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mercoledì 11 febbraio 2015

Problema dell'abbandono della pratica sportiva da parte dei giovanissimi atleti

La ricerca sulla motivazione alla pratica sportiva da parte dei giovani si è sviluppata a partire dalla seconda metà degli anni ’70 soprattutto attraverso un paio di ricerche a cura di  Alderman e Wood (1979) e di Sapp e Haubenstricker (1978).

Alderman e Wood (1) fanno riferimento a un precedente modello di Birch e Veroff (1966), che hanno individuato sette sistemi di incentivi/motivi che regolano il comportamento degli esseri umani:
-       affiliazione: opportunità di stabilire relazioni interpersonali significative e di essere confermati nella propria capacità di stare in gruppo e di fare e mantenere amicizie;
-       potere: opportunità di influenzare e controllare gli altri;
-       indipendenza: opportunità di fare cose senza l‟aiuto di altri;
-       stress: opportunità di svolgere attività eccitanti;
-       eccellenza: opportunità di acquisire abilità sportive per il proprio interesse: primeggiare su un altro;
-       successo: opportunità di acquisire prestigio, approvazione sociale, status e altri rinforzi estrinseci;
-       aggressività: opportunità di dominare gli altri.
Da questa ricerche, che ha coinvolto circa 3.000 ragazzi dagli 11 ai 18 anni, è emerso che, indipendentemente dall’età, dal genere e dallo sport praticato, i motivi che si trovano alla base della scelta di praticare una disciplina sportiva sono il bisogno di fare amicizia (l’affiliazione), di esprimere le proprie abilità sportive (l’eccellenza), di affrontare situazioni eccitanti per tentare di superarle (lo stress).
La ricerca successiva, realizzata da Sapp e Haubenstricker (2), svolta su 2.000 atleti e con l’obiettivo di studiare anche le ragioni dell’abbandono dell’attività sportiva, ha dimostrato che, oltre all’acquisizione di competenza e all’affiliazione, è emersa, come motivazione rilevante, anche la variabile che si riferisce al desiderio di mantenere una buona forma fisica. Quindi le motivazioni dominanti alla partecipazione sportiva sono: il desiderio di mantenere una buona forma fisica, l’acquisizione di abilità sportive, la possibilità di divertirsi e quella di intrattenere nuove amicizie.
Inoltre è emerso che il motivo principale che spinge ad abbandonare la pratica sportiva è costituito dal desiderio di intraprendere altre attività, dalla necessità di entrare nel mondo del lavoro. Mentre i più giovani abbandonano per problemi di tipo relazionale con allenatori o compagni, per mancanza di divertimento e noia,  eccessiva enfasi degli aspetti competitivi ed infortuni.
Atleti motivati intrinsecamente
Si compie un’azione perché motivati dal piacere che procura l’attività in cui si è impegnati. Spinta interiore che sostiene il desiderio di fare bene e l’impegno in un’attività dalla quale si trae soddisfazione per ciò che si fa e per come lo si fa. L’atleta sarà più concentrato rispetto ai suoi compagni sia sui suoi obiettivi che su quelli della squadra, non ci sarà bisogno di uno stimolo continuo da parte dell’allenatore, ciò che fa è il modo per appagare un suo bisogno.
Lo sport in questo caso può essere visto come il modo per sentirsi realizzato raggiungendo una meta importante per se stessi ponendosi continuamente nuovi limiti e superandoli per arrivare al più alto grado di eccellenza.
La forza di questo tipo di motivazione è tale che si può ipotizzare una maggiore facilità di gestione delle difficoltà, di eventuali infortuni ed incomprensioni con l’allenatore o compagni.
Queste saranno considerate solo come piccoli e temporanei ostacoli da aggirare nel tempo più breve possibile e comunque non distoglieranno l’atleta dal portare a termine il suo compito.
La motivazione intrinseca ti aiuta a superare le zone asciutte nella tua carriera e mantiene l'accento sul divertimento.
Atleti motivati estrinsecamente
In questo caso il comportamento sembrerebbe maggiormente mosso dal bisogno di raggiungere una approvazione esterna piuttosto che verso la soddisfazione di un bisogno individuale.
In questo caso l’individuo ha bisogno di continui rinforzi, positivi o negativi, da parte di altre persone per portare avanti la sua attività.
La motivazione può venire dal di fuori, come la motivazione per vincere medaglie, ricevere ricompense finanziarie, e attirare l'attenzione dei media.
Questi rinforzi possono essere di natura materiale o psicologica e sono chiamati appunto ricompense estrinseche.
E’ molto più importante avere un’alta motivazione intrinseca che un alto contenuto di motivazione estrinseca. La motivazione estrinseca è efficace solo quando la motivazione intrinseca è elevata.
Essere determinati esclusivamente da motivazioni estrinseche non è psicologicamente sano, perché la mancanza di ricompense intrinseche può portare a smettere.
Gli atleti che sono prevalentemente intrinsecamente motivati ​​spesso non hanno la spinta competitiva per diventare campioni. Essi tendono a godere di padroneggiare i compiti che compongono la loro disciplina scelta, ma non hanno una forte vena competitiva nella loro personalità.
Gli atleti che sono prevalentemente estrinsecamente motivati ​​tendono a scoraggiarsi quando sperimentano un calo di forma.
Gli atleti che hanno i migliori risultati per il successo presentano un equilibrio tra motivazione intrinseca ed estrinseca, tendono ad essere sia estrinsecamente ed intrinsecamente motivato.
Gli allenatori devono essere consapevoli che la promozione delle motivazioni intrinseche realizza i migliori risultati psicologici per i bambini.
Molti genitori sono responsabili del fatto che i loro figli abbandonano prematuramente lo sport per tale enfasi sulla conquista della vittoria a discapito della partecipazione come solo divertimento.
Allenatori e genitori devono lavorare insieme per creare un clima positivo motivazionale per i giovani atleti.
Il clima motivazionale può essere orientato alla prestazione, il che significa incentrato sul confronto sociale e vincente o padronanza oriented, il che significa concentrarsi su obiettivi di auto-referenza e sentimenti di competenza. I giovani atleti hanno bisogno di tempo per padroneggiare appieno le tecniche applicate nel loro sport, senza la pressione di vincere.
Importante lezione per i bambini è imparare che lo sport è essenzialmente un'attività divertente .
Un allenatore si occupa di persone, del loro rendimento sportivo come singoli e come squadra, è deputato all’educazione innanzitutto, ad un corretto stile di vita che e’ quello sportivo.
Si può occupare di bambini, ragazzi, adolescenti, adulti, professionisti, master.
Deve prima di tutto mostrare correttezza negli appuntamenti, negli impegni. Deve ottenere una condivisione di obiettivi personali e di squadra, identificare le motivazioni, saper gestire lo stress in allenamento ed in competizione, modulare i carichi di lavoro, comunicare feedback con i propri atleti o squadra, essere disponibile ad accogliere domande, dare spiegazioni su particolari esercizi, tecniche, modalità di lavoro.
L’allenatore deve sapere costituire gruppi di allenamento sia per sport singoli che di squadra, sapersi relazionare con figure che gravitano intorno al mondo degli atleti. Considerare che la formazione non finisce mai, c’è sempre qualcosa da apprendere, da conoscere, da cambiare. L’allenatore deve saper essere un buon leader sapendo valutare come comportarsi con le diverse persone ed i diversi contesti.
Il 7 maggio 2012 la Regione Emilia-Romagna, i Comitati regionali del Coni e del Cip (Comitato italiano paralimpico) e gli Enti di promozione sportiva emiliano-romagnoli hanno sottoscritto un accordo per favorire lo sport per la salute e l’attività fisica nella comunità locale. Tale accordo è stato siglato a Bologna dagli assessori regionali Carlo Lusenti (politiche per la salute) e Massimo Mezzetti (sport), dal presidente regionale Coni William Reverberi, dal presidente regionale del Cip Gianni Scotti e da Vincenzo Manco, presidente del comitato regionale Uisp, in rappresentanza degli Enti di promozione sportiva.
In base all’accordo, la Regione mette a disposizione docenti esperti sulle tematiche riguardanti la relazione tra sport e salute, favorendo il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche, in particolare degli insegnanti di educazione fisica e delle famiglie. Per attivare il programma di formazione è stato riservato un finanziamento di 50.000 euro da dedicare a corsi rivolti a dirigenti e allenatori.
Si impegna inoltre, con il Cip, a realizzare percorsi di formazione per promuovere l’attività fisica tra le persone con handicap. Allo stesso modo, si offrono le competenze del Centro regionale antidoping (con sede nell’Ausl di Modena) per contrastare l’uso di sostanze dopanti e l’abuso di farmaci e integratori. D’altra parte, il Coni, il Comitato italiano paralimpico e gli Enti di promozione sportiva si impegnano a favorire l’aumento del numero di associazioni che promuovono lo “sport per la salute” e offrono opportunità di attività fisica sul territorio, incrementando le iniziative rivolte alla popolazione con attività nei parchi, pedibus, gruppi di cammino e attività nell’ambito del progetto definito “prescrizione dell’esercizio fisico come farmaco.
La Regione ha previsto la gratuità delle certificazioni di idoneità alla pratica sportiva (anche per l’attività non agonistica) per i minori e per i disabili di ogni età; ha istituito e diffuso il 'libretto sanitario dello sportivo' per raccogliere in un unico documento le certificazioni agonistiche e non, accompagnando così l’atleta lungo il suo percorso di attività sportiva, evitando certificazioni ripetute e costi per le famiglie.
L'accordo prevede un programma di interventi formativi per dirigenti e istruttori delle società sportive; una formazione meno incentrata sull'agonismo e che punti di più a come si può fare salute, all'opportunità che i bambini con un fisico meno atletico o le persone sovrappeso possano essere partecipi di un'attività senza sentirsi discriminati o addirittura stigmatizzati.
In un’intervista su Saluter Notizie del 21 maggio 2012, Alba Carola Finarelli (responsabile del Servizio sanità pubblica della Regione Emilia-Romagna), a proposito dell'abbandono precoce dell'attività sportiva, afferma: “Tra i problemi  abbiamo certamente quello dell'abbandono dello sport dei giovani a 13-14 anni d'età; sappiamo, invece, che i giovani hanno bisogno di svolgere il doppio di attività fisica di un adulto, un'ora al giorno e non mezz'ora. Si è visto, inoltre, che è più facile che una persona educata da giovane a praticare un impegno fisico-sportivo mantenga questa abitudine nel corso della propria vita. Questo significa tesaurizzare la prevenzione; inoltre, come stanno facendo alcuni enti di promozione, si possono creare occasioni in cui non solo il bambino fa sport ma contemporaneamente la mamma può fare ginnastica in acqua o altre attività, promuovendo la cultura del movimento in tutta la famiglia”. (4)

(1)      Alderman R.B., Wood N.L., An analysis of incentive motivation in young Canadian athletes, Canadian Journal of Applied Sport Sciences, 1976, 1(2)  pp. 169-175.
(2)      Sapp M., Haubenstricker J., Motivation for joining and reasons for not continuing in youth sports programs in Michigan, Relazione presentata al congresso dell’American Alliance for Health, Physical Education and Recreation (AAHPER), Kansas City, Missouri,1978.
(3)      Gill D.L., Gross J.B., Huddleston S., Partecipation Motivation in Youth Sport, International Jourmal of Sport Psychology, 1983, 14, pp.1-14.
(4)      Newsletter Saluter notizie, Anno IX, 2012 , 21 maggio 2012.


Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
CONTATTI: 380.4337230 - 21163@tiscali.it

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