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domenica 21 maggio 2017

Quadrifoglio Ultra Trail 2017 60km: vince Filippo Canetta davanti a Enrico Bonati


Non è ancora il momento per Enrico Bonati vincere una bella gara di ultratrail, ci è andato vicino, forse ci ha creduto, forse si è illuso, ma quando competi con atleti di livello nazionale diventa difficile sperare e contare sulla fortuna.

Comunque per Enrico una brillante prestazione, sempre con i il sorriso e con una grandissima passione e voglia di mettersi in gioco, un bel risultato, di seguito le sue parole espresse sui social: “5h e 59 min secondo assoluto. Oggi ci ho creduto fino in fondo...vincere una ultra trail sembrava un sogno irrealizzabile e oggi per un soffio ci stavo riuscendo! Fatto il primo petalo (28km) in testa senza mai essere raggiunto...poi Filippo Canetta se ne va e comincia un testa a testa strepitoso che lo vede andarsene ma con me sempre alle calcagna...al 42emo km sulla pista da sci di Zum Zeri attacco e vado via...il sogno è lì...sta diventando realtà...spingo spingo e so che mancano 18 km interminabili in cui si scende e basta...al 55emo km Filippo arriva a doppia velocità e mi lascia lì...le mie gambe oggi hanno dato il massimo vittoria meritata per lui e io contentissimo di essermi confrontato con lui e di aver dato tutto! Oggi secondo...ma un domani....sogno!

Importante rimanere felici e tornare a casa con una bella esperienza e belle speranze per il futuro, speranze di avvicinamenti a vittorie e sogni da rendere reali, si può fare con grande impegno, grande voglia di mettersi sempre in gioco, un corpo allenato e coccolato e una testa che guida.
Di seguito approfondiamo la conoscenza del vincitore Filippo Canetta attraverso delle risposte a un mio questionario di un paio di anni fa.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?Cercare di fare qualcosa che al momento presente sembra impossibile, impegnarsi, farlo e poi accorgersi che non era impossibile.”
Qual è stato il tuo percorso per  diventare un ultramaratoneta?Fare il primo passo, il più difficile.”

Il segreto sta proprio nel primo passo, nel partire, nell’iniziare, nell’avere deciso una meta, un obiettivo e poi iniziare il viaggio, il percorso che ti porta dove tu vuoi, non sarà niente impossibile se hai fatto una buona pianificazione e programmazione di quello che devi fare in base a quello che puoi fare considerato capacità, risorse, qualità personali e anche considerando i propri limiti.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta?Inseguire i sogni, esplorare il mondo.

Vero i sogni non per forza restano tali, se vuoi ti puoi impegnare e fare di tutto per renderli reali e più vicini a te, puoi attivare proprie risorse e capacità, puoi attivare una rete di persone che ti sostengo o ti aiutano a portare a compimento i tuoi obiettivi partendo proprio da questo momento.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta?  No, anzi, ho imparato a gestire i problemi, riducendo i carichi per dare modo al mio corpo di ripararsi, ma senza fermarmi mai.”

Molti considerano gli ultrarunner, masochisti o pazzi, o con un ego troppo sviluppato, ma approfondendo questo mondo e facendo esperienza diretta di gare di endurance a volte considerate estreme si scopre che l’ultrarunner diventa manager di se stesso, riesce a trovare il giusto equilibrio tra quello che vuol fare e quello che può fare, tra la parte fisica e mentale giungendo a compromessi e alleanze per decidere come e quando andare avanti e come e quando fermarsi per ripartire. Si impara a non strafare ma a osare con attenzione, si impara a mettere in tensione il proprio corpo e la propria mente ma anche a come rilassarla, si diventa padroni del proprio corpo e della propria mente, soprattutto se si introducono tecniche e metodi di rilassamento, di visualizzazione,di respiro, meditazione o ci si fa aiutare da esperti della psicologia.
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta?C’è sempre qualcosa da imparare.”

Si impara da tutto e si utilizza tutto quello che succede in ogni momento, portando con se e dentro di se gli insegnamenti che serviranno ora e anche poi nelle situazioni più difficili da affrontare, gestire, superare, si impara anche dalle sconfitte, dagli insuccessi, dagli infortuni, dai fallimenti. Bisogna sempre spacchettare l’esperienza e prendere i frutti buoni di quello che c’è.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme?Concentrazione sugli obiettivi, qualsiasi essi siano.”

L’obiettivo va sempre tenuto in considerazione, è come avere un filo che ti lega all’obiettivo, ogni cosa che si fa c’è una domanda implicita è appropriata per l’obiettivo che voglio raggiungere o rema contro? E di conseguenza ci si assume la responsabilità delle scelte che facciamo, consapevoli.
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile?Quella in cui ho avuto (mi capita spesso) problemi di stomaco.”

I problemi da una parte bisogna accoglierli, accettarli e studiarli, da una parte bisogna comprenderli, bisogna capire qual è il loro messaggio, cosa ci vogliono raccontare, e poi attraverso prove ed errori, attraverso l’esperienza, attraverso consulenze con esperti nutrizionisti, allenatori, psicologi, si cerca di risolverli totalmente o in parte o di conviverci.
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine? “Non saprei. Credo che si possa fare molto, tutto dipende dalla preparazione.”

Ogni cosa va desiderata, studiata e preparata, più è difficile più aumenta l’accuratezza nello studio e nella preparazione, più ci deve essere la passione e la motivazione per portarla a compimento.
C’è una gara estremi che non faresti mai?Una gara in posti tropicali, molto bagnati e umidi, forse.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?Il gusto di superarli.”

Questo è il gusto della vita, il percorso che ognuno facciamo, si superano esami, concorsi, incontri, problemi, si alza sempre più l’asticella, si diventa più sicuri e autoefficaci, si diventa sempre più in grado di superare crisi, difficoltà e problemi, si diventa più resilienti, l’ultracorsa diventa la palestra della vita.
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme?Le gare che faccio sono sempre difficili da spiegare a qualcuno che non le ha fatte, quindi tendo a minimizzare. Spero solo, in un certo modo, di essere d’esempio ai miei figli e insegnargli che con l’impegno si possono superare le difficoltà.

Vero, quando c’è una difficoltà, non bisogna avere fretta di superarla, si può partire dal ricordare precedenti esperienze superate che ti danno la spinta positiva e occorrente per trovare la giusta via.
Che significa per te partecipare ad una gara estrema? E’ solo un viaggio, nulla di estremo. L’estremo dipende dalla preparazione.”

Estremo può essere fare 5km di camminata per uno che sta sempre seduto a vedere la TV.
Ti va di raccontare un aneddoto?6 anni fa ho concluso a fatica una gara di 35 Km, all’arrivo mi sono commosso nel vedere l’arrivo degli atleti della corrispondente gara lunga (70 Km). Pensavo fosse qualcosa di impossibile e la mia ammirazione per loro era immensa. Ora, dopo 6 anni e tanti Km, le gare di 70 Km sono per me gare di avvicinamento ad obiettivi più grandi.”

L’essere umano ha tante capacità e possibilità inesplorate, bisognerebbe anteporre sempre la parola ORA davanti a qualsiasi cosa che diciamo o facciamo, ora ho voglia di impegnarmi per questa cosa e voglio fare questa cosa, poi tutto passa, tutto cambia e ci accorgiamo che l’asticella la possiamo alzare momento per momento, giorno per giorno sempre più alta impegnandoci e credendoci.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?Resistenza e caparbietà. Correndo in natura: dei posti meravigliosi!”

L’ultracorsa, soprattutto in sentieri naturali e di montagna ti permette di scoprire mondi tuo iinterni e anche il mondo che ti ìcirconda fatto di sassi, radici, luci, ombre, vette, valli, precipizi, colori.
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa? Decisamente in meglio. Passo molto più tempo all’aria aperta invece che in un ufficio. Prima di fare sport, facevo fatica a fare le scale. Ora prima di fare fatica ci vuole un po’ più di tempo.”

L’estremo può essere fare 6 piani di scale a piedi se si è sempre preso l’ascensore, oppure può essere stare seduto in ufficio per 8 ore per chi è abituato a correre in natura per ore e ore non sentendo la fatica nemica. Tutto diventa relativo, dipende da quali occhi e da quali menti si vedono le cose.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti?E’ un gioco, rifarei tutto.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?No, nessuno. Voglio correre libero da qualsiasi dipendenza e condizionamento. E poi non credo nella medicina chimica. Le ultra insegnano a convivere e a controllare il dolore.”

Le ultra sviluppano capacità autocurative e di sopportazione, si impara ad autoipnotizzarsi, a mandare flussi positivi e lenitivi presso propri dolori e sensazioni di sofferenza.
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai indagini più accurate? No, anche se non mi sarebbe dispiaciuto fare un test sulle mie capacità atletiche. Ma oramai sono troppo vecchio.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva?Dopo gli infortuni. In generale ho talmente poco tempo libero che dovrei e vorrei correre di più.”
Hai un sogno nel cassetto?Ne ho tantissimi, non uno solo!”

Un'intervista a Filippo è riportata nel libro "Il piacere di correre oltre" (Il piacere di correre oltre dal punto di vista di uno psicologo dello sport).
Sport & benessere 15 | ed. novembre 2022.
In linea di massima, la passione della corsa permette alle persone di mettersi alla prova, di condurre un sano stile di vita, di salire su un treno fatto di fatica e gioie, di relazioni, di mete e obiettivi da costruire, di situazioni da sperimentare. Bisogna sviluppare consapevolezza delle proprie risorse e capacità, ma anche dei propri limiti: è necessario consolidare questi concetti per mantenere un buon equilibrio. Nel nuovo libro di Matteo Simone Il piacere di correre oltre, l’autore riprende la sua consuetudine di parlarci di sport soprattutto attraverso il dialogo con gli atleti.
Leggere il testo di Matteo Simone ci permette di conoscere alcune dinamiche psicologiche che forse ignoriamo o per lo meno di cui non siamo consapevoli. L’autore nota che ciascuno di noi, se lo vuole, può riuscire a raggiungere i propri obiettivi nello sport come nella vita, e così diventano più addomesticabili e gestibili, la fatica e la paura; al contempo si rafforza la mente, si eleva l’autoefficacia personale e si sviluppa la resilienza.

Matteo SIMONE
http://www.unilibro.it/libri/f/autore/simone_matteo

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