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venerdì 29 aprile 2022

Antonio Di Manno (ASD Vegan Power Team) vince l’UltraMilano-Sanremo 281km

 Anche solo con l’energia vegetale si può arrivare ovunque
Matteo SIMONE
 

Il 22 aprile, alle ore 10.00 è partita l’8^ edizione dell’UltraMilano-Sanremo 281 km, il cui vincitore è stato Antonio di Manno in 34h49’, precedendo Rolando Espina 38h27’ e Francesca Ferraro 39h38’.

Nel tempo massimo delle 52 ore previste sono arrivati solamente 22 atleti, di seguito gli altri arrivati in tempo utile: Patrich Tognoni 46h10’, Matteo Tenchio 46h26’, Daniele Drago 46h46’, Massimo Scrofani 47h24’, Valentino Cortese 47h24’, Antonio Tallarita 47h25’Francesco Sgarlatta 47h36’, Roberto Dagati, Alessandro Soma, Giovanni Rosato, Claude Birrer, Michele Belnome, Luca Aiudi, Fulvio Moneghini, Roberto Casoni, Paolo Giovanni Fortese, Alessio Tomassini, Jean-Louis Valderrama (Crocs-Man), Paolo De Bernardi.
Di seguito approfondiamo la conoscenza del vincitore attraverso risposte ad alcune mie domande.
Congratulazioni per questo traguardo, da quanto tempo ci lavori? Ho deciso di riprovare l’UMS casualmente da un post di Tomassini che diceva: 100 giorni.
 
Antonio ha già vinto, il 12 settembre 2021, la 7^ edizione dell’UltraMilano-Sanremo in 39h09’, precedendo Michele Scoglio 43h11’ e Fabio Gonella 43h44’.
A chi lo dedichi? Lo dedico a tutti gli animali che ogni istante vengono uccisi, sfruttati e umiliati nel mondo solo a scopo alimentare, ogni secondo vengono uccisi 40.000 animali.
Cosa vuoi dimostrare? Ma dimostrare nulla in particolare forse che anche solo con l’energia vegetale si può arrivare ovunque.
 
Questa è una bella e sensibile dichiarazione nel rispetto di ogni essere viventi, pensandoci bene, tante creature come gli esseri umani vengono considerati a disposizione per alimentarsi.
Concordo pienamente con Antonio che dimostra che l’essere umano può nutrirsi di altro al di fuori del mondo animale con uno state di salute al di là del normale al punto di gareggiare e vincere gare di endurance come le ultramaratone.
Qual è stato il prezzo da pagare in termini di impegni? Per me la corsa è divertimento anche se vista da fuori potrebbe sembrare un grande impegno. Per me non lo è. Neanche le mie uscite settimanali in notturna lo sono.

Ho conosciuto la prima volta Antonio alla 41^ Maratonina dei 3 Comuni corsa a Gennaio 2020, e ho corso un tratto insieme con serenità e condivisione dell’esperienza. Apprezzo il suo modo di condividere momenti sportivi con altri atleti anche non del suo calibro, l’ho visto accompagnare atleti nelle loro sfide, aspettarli al traguardo, interessarsi a loro. Antonio sembra essere rispettoso non solo degli animali ma dell’essere vivente in generale, sempre con il sorriso, traspare tanta bontà e semplicità.
È andato tutto come previsto? Si avevo stilato una tabellina che diceva 34h59’. Ho fatto 10 minuti meglio.
I momenti più piacevoli prima, durante e dopo la gara? Be’ prima sicuramente è il ritiro pettorale e salutare gli atleti prima della partenza, per me durante è come un viaggio ma già dal primo metro mi isolo dal mondo ed entro nella mia dimensione. Sicuramente dopo fa piacere abbracciare chi ti è stato vicino.
 
Foto di Paola Falcier
In effetti correre un’ultramaratona è un lunghissimo viaggio con se stessi, si pianifica la gara, si fanno piani e programmi di andature, ristori, vestizione e all’arrivo ci si può rilassare e godersi le persone più care che sono state in apprensione durante la lunghissima e durissima gara.
Pensieri, dubbi, preoccupazioni in gara? Pensieri, dubbi, preoccupazioni mai avuti.
Cosa ti spinge a correre le ultramaratone? Mi piace e mi fa stare bene.
Dove vuoi arrivare? Vorrei scoprire l’infinito.
 
Gli ultramaratoneti sono alla ricerca di gare sempre più estreme e bizzarre, per mettersi in gioco, per scoprire se stessi e il mondo, apprendendo dall’esperienza e cercando di spostare sempre più in là il limite che a volte è solo nella nostra mente.
Quali sono i tuoi ingredienti per il benessere e la performance?
Curo nei minimi dettagli l’alimentazione a casa ma soprattutto quella in gara (con il mio nutrizionista).
I tuoi ristori com’erano? I miei ristoro erano sul camper della crew e tutti calcolati è pesati grammo.
Con l'esperienza hai cambiato il modo in cui ti alleni e/o gestisci la gara? Da circa un anno e mezzo ho cambiato metodologia di allenamento grazie al mio coach e amico Mauro Maiolli (tecnico fidal).
 
Per eccellere e ottenere grandissimi risultati è opportuno avvalersi di validi professionisti e non sottovalutare nessun aspetto che può contribuire al minimo ma fondamentale miglioramento.
Come ti vedi tra 10 anni? Mi vedo alla partenza dell’UMS per festeggiare i miei primi 50 anni.
 
Questo sarebbe un bel regalo da farsi, continuare a mettersi alla prova nonostante gli anni che avanzano e notare come si sta e quello che si riesce ancora a fare.
Cosa diresti a te stesso di 10 anni fa?
Di diventare Vegano.
Ti ispiri ad altri ultrarunner? Mi piacciono molto Scott Jurek e il mostro Harvey Lewis.
 
Scott Gordon Jurek è autore, con Steve Friedman, del saggio bestseller Eat and Run, è noto per aver stabilito, come Carl Lewis, dei record atletici seguendo una dieta vegana, in particolare con la vittoria della Badwater Ultramarathon 217 km nel 2005 e 2006. Ha vinto la Western States 100-Mile Endurance Run, 100 miglia per 7 edizioni di seguito, dal 1999 al 2005.  Ha vinto la Spartathlon (Grecia Sparta-Atene) 245 km, per tre volte consecutive dal 2006 al 2008.
Harvey Lewis ha vinto la Badwater Ultramarathon nel 2014 e 2021, ha ottenuto una sovvenzione per ripercorrere i passi della famosa Marcia del sale del Mahatma Gandhi del 1930: una protesta non violenta alla tassa sul sale, che aveva fornito un monopolio britannico con conseguente prezzo estremo del sale agli indiani coloniali, a cui era vietato produrre sale su il loro. Gandhi, che iniziò con 80 seguaci chiamati satyagrahis, o "forza della verità", camminò per 241 miglia dalla sua casa (l'Harijan Ashram) fino alla città costiera di Dandi, dove Gandhi raccolse alcuni granelli di sale, innescando così il movimento di disobbedienza civile che alla fine portò all'indipendenza dell'India.
Foto di Paola Falcier
Un messaggio per avvicinare le persone allo sport?
Lo sport è felicità ma soprattutto crescita di se stessi.
Cosa lasci a Milano e San Remo e cosa porti a casa? Ho lasciato molte emozioni soprattutto negli ultimi 40km dove molte persone mi aspettavano per strada, non mi era mai capitato, è stato veramente emozionante, a casa porto maggior consapevolezza su dove posso migliorare.
 
Ogni gara portata a termine dà insegnamenti importanti e nuove consapevolezze su cosa si vuole e si può fare in futuro partendo da ora e migliorando aspetti eventualmente un po’ critici.
Come hai scelto la tua Crew e come si sono comportati? La Crew è composta sempre dal Boss mia moglie Nadia, perfetta in tutti gli aspetti dell’assistenza, una vera professionista, mentre gli altri ragazzi erano Danilo un ultramaratoneta e Michele molto sorridente e pieno di energie.
A casa come ti hanno accolto? Mia moglie e mio figlio erano con me e non potevo chiedere di meglio.
 
In gare di ultramaratona considerate durissime ed estreme dove si parte da un luogo e si arriva a un altro luogo lontanissimo centinaia di chilometri è importante avere a disposizione una minima assistenza in caso di esigenze particolari quali ristori e abbigliamento adeguato e chi meglio della moglie o di altri ultrarunner che sanno il significato di correre ultramaratone possono aiutare l’atleta a gestire ogni criticità o anche prevenire crisi e situazioni problematiche.
Hai pensato di mollare? No, mai pensato di mollare, solo se avessi avuto un infortunio grave altrimenti sarei arrivato comunque sempre fino alla fine.
 
Significativa la risposta di Antonio, in effetti non è resiliente chi arriva in qualunque condizioni al traguardo ma chi è consapevole del proprio corpo e della propria mente e in caso di necessità è disposto anche a ritirarsi per non compromettere la propria integrità.
Il sogno? Il mio sono si chiama Barkley Marathon.
 
Mi sono documentato e ho scoperto davvero un gara strana e bizzarra come lo sono quasi tutti gli ultrarunner. Per partecipare alla Barkley bisogna inviare una lettera motivazionale, in un giorno prestabilito, accompagnata dalla quota di un dollaro e 60 centesimi. Gli atleti devono percorrere cinque giri da trentadue chilometri ciascuno con un dislivello positivo pari a 18.000 metri entro il tempo massimo di 60 ore.
I partecipanti devono portare una targa del proprio Paese d’origine e si accampano in attesa di udire il suono di un corno, tra la mezzanotte e il mezzogiorno successivo al ritrovo, per avvisare che mancano 24 ore alla partenza. Smartphone e GPS non sono contemplati. I runner ricevono mappe di fortuna in cui è segnalata la posizione di svariati libri disseminati sul percorso da cui dovranno strappare le pagine corrispondenti al numero del loro pettorale; le consegneranno agli organizzatori per dimostrare di non essere finiti fuori rotta.
 
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR

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