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domenica 25 marzo 2018

Riccardo Borgialli, ultratrail: La forza di volontà forse è il mio più grande pregio

Matteo SIMONE  21163@tiscali.it 

Foto di Claudio Bellosta
Sono importanti gli incontri che si fanno, a volte gli amici portano sulla strada giusta come quella dei sentieri e dei trail in montagna e fa scoprire il meglio di sè.

Fanno scoprire una passione per lo sport, per la natura, per la montagna e allora ti accorgi che la fatica della corsa con dislivelli è compensata dalle sensazioni che si sperimentano e dalle emozioni quando arrivi al traguardo contento e soddisfatto e sempre di più vuoi far meglio e ottenere successi che ti portano sempre più in alto fino ad ambire a una convocazione in nazionale per poter indossare una maglia azzurra.
Di seguito, Riccardo racconta la sua esperienza di atleta rispondendo ad alcune mie domande un po’ di tempo fa.
Ti puoi definire ultramaratoneta?Direi di sì, corro distanze superiori a quelle della maratona con l’aggiunta del dislivello dovuto ai continui sali-scendi delle montagne.” 
Foto di Claudio Bellosta
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?Significa sfidare i propri limiti, o meglio, spingere sempre un po’ più in là il limite che ognuno di noi ha.”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?Io arrivo dal calcio, dai 6 ai 21 anni ho vissuto 15 anni di calcio in cui ho raccolto anche delle belle soddisfazioni, non ero scarso, anzi! Poi però finite le scuole superiori mi sono trasferito a Pavia per frequentare l’università, tornando a casa tra le montagne solo nel weekend, lì ho cominciato a staccarmi sempre più dal mondo del calcio e complice un mio grande amico che da un annetto si era dato alla corsa in montagna, ho deciso di provarci. Ho iniziato con una gara da 8km, senza allenamento particolare, e sono andato molto bene. Un mese dopo scalpitavo già per il mio primo mini-trail (17km in Valle Antigorio), era nata la passione, meno di un mese dopo infatti ero già passato ad un gara da 20 km. Dopodiché ho continuato, anno per anno, ad aumentare le distanze cercando di trovare quella più adatta a me, da un anno mi trovo molto bene e ottengo buoni risultati a correre le gare da 50-55km (con dislivelli in media di 3000-4000m).”
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta?Indubbiamente le emozioni che si provano prima, dopo e durante una corsa. Portarti allo sfruttamento di tutte le energie che si hanno in corpo mentre si è in paesaggi stupendi è qualcosa che nessun altro sport ti può dare.”

Foto di Claudio Bellosta
E’ vero anche solo seguire le loro gesta è molto emozionato immagino viverle direttamente lungo percorsi spettacolari anche impervi immersi nella natura andando sempre avanti verso il traguardo e cercando di fare del proprio meglio attingendo le risorse residue nel proprio corpo aiutati dalla mente.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta?Onestamente per il momento no, finché continuo a star bene sia fisicamente che mentalmente credo che non smetterò.”

In effetti direi che per Riccardo ora è il momento, ora sta in gran forma ed è il momento di spingere bene e fare del suo meglio, certi treni poi passano.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta?Di smettere no, una pausa forzata però si, l’anno scorso ho avuto un problema al ginocchio che mi ha tenuto fermo un mese, ma dopo tutto quel tempo fermo scalpitavo per rimettere le mie scarpette da corsa!”
Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta?La continua ricerca di quelle emozioni di cui parlavo prima, è qualcosa difficile da spiegare a parole, è qualcosa che ti fa sentire bene.

Foto di Claudio Bellosta
Attraverso questo sport oltre a fare tanta fatica si sperimenta tanto benessere che ti permette di impegnarti piacevolmente per fare sempre meglio e osare sempre un po’ di più con tanta attenzione.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?Sicuramente, la forza di volontà forse è il mio più grande pregio, riesco a non mollare mai, nonostante i crampi che talvolta possono arrivare o le energie che sono finite, in un modo o nell’altro però riesco sempre a raggiungere il mio obbiettivo.”

Attraverso questo sport ci si conosce sempre di più, si cresce sempre di più a superare momenti difficili o crisi, si comprende sempre di più come e dove attingere nuove energie per continuare o andare più forti.
Quali meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a partecipare a gare estreme?Prima di tutto credo di potercela fare, so che nulla è impossibile se lo si cerca con caparbietà e poi subentrano sempre quelle emozioni che ti spingono ad andare avanti, e dimostrare a se stessi che ce la si può fare.”

Autoefficacia diventa una marcia in più, la fiducia in se stessi, il crederci di riuscire, e poi tutto diventa più facile quando sa che sperimenti sensazioni ed emozioni uniche.
Foto di Claudio Bellosta
La tua gara più estrema o più difficile?Penso sia stato il Trofeo Kima del 2016, caldo torrido, percorso iper-tecnico e per questo non troppo adatto a me (dove corro io il percorso solitamente è molto scorrevole). Volevo provare l’ebrezza di questa gara storica, e in effetti è stata un esperienza mistica! Complice una partenza un po’ troppo veloce mi sono presto trovato ad affrontare una crisi, ma non volevo mollare e ho continuato, 7 passi di alta montagna, sassaie apparentemente sconfinate, catene, passaggi difficili; insomma, una vera esperienza estrema…ma che consiglio a tutti!”.
Una gara estrema che ritieni non poterci mai riuscire a portarla a termine?Io credo che con un allenamento adeguato posso terminare qualsiasi gara, poi la differenza sta sempre in come la si vuole finire, per esempio affrontandola con un passo adeguato penso che potrei terminare anche una 100 miglia.
Foto di Martina Valmassoi
Una gara estrema che non faresti mai?Non mi piace pensare alle ultramaratone su asfalto e senza dislivello, come ad esempio la Milano-Sanremo, la trovo molto noiosa come cosa, anche se rispetto tutti gli atleti che ne prendono parte.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?Credo siano la curiosità e lo spirito di avventura a muovere il tutto, il volere sempre di più per conoscere il più a fondo possibile noi stessi."
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?Ovviamente ci sono quelli che rimangono a bocca aperta di fronte alle mie imprese, altri invece come la mia fidanzata o i miei genitori sanno che non sono cose impossibili da fare e mi spronano sempre a fare meglio; sanno che è uno sport che mi piace e mi fa star bene e per certi versi seguendomi lungo il percorso di una gara, facendomi assistenza, si immedesimano in me e capiscono cosa sto provando in quei momenti.”

E’ importante avere amici e familiari dalla tua parte, che fanno il tifo per te, che ti coccolano, che ti sostengono e supportano.
Foto di Martina Valmassoi
Che significa per te partecipare a una gara estrema?Partecipare alle gare mi permette di confrontarmi con gli altri atleti e valutare il mio livello, in particolare poi in gara si registrano tempi sempre migliori perché vuoi l’adrenalina, vuoi il vedere “i forti” correre veloce, tutto questo fa sì che tu possa dare ancora di più di quello che hai. In altri casi invece la gara è l’unico modo per fare un percorso, mi spiego, percorsi da 100 e più km non potrebbero essere corsi “rapidamente” se non ci fossero ristori e assistenza da parte di un organizzazione, queste gare infatti molte volte permettono ai partecipanti di vedere luoghi che altrimenti non riuscirebbero mai a visitare.”

Bello, la gara è gara, quando si è in gara ci si trasforma si va sempre più forte, la gara in effetti ti permette l’assistenza per allontanarti per tantissimi chilometri nella natura.
Ti va di raccontare un aneddoto?Volentieri, non è riferito ad una gara ma fa parte di quelle cose che mi hanno indirizzato a questo sport. Anno 2012, la mia prima ragazza mi lascia e, come è facilmente comprensibile sono giù di corda, voglia andare lontano da tutto per qualche giorno e allora con altri 3 amici si organizza, GR20, il sentiero che taglia in diagonale la Corsica. Fatti gli zainetti si parte, normalmente viene fatto in 14 giorni dagli escursionisti non troppo esperti in cerca di avventura, noi ce ne mettiamo 5 e qualche ora, 180km e 12000 di dislivello positivo. Un avventura che ci ha lasciato il segno, ancora oggi ne parliamo, partenza durante la notte, camminate sotto il sole cocente. E’ stata un esperienza faticosissima e stancante, anche per colpa dello zaino da 12kg che ci portavamo appresso, nonostante tutto questo però ho capito che quella era la strada che volevo prendere, su e giù per le montagne a provare emozioni che mai prima avevo assaggiato. La fatica per l’ultima salita prima del rifugio, la notte a 2000 metri e l’alba sulla cresta della montagna più alta, cose che purtroppo non tutti hanno la fortuna di provare ma che se capitasse finirebbero poi per prendere la mia stessa strada.”

Su e giù per le montagne sono esperienze che quotidianamente non si fanno perché si pensa al lavoro e alla normalità quotidiana, quando sei in montagna si ritorna ragazzini, si ritorna a vivere veramente e intensamente e con un gruppo di amici la condivisione intensifica l’esperienza.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?Che ho una forza d’animo incredibile, non pensavo di essere così riluttante all’idea di gettare la spugna. La tenacia è sicuramente il lato di me ho più piacevolmente scoperto.” 
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa?Allenandomi per questo sport ho scoperto che richiede molta più costanza di altri, è uno sport onesto, cioè se non ti alleni si vede, gli altri lo vedono e tu vai meno. Inoltre è uno sport che ti rilassa, non è come il calcio dove una svista arbitrale ti può fare arrabbiare, qui ci sei solo tu e una volta fatto il tuo sforzo scoprirai che in te si è diffusa una sensazione di calma e compiacimento.”

Straordinario, uno sport che ti fa faticare tanto ma che ti rilassa dentro, ti fa trovare la pace dentro di te, sei soddisfatto con te stesso.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti?Non cambierei nulla, è giusto arrivare a certi sport e certi livelli per gradi, io sono soddisfatto dei miei miglioramenti ma non rinuncerei a tutte le amicizie e ai bei momenti che ho passato nel calcio.” 
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la tua attività sportiva? “Si, la morosa (scherzo), vorrebbe che le dedicassi più tempo; non che non gliene dedichi, però ogni tanto si lamenta perché talvolta do la precedenza ad allenamenti e gare. Ma non è colpa mia, la corsa è una droga! Quando cominci poi ne senti proprio il bisogno!

Nella vita ci sono momenti e fasi, è importante prendere il meglio da ogni momento e da ogni fase serenamente.
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?Non uso farmaci, integratori solo durante le gare, sali minerali per integrare quello che perdo, per il resto faccio una vita normalissima con un alimentazione mista.” 
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai indagini più accurate? Generalmente faccio una visita medico/sportiva dal mio medico di fiducia e un controllo delle analisi del sangue, durante la stagione poi, prima o dopo le gare più importanti mi è capitato di essere sottoposto al controllo anti-doping.” 

E’ importante trovare un sano equilibro tra famiglia, amici, lavoro, studio, a volte è importante suddividere i periodi in base agli impegni e agli obiettivi ed essere chiari con se stessi e con gli altri.
Hai un sogno nel cassetto?Certo! Ne ho tanti, riguardo questo ambito mi piacerebbe partecipare alle gare simbolo del mio sport, l’ultra-trail, così mi piacerebbe un giorno partecipare alla UTMB (Ultra Trail du Mont Blanc), alla Western States Endurance Run e al Tor des Geants, ma c’è tempo per questo, sono ancora giovane e mi dirigerò su distanze così elevate solo tra qualche anno, per ora devo sfruttare la mia velocità sulle 50km, provando a fare dei buoni piazzamenti, così un sogno potrebbe realizzarsi già questa estate, sarebbe quello di salire sul palco di Chamonix entrando nei cinque alla OCC (gara che fa parte dell’evento UTMB).”

Importante è sviluppare la consapevolezza delle proprie capacità caratteristiche e anche dei propri limiti ed essere sempre pronti a cavalcare l’onda del cambiamento per comprendere cosa è possibile fare ora e quale direzione vogliamo prendere per raggiungere e mete e obiettivi e cercare di trasformare sogni in realtà.
Riccardo Borgialli è menzionato nel mio libro “Maratoneti e Ultrarunner. Aspetti psicologici di una sfida”, Edizioni Psiconline. 

Matteo SIMONE 
380-4337230 - 21163@tiscali.it  
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR 

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