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sabato 11 settembre 2021

Noemi Batki, tuffi: Ho deciso di voler fare la mia quarta Olimpiade a tutti i costi

 Il più grande ostacolo in questo sport è la propria testa

Matteo SIMONE 

Psicologo, Psicoterapeuta  21163@tiscali.it

La carriera di Noemi Batki inizia nel 2004, quando in maglia azzurra giovanile conquista il bronzo individuale dalla piattaforma e l’argento in sincro con Francesca Dallapè al suo esordio europeo.

Nel 2005 fa il suo ingresso in nazionale assoluta partecipando alla finale del Mondiale di Montreal (con Dallapè) classificandosi quinta. Da quell’anno inizia la sua corsa all’Olimpiade, in coppia con Dallapè da 3m e Cagnotto da 10m. Con entrambe arrivano ottimi risultati, ori in Coppa Europa, un bronzo europeo ed un oro anche al Grand Prix di Roma, e dai 3m arriva la coronazione del sogno olimpico grazie al quinto posto in coppa del mondo nel 2008 proprio a Pechino. In quello stesso frangente per qualche punto sfuma la seconda chance con Cagnotto dai 10m. Quell'estate, a Pechino, al loro esordio olimpico Batki-Dallapè chiudono seste. 
L’anno dopo le loro strade si dividono e Noemi decide di intraprendere la via della piattaforma individuale, dove nelle successive 12 stagioni sarà sempre finalista europea ottenendo altre 8 medaglie (di cui due ori, 4 argenti e 2 bronzi) di cui 2 in sincro (con Pellacani e Verzotto). Nel 2012 centra la sua seconda Olimpiade dove col suo personale di 350 punti equipara il miglior risultato di sempre di una donna italiana dalla piattaforma olimpica, con l’ottavo posto in finale.  
Alla sua terza olimpiade a Rio nel 2016 Noemi ci arriva con una microfrattura al pollice destro che le preclude l’accesso alla semifinale, complici anche tanti problemi tecnici, terminando la sua gara dopo la fase eliminatoria. All’alba dei 28 anni decide di trasferirsi a Roma, cambiare tecnico (Rinaldi) ed iniziare un percorso nuovo per riscattare la sua performance brasiliana. 
Ci riesce qualificandosi per la sua quarta Olimpiade grazie alla superba esecuzione al mondiale Gwangju 2019, dove si classifica 6^ in sincro con Verzotto, 7^ con Pellacani ma è soprattutto grazie all’8°posto individuale che arriva la sognata quarta carta olimpica. Purtroppo la corsa per Tokyo dura un anno più del previsto e tante difficoltà turbano il percorso di Noemi che non riesce ad arrivare a Tokyo serena, fermando al 27° posto la sua corsa.Di seguito approfondiamo la conoscenza di Noemi (Gruppo Sportivo dell’Esercito), attraverso risposte ad alcune mie domande.
Quando ti sei sentita campionessa nello sport? Campionessa nello sport mi sento tutti i giorni, perché a mio parere ciò che rende campioni non è solo il risultato ma è soprattutto la costanza, la tenacia e la grinta di ogni singolo giorno di allenamento. I risultati possono non arrivare in proporzione al lavoro ed alle energie investite, e da quando ho capito questo mi sono sempre sentita campionessa nel mio piccolo.
 
E’ importante essere sereni perseguire obiettivi e sogni con impegno, passione e motivazione e vedere ciò che succede, a volte può andar bene, altre volte meno bene, importante è non scoraggiarsi mai ma apprendere sempre, avere sempre alti la fiducia in sé, la motivazione e la passione, per spingere corpo e mente a far bene e a star bene attraverso lo sport, grande scuola di vita.
Qual è stato il tuo percorso nello sport? Ho cominciato cimentandomi in tutte le specialità, e tramite il sincronizzato dal trampolino di 3m con Francesca Dallapè, sono entrata in nazionale assoluta e nel Gruppo Sportivo dell’Esercito, qualificandomi per la mia prima Olimpiade a Pechino 2008. Dal 2009 invece, quando Francesca ha iniziato ad allenarsi con Tania (Cagnotto), sciogliendo la nostra coppia, decisi di intraprendere più esclusivamente la strada della piattaforma, per riuscire a brillare di luce mia e togliermi dall’ombra di Tania.
 
Lo sport come la vita è fatto di momenti, decisioni, scelte, crescita, esperienza, è importante per l’atleta all’inizio seguire altri atleti affermati, competenti, specialisti ma poi un po’ per volta bisogna cercare di essere autonomi ed essere se stessi riferimento per altri.
Nello sport cosa e chi contribuisce al tuo benessere e/o performance? In primis è importante ciò che io penso di me stessa, essere in pace con la propria coscienza e la propria mente è fondamentale. Per chi come me ricerca molto l’approvazione degli altri, sarebbe meglio vivere e lavorare in un contesto propositivo, piuttosto che in un ambiente in cui è necessario continuamente filtrare i commenti e le parole della gente attorno. Inoltre si devono avere le condizioni di lavorare bene, per cui è importante alimentarsi adeguatamente, dormire a sufficienza, avere una  struttura di lavoro adatta ed esperienze stimolanti, come meeting o gare per permettere all’atleta di avere feedback anche in contesti diversi.
 
E’ importante ritrovare prima di tutto se stessi, centrarsi, conoscersi bene, capire cosa è bene e cosa bisogna evitare, come lavorare al meglio delle condizioni e come focalizzarsi per allenamenti e gare, con serenità e in pace con se stessi e con gli altri.
Un'esperienza che ti dà la convinzione di potercela fare? Mi dà fiducia un allenamento in cui faccio tutti i tuffi di gara e riesco a eseguirli come voglio io, che magari non vuol dire perfetti, ma se sento che sono padrona della situazione, so che tutto è possibile.
 
Si cresce attraverso lo sport, si inizia a giocare, a imparare, possibilmente si arriva a sperimentare la performance e per essere al top bisogna stare in pace con se stessi, dedicarsi tempo, silenzio, provare e riprovare, sperimentare, simulare il più possibile esercizi e gare per capire quanto si vale e cosa si può ancora migliorare nei minimi dettagli per puntare alla peak performance e credendoci sempre.
Cosa pensano familiari, amici, colleghi del tuo sport? La mia famiglia è sempre stata la mia prima sostenitrice, in qualsiasi ambito, parliamo molto, spesso condivido con loro le mie decisioni, siamo molto uniti. I miei amici e conoscenti sono molto supportivi, mi stimano perché sanno la passione e la dedizione che ci metto, e dicono tutti che sono un esempio positivo. Ho dovuto imparare (e sto ancora imparando) a dare il giusto peso a tutte le informazioni che mi arrivano.
 

Se la passione e la motivazione è elevata si sperimenta tanto benessere attraverso la pratica di uno sport e si investe tanto, c’è bisogno di essere compresi, sostenuti e supportati soprattutto da familiari e amici cari, trascurando qualsiasi critica o giudizio di persone che non riescono a comprendere gli effetti benefici della pratica di uno sport.
Quali capacità, risorse, caratteristiche possiedi nel tuo sport? Per arrivare ad alti livelli ho sempre dovuto sacrificarmi molto, con il passare degli anni sempre di più. L’ho sempre fatto volentieri perché mi piace lavorare per ottenere le cose, ma ammetto che non sempre è stato facile. Nei tuffi bisogna lavorare tanto fisicamente, avere una buona resistenza, ma anche dinamica, forza, tono muscolare, scioltezza e flessibilità. E’ tutta una questione di equilibrio, di allenare nella giusta misura tutti questi aspetti. Inoltre ci sono anche gli aspetti mentali e le abilità (come la coordinazione, l’agilità e il ritmo) che devono essere gestiti abbinandoli ad ogni situazione, di allenamento e di gara. E’ tutto delicato e bisogna essere scrupolosi e ripetitivi.
 
Sono tanti gli aspetti da considerare e da curare minuziosamente per raggiungere altissimi livelli, più si sale di livello e più bisogna essere attenti e focalizzati nel fare le cose più precise possibile ed evitare il più possibile il minimo errore.
Nella pratica del tuo sport quali sono le difficoltà e i rischi? E’ necessario essere costanti nel lavoro, per cui una delle difficoltà è senz’altro quella di allenarsi anche quando il corpo è dolorante, non si ha ancora recuperato o semplicemente si è sotto carico. Inoltre la paura di farsi male è un grosso ostacolo, può rivelarsi traumatico sia mentalmente che fisicamente.
 
E’ difficile trovare un sano equilibrio tra lo sforzo e la cura di sé, tra la fatica e il recupero, bisogna sempre osare, rischiare, lavorare e soffrire per ottenere altissimi livelli, per essere ripagati dello sforzo e la fatica compiuti.
Cosa e chi ti ostacola nella pratica dello sport? Il più grande ostacolo in questo sport è la propria testa e i pensieri negativi con cui si deve imparare a convivere e a gestire col tempo. Talvolta esistono anche persone che ostacolano il tuo percorso di crescita. E’ necessario essere superiori e cercare comunque di fare del proprio meglio. 

Bisogna essere sempre forti fisicamente e mentalmente, avere sempre alta la motivazione qualsiasi cosa succede, anche quando qualcuno non comprende le esigenze, i bisogni, le necessità dell’atleta e non favorisce la crescita atletica e sportiva dovuta a esperienze di allenamenti e gare, vittorie e sconfitte.
Ritieni utile lo psicologo nel tuo sport? Per quali aspetti e fasi? Lo ritengo fondamentale, soprattutto perché spesso tendiamo a reprimere emozioni ed eventi per non dover averci a che fare nell’immediato, non volendo disperdere le energie. Ma queste emozioni andranno rielaborate affinché possiamo sentirci meglio, e spesso una persona esterna che se ne intende del nostro lavoro ma non è direttamente coinvolta è l’ideale.
 
A volte l’atleta ha bisogno di accettare, riconoscere, elaborare, affrontare, superare situazioni e momenti difficili e lavorare con sensazioni ed emozioni spiacevoli quali rabbia, senso di colpa, sfiducia, incomprensione, demotivazione.
La gara dove hai sperimentato le emozioni più belle? Nella quasi totalità dei casi io durante le gare non provo emozioni belle, se non alla fine, quando mi libero della tensione. La gara di cui conserverò per sempre il ricordo più bello sarà l’europeo di Budapest del 2010, in cui davanti a un pubblico quasi interamente a mio favore, perché di casa, conquistai la mia prima medaglia europea individuale, facendomi provare un'emozione immensa. Era una medaglia sudata e faticata, un anno dopo aver sciolto la coppia con Francesca (Dallapè), per cui avere successo su una nuova strada, tutta mia, è stata una soddisfazione immensa.

La pratica di uno sport aiuta a comprendere che le cose a volte cambiano e bisogna accettare quello che avviene riorganizzandosi, sempre, comprendendo quello che succede e rimodulando piani e programmi con l’obiettivo di ripartire, ricostruire per continuare a sperimentare benessere e successo.
La gara più difficile? Ce ne sono state tante, forse le Olimpiadi di Rio 2016 e Tokyo 2020 sono state quelle in cui mi sono trovata in difficoltà ai massimi livelli su un palcoscenico così importante. Mi sono sentita impotente, per niente padrona del mio corpo, e ho cercato di trovare una via che potesse funzionare, invano. Nonostante gli errori fossero a monte, sul momento ho sempre provato a fare comunque del mio meglio, e non vedere il frutto del lavoro emergere fa male.
 
A volte la vita riserva amare sorprese, importante è avere la coscienza a posto, importante è godersi il viaggio anche se è faticosa e comporta dolore, sofferenze e sacrificio, importante è apprezzare ciò che si riesce a fare fino a un certo punto anche se si vorrebbe da se stessi il massimo, la perfezione.
Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni, covid? Con spirito di sacrificio e un immenso ottimismo. Ho deciso di voler fare la mia quarta Olimpiade a tutti i costi, perciò nulla mi avrebbe fermato. E’ stata dura, soprattutto confrontarmi con colleghe che ottenevano ben più risultati di me con metà degli sforzi, ho dovuto concentrarmi su me stessa, soffrire in silenzio in nome del mio sogno.
Cosa hai scoperto di te stessa nel praticare sport? Ho scoperto di avere una resilienza senza paragoni, di essere stata in grado di considerare normali molte situazioni disumane, affrontarle con accettazione, perché ogni sfida va affrontata di petto. Spesso i pronostici mi erano contrari, inanellavo fallimenti (soprattutto gli ultimi anni) ma mai ho pensato di mollare. Per me la sfida era con me stessa, non mi sarei lasciata abbattere, e mi stimo molto per questo. 

I sogni vanno sempre perseguiti anche se bisogna fare sforzi enormi, ma si apprezza ciò che si riesce a ottenere con le proprie forze, capacità impegno, fiducia, costanza.
Utilizzi allenamenti mentali? Metodi di respirazione e/o visualizzazioni? Si certo, vado a periodi. Ci sono momenti in cui non voglio rielaborare troppo ciò che vivo, per dare modo alla mente di staccare completamente quando esco dalla piscina (o perlomeno il più possibile), per cui lavoro su respirazione e visualizzazioni solo in piscina. Ma soprattutto con l’avvicinarsi delle gare è fondamentale trovare tempo ed energie per questo aspetto anche al di fuori, ricreare una condizione mentale propositiva a comando è la chiave, così ci si allena a gestire (anche se con minore intensità) i pensieri che emergono in determinati contesti. Un esercizio che mi ha molto aiutato è provare a visualizzare la piscina in cui gareggerò e provare a immaginare e a sentire le esatte emozioni che proverò quando sarà il mio turno di tuffarmi. Funziona.
 
Certo che funziona! Simulare la propria gara con un’immaginazione vivida, a partire dal respiro, odori, suoni, colori, contesto, prepararsi alla gara in termini di sensazioni corporee interne ed esterne aiuta a familiarizzare con la situazione che a volte potrebbe essere ansiogena, preoccupante.
Un messaggio per invogliare persone a praticare sport? Lo sport è maestro di vita, non solo fine a se stesso ma ti insegna a conoscerti, a scoprire i tuoi limiti e le tue caratteristiche. Ti spinge a uscire dalla comfort zone, e ad adattare costantemente il tuo corpo a situazioni stimolanti, a spingerti sempre un po’ oltre. Lo consiglio a tutti perché anche se sul momento la sfida di per sé è stressante, le sensazioni dopo aver superato gli ostacoli sono impareggiabili.
 

Lo sport grande palestra di vita, per allenare alla resilienza, per conoscersi approfonditamente nel corpo e nella mente, per trovarsi e ritrovarsi nelle diverse situazioni piacevoli e spiacevoli imparando ad accettare tutto e ad apprendere sempre da ogni cosa.

Ti ispiri a qualcuno? Ci sono molti atleti che mi ispirano, non ce n’è uno in particolare perché io sono diversa da loro e nessuno è perfetto. Per cui di ogni persona scelgo un aspetto che mi piace e provo a renderlo mio. 

E’ importante essere grandi osservatori, a partire da se stessi e poi guardandosi intorno, al contesto agli altri, arrivando a osservare persone che hanno caratteristiche da poter emulare, copiare, migliorare.
Una parola o frase che ti aiuta nei momenti difficili? Credo molto nel detto “ognuno è artefice del proprio destino”, ovvero nel fatto che sono io che vivo le cose, sono io che faccio le mie scelte. Ognuno è responsabile di quello che gli succede, per cui è inutile arrendersi o farsi intimorire da qualcosa, diamoci la possibilità di uscirne vincenti, e questo è solo possibile pensando positivo, magari illudendoci, ma sperandoci.
 
In effetti siamo noi stessi che possiamo prendere le redini della nostra vita, possiamo decidere cosa vogliamo e possiamo fare, impegnandoci, credendoci e verificando.
Prossimi obiettivi? Sogni realizzati e da realizzare? Al momento sono in pausa di riflessione, il mio grande sogno era arrivare a fare la mia quarta Olimpiade, certo speravo in un risultato migliore, ma ci ho messo tutta me stessa, ed è questo che conta. Sono stremata, mentalmente e fisicamente, e delusa da molte cose e persone, questo anno in più a me è pesato molto, visto che non sono più giovanissima. Ora riprendo del tempo per me, so di essermelo meritato, perché non sarebbe giusto sempre pretendere dal corpo e dalla mente degli sforzi senza dar loro poi tempo per rigenerarsi. Bisogna rispettarsi e volersi bene in primis. Poi deciderò se proseguire ancora un anno la mia carriera per togliermi ancora qualche soddisfazione o dedicarmi invece alla vita vera, alla mia famiglia, alle cose che per quasi 20 anni ho dovuto mettere da parte. 

E’ importante ogni tanto fermarsi e fare il punto della situazione, valutare, tirare le somme, elaborare, capire cosa si può ancora fare e cosa è meglio evitare.
Cosa c'è prima, durante e dopo una gara?
Prima c’è la preparazione fisica e mentale, in cui ci si prepara il più possibile agli scenari che si dovrà affrontare in gara, alle variabili possibili. Il giorno della competizione invece si deve cercare di semplificare più possibile ogni pensiero, vivere solo il “qui ed ora”, senza lasciare spazio ad alternative possibili di “come potrebbero andare le cose se….” . Il post gara invece è dedicato alla rielaborazione dei fatti e delle emozioni, che durante la gara sono emersi. E’ fondamentale distinguere queste tre fasi perché ognuna di esse ha la sua mentalità vincente. Quando inizio a rielaborare alcune emozioni durante la gara è facile uscire dalla “bolla sensoriale” dallo stato di flow ottimale per la competizione, per far si che i movimenti fluiscano naturalmente dal mio corpo, senza ostacoli.
 
Noemi sembra essere molto saggia, esperta e competente, sa che significa essere atleti, cosa significa allenarsi per gareggiare a livelli altissimi, ha ancora da dare per se stessa e per gli altri, come atleta e chissà se voglia intraprendere in futuro o nel breve periodo una carriera da allenatrice, tecnico, a disposizione di atleti, squadre e gruppi, oltre che a curare altri orti importanti come quello della famiglia e delle amicizie senza trascurare mai se stessa, che viene sempre al primo posto.
Quali sono gli ingredienti del successo?
Equilibrio, serenità, determinazione e costanza, credo che bisogna avere equilibrio nel gestire momenti belli e brutti, difficoltà e gioie, perché gli uni non esisterebbero senza gli altri. E’ fondamentale anche essere sereni e supportati nel lavoro, sapere che ci si sta muovendo nella direzione giusta. Inoltre la determinazione è necessaria perché non tutti i giorni si ha voglia ed energia di spaccare il mondo, ma se si è determinati, si supplisce alle altre carenze giornaliere. Questo va fatto con costanza, non una non dieci ma cento, mille volte all’anno, perché per esempio nel mio sport ogni volta che salgo da 10 metri mi batte forte il cuore e provo paura, ma mi predispongo con costanza e determinazione ad affrontare le mie paure per poi sentirmi appagata quando ci riesco.
 
A volte siamo dipendenti da certe situazioni, siamo dipendenti dalla fatica, dalle paure, dal rischio, dall’osare. Lo sport aiuta a trovarsi in certe situazioni dove ci sono delle fasi da attraversare e ogni volta è bello guardarsi indietro e apprezzare per avercela fatta anche questa volta uscendone indenni anche se provati, affaticati, vincenti, sconfitti.

Un’intervista a Noemi è riportata nel libro Sogni olimpici. Aspetti, metodi e strumenti mentali di competenza dello psicologo per trasformare il sogno olimpico in realtà. Data di pubblicazione: 05 gennaio 2022 

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