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venerdì 1 gennaio 2021

La gara della vita, dove si sperimentano le emozioni più belle

Libro “Sport, benessere e performance” 
Matteo SIMONE  

Le emozioni vissute da atleta sono importanti, diventano un
imprinting per il senso di autoefficacia. 

Una delle fonti dell’autoefficacia sono proprio le sensazioni vissute in precedenti situazioni, dove si è sperimentato successo e competenza. Questi eventi e le sensazioni correlate diventano una risorsa per la persona, sempre a disposizione; basta andare a ricercarla nel momento del bisogno. 
L’atleta attraverso lo sport impara ad acquisire una mentalità vincente, comprende che se davvero vuole qualcosa, farà di tutto per ottenerla, attraverso un lavoro di goal setting di definizione di obiettivi, focalizzandosi per quell’obiettivo ritenuto importante, e impegnandosi al massimo con passione e determinazione per il suo raggiungimento. 
Lo sport aiuta a essere vincenti anche nella vita quotidiana, diventa una sorta di allenamento quotidiano alla mentalità vincente. 
Ecco come Rollo Aloisio racconta la gara della sua vita: 
La gara della tua vita dove hai sperimentato le emozioni più belle? 
«La gara della mia vita è stata senza dubbio il derby giocato tra Manfredonia e Foggia, una partita sentitissima a livello provinciale e regionale, giocata in casa e con un migliaio di tifosi a sventolare i colori della mia squadra. Ricordo ancora la notte prima del match: scalpitavo nel letto, privo di sonno, ma con un grandissimo desiderio di regalare a me stesso e ai tifosi un giorno indimenticabile. Alle ore 10 di una domenica mattina, l’arbitro fischia l’inizio della partita e un tifo assordente inizia ad accompagnare me e la mia squadra verso la vittoria finale. Penso che siano emozioni che solo il calcio è in grado di regalarti e d’imprimerli con forza nella tua mente, per sempre». 

Anche Francesca Boldrini racconta delle gare della sua vita: 
«Non c’è una sola gara che mi abbia regalato queste emozioni. Ma ricordo in particolare la gioia per aver corso la prima mezza maratona (a soli tre mesi dalla mia prima gara ufficiale e con preparazione abbastanza affrettata) e la mia ultima mezza, prima trasferta a Sorrento per la Coast to  Coast. Dopo averla desiderata a lungo, ho temuto di non poterla correre a causa di un fastidio al tallone, che m’impediva anche di camminare. Al traguardo mi sono sentita un’eroina. Inoltre, ricordo con grandissima emozione il momento in cui ho realizzato di essere riuscita per la prima volta a correre sotto i 5’ al km, dopo essere stata ferma per una brutta bronchite asmatica e aver faticato tantissimo prima di poter tornare a correre con una certa scioltezza». 

La soddisfazione nel riuscire in qualcosa è importantissima e ripaga gli sforzi intrapresi per dedicarsi a uno sport, che comporta fatica e il dover affrontare condizioni climatiche a volte avverse. 

Gabriele Frasconàultrarunner e ironman, racconta la gara della sua vita:  
«Ironman Boulder 2015, non un risultato eccezionale (9h57’, 28° assoluto), ma dopo una frazione bike eccezionale (4h48’), ero 11° di categoria e mi serviva almeno il 4° posto per qualificarmi per le Hawaii. Martina e i miei amici mi hanno incitato più volte, ma ero sempre 11°. Agli ultimi 8 km, Marti mi disse: 'Ora o mai più'. Ho rimontato fino alla 5^ posizione, finendo a 3 minuti dal 4°, dal 3° e dal 2°, che sono arrivati praticamente assieme. Il ricordo di aver accelerato, quando gli altri mollavano, è il ricordo più bello, in termini di performance». 

Ho scritto un libro dal titolo O.R.A.: Obiettivi, risorse, Autoefficacia, dove spiego proprio come incrementare l’autoefficacia, facendo leva sulle fonti, come il ricordo più bello di Gabriele di aver accelerato quando gli altri mollavano, l’esperienza di rimonta, le sensazioni sperimentate in quel momento, le persuasioni verbali da parte degli amici. Bella storia! 

Monica Testa si è sentita una regina nella gara della sua vita. Ecco come la descrive: 
«La più bella è stata l’ultratrail di 60 km, dove mi è venuto incontro mio marito, anche se non ho fatto un gran tempo, dove non ho mai fatto così tanti chilometri. Fantastico è stato trovarlo a 1 chilometro dalla fine e fare con lui quel chilometro. Nonostante la stanchezza, mi sono sentita felicissima, una regina». 

Daniele Biffi era felice come un bambino dopo la gara della sua vita
«Una delle gare che più ricordo con piacere fu il mio primo 400 m, che corsi sotto i 50” all’Arena di Milano, nel 2000. Venivo da un infortunio al bicipite destro; ancora mi faceva male, ma riuscivo a correre controllato intorno ai 12” ogni 100 m. Partii controllato e tranquillo, dosai perfettamente le mie forze, a ogni passo sentivo il bicipite tirare, ero al limite. Volevo quel tempo sotto i 50”, dovevo correrlo e lo corsi. 49”89 disse il crono: ero felice come un bambino!». 

Per Vincenzo Fargione significa aver sperimentato il flow
«Ricordo perfettamente le sensazioni di assoluto controllo del ritmo, di fatica gestita alla grande, di padronanza a 360° di tutto ciò che riguardava la mia azione di corsa: fantastico stato di grazia, che è coinciso con i miei record nella maratona e nella mezza. Purtroppo è impossibile programmare questo stato di forma emozionante, benché provi a eseguire i medesimi allenamenti». 

È importante avere in testa esperienze di successo, dove si è sperimentato il flow, uno stato di trance, uno stato alterato di coscienza, ove va tutto alla perfezione, ti aiuta ad andare avanti sicuro. 

Per Matilde Staffa la gara più bella non poteva non essere la sua prima maratona. Commovente il suo racconto: 
«La gara della mia vita è stata la mia prima maratona, che non poteva non essere quella di Roma; l’esordio è stato qualcosa d’indescrivibile, correre per 42,195 km, arrivare alla fine e poter dire: ‘Sì, ci sono riuscita, ce l’ho fatta, ho corso per 42,195 km!’ Un’emozione grandissima partire in tre, io, mia sorella e un mio amico; arrivare al 24° km, uno stop obbligato, mentre il mio amico ha continuato per la sua strada, e poi riprendere a correre con mia sorella fino al 28° km. Lei poi mi ha guardato e con le lacrime agli occhi ci ha detto: ‘Matti, io ci provo’. Mi ha dato un bacio, chiedendomi di prometterle di non mollare. Io le risposi: ‘Vola, che io non mollo!’ E così dal 28° km fino alla fine dei 42,195 km ho corso la mia maratona, chiudendola senza dolori, senza fatica, con il sorriso sulle labbra e nel cuore! All’arrivo c’era il mio mister Antonio Di Gioia, che mi aspettava. Carlo e Tiziana erano arrivati. Le mie parole? ‘Antonioooooo, ci sono riuscita e tu lo sapevi’. E ho iniziato a piangere!». 

Bella storia, commovente, ma ricca di gioia, di esperienze, utile a trasmettere un messaggio di benessere e di superamento di ostacoli. Vi emerge la capacità di non mollare, ma di proseguire con l’aiuto degli altri e con la forza del proprio cuore, della testa e delle gambe. 

Si può dire che Antonio Gallone ce ne ha messo di tempo per arrivare alla gara della sua vita, ma che gara: 
«Sicuramente la Maratona di Roma del 2015 dove, dopo sette anni di tentativi, ho realizzato il PB 2h39’59’’». 

Antonio è uno che sa il fatto suo, è determinato nel perseguire i suoi obiettivi, sa come fare, chiede ai più esperti, si allena con i più forti e in ogni gara comprende come fare per migliorarsi. Quindi ogni anno che passa egli va' sempre più forte nella sua progressione verso il personal best di prestigio, all’età di quasi 50 anni. 

Le gare della vita per Roberto Brunori, campione di nuoto
«Le gare della mia vita fino a ora sono state sicuramente il 200 m stile libero ai Campionati Italiani Master di due anni fa, dove vinsi e stabilii il record italiano di categoria, abbassandolo di 2”. Poi la traversata del lago di Garda, da Torri del Benaco a Toscolano Maderno, dello scorso anno: 7 km in linea d’aria, traversata vinta insieme ad altri due compagni di squadra. Ma spero di viverne anche altre». 

Che dire, Roberto si è rivelato veloce e resistente: record nei 200 m e vincitore sui 7 km! 

Francesco Bona vanta due titoli italiani e un 3° posto alle Universiadi
«Mezza maratona di Belgrado, 3° posto alle Universiadi, titolo italiano di mezza maratona a Cremona e titolo italiano Allievi sui 2˙000 m siepi». 

La gara corsa con lo zio, per Desiré, è stata la gara della sua vita 
«La gara dove ho dato il meglio di me è stata a Cesano, l’8 dicembre scorso. Ho ottenuto il mio miglior tempo grazie a mio zio, che mi ha fatto da pacer. Al traguardo ero così felice che l’ho abbracciato. Una fotografa ci ha scattato una foto bellissima. In realtà, quasi tutte le foto al traguardo le ho con lui». 

Condividere momenti piacevoli è importante, soprattutto con persone a cui vuoi bene. 

La maglia azzurra rappresenta per Eleonora la gara della vita, dove ha realizzato il personal best sulla distanza della mezza maratona: 
«Di diverse gare ho un bellissimo ricordo. Sicuramente quando ho vestito la maglia della Nazionale, in Francia, facendo anche il mio personale sulla mezza, per di più senza una preparazione mirata per la distanza; ma quella maglia m’infuse un’enorme carica». 

Bella responsabilità indossare la maglia azzurra, ma anche un valore aggiunto, fare bene non solo per  stessi, ma per l’intera squadra italiana. 

Tante le gare della vita per Gianluca di Meo: 
«Ce ne sono talmente tante, che non saprei da dove partire e ciò è positivo. Le gare sofferte comunque ti lasciano qualcosa. Ma quelle dove hai iniziato soffrendo, e le finisci in crescendo e in posti straordinari, sono quelle che porto dentro.  
‒ La 100 km di Lipsia 2008, la mia seconda 100 km. Sensazioni fantastiche dall’inizio alla fine; inesperto, chiudo in terra tedesca 7° con 8h20’.  
‒ La Bologna Zocca di 50 km, l’ultramaratona di casa. Tanti amici sul percorso a fare il tifo e io a battagliare con i migliori ultramaratoneti in Italia. Chiudo 6°a 15’ da Marco D’Innocenti.  
Valdigne 2011, in Valle d’Aosta: paesaggi stupendi e io che da 100° al 50° km, vado in crescendo e chiudo dopo 100 km al 15° posto, superando atleti del calibro di Gianluca Galeati e Francesca Canepa.   
‒ UTMB 2013, l’ultima gara a cui pensavo di partecipare nella mia vita. I miei genitori, mio nipote, mia sorella sul percorso. Una gara che neanche dovevo iniziare, ma gestita bene e non soffrendola mai dall’inizio alla fine: ed erano 168 km!  
‒ Grande Corsa Bianca 2015: serenità, forza, ingegno, paesaggi stupendi. Lì ho capito chi sono come atleta e cosa mi fa stare davvero bene: il ghiaccio, l’autosufficienza, gli spazi deserti bianchi e in solitudine, il mio ambiente naturale
». 

Che dire! Gianluca vive attraverso la corsa, si sperimenta con sé stesso e con gli altri mediante la partecipazione alle più difficili competizioni, per chilometraggio, clima, terreni di gara impervi, dislivelli, in condizioni quasi disumane. Egli assapora la gioia dello sforzo per il raggiungimento dell’obiettivo, dell’arrivare alla mèta, godendo il passaggio e i paesaggi, godendo la compagnia, ma anche la solitudine, per conoscersi meglio, a tu per tu con  stesso, per cogliere il vero senso della sua vita, dove vuole arrivare. 

Per il mezzofondista Fabio Lettieri, momenti indimenticabili sono stati in occasione del titolo italiano e il debutto in Nazionale: 
«In tutte le gare che ho fatto ho sempre cercato di dare il meglio di me. Sicuramente quelle in cui sono andato meglio, sono le gare in cui ho raggiunto il mio personale o vittorie importanti per me e la mia società. Quelle in cui ho sperimentato le emozioni più belle sono state quella del mio primo titolo italiano ‒ emozione grandissima ‒ e la gara del mio debutto in Nazionale assoluta». 

Sono esperienze indimenticabili, un titolo italiano e il debutto in Nazionale. Lì hai la consapevolezza di essere un “campione”. Queste rimarranno impresse nel cuore a vita nel ricordarti, durante i momenti bui, che sei una persona in grado di eccellere, di primeggiare; quindi ogni altra condizione non può che essere provvisoria. 

Francesca Giambuzzi vive un’emozione ogni volta che arriva al traguardo
«La gara della mia vita deve ancora arrivare; sicuramente il meglio di me l’ho espresso in più occasioni. Le emozioni più belle sono ogni volta che taglio il traguardo e scoppio a piangere dalla gioia». 

Sport è anche emozione, esprimersi, essere liberi, permettersi di essere. 
La gara della vita dell’ultrarunner Roldano Marzorati è stata una 24 ore di corsa a piedi
«Una gara recente, la 24 ore di Putignano, dove mi ero presentato senza grosse aspettative. Ho sfondato la soglia psicologica dei 200 km con tanta emozione». 

Interessandomi e appassionandomi ultimamente alle gare di lunga distanza, ho sperimentato la partecipazione alla 24 ore di corsa a piedi. È stata un’esperienza entusiasmante, estenuante, stancante, meditativa, osservativa. C’è un mondo dietro questo tipo di gara. Per riscuotere successo e permettere ai partecipanti di correre per tante ore, gli organizzatori devono inventarsi tante strategie, prevedendo partenze diversificate di gare all’interno della gara più lunga di 24 ore. Il vincitore è stato l’atleta Nazionale Diego Ciattaglia, il quale ha raggiunto quota 221 km. Mentre Roldano Marzorati ‒ contentissimo ‒ è riuscito a raggiungere i 200 km, piazzandosi 2°. La gara femminile è stata vinta da Aurelia Rocchi con quasi 167 km.  

Per Marinella Satta la gara della vita è una vittoria, la Stratorino: «Quando ho vinto la 15^ edizione della Stratorino». 

La Nove Colli Running, per Angela Gargano è stata la gara della vita
 
«In ogni gara m’impegno e cerco di dare sempre il massimo. L’emozione più grande che conservo nel mio cuore e che rivivo ogni volta che ci penso, è quella provata quando ho tagliato il traguardo della Nove Colli Running. Tutti gli amici romani dell’ASD Villa De Sanctis mi sono venuti incontro e mi hanno accompagnato fino all’arrivo, dove c’era mio marito, il quale che mi ha abbracciato dicendomi: “Sei stata fortissima!”». 

La Nove Colli Running, una gara di 202,2 km con tantissimo dislivello, diventa per Angela una fonte importantissima di autoefficacia, per essere riuscita a portare a termine un’impresa e per il riconoscimento ricevuto da parte di tutti; diventa una risorsa per Angela, che va custodita sempre. 

Il meglio deve ancora venire per il resiliente Andrea Pisanu 
«Ironman 70.3 Barcellona, mese maggio, anno 2015. A inizio febbraio mi son fratturato un piede, ma mi son fatto in quattro per riuscire a partecipare a questa gara. Era la gara della mia vita, la gara che ho sognato, desiderato e che vivevo ancora prima di parteciparvi. Ho pianto, ho vomitato, sono crollato e mi son rialzato mille volte. Alla fine, ero lì. Il 17 maggio ero lì. Prima dello start ho iniziato a piangere come un bambino; non ci credevo ancora, ero lì, il mio sogno si stava per realizzare. Ero concentrato, mi sentivo forte, ero pronto. Affronto la prima frazione con una grande progressione (sono un buon nuotatore). Inizio a staccare tutti gli Age Group, riprendo le donne Pro. Poi inizio a riprendere gli uomini Pro, esco dall’acqua con i professionisti, primo degli Age Group. Il pubblico fa il tifo per me. Io, magro come un chiodo, menomato alla mano destra, con un braccio più corto dell’altro di 8 cm. Ero primo degli Age Group.
Ero in estasi! Entro in zona cambio come una furia, felice ed entusiasta, parto in bici; iniziano le prime salite e cerco di restare concentrato, abbasso il ritmo e in tanti mi sorpassano. Penso che la gara è ancora lunga, devo tenere duro, anche perché poi dovevo gestire una mezza maratona con un piede non in ottime condizioni. Arrivo in zona cambio ancora abbastanza fresco. Inizio a correre; i primi chilometri li ho corsi a 3’50” al km. Poi il fegato è saltato in aria, ho rallentato per poter respirare meglio, al 18° km mi è saltata un’unghia del piede, ho tenuto duro, stavo male, avevo la nausea, perdevo tanto sangue, ma ormai era fatta. Arrivo al 20° km e inizio a piangere nuovamente. Ero arrivato, il tunnel all’arrivo era lì, lo speaker m’incitava; ho iniziato a camminare e poi ho tagliato il traguardo. Ecco, questa è la gara della mia vita (piccolo rammarico, ho perso la slot per i Campionati Mondiali per 3 miseri minuti). Ma va bene lo stesso, ero felice e questo mi bastava». 

Va
 bene lo stesso, dice Andrea, perché sa che il meglio deve ancora venire. Questa è la storia di un atleta resiliente, si rialza sempre e 
va' avanti come un treno; più dura è la lotta e più glorioso sarà il trionfo. 

Per Riccardo Pagliari la gara della vita è stata all’età di 10 anni con gli sci: 
«La gara della mia vita non è stata nel karate, ma nello sci quand’ero in montagna in vacanza con i miei. Ogni fine corso i maestri organizzavano una gara per vedere chi era il migliore di tutti gli studenti e io vinsi questa gara sconfiggendo persone più grandi di me: avevo solo dieci anni». 

Per Alessandro Bordieri la gara della vita è una gara a coppie di mountain bike di 24 ore: 
«Una 24 ore in MTB in Val Rendena 2013, in Trentino. Nella classifica a coppie io e il mio amico Roberto Liberati siamo arrivati primi. Una gioia da condividere con un compagno di squadra. È stato bellissimo!». 

Tante le gare della vita di Riccardo Baraldi, dove si è emozionato tantissimo:   
«
Di gare che mi hanno emozionato tanto, ce ne sono molte. Quella che ricordo con maggio enfasi, tuttavia, è stata quella sui 5˙000 m in pista allo stadio della Farnesina a Roma, dove ho conquistato il mio primo titolo italiano master nella categoria SM40. Era una delle primissime gare su pista che correvo nella mia seconda vita sportiva, e vinsi contro atleti ben più quotati di me grazie ad una tattica di gara pressoché perfetta». 

La mezza maratona Roma-Ostia, la gara della vita per Manuela Capomaggio
«La prima Roma-Ostia nel 2014. Quando uscii con mio marito quel pomeriggio famoso dissi a lui e ad un nostro amico che correva con noi che il mio sogno era poter fare un giorno quella gara e ci riuscii un anno dopo. Fu un'emozione che porterò sempre nel cuore e che un giorno racconterò ai miei nipotini». 


Pino Sassano sperimenta la gara della vita nelle gare tostissime come la Maratonina dei Tre Comuni, nel viterbese, denominata la ‘Regina d’Inverno’: 
«Non ho una gara della mia vita. Le emozioni più belle le trovo nella tostissima gara Maratonina dei Tre Comuni e quest’anno, l’ultima gara che ho fatto pochi giorni fa, in quella di Terni, la Mezza Maratona e forse l’anno prossimo per curiosità proverò la Maratona di San Valentino a Terni». 

Le maratone rappresentano la gara della vita per Pasqualino Onofrillo: 
«Visti i miei risultati dovrei dire nessuna, ma misurando in tutto dal punto di vista emozionale posso dire sicuramente un'emozione grande lo ho provato in occasione della partenza e dell'arrivo della mia prima maratona a Roma 2005. Quel Colosseo che avevo già visto in precedenza decine e decine di volte (avendo vissuto nella città eterna per cinque anni) quel giorno aveva un fascino tutto particolare. Poi devo confessare che un’altra bella emozione, di carattere diverso, l’ho vissuto all'arrivo della Maratona di Rimini nel 2014, nella Maratona di Milano del 2015 e in quella di Verona sempre nel 2015 nelle quali ho tagliato il traguardo assieme rispettivamente a mio figlio, mia figlia e mia moglie, i quali hanno percorso gli ultimi metri con me delle citate maratone». 

Per Alessia Urbinati il sogno si è trasformato in realtà: 
 
«L’emozione più intensa l’ho provata giocando la mia prima partita in serie C. Dopo tanti anni di sacrifici e di duri allenamenti, mi sembrava di vivere un sogno ed era come se non riuscissi a realizzare che tutto ciò per cui avevo lavorato era diventato realtà». 

Tre le gare della vita per Viola Giustino:  
Sono tre: una mezza maratona ovvero la Stramilano, una emozione unica, e in questa occasione ho fatto nel 2015 il mio personale di 1’23”. Poi il 1˙000 m in pista, una delle gare più dure che esista secondo me! E poi la Vivicittà di Bari a cui sono legata sia perché è stata una delle prime gare che ho fatto, e sia perché l’ho corsa in alcuni momenti particolari della mia vita!». 

Per Barbara Moi la gara della vita è stata senz’altro la maratona:
 
«Sicuramente la maratona. Per tutta la dedizione che le ho dato. Il giorno prima un mio caro amico podista uno davvero forte, non come me che corro solo per me stessa, che non sono veloce e che forse mai lo sarò, mi ha inviato questo messaggio, il quale riassume credo la mia dedizione nella preparazione per la maratona: 'Sei una delle poche persone che so quanto amore e tempo ha dedicato a questa Maratona! Dopo lunghi mesi di sacrifici il grande giorno è arrivato, Barbara! Goditi ogni metro, ogni sguardo a bordo strada, ogni urlo, ogni goccia di sudore, goditi tutto il meglio! Ed è vero che io ho dedicato anima e corpo a quella gara. E durante la gara ho ripercorso e mi sono goduta ogni momento”.

La prima maratona non si scorda mai è stata l’esperienza di Mauro Vicini: 
«Ogni gara è unica, le emozioni che si provano rimangono scolpite e indelebili nell’anima. Non so se posso affermare che sia stata l’emozione più bella, ma sicuramente quello che ho vissuto all’arrivo della mia prima maratona a Roma non potrò scordarlo per il resto della mia vita». 

Anche per Gabriele Lilli la prima maratona è stata l’esperienza più bella, da non dimenticare: «La mia prima maratona, a Firenze. Fui accompagnato da mia madre, bellissimo rivederla all’arrivo». 

Tante le emozioni sperimentate nelle diverse presenze in Nazionale da parte dell’ultrarunner Sara Valdo 
«Sono state moltissime, dai primi risultati nelle 24 ore, ai tre Campionati Mondiali in maglia azzurra e per ultima (ma solo cronologicamente) la meravigliosa Nove Colli Running». 

Matteo SIMONE 
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR 
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