Gli
ultramaratoneti riportano di non considerare la partecipazione ad ultramaratone
come spingersi oltre i limiti ma hanno un approccio di sicurezza in quello che
fanno avendo sperimentato con gradualità crescente la propria autoefficacia,
cioè di poter riuscire ad aumentare il chilometraggio in allenamento ed in gara
utilizzando delle strategie che gli permettano di superare eventuali crisi,
difficoltà o quello che viene definito limite.
Alla domanda:
Cosa ti spinge a spostare sempre più in
avanti i limiti fisici, di seguito le risposte ricevute:
Angelo Fiorini: “Rispondo per il passato: mi spingevo oltre i limiti
fisici, perché ero e sono uno ‘tosto’, un caparbio, che si piega ma non si
spezza, e credo in quello che fa e che soprattutto credo che provare non costa
niente, e se riesco bene altrimenti posso dire di averci provato. E mi ha detto
bene fino alla Sparta Atene dove ho sperimentato quello cui nessuno pensa:
che in queste gare estreme si può rischiare seriamente la salute! A che pro?”
Marco Stravato: “Non lo so, c’è qualcosa dentro che
mi spinge ad andare oltre, che mi fa star bene dopo una fatica del genere,
soddisfatto di aver superato me stesso.”
Stefano La Cara: “Le sensazioni indescrivibili che comunque si provano prima,
durante e dopo. Quando non le avvertirò più, smetterò di 'spostare in avanti' il limite.”
Vincenzo Luciani: “Il desiderio di sfidare il proprio
corpo, ma mantenendo sempre la consapevolezza del proprio gesto.”
Gianni Greco: “Conoscere appunto i
miei limiti.”
Marco Dori: “Io credo che
sia tutto molto relativo da un punto di vista fisico. Ho potuto vedere che con
una alimentazione adeguata al proprio corpo e una continua idratazione sia
durante gli allenamenti sia durante le corse non si avvertono particolari
problemi fisici. Non ritengo che partecipare alle ultra significhi questo
(almeno fino alla distanza di 100 km che ho corso). In ogni caso sapere che il
mio fisico riesce a coprire in modo dignitoso queste distanze è motivo di
soddisfazione. Forse c’è un legame con l’età (44 quest’anno) e il bisogno di
provare a me stesso che fisicamente sto ancora bene.”
Sole Paroni: “La ricerca degli stessi, capire quanto il nostro corpo può dare e allo stesso tempo capire che ogni volta il nostro limite fa un passo avanti.”
Franco Draicchio: “Ritengo che ognuno di noi abbia una
soglia che ci permette di fare cose che per gli altri possono sembrare assurde per
alcuni è la maratona altri la 100 o la 24h o la sei giorni, l’importante è
stare bene con se stessi dall’inizio alla fine.”
Giuseppe Meffe: “Non è necessario e a tutti i costi spostare i limiti.”
Mauro Firmani: “Mi
piacciono le nuove sfide e non mi accontento facilmente.”
Ciro Di Palma: “La
voglia di mettermi alla prova.”
Claudio Leoncini: “Avevo
deciso di non spostarli avanti all’infinito e mi ero posto un limite che
comunque non avrei superato.”
Laura Ravani: “Che
è divertente vedere dove si può arrivare.”
Marco D'Innocenti: “Non
ho l’obiettivo di spostare sempre più avanti i limiti fisici.”
Paolo Zongolo: “La
conoscenza del mio io e di quello che posso fare.”
Enrico Vedilei: “Oramai
non sposto più i miei limiti ma un tempo, quando lo facevo, mi spingeva la
voglia di conoscere appunto i miei limiti fisici.”
Ivan Cudin: “Non
sono in grado di farlo, ad un certo punto non è possibile migliorare con
l’allenamento, semplicemente cerco di arrivare più vicino possibile ai miei
limiti.”
Daniele Baranzini: “Incrementare
la mia capacità di prestazione per le gare. Esternamente alle gare sondo solo
il limite umano che
governa il limite fisico.”
Giuseppe Mangione: “Semplice
mi piace tanto correre a lungo.”
Aurelia Rocchi: “Mi
spinge di andare avanti fuori
dei miei limiti la voglia di migliorare.”
Francesca Canepa: “La
curiosità e la sensazione che il corpo comunque tende ad adattarsi e che se non
faccio cose stupide tutto è possibile.”
Lisa Borzani: “La
curiosità e la voglia di vedere se ce la posso fare, sempre con la
consapevolezza che non sono un super eroe e che quindi posso anche fallire perché
fa parte del gioco.”
Federico Borlenghi: “Sono
sempre stato attirato dall'estremo mi piace mettermi in competizione con me
stesso.”
Paolo Chersogno: “Il
miglioramento atletico che permette di sentirsi ancora atleticamente validi.”
Maria Chiara Parigi: “Ora
non sposto più i miei limiti fisici! Ora li conosco e li gestisco.”
Filippo Canetta: “Il
gusto di superarli.”
Pablo Barnes: “Penso
che adesso non spingo più
al limite perché ho capito che una gara non è
tutto, penso che nessuno
spinga al limite in queste cose, il limite si raggiunge quando non hai scelta e
le gare non sono la guerra.”
Antonio Carozza: “Le
mie condizioni fisiche e mentali.”
Stefano Ruzza: “Il
sentire come il corpo si adatta bene a stimoli sempre maggiori, se aumentati con
gradualità.”
Stefano Bognini: “Voglio
vedere fino a che punto posso arrivare, senza farmi del male.”
Salvatore Musone: “Non credo di
spingere oltre il mio fisico, perché con il passare degli anni ti rendi conto
che oltre non puoi andare.”
Giorgio Calcaterra: “Io
nelle mie gare cerco sempre se posso di migliorarmi è l'istinto che mi porta a
farlo.”
Roldano Marzorati: “Sana
curiosità.”
Roberto D'Uffizi: “Più che
cercare di allungare la distanza, cerco di migliorarmi a livello cronometrico
qualora ci siano le condizioni: penso che l’uomo debba e possa migliorare
costantemente sia dal punto di vista umano che sportivo. Il cronometro non deve
essere una trappola, ma a volte testimonia il tuo impegno e il tuo amore per lo
sport che ami.”
Lorena: “Voler vedere
dove posso arrivare per avere la conferma che si può fare tutto basta volere.”
Marco Zanchi: “La ricerca di
nuove emozioni e avventure, anche se credo che dopo il Tor de Geants non puoi
andare oltre.”
Satta Marinella: “Sinceramente
non penso mai dove posso arrivare, le cose mi capitano da un momento all’altro.
Tutte le gare strane che ho partecipato, sono sempre arrivate così
all’improvviso, ho sempre deciso di partecipare nel giro di 1 mese o poco più.
Quasi mai calendarizzato una gara.”
Mena:
“Ancora non sono mai arrivata al limite.”
Valentina Spano: “Senza dubbio la soddisfazione dei risultati raggiunti e il
divertimento.”
Gianluca Di Meo:
“Mettermi alla prova, capire chi sono e quanto posso ancora spingermi oltre.”
Vito
Rubino: “La voglia di scoprire pienamente le mie
potenzialità.”
Silvio Cabras: “Voler scoprire cosa sono capace di
fare!”
Dante Sanson: “Boh, forse un senso di sopravvivenza è come se volessi dimostrare a me
stesso che la mia vita non sarebbe mai perduta se dipendesse solo da quei
100/165 km e dal tempo in cui li percorro (al passatore ho fatto un gioco con
me stesso arrivare al traguardo prima dell’alba).”
Monica Testa: “Per ora non sono mai andata oltre, credo che dopo i tre parti potrei
superare tutto o quasi.”
Armando Quadrani: “Vedere fino a dove posso arrivare. Penso che se
scientemente ognuno di noi, se non prova con tutte le sue forze, fisiche e
mentali, non potrà mai rispondere con esattezza a questa domanda.”
Riccardo Borgialli: “Credo siano la curiosità e lo spirito di avventura
a muovere il tutto, il volere sempre di più per conoscere il più a fondo
possibile noi stessi.”
Andrea Boni Sforza:
“Non ho questo obiettivo, sono un amatore e cerco solo di trovare gioia e costrutto in ciò che faccio, ma senza mai smettere di pensare di poter essere migliore di ciò che sono.”
William Da Roit:
“Il vedere con piacere che
se ti alleni bene il tuo corpo si adatta a tutto!”
Simone Cataldi:
“Provare a verificare fino a dove si può arrivare.”
Vito Todisco:
“Sono amante dei numeri...forse è quest'amore che mi spinge a spostare
l'asticella.”
Gian Paolo Sobrino:
“La consapevolezza che
quello che ho fatto fino ad ora l'ho fatto senza particolari difficoltà e
sofferenze.”
Matteo Pigon: “La lotta che ho da
sempre col mio subconscio.”
Mario Connor: “Il tornare in quel momento all’istinto animale,
avere solo bisogno di pochi bisogni istintivi come mangiare bere dormire e
bisogni fisiologici.”
Il saggio Psicologia dello sport e dell'esercizio
fisico (dal benessere alla prestazione ottimale) offre uno spunto di riflessione su aspetti
quali la salute e lo sport.
Ne sono
argomentazioni a riguardo, il raggiungimento della prestazione ottimale (peak
performance), es. i record dei campioni, lo sperimentare il Flow, considerato
come uno stato alterato di coscienza dove tutto funziona alla perfezione ed
anche l’IZOF, una zona di funzionamento ottimale che porta l’atleta a
raggiungere la sua peak-performance.
Inoltre sono trattate le difficoltà, i disagi dell’atleta,
che possono essere di natura emotiva, di attivazione ottimale, di bassa
autostima, di affollamento a livello mentale di pensieri disturbanti, e, per
finire di natura relazionale, cioè relativi ad una figura professionale che
gravita attorno al mondo dell’atleta.
Psicologia dello sport e dell'esercizio fisico. Dal benessere alla prestazione ottimale – 26 settembre 2024 di Matteo Simone (Autore).
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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