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martedì 11 luglio 2017

Paolo Rovera, ultrarunner: Questo Mondiale mi ha lasciato un sapore agrodolce


Partecipare come atleta a un mondiale è sempre qualcosa di eccezionale e straordinario, essere il capitano di una squadra composta di 3 atleti dove diventa determinante l’impegno di ognuno dei tre atleti per la classifica finale di squadra diventa una bella responsabilità per il fatto di motivare ciascuno a dare il meglio di sé e vivere l’esperienza nel miglior modo possibile, di seguito Paolo racconta le sue impressioni a seguito di alcune mie domande.
Ciao Paolo, che sapore ti ha lasciato questo mondiale? Soddisfatto? Avuto problemi, criticità? “Questo Mondiale mi ha lasciato un sapore agrodolce. Ho vissuto intense ed indimenticabili emozioni, come sempre quando ho avuto la fortuna di partecipare ad eventi internazionali indossando la canotta azzurra, ma è rimasto un retrogusto amaro per il pessimo risultato chilometrico. Le incognite e le criticità sono sempre molte quando si affronta una 24 h di corsa... nel mio caso la più grossa si è manifestata con un problema biomeccanico sopraggiunto all'incirca dalla 19^ ora (era come se rimbalzassi sul posto senza riuscire a trasmettere spinta propulsiva in avanti, chi mi ha visto da fuori dice che sembravo come un video alla moviola...) che mi ha fatto perdere parecchia strada, senza contare la maggior fatica ma soprattutto la frustrazione per la sensazione di impotenza. Non posso assolutamente essere soddisfatto: quando scegli di fare sport agonistico spillandoti un pettorale e vieni chiamato dalla Federazione a rappresentare il tuo Paese in una competizione internazionale quello che conta è il risultato (purché conseguito con onestà, sia chiaro). Tutto il resto sono chiacchiere, fuffa. Posso provare a cercare lati positivi (aver dato tutto, non aver mai mollato nonostante le difficoltà, aver visto saltare atleti molto ma molto più quotati di me in una 24 h che rimane pur sempre una competizione imprevedibile... ma quello che rimane è il risultato, lontano dal personal best e al di sotto delle aspettative.”

A fine gara e quando si ritorna a casa è tempo di bilanci perché si porta a casa sempre qualcosa, l’esperienza rimane fondamentale, si fa il punto della situazione per comprendere quello che è successo, per mettere a posto i pezzi e raccontarsi momenti e storie che restano in memoria.
Cosa lasci a Belfast e cosa porti a casa? “A Belfast lascio qualche goccia di sudore sul circuito del Victoria Park e porto a casa una strana sensazione di umidità lungo la schiena.”

Hai conosciuto altri atleti di altre nazioni? Curiosità? Sorprese? “Ho approfondito la conoscenza con un francese, ma il tempo a disposizione è sempre troppo poco per riuscire a conoscere atleti di altre nazioni. Sono rimasto impressionato per organizzazione e per carisma dagli atleti della nazionale USA.”
Quali sono ora tue mete, direzioni, obiettivi? “Attualmente l'obiettivo a breve è cercare di capire cosa non abbia funzionato e individuare ed eventualmente rimuovere la causa del problema che ho avuto in gara per evitare che si ripeta in futuro. Solo dopo potrò pianificare la partecipazione ad eventuali competizioni.”
Come vedi i nuovi giovani italiani ULTRA? C'è ancora possibilità per te di altre convocazioni? “Dei nuovi giovani italiani Ultra ho avuto la fortuna di conoscere Francesca Innocenti che a Belfast ha fatto un'ottima performance. Gli altri non li ho ancora conosciuti, ma mi hanno riferito i tecnici Iuta, che li stanno seguendo, che sono molto forti fisicamente e con grandi motivazioni, sicché il futuro dell'ultramaratona in Italia specialità 24 h pare essere garantito. Per quanto mi riguarda amo talmente tanto la maglia della Nazionale che la indosserei anche nel giorno del mio matrimonio, ma so anche che per meritarla e onorarla servono i risultati e purtroppo l'ultimo che ho conseguito non gioca a mio favore.”

Sembra esserci un buon ricambio di atleti per la 24 ore di corsa, questo grazie ai tecnici che seguono e corteggiano nuovi talenti ma anche grazie agli atleti più veterani che trasmettono loro entusiasmo ai più giovani nelle diverse competizioni nazionali e internazionali.
Hai qualcosa in comune a Fausto o Nico? Vi siete trovati bene? Sentivi la responsabilità di essere anche squadra? “Credo che io Fausto e Nico siamo completamente diversi, sia per carattere che per modo di correre. Però insieme ci siamo trovati molto bene. Per quanto riguarda le responsabilità, quando si gareggia per la Nazionale si percepiscono sempre parecchio. Tra l'altro io, essendo capitano, avevo l'obbligo di provare a fare squadra e non solo gruppo. Le responsabilità pesano sempre, ma in questo caso le si accettano molto volentieri.”

Il capitano di una squadra di atleti ultraruuner specialità 24 ore è un bel biglietto da visita, si tratta di avere competenze atletiche e manageriali riconosciute nel corso degli anni di partecipazione a eventi internazionali dove si apprende sempre dalla propria squadra e dagli atleti e squadre di altre nazioni,
C'è un alimento particolare che hai assunto in gara? “Mi sono alimentato come al solito con zuccheri, acqua gasata e saltuariamente un po' di coca cola.”
Quale è stata la sosta maggiore nelle 24 ore? “Nessuna sosta se non quattro fisiologiche di circa 45 secondi l'una per far pipì.”
Come ti prendi cura di te ora dopo il mondiale? “Adesso mi sto leccando le ferite fisiche e umorali riposando e coccolandomi con mangiate pantagrueliche.”
E’ importante dopo gare impegnative elaborare quanto avvenuto sia a livello atletico che a livello emozionale, così come è importare riprendere uno stato di cessata turbolenza e ritrovare serenità utile per far emergere nuovi bisogni e nuove consapevolezze per prendere nuove direzioni verso mete sempre ambite e sfidanti.

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