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giovedì 10 dicembre 2020

Pablo Barnes: La gara più bella? La prima volta che vinsi il Cromagnon

Matteo SIMONE 

Pablo Barnes è un atleta Argentino che ha partecipato ai Campionati Mondiali di Ultra Trail, 85 km e 4.800 m di dislivello, che hanno avuto luogo in Portogallo nel 2016. 

In questo sport considerato anche estremo e non alla portata di tutti, bisogna essere cauti, è importante essere in contatto con il proprio corpo e le sensazioni corporee, ed è fondamentale approcciarsi con umiltà e gradualità. 
Di seguito Pablo ci racconta della sua gara e della sua passione per le lunghe distanze. 

Ciao Pablo, com'è stata la gara, hai avuto crisi? Eri riposato prima della gara? "La gara è andata bene, io ero un po’ stanco per i tanti chilometri fatti in tante gare quest’anno, però mi sentivo abbastanza bene, sono partito con calma ma più di quello non potevo anche se avessi voluto". 

Cosa cambia ora per te? «Non penso che questa gara mi abbia cambiato qualcosa, perché è da qualche anno che partecipo ai Mondiali». 
Cosa hai scoperto? Cosa puoi fare per far meglio?
 "Ho scoperto che anche se gli anni passano l’eventuale mancanza fisica viene compensata dall’esperienza". 

È vero, l’esperienza fa da padrona soprattutto in questo tipo di gare di endurance, dove per far meglio devi aver superato in passato tante difficoltà che ti hanno permesso di conoscerti meglio e sapere come fare per allenarti al meglio per affrontare e gestire aspetti quali l’integrazione alimentare, crisi passeggere, la distribuzione delle energie durante le lunghissime gare. 
Cosa hai notato delle altre squadre e degli altri atleti? "Nelle altre squadre ho notato la voglia di presentare atleti forti e giovani che alla fine non hanno fatto le prestazioni aspettate". 
Quali sono gli aspetti che incidono sul benessere e performance? "Penso che il modo in cui si affronta lo sport sia un riflesso della personalità e in tanti casi quando si cerca la performance non c’entra molto col benessere". 
Ti sei sentito campione nello sport almeno un giorno della tua vita? "Di solito non mi sento campione, ma ho avuto dei giorni gloriosi ma sono pochi". 
Qual è stato il tuo percorso per diventare atleta?
 "Da piccolo facevo tanti sport ma non in modo agonistico, mi sono trovato a gareggiare per caso e da grande uno stile di vita sano e attivo mi ha condotto, senza rendermi conto, a un livello abbastanza alto". 
Quali fattori hanno contribuito al tuo benessere o performance? "Alimentazione sana, vivere in un posto tranquillo, bere acqua buona e una vita senza eccessi hanno reso il nostro essere atleti una cosa quotidiana che non ci causa stress". 

Lo sport rende sereni e felici, ti permette di avere un corretto stile di vita e di sperimentare benessere ed a volte anche performance se hai talento e se ci metti anche impegno e determinazione. 
La gara della tua vita dove hai sperimentato le emozioni più belle? "La mia gara più bella è stata la prima volta che ho vinto il Cromagnon. Ricordo ancora quegli atleti forti alla partenza della gara più importante per noi, staccare a uno a uno tutti e vincere mi ha reso molto felice e consapevole che potevo correre a un livello superiore". 

Il Grand Raid 
du Cro-Magnon è un ultratrail di montagna di circa 130 km, con + 7˙800 m di dislivello positivo e – 8˙800 m di dislivello negativo, con partenza da Limone Piemonte.
Un episodio curioso o divertente della tua attività sportiva? "Un ricordo divertente è stato nel 2007 alla 'Via Marenca'. Marco Olmo parte come favorito, era lui l’uomo da battere e, in quell'anno, nessuno era più forte. Siamo partiti ed eravamo davanti a condurre la gara quando a un certo punto ci sorpassa un corridore che non nominerò ma che non era così forte e lo vediamo andare via, dopo un po’ lo ritroviamo e quando ci vede ci dice: ‘andate voi davanti, io mi sono stufato di prendere le ragnatele in faccia’. La gara l’abbiamo vinta a pari merito con Olmo e quel corridore non sono ancora sicuro che sia arrivato, hahahaha". 

Domenica 22 luglio 2007, si è svolta l’Ultra Trail “La via Marenca”, gara podistica di circa 90 km con partenza a mezzanotte da Dolcedo. I vincitori sono stati Marco Olmo e Pablo Barnes che hanno concluso la gara in 11h58’00”, precedendo di più di un’ora un’altra coppia di atleti: Daniele Gaido e Andrea Pittaluga che hanno concluso in 13h08’29”, precedendo di poco più di 1 minuto Daniele Cesconetto 13h09’42”.
Anche la gara femminile è stata vinta da due atlete: Claudia Vaccari e Marisa Marchini in 16h51’24”, precedendo di quasi 2 ore Roberta Peron 18h42’06”.
Quali capacità, risorse, caratteristiche, qualità hai dimostrato di possedere? «Penso di avere delle belle doti fisiche ma nel corso di questi anni ho capito che se la gara è molto lunga e si passa a un terreno dove la testa conta tanto, è lì che do del mio meglio». 

In gare lunghe bisogna allenare molto le capacità mentali, allenarsi anche bene fisicamente, sapersi alimentare e conoscersi bene, sapere cosa l’organismo può richiedere nelle lunghe ore di sforzo e fatica in temperature esageratamente calde o fredde ed è anche importante una buona dose di autoprotezione e coccole, tanti massaggi e attenzioni al proprio fisico, muscoli e articolazioni, recupero e riposo. 
Quali sono le difficoltà e i rischi? A cosa devi fare attenzione nel tuo sport? «Nel trail si deve stare attenti ad ogni passo per non cadere ma la cosa più importante è mantenersi svegli e reattivi altrimenti ogni singolo passo può diventare pericoloso, nel mio caso faccio tante gare con il caldo e devo stare attento a non disidratarmi». 

 

Il livello di attenzione deve essere alto e vasto, attenti a sé stessi, focalizzazione interna al proprio corpo ed esterna al terreno, alla direzione da prendere, alle persone che hai davanti; sempre sveglio, lucido, attento. Se sbagli strada, se caschi perdi energie importantissime e tempo preziosissimo. 
Quali condizioni fisiche o ambientali ti inducono a fare una prestazione non ottimale? «Senza dubbio la quota e il freddo sono condizioni che mi mettono veramente alla prova e dove di solito non riesco ad esprimermi». 
Cosa ti fa continuare a fare sport? «Lo sport fa parte del mio stile di vita, non è mai un peso e non sento nessuna pressione o obbligo di correre, per quello continuo a farlo con piacere». 
Come hai superato crisi, sconfitte? Hai rischiato di incorrere nel doping? «I cali fisiologici sono normali, tutti li abbiamo, se uno sente una pressione dello sponsor, amici o società di essere performante anche nei periodi no, è probabile che si possa pensare a un aiuto del doping, poi resta nella debolezza di ogni individuo e nel valore morale della persona. Io sono felice di avere corso per tutti questi anni in modo naturale, mi sento bene e soddisfatto e posso dormire tranquillo e guardare negli occhi mia figlia e tutti quelli che mi vogliono bene». 
Ritieni utile lo psicologo dello sport? «Io non ho mai avuto uno psicologo ma per alcune persone potrebbe essere molto utile». 
Sogni realizzati e da realizzare? «Dal punto di vista personale e sportivo ho realizzato tanti sogni che magari sembrano poco, ma la cosa che mi piace di più è che vorrei che continuassi il più a lungo possibile a correre felice e senza dolori». 

Un’intervista a Pablo è riportata nel libro “Maratoneti e ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida” edito da Edizioni Psiconline, Francavilla al Mare (CH), giugno 2019. 

Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR 
380-4337230 - 21163@tiscali.it  

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