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martedì 10 marzo 2020

Nella vita ci sono prove davvero durissime da affrontare

Matteo SIMONE 
Psicologo, Psicoterapeuta

Nella vita ci sono prove davvero durissime da affrontare, gestire e superare; non si è mai pronti per questo, le fasi da attraversare sono durissime e in evoluzione. 

Eventi imprevisti e nefasti creano sconforto possono destabilizzare. Non si è mai pronti a cambiamenti di vita drastici e improvvisi. Quanto meno te lo aspetti succede l’imprevisto inaspettato e non si è pronti a gestire il dolore, la sofferenza, la rabbia, la frustrazione, la vergogna, l’incredulità.
A seguito di eventi critici, disturbanti, traumatici; oltre alle cure mediche, ai consigli da parte della comunità scientifica, ai provvedimenti delle istituzioni; l’aiuto psicologico è importante e fondamentale per la persona che ha bisogno di sentirsi tutelato, compreso, ricevere un rinforzo sulle proprie capacità di affrontare la situazione.
Gli psicologi possono intervenire dove c’è trauma e tragedia per contenere ed elaborare dolore, sofferenza, panico, disperazione, per accompagnare vittime e familiari per indirizzarli ad accettare e affrontare l’onda del cambiamento imposta della routine giornaliera in attesa di poter gradualmente ritornare alla quotidianità quando sarà possibile.
L’impatto di un evento considerato imprevedibile, devastante, stressante sui bambini e gli adulti comporta sensazioni intense e insolite, forti emozioni, pensieri bizzarri, comportamenti non abituali, è possibile che si possa manifestare panico, confusione, congelamento, tutte sensazioni ed emozioni terribili che nessuno vorrebbe sentire e sperimentare che spiazzano. Si rimane sorpresi e impotenti davanti all'imprevisto e inimmaginabile che crea danni, lutti, dolore, perdite enormi.
Comunque bisogna avere la fermezza, la prontezza, l’istinto, il coraggio di mettere in salvo se stessi e i propri cari, un po’ alla volta bisogna comprendere quello che è successo, quello che ci sta accadendo, quello che non siamo pronti ad affrontare, gestire, superare e organizzarsi.
In questi momenti si cerca di far rete con gli altri, ognuno diventa una risorsa per l’altro, in base alle proprie competenze, esperienze, professionalità. C’è bisogno di sanitari, para sanitari e volontari che si prendono cura, che si occupano dell’altro con proprie competenze e professionalità, dedizione e motivazione.
La figura dello psicologo può contribuire a tale opera di presa in carico parziale sostenendo e supportando, facendosi carico della fragilità del momento. Si è in tanti ad intervenire, ognuno diventa una risorsa se ben organizzata, se ben strutturata. Si creano relazioni, nuovi ponti, collaborazioni per aiutare coloro che hanno bisogno in questo momento a causa di qualcosa molto grande e terribile.
L’aiuto psicologico può aiutare a riorganizzarsi, a trovare nuove risorse interne personali, familiari, amicali, di rete locale. L’aiuto psicologico può avere come obiettivo di sviluppare la fiducia in se stessi e negli altri, di aiutare ad accettare gradualmente l’accaduto e il cambiamento che ne è derivato, a trovare nuove direzioni, a rimodulare obiettivi.
L’aiuto psicologico può aiutare a sostenere, a supportare, a distrarre, a indirizzare, a trovare modalità utili con strumenti efficaci per elaborare l’accaduto, per aiutare la persona a sviluppare la consapevolezza di ciò che percepisce nel momento presente, di quello che sta succedendo; per far maturare la consapevolezza che anche se si sta vivendo un’esperienza terribile, gradualmente si può attraversare e superare un passo alla volta insieme.
L’aiuto psicologico può avere come obiettivo l’aiutare la persona a prendere in mano le redini della propria vita e di chi gli sta accanto, per poter uscire gradualmente dal tunnel, per potersi rialzarsi e ripartire, per poter riprendere a correre la propria vita con nuove modalità e nuove sfide.
L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di sviluppare la resilienza nelle persone, aiutare a ricostruire fiducia e relazioni, ricostruire se stessi, la propria attività. L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di incrementare fiducia e pazienza in attesa di ritornare gradualmente alla quotidianità, di riprendere le cose lasciate in sospeso, di prendersi cura di sé.
Interessante le parole di Eugenio Borgna nel suo libro “L’attesa e la speranza”, Feltrinelli, 2018, pagg. 77-78:
Gli scenari cambiano quando il dolore diminuisce e nel dolore rinascono le dimensioni del passato e del futuro: rinasce la speranza ma rinasce soprattutto l’attesa. L’attesa che il dolore si esaurisca e scompaia, e l’attesa che il dolore non si ripeta: l’attesa che i farmaci completino la loro azione terapeutica e che gli orizzonti della vita si riaprano: l’attesa che rinascano le relazioni interpersonali bruciate dal dolore; e l’attesa che rinascano le emozioni divorate dal deserto del dolore: l’attesa di conoscere fino in fondo le cause della malattia che ha trascinato con sé il dilagare del dolore: l’angoscia dell’attesa quando non si abbiano risposte alle domande sulle cause e sulla durata della malattia, e sulla riemergenza possibile del dolore: con i fantasmi del passato che si fanno allora vicini e strazianti nel ricordo delle ore e delle giornate trascorse nella solitudine e nella disperazione. Le parole, che vorremmo dire quando siamo nella angoscia del dolore, non sono di questo mondo: nel senso che le conosciamo solo noi nel segreto della nostra interiorità ferita e lacerata; ed è davvero poco quello che gli altri possono ascoltare e possono capire. Il linguaggio delle parole si fa insomma oscuro e insondabile nei roveti ardenti del dolore; ma il linguaggio del corpo al di là di ogni nostra intenzione grida in silenzio per farsi intendere e, se è possibile, per farsi aiutare.

Matteo SIMONE 380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

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