavoro sono purtroppo
penalizzata, le visite mediche e le terapie non mi permettono di lavorare a
pieno ritmo.”
Se potessi
tornare indietro cosa faresti o non faresti? “Potrei dirti che forse farei gli
adeguati controlli, ma non ne sono sicura. Nonostante tutto non è cambiato il
mio scarso interesse per quanto riguarda le visite mediche in quanto sono molto
pigra.”
Hai un sogno
nel cassetto? I tuoi prossimi obiettivi? “Ultrarunner fino alla fine.
Riprendere da dove ho lasciato….”.
Ho dedicato a Maria Moramarco, in un momento particolare della sua vita, il mio libro "Ultramaratoneti e gare estreme, Prospettiva editrice, Civitavecchia, 2016.
https://www.libreriauniversitaria.it/ultramaratoneti-gare-estreme-simone-matteo/libro/9788874189441 Nel libro "Lo sport delle donne” riporto un’intervista a Maria Moramarco.
Maria è menzionata nei libri:
"Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida", Edizioni Psiconline, Francavilla al Mare (CH), giugno 2019.
La 100km del passatore. Una gara fra coraggio e resilienza.
Cosa significa correre una gara di 100km? Quali meccanismi psicologici aiutano ad allenarsi e gareggiare con coraggio e resilienza?
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
BELLISSIMO. Anch'io nel 2010 ho avuto un linfoma al polso e so che vuol dire fare Terapie.
RispondiEliminaGrande MATTEO veramente bella anch'io ci sono passato e so che vuol dire.
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