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sabato 17 dicembre 2022

“Correre con la mente”, di Matteo Simone

 Prefazione a cura di Vincenzo Calò 
 

È bene trasmettere serietà - e non severità - dall’alto verso il basso, per plasmare dei campioni considerevoli, liberi di far del bene per sé, influenzando meravigliosamente gli altri. 

Sentirsi arrivati è la fine di tutto, dovendo rimanere sempre sorpresi dalle doti che serbiamo a tal punto da reputarle introvabili! 
Vigore e coraggio fuori dal comune si alimentano rilevando una buona condizione di salute con l’attivismo detronizzante sempre i cattivi pensieri. 
Gli atleti si sfidano per il piacere di primeggiare pubblicamente o per una questione privata, relativa all’orgoglio… ma quando il tempo si fa inclemente ce n’è per nessuno! 
In mancanza di stimolo e d’impegno ci si abbandona stando fermi, scottati dall’essenziale insito a un’alternativa da possedere, strizzando l’occhio a quanto abbiamo da vivere, per rianimarlo. 
Alla base della certezza di valere propriamente persistono vittorie ottenute ben sapendo chi emulare e come comunicare impressioni provate in momenti determinanti.
Ci s’inoltra con calma, sollecitando il corpo guarda caso per un benessere che sortisca addirittura un guadagno materiale. 
Gli atleti professionisti necessitano di stare calmi, essendo consapevoli dei mezzi da usare opportunamente ogni volta. 
Vale ridefinire all’infinito delle aspirazioni dal vivo, non trascurando l’ambiente circostante, la natura affettiva. 
Nell’atleta che si misura l’allenatore si rispecchia cercando anch’egli di migliorare, con quella sorta d’ingegno rilevabile socievolmente. 
Intensificando la stima che si deve avere di sé monta anche il sacrificio da fare, purché l’atleta spazi pensando, stimolato giustappunto a realizzare vicende e questioni. 
Qualsiasi cosa è in grado di realizzarsi, dunque l’umanità deve aderire a qualsiasi emozione. 
La coscienza maturata invita a delle scelte da compiere muovendosi con gioia, con l’orientamento pervaso dall’essere socievoli. 
In realtà non esiste la perfezione, la tensione muscolare non verte su allenamenti insostenibili umanamente. 
Il mister che sembra dettare legge ha come obiettivo vincere e basta, stando a questa logica non vale la pena entrare nella mente degli sportivi per intendere se si ha o no la possibilità di vincere! 
L’approccio alla corsa va pensato per rigenerarsi, alla luce della buona, univoca stella, quella che non ci fa sentire arrivati. 
Serve concentrarsi sulla propria sensibilità e capire, senza che venga manomessa la materia di cui sono fatti i desideri, qual è il fine di una passione. 
Effettivamente viene naturale sbattere il muso per terra e rimettersi in piedi, lo si fa nei primissimi anni di vita, e con la follia a galleggiare nell’animo umano, di puro incanto. 
L’attimo colto riaccende il Presente, riformando volontà da raggiungere tracciando percorsi e sentimenti idealizzanti. 
I maratoneti focalizzano delle emozioni a tal punto che spesso si ha l’impressione di conseguire uno spirito divino gareggiando. 
Esistere si può, l’importante è non complicarsi la vita, personalizzando una ragion di quiete con piacere ed entusiasmo. 
Una data gioia sortisce un effetto immateriale per correggersi ogni volta, per degli atleti che si attivano tanto da poter dimostrare d’essere forti in altri contesti. 
Tecnicamente, il testo di Matteo Simone assume la forma della buona volontà, quella che serve per ambire a fare una ricerca come anche una costruzione a ritroso, che appartenga a un pensiero dominante grazie agl’interventi di soggetti affini all’autore che li mette allora in confronto raffigurando dell’attendibilità sia atmosferica che sociologica; senza appesantire la lettura, dosando dunque l’intelletto per della rappresentatività antropologica.  
I profili degl’intervistati sono stati tracciati in amicizia o come minimo in armonia, cosicché l’approfondimento è di un’intensità visionaria. 
L’opera è stata scritta per spiegare una geografia degl’interni, se ne percepisce la riorganizzazione dei fili testuali per una compattezza d’unicità.  

L’immaginabile scenario è intriso di fisicità, con la superficie eternamente riflettente, null’affatto dissacrante.  

Opera semplice e immediata nel complesso, con le approssimazioni tematiche di coinvolgente ritocco, per una sorta di apologia morale, meccanica, visti i confini da esplorare con l’attraversamento esistenziale.  

Il mood delle esperienze che Matteo Simone ha raccolto sono di un afflato comune guarda caso, travalicante tempi, geografie, linguaggi e schemi.  

Con il questionario innestato il lettore può immergersi in un meccanismo tale da respirare una determinata atmosfera, e sentirsi inseguito dalla verità, da un’illuminazione più forte di ogni altra, incalzante.  

I pensieri degli atleti risultano piccoli, grandi dispositivi di racconto nel fluire di ciò che accade con la concretezza dell’inchiesta… l’autore scava nella psicologia delle persone con il sorriso, per rivelare sentimenti e ragioni di una elementarità di linguaggio governante storie e destini che in fondo chiedono d’essere ascoltati.  Questo è un testo lineare, asciutto e rigoroso nel segno del rispetto, volendo esigere concretezza, cose stabili, forti come solo le emozioni possono essere!  

L’idea d’esplorare figure tanto temerarie quanto sportive si mantiene in equilibrio sul filo di certe autobiografie, psicologicamente sottilizzato con la presa di posizione sul tema, con la cortese ricerca di una lezione da dare a lettori che prediligono libri dai passi leggeri e agili.  

L’indagine scuote le coscienze, vigendo tra il dentro e il fuori comporta il dialogo col lettore per riflettere su idee, momenti e situazioni.  

Il testo, corretto e professionale, ha una struttura circolare, con le note dell’autore a ispessire una sensazione di déjà-vu per il lettore, ma senza forzare con stereotipi e cliché.  

Forma e sostanza infine vanno a braccetto dacché ciò ch’è scritto è lo specchio di ciò che si fa, poiché talvolta conta più il come del cosa per un impasto d’univoca emozione.  

Gli ultramaratoneti in questione è come se all’improvviso spiccassero fuori dalla carta per portarti via, il lettore viene proiettato nelle vite descritte dagli stessi possessori a tal punto da sentirsi parte di esse; merito di Matteo Simone che pone domande con la capacità di tratteggiare risvolti psicologici delineando così la personalità di coloro che hanno di che rispondere per una tematica che traspaia bene, di un’impronta magari trascorsa, ma mai passata. 

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