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mercoledì 10 giugno 2015

Cosa significa partecipare a una gara estrema?

Matteo Simone 


La partecipazione a gare estreme è una scoperta, un contattare il proprio limite, sfidare se stessi, conoscere nuovi percorsi, sentire nuove emozioni; mentre alcuni considerano le gare estreme qualcosa da affrontare serenamente con sicurezza a volte sottovalutando la difficoltà ed il rischio che si corre.

Per gli ultramaratoneti non si tratta di fare gare estreme ma occasioni per divertirsi, infatti affrontano tale imprese con opportuna preparazione e accorgimenti in modo da non trovarsi in condizioni di estrema difficoltà, certo, come nei lunghi viaggi che capitano imprevisti, anche nelle ultramaratone possono accadere degli imprevisti lungo il percorso, ma ciò non impedisce di fare esperienze che danno un senso alla propria vita.
Per tanti significa raggiungere un nuovo obiettivo o anche essere competitivi e ambire alla vittoria.
Ecco cosa raccontano alcuni grandi ultramaratoneti rispondendo alla Cosa significa per te partecipare a una gara estrema?
Angelo Fiorini: “Cosa significava per me partecipare a gare estreme? Il fatto è che non le ho mai considerate ‘estreme’, si trattava di gare dove bisognava fare più km e che con un buon allenamento, una giusta alimentazione, tutto si poteva affrontare. Quindi è stata proprio questa incoscienza a mandarmi avanti. La gente si domandava: ma chi te lo fa fare! Per una medaglia! A queste persone rispondevo che solo chi prova una passione poteva capire l’adrenalina che cresce dentro di te quando fai una cosa cui credi e che non deve avere necessariamente un rientro economico e la corsa non ne ha nessuno! E la felicità nel tornare a casa con la medaglia al collo! Capisco che sia difficile per i più capire questa passione, ma sono soddisfazioni che ti riempiono di orgoglio anche se certe imprese non portano niente di concreto ma ti danno una carica che ti fa superare la fatica fisica."
Pasquale Artuso
: “Misurarmi con me stesso.”
Marco Stravato: “Vivere quel viaggio, ringrazio sempre gli organizzatori per darmi la possibilità di correre o camminare in luoghi dove forse non sarei mai andato.”
Stefano La Cara: “Continuo ad avere un approccio ‘leggero’. Sebbene mi piaccia migliorarmi, adoro l’aspetto che coinvolge il partecipare con amici, la goliardia di una ‘sfida’ con un amico e cenare a fine gara tutti insieme.”
Vincenzo Luciani: “Significa affrontare una prova, con la determinazione di farcela e con l’umiltà di chi corre sapendo dare del lei alla lunga distanza. Ogni volta è la prima volta, non basta aver fatto tante volte quella gara.”
Gianni Greco: “Mi accresce l’autostima.”
Marco Dori: “Significa impegnarsi, raggiungere e superare i propri limiti, essere concentrato, correre nella natura, vivere le emozioni di una sfida sempre nuova.”
Fabrizio Terrinoni: “Prevalentemente affrontare una nuova esperienza, del tipo che preferisco.”
Sole Paroni: “Mettere a dura prova i propri limiti psicofisici.”
Franco Draicchio: “Un obbiettivo da raggiungere.”
Giuseppe Meffe: “Essere presente e partecipare a una gara che in qualche modo sento mia.”
Mauro Firmani: “Rischiare, ma non credo di averlo mai fatto. Ho sempre corso in condizioni meteo e di percorso sicure." 
Ciro Di Palma: “Significa vivere.”
Claudio Leoncini: “Principalmente saper dosare accuratamente lo sforzo e non preoccuparsi se all’inizio si va ‘troppo piano’.”
Monica Casiraghi: “Correre un ultra per me è una fantastica avventura.”
Laura Ravani: “Preparare un momento di fatica ma grande soddisfazione.”
Marco D'Innocenti: “Mettere alla prova il mio fisico e la mia mente.”
Paolo Zongolo: “La voglia di sapere se anche questa volta riuscirò a portare a termine questa avventura.”
Enrico Vedilei: “Prepararmi psicologicamente e fisicamente, documentarmi sul tracciato, sulle condizioni ambientali e sul paesaggio che dovrò affrontare di li a poco. Anche questo è cultura generale che i libri di scuola non potranno mai insegnarti.”
Ivan Cudin: “Significa impegnarmi a fondo cercando di superare tante difficoltà alla ricerca di un obiettivo: raggiungere il traguardo.”
Daniele Baranzini: “Vincere.”
Giuseppe Mangione: “Partecipare a una ultramaratona per me è sempre una grande festa non la vivo in tensione ma un ritrovo con tanti amici se il risultato viene sono ancora più contenta ma finirla e già un risultato.”
Aurelia Rocchi: “Partecipare a una ultra dura per me voli dire sfidare un altra volta con me stessa.”
Francesca Canepa: “Significa sapere con certezza a che ora parto ma non avere garanzie sul quando e sul se arrivo. Significa prepararmi ad affrontare eventuali imprevisti e significa sapere che sarà impegnativo mentalmente.”
Lisa Borzani: “Significa mettermi in gioco, provare a raggiungere l’obiettivo prefissato, iniziare un’avventura ‘programmata’ e preparata.”
Federico Borlenchi: “Non saprei per me è una corsa come tutte le altre.”
Paolo Chersogno: “Rimettersi in gioco.”
Maria Chiara Parigi: “Partecipare a una gara estrema vuol dire stare concentrati e fare del mio meglio senza mai perdere di vista la salvaguardia della mia vita!
Filippo Canetta: “E’ solo un viaggio, nulla di estremo. L’estremo dipende dalla preparazione.”
Pablo Barnes: “Significa la quota di endorfine e la illusione di stare facendo qualcosa nella vita.”
Stefano Ruzza: “Gareggiare divertendomi, un vero semplice gioco a chi arriva prima. Se metto troppa serietà e aspettativa alla vicenda, diventa solo stress negativo.”
Stefano Bognini: “Una nuova sfida con me stesso.”
Michele Belnome: “Significa conoscermi sempre di più.”
Salvatore Musone: “Partecipare a una sfida di andare oltre il limite e lo faccio grazie all’appoggio di mia moglie e le mie due figlie che mi hanno sempre sostenuto ed incoraggiato: questo è stata la mia forza per andare avanti.
Giorgio Calcaterra: “Non saprei, penso partecipare a una gara difficile da portare a termine.”
Roldano Marzorati: “Una vacanza dalla noia, dalla routine di tutti i giorni, un’avventura.”
Roberto D'Uffizi: “Significa attraversare la ‘terra di nessuno’, una dimensione spazio-temporale di difficile spiegazione, laddove devi far appello solo a te stesso, cavartela da solo: una sofferenza enorme, ma anche uno stimolo enorme.
Lorena Brusamento: “Divertimento.”
Marco Zanchi: “Una nuova sfida, nuova avventura, nuove emozioni.”
Marinella Satta: “Condividere con altri concorrenti la soddisfazione di fare delle belle gare.”
Mena Ievoli: “Divertimento e scoperta di posti nuovi.”
Valentina Spano: “E’ un'avventura, un gioco. Spesso vedo posti bellissimi (come nei trail) oppure vado in città che altrimenti non avrei visitato, spesso, come nel caso del Passatore, la gara diventa un viaggio. Sempre, la gara è un viaggio dentro se stessi.”
Gianluca Di Meo: “Essere vivo.”
Vito Rubino: “La possibilità di allontanarmi dalla 'gabbia' delle quotidianità urbana e dal comfort. Significa mettermi in una situazione di stress dove è necessario concentrarmi e sforzarmi per andare avanti o per tirarmi fuori da una situazione pericolosa.”
Silvio Cabras: “Significa mettersi sempre in gioco, poi è un'occasione per socializzare con nuove persone cui si crede negli stessi valori! “
Dante Sanson: “Disciplinare la vita in modo dettagliato in funzione del raggiungimento obiettivo, durante la gara poi vuol dire godere del tempo potendo isolarsi e pensare solo a se stessi e a come ottimizzare ogni singolo attimo ogni singolo passo o decisione finalizzando il tutto al raggiungimento di un ambizioso e difficile obiettivo il quale può e deve arrivare e passo dopo passo si avvicina. Della serie 'è bello perché è difficile ma non impossibile da raggiungere' ma il tutto va gestito con estrema attenzione ed un pizzico di coraggio nel prendere le giuste decisioni in base alle proprie sensazioni.
Monica Testa: “Partecipare a una gara estrema significa per me aver superato un limite, motivo di orgoglio personale.”
Armando Quadrani: “Mettersi in discussione ogni volta e cercare di vincere una scommessa con noi stessi.
Riccardo Borgialli: “Partecipare alle gare mi permette di confrontarmi con gli altri atleti e valutare il mio livello, in particolare poi in gara si registrano tempi sempre migliori perché vuoi l’adrenalina, vuoi il vedere ‘i forti’ correre veloce, tutto questo fa si che tu possa dare ancora di più di quello che hai. In altri casi invece la gara è l’unico modo per fare un percorso, mi spiego, percorsi da 100 e più km non potrebbero essere corsi ‘rapidamente’ se non ci fossero ristori e assistenza da parte di un organizzazione, queste gare infatti molte volte permettono ai partecipanti di vedere luoghi che altrimenti non riuscirebbero mai a visitare.”
Andrea Boni Sforza: “Vivere un'esperienza bella da ricordare”.
Stefania: “Un viaggio all'interno di me stessa.”
William Da Roit: “Significa essere pronto a tutto e non avere paura di niente!
Simone Cataldi: “Sfidare se stessi.”
Vito Todisco: “Partecipare a un'ultra è per me la stessa cosa che prova uno a farsi un week end al mare, la vivo sempre come una vacanza, un modo per staccare la spina dalla routine quotidiana.
Gian Paolo Sobrino: “Premesso non ritengo che le gare cui partecipo sono estreme, significa volerlo fare e pianificare preparazione e gestione della gara.”
Matteo Pigoni: “Rimettermi in gioco con me stesso.”
Mario Connor: “Arrivare in fondo in qualsiasi condizione fisica e mentale.”

Gli ultramaratoneti, in genere non sperimentano l’ansia della competizione, del pre-gara, ma quello che in genere avviene una certa aspettativa positiva, non si vede l’ora di affrontare il lungo viaggio che, come i lunghi viaggi, è fatto di conoscenza, di scoperte, di imprevisti. 
Gli ultramaratoneti, come si fa per i lunghi viaggi, si preparano in anticipo, si informano sulle condizioni climatiche sul percorso, su quello che è opportuno o indispensabile portare a seguito, si documentano. 
Come nei lunghi viaggi, diventa importante la preparazione, l’attesa, c’è una voglia di divertirsi, di conoscere, di scoprire se stessi e quello che succede.
Il saggio Psicologia dello sport e dell'esercizio fisico (dal benessere alla prestazione ottimale)  offre uno spunto di riflessione su aspetti quali la salute e lo sport.
Ne sono argomentazioni a riguardo, il raggiungimento della prestazione ottimale (peak performance), es. i record dei campioni, lo sperimentare il Flow, considerato come uno stato alterato di coscienza dove tutto funziona alla perfezione ed anche l’IZOF, una zona di funzionamento ottimale che porta l’atleta a raggiungere la sua  peak-performance.
Inoltre sono trattate le difficoltà, i disagi dell’atleta, che possono essere di natura emotiva, di attivazione ottimale, di bassa autostima, di affollamento a livello mentale di pensieri disturbanti, e, per finire di natura relazionale, cioè relativi a una figura professionale che gravita attorno al mondo dell’atleta.

Matteo SIMONE  
380-4337230 - 21163@tiscali.it   
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR 

 

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