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sabato 10 giugno 2017

Sara Paganucci, ultrarunner: Ho condiviso emozioni forti, pure e sincere


Le gare ultra non è tutto rose e fiori, si tratta di attraversare chilometri e chilometri di percorsi, in questo caso di deserto con tutto ciò che comporta: sabbia, sole, arsura, miraggi, orientamento. Le difficoltà possono essere tante, l’obiettivo è una sfida da portare a termine, una gara da terminare nel miglior modo possibile, il coronamento di un sogno che si innesca nella mente di alcuni runner definiti estremi, che cercano il limite, per quale motivo? Per approfondire la propria conoscenza, per incontrare se stessi di fronte alle difficoltà, per vedere se riescono a cavarsela anche quest’altra volta, perché ogni gara è un’altra occasione per mettersi in gioco, per sperimentarsi, lo racconto nei miei libri, uno di questi è Ultramaratoneti e gare estreme, tante testimonianze e racconti di atleti amanti dello sport di endurance, felici e resilienti.

Di seguito Sara ci racconta la sua esperienza di maratona nel deserto.
Ciao Sara, se ti va ho qualche domanda per te, com'è andata?Ciao rispondo volentieri alle tue domande, è andata bene, dai! Soprattutto perché nelle sei settimane prima di partire ho subito uno stop per infortunio, il rischio era quello di non riuscire a finirla.”
Soddisfatta? Hai sofferto? Momenti critici, problemi?Sì, sono molto soddisfatta, ho sofferto il caldo, soprattutto durante il 'tappone' c'è stato un momento in cui mi sentivo in trance, camminavo e dormivo ad occhi aperti...ho sofferto il peso dello zaino sulle spalle e ho sofferto a causa di un infortunio all'anca che mi ha fatto zoppicare molto.
Pensieri, sensazioni, emozioni?Ho trovato un gruppo di persone splendide con cui ho condiviso emozioni forti, pure e sincere; e con cui si è creata una sorta di solidarietà, ci siamo sempre aiutati, spronati a vicenda, abbiamo condiviso tutto dal cibo ai compiti del bivacco.

Gare lunghe nel deserto, considerate estreme, rafforzano l’amicizia e la condivisione dell’esperienza permette di conoscersi velocemente e di far squadra diventando ognuno una risorsa per l’altro e per l’intera squadra.
Hai scoperto ancora qualcosa di nuovo in te stessa, negli altri atleti?Sì, ho scoperto una parte di me più profonda, meno superficiale; mentre negli altri atleti tanta solidarietà, che in queste gare estreme la classifica non conta, conta solo il riuscire ad arrivare in fondo e tutti sono sempre pronti a darti una mano per riuscirci, anche se di nazionalità diversa.”

A casa si porta sempre qualcosa di importante, si scopre se stessi nel profondo, in questo tipo di gare esce fuori l’essenza vera della persona, non ci si può più nascondere, non si può restare più dietro le quinte, bisogna mettersi in gioco e sperimentarsi, vedere come cavarsela nelle diverse condizioni di gara, apprendendo sempre dall’esperienza e dagli altri.
Organizzata bene la gara, percorso, ristori, premiazioni?La gara è organizzata benissimo, molto rigida nelle regole con penalità sempre dietro l'angolo, ma questo è la sua particolarità. Il percorso è molto duro, sabbia, sassi, dune, dislivelli, laghi prosciugati il tutto sempre con un peso sulle spalle e sotto a un sole cocente che ti toglie il respiro. I ristori non ci sono, ognuno deve provvedere alla propria autonomia alimentare, ci sono solo punti acqua. Le premiazioni sono come da noi, premiano i primi 3 uomini e donne assoluti, i primi 3 team e il primo di ogni categoria.”
Cambia qualcosa dopo questa prova?Si sento di essere cambiata profondamente come persona.
Prossime gare, obiettivi a breve, medio, lungo termine?Adesso non ho obbiettivi, cercherò di rimettermi in sesto fisicamente, mi ha lasciato addosso un infezione da una vescica mal curata, sto facendo antibiotici e riposo...per il futuro vedremo, intanto mi godo il momento ed il senso di appagamento che mi ha lasciato.”

Dopo lunghe gare con condizioni considerate estreme è importante prendersi un po’ di tempo per assimilare l’esperienza, per leccarsi le ferite, per far emergere nuovi bisogni ed esigenze che possano mobilitare nuove energie.

Un’intervista a Sara è riportata nel mio libro “Ultramaratoneti e gare estreme”, Prospettiva Editrice.
Sport & Benessere 1 | p.298 | ed. novembre 2016
Chi sono gli ultramaratoneti? Cosa motiva questi atleti? Quali meccanismi psicologici consentono loro di affrontare gare estreme? Cosa li spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?
Questi i quesiti che si è posto l’autore Matteo Simone per stendere questo libro, si parla di ultramaratone e di gare estreme per lunghezza kilometrica, per condizioni fisiche-naturalistiche e metereologiche nelle quali si affrontano i percorsi, per le richieste mentali poste a questi atleti. Il testo consente di calarsi nella realtà degli ultramaratoneti, grazie all’esperienza diretta dell’autore ed al contributo di centinaia di atleti intervistati che hanno condiviso le loro esperienze di gara.
Vi sono i racconti di amanti della corsa e di atleti professionisti. In primo piano è il vissuto esperienziale degli atleti, le loro problematiche, le loro convinzioni, le loro paure, le loro esperienze di vita e i loro successi. Come ci ricorda la psicoterapia della Gestalt è nell’esperienza che risiede la conoscenza. Un libro affascinante che riporta le motivazioni di queste persone, che tratteggia le loro strutture caratteriali. Un testo che permette di avvicinarsi a questo tipo di discipline considerate estreme e impossibili.

380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

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