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giovedì 17 settembre 2015

Vito Intini: voglio tornare in pista dove è iniziata la mia passione della corsa

Ultramaratoneti e gare estreme (cosa motiva questi atleti? quali i meccanismi psicologici? cosa li spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?), questo dovrebbe essere il titolo del mio prossimo libro che racconta le storie, passioni, motivazioni, aneddoti di più di un centinaio di atleti che si dilettano a percorrere tantissimi chilometri in tante modalità, su strada, su sentieri, su tapis roulant, tra i tanti atleti mi sono imbattuto in Vito Intini e riporto di seguito un’intervista per approfondire la conoscenza di quest’atleta Pugliese in giro per il mondo.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? La ricerca di mettere il proprio fisico e la propria mente in difficoltà nella quale esiste la soluzione. Come risolvere un rebus o un sudoku. Mai però deve essere raggiunto il pericolo organico!
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? Sono stato sempre un ultra. In ogni ambito sia lavorativo che del tempo libero vado oltre i limiti classici. Per cui era ovvio che lo diventassi anche nella corsa. Già nel 1990 (avevo 21 anni) desideravo fare una 100 km.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? L’incognita del risultato e la gioia che mi pervade quando affronto la fatica.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? No, ma di uscire dall’ambiente degli Ultramaratoneti, anzi quello del podismo, si.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? No, per fortuna ho saputo sempre gestirmi al meglio e non ho mai subito infortuni che mi hanno costretto di fermarmi a lungo. Per motivi famigliari (la nascita di mio figlio) ho smesso di correre per due anni ma era pianificato. Poi è stata mia moglie a ricordarmi che era ora di riprendere a correre.
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta? Le motivazioni sono un po’ cambiate. Prima era per raggiungere e conoscere i propri limiti oggi più per sfida verso la legge biologica dell’invecchiamento.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? Purtroppo no. La paura di incorrere in pericoli seri mi ha fatto spesso da freno. Nelle gare di 24 ore su circuito significa fermarsi, nelle gare in linea rallentare per raggiungere comunque il traguardo. Sul tapis roulant non ho avuto mai questo freno. La consapevolezza che l’assistenza ed i medici sono lì solo per me mi rende sereno e così riesco ad esprimermi al meglio.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme? La meditazione. L’introspezione e la convinzione di essere preparato infine anche tecniche di visualizzazioni uso di frequente.
Quale è stata la tua gara più estrema o più difficile? 50 Km di Rodgau in Germania nel 2005. Doveva essere annullata per la nevicata imprevista. Il circuito (5Km il giro) era su neve ghiacciata a -12°C. Trovandomi nel gruppo di testa sin dall’inizio ho tralasciato l’orologio. Dal gruppo iniziale di 12 persone eravamo rimasti in 4 dopo 35 km e al passaggio del 40° Km in 2:38 ho pensato alla possibile vittoria trascurando l’alimentazione ed il bere. Al 46° km lo stop. Disidratazione e primi segni di congelamento. Insomma è finita in ambulanza. Ho imparato.
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine? Non c’è gara estrema. Quando si è preparati una gara non può essere estrema. Se non si è preparati anche una 10 km può essere estrema. Comunque per risponderti se dovessi fare una 6 giorni per necessità la farei. Si tratta più di volontà.
C’è una gara estremi che non faresti mai? Si, la 6 giorni su circuito. Tutto il mio rispetto a chi la fa ma personalmente non trovo stimoli. Ma anche seguire i Marathon Monks del Monte Hiei vicino Kyoto non lo farai (1000 maratone in 7 anni).
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? Il corpo si adatta ad uno sforzo con allenamenti specifici fino ad un limite personale che può essere raggiunto. Per la mente invece non è così semplice. Qui entri in una sfera senza bordi. Non c’è una progressione delineabile. Non sai mai se la tua mente ha appreso, imparato e si è adattato allo sforzo. Sono troppe le variabili che possono verificarsi. E’ qui il divertimento.  In fondo è come risolvere un Sudoku sulla base di un sistema numerico sessagesimale (sessanta simboli)
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme? Dopo tanti anni hanno capito che con dedizione e preparazione le gare di Ultramaratona sono una disciplina come tante altre. Infatti a Putignano (cittadina pugliese dove vivono i miei genitori ed amici) si tengono 3 gare di Ultramaratona all’anno ed i Putignanesi che hanno partecipati ad una ultramaratona negli ultimi 5 anni sono oltre 100 atleti.
Che significa per te partecipare ad una gara estrema? Preparazione, preparazione e preparazione fisica e mentale.
Ti va di raccontare un aneddoto? Ne sono tanti. Allora per motivi di lavoro viaggio spesso in giro per l’Europa. Non sempre riuscivo a correre visto il clima rigido nel nord e le giornate corte d’inverno. Per questo motivo ho iniziato a scegliere Alberghi con la palestra per poter correre sul tapis roulant. Dopo molti anni parlando con Antonio Mammoli (durante la permanenza a Gibilterra per il mondiale della 100 km) scopri che esistevano anche i record di ultramaratona sul tapis roulant. Lui era detentore del record Italiano sulla 100 Km. Per una scommessa con lui ci provai anch’io scoprendo così che mi sentivo a pieno agio su quel macchinario. Da allora molti alberghi hanno dovuto sostituire il loro treadmill dopo il mio soggiorno. Settimana scorsa è stato un albergo di Perugia.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? Mi sono sempre considerato un mediocre oggi so di esserlo davvero.
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa? Non ci sono stati cambiamenti. Invece di giocare a carte al Bar Sport vado a correre.
Se potessi tornare indietro cosa faresti? O non faresti? Non vivo di rimpianti nè di sogni infranti. Mi piace guardare verso il futuro.
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? Solo Aminoacidi ramificati per migliorare il recupero post-gara.
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva? Si ma non erano medici. Sono i soliti “amici” tirapiedi.
Hai un sogno nel cassetto? Non mi piace sognare. Ho sempre preferito pianificare il mio futuro. Attualmente voglio ancora migliorare qualche performance ma superato i 50 anni (tra 3 anni) voglio tornare in pista per il doppio giro gli 800m da dove è iniziato tutta la mia passione della corsa 35 anni fa.

Matteo Simone

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