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lunedì 6 luglio 2015

I limiti esistono ma ci sono anche i modi per superarli

Matteo SIMONE
3804337230- 21163@tiscali.it

Hervé Barmasse nel suo testo La montagna dentro, racconta la sua esigenza di conoscere il limite: 

“Ci accomunava l’esigenza di conoscere il nostro limite. Per farlo accettavamo sfide sempre più difficili e intriganti. Volevamo comprendere le nostre debolezze fisiche e mentali, per migliorarci e affrontare al meglio la prossima scalata.” (La montagna dentro, Editori Laterza, Bari, 2015, p. 79)
Ecco le risposte di alcuni atleti alla mia domanda: Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?
Angelo Fiorini: “E’ stata la Sparta Atene del 2011, che mi ha fatto sperimentare il limite delle mie gare e soprattutto ho capito che bisognava che ascoltassi la richiesta di aiuto da parte del mio fisico. Infatti dopo un inizio brillante della gara, al 130esimo km ho iniziato a sentire sensazioni strane mai avvertite che mi hanno convinto a fermarmi e a ritirami al km 172. 
In passato, nonostante problemi fisici ho resistito, stretto i denti ma sono sempre arrivato al traguardo. In sintesi ho avuto una grave insufficienza renale da rabdomiolisi, dovuta allo sforzo, alla cattiva idratazione e alimentazione durante la gara. Dopo le necessarie cure ospedaliere e alla convalescenza, tutte le funzioni vitali sono tornate nella norma, ma dietro consiglio dei medici, sono tornato a fare un’attività fisica gradualmente fino ad un’oretta di corsa ma con i ritmi che fanno bene alla salute e no che la devastano! 
Ora dopo tre anni da questa brutta avventura, le gambe sono tornate abbastanza in forma ma ho abbandonato le gare (sconsigliate dai medici) e continuo ad allenarmi senza esagerare e fermandomi quando il fisico lo richiede. Al momento il problema che è rimasto è un problema psicologico, un blocco dovuto alla paura ricordando ciò che è accaduto.
Vincenzo Luciani: Da amatore quale sono sempre stato ho cercato sempre di correre un 20% in meno delle mie possibilità. Ho avuto solo un periodo di un anno circa in cui ero ossessionato dal raggiungimento di obiettivo (arrivare sotto le 3 ore nella maratona). In quel periodo mi sono massacrato di allenamenti, snaturandomi in competitivo, ma poi, una volta fallito l’obiettivo (ho corso la maratona in 3 ore e 19 perché ho ecceduto nei primi 10 km), sono ritornato amatore e dei tempi mi sono interessato in maniera non esasperata e con l’avanzare degli anni sono diventato ancora più amatore e attualmente alterno la corsa e la passeggiata veloce (e così facendo corro, si fa per dire, ancora la maratona di 42 km in 6 ore circa).”
Marco Dori: Ogni corsa è secondo me un raggiungere il proprio limite. In una 10 km non ci si risparmia così come in una 100. Velocità diverse naturalmente ma in tutti i casi si cerca di raggiungere il limite delle proprie capacità, anche in funzione dello stato di allenamento in cui ci si trova. Esperienze limite importanti le ho sperimentate in occasione di alcune maratone soprattutto a causa di una scarsa condizione atletica ma prima di iniziare l’esperienza delle ultra. In realtà la terza 100 km di quest’anno – la 100 km delle Alpi – l’ho corsa in condizioni non ottimali sia come livello di preparazione sia per aver cambiato alcuni indumenti (calze e pantaloncini) senza provarli prima; cambiamenti che mi hanno procurato grandi vesciche e piaghe inguinali tanto da farmi sanguinare copiosamente e portarmi a camminare per parecchi km alcuni dei quali scalzo sui talloni!
Claudio Leoncini: No, ho ritenuto che la 100 Km fosse già a priori il limite oltre il quale non mi sarei spinto.”
Monica Casiraghi: “Si sempre perché ogni gara di lunga distanza arriva sempre la crisi e sta a te saperla gestire e superare.”
Laura Ravani: “Si, diverse volte, e mi ha fermato (collasso, colpo di calore, pericardite). A mio parere il limite esiste appunto perché essendo un limite ti ferma, volente o nolente. Se pensi di averlo superato è semplicemente perché non era un limite oggettivo, ma solo soggettivo. “
Marco D’Innocenti: “Non amo superare i limiti imposti dalla natura al mio corpo. Il mio corpo è la cosa a cui tengo di più. Quando ricevo segnali estremamente negativi, allora preferisco smettere e ritirarmi, piuttosto che mettere a repentaglio la mia salute.”
Paolo Zongolo: Si alla Spartathlon nel 2006.”
Enrico Vedilei: “Non so se posso dire di aver trovato il mio limite ma una volta durante la Spartathlon (246km da Atene a Sparta), al 156°km ero transitato in 18 ore e me ne mancavano 18 per finire la gara ho pensato di avercela fatta perché mio suocero che correva solo la Domenica, la 100km del Passatore la chiudeva in meno di 18 ore. Purtroppo da lì a poco ho avuto una crisi di sonno e non riuscivo ad andare avanti, ritirandomi. Forse era il mio limite?
Ivan Cudin: “Direi piuttosto che ho cercato di aver coscienza del mio limite per poter affrontare al meglio queste competizioni.”
Daniele Baranzini: “Il limite fisico l’ho superato…ho una specie di capacità di dissociazione tra vie del dolore e stato di consapevolezza…le riesco a separare…ma è un’arma a doppio taglio…perché si può morire.  Il limite umano non sono mai riuscito a passarlo…solo allucinazioni e basta.
Giuseppe Mangione: “Fino ad ora ho provato 2 volte la 48 ore ogni tanto penso alla 6 giorni per cui penso prevalga in me la curiosità di scoprire un mio eventuale limite.”
Francesca Canepa: “In realtà mai, in genere ascoltando bene i segnali non mi succede. Ho sperimentato il limite psicologico, quello che per noia, brutte sensazioni o mancanza di reale motivazione, mi ha fatto staccare il pettorale. Ma non è mai successo per un limite dato dall’esaurimento fisico.”
Lisa Borzani: “Si, credo di sì. Al Tor des Geants quest’anno sono arrivata al ‘limite’ non tanto dal punto di vista della gestione della fatica bensì da quello della gestione del sonno. Le prime tre notti di gara ho gestito la carenza di sonno con dei microsonni ma l’ultima notte (la quarta) è stata dura e credo di essere arrivata proprio al limite delle mie possibilità in tal senso.”
Federico Borlenghi
: “Si quando si osa si porta il tuo fisico al limite e lì che inizia la sfida con te stesso.
Paolo Barnes: “Molto spesso, arrivo al mio limite molte volte, mi sono trovato in ospedale, svenuto, con flebo, etc.
Stefano Ruzza: “Il limite di resistenza forse no. Mi sono ritirato diverse volte, magari dovute a molte ore di difficoltà e crisi, che forse avrei potuto sopportare ancora, ma non sono per il finire a tutti i costi. Più che superare i limiti, per me è importante arrivarci vicino e sapersi fermare prima, soprattutto nei limiti fisici.
Salvatore Musone: Si, a Roma in maratona sono riuscito a finirla in 2h43’12”, 69° ass. 3° di ctg. Era il top per me, poi, grazie ad alcuni amici con la stessa preparazione sono riuscito a fare il famoso salto di qualità spingendomi oltre maratona conclusa in 2h 39’15” mio record e quando mi sono spinto a finire la 100 km in 8h 27’ grandissima soddisfazione. “
Giorgio Calcaterra: Il limite si può sperimentare anche solo correndo 100 metri al massimo, è il limite di quel momento. Quindi si, spesso nelle mie gare do il massimo e quindi ricerco il mio limite.”
Marco Zanchi: “Sì più di una volta, sia per aver esagerato nelle mie capacità che per le condizioni climatiche che mi hanno colto di sorpresa.”
Marinella Satta
: “Forse, correndo la 6 giorni o la 48 ore su tapis-roulant.
Mena Ievoli: “Si un paio di volte una alla mia prima maratona ero arrivata proprio al limite m sono riuscita a finirla solo per forza di volontà. E un’altra   gara dove non ero al 100% ma ugualmente l’ho portata a termine Ma devo ringraziare un’atleta che era entrata in competizione con me, ancora la ringrazio perché mi ha permesso di finirla.”
Gianluca Di Meo: “Sicuramente durante la grande corsa bianca, la seconda notte ho rischiato andando a cercare il limite. Avevo sonno e non stavo in piedi, se fossi svenuto o crollato sarei morto di freddo da solo. Ho vinto io.”
Vito Rubino: “Ci sto provando.”
Dante Snson: “Penso di si ma dopo che ho terminato la gara mi viene in mente che c’è qualcosa che non ho ancora fatto e che posso ancora fare per  migliorarmi.”
Armando Quadrani: “No. Corro sempre con la consapevolezza che a questa vita ci tengo.”
Riccardo Borgialli: “Sicuramente, la forza di volontà forse è il mio più grande pregio, riesco a non mollare mai, nonostante i crampi che talvolta possono arrivare o le energie che sono finite, in un modo o nell’altro però riesco sempre a raggiungere il mio obbiettivo".
Andrea Boni Sforza: “No, mai arrivare al limite, non fa parte del mio concetto di sport, sono un amatore, una gara è solo una gara, la vita è un'altra cosa".
Vito Todisco: “Sono ancora un novellino...credo di essere ancora lontano dal limite.”
Mario: “Fino a oggi sono arrivato  a 500 km a tappe di 45 km al giorno e poi le 100.”
Giuliano Ruocco: “La forza di reagire quando i crampi ti bloccano e trovare le giuste risorse per raggiungere il traguardo.”
Luca Pirosu: “Si alla Maratona di Venezia del 2014,ero in formissima ma sapevo che avrei beccato il muro, avendola preparata in un solo mese…pur di finirla in 3h ho combattuto contro il muro arrivando in ipoglicemia al traguardo.”
Susanna Forchino: “No, risparmio sempre un po' di energie nelle gare lunghe, perché il mio obiettivo é quello di arrivare al termine e non quello di ‘fare il tempo’.”
Iolanda Cremisi: “Sì, diverse volte sono stata costretta al ritiro, ma poi piano sono riuscita a capire cosa mi ostacolava e a costruire una preparazione adeguata anche se poi, adeguata non lo è mai!”
Alina Losurdo: “Si, quest’anno al passatore, venendo fuori da un periodo di Anemia da mancanza di ferro ho pensato Male di essere all’altezza dello sforzo fisico perché nonostante i pochissimi allenamenti delle ultime 5 settimane avevo sulle spalle carichi di lavoro di km importanti nei mesi precedenti e memore del fatto che i muscoli non scordano  ho osato. Ma al km 60 il mio fisico mi ha ricordato che dopo 6h dovevo assolutamente fermarmi. E’ stato un limite non avere altre forze a causa di un recupero dall’anemia non ancora al 100% ma lo definisco già un 80%.
Andrea Accorsi
: “Più volte di quanto non abbia sperimentato la sicurezza. Anche questo fa parte del gioco. L’endurance, qualsiasi campo appartenga, è sempre un sottile equilibrio (soprattutto quando si cerca la prestazione), tra il limite e il baratro. Forse anche questa diventa una forma di dipendenza.”
Marco Gurioli: “Sempre, perché c'è un momento in cui mi sembra di non farcela più ed il pensiero di fermarsi si insinua nella testa ma poi riesco ad andar oltre e tutto svanisce.”
Antonio Dedoni: “Affronto tutte le gare cercando di sfiorare il mio limite senza però esagerare.”
Mario Demuru: “Le distanze delle ultramaratone che ho affrontato, mi hanno fatto capire che i limiti esistono ma ci sono anche i modi per superarli. Sicuramente le distanze vanno affrontate con molto allenamento; nella gare è necessario ragionare molto e soprattutto bisogna ostinarsi a non mollare mai. Alle volte, durante la gara arriva lo sconforto e sembra quasi finita. Poi, invece, capita qualcosa che ti da la forza di riprendere; chessò! un conoscente che ti incita, una parte di percorso favorevole oppure, la rabbia che sembra ripristinarti i muscoli stanchi a continuare. 
Una volta mia sorella disse a sua figlia, quando la ragazza fece nascere il dubbio che io potessi portare a termine la mia prima maratona: ‘Mario, piuttosto che ritirarsi, muore’. Ora con questo non voglio vantarmi di esser ‘fatto di ferro'  ma riconosco nella mia persona il carattere che serve  per superare le difficoltà della fatica fisica, durante la corsa.”
Julien Chorier: “Oui, il m’est arrivé d’atteindre des limites, avec le sommeil, la chaleur ou des blessures. Cela s’est des fois traduit par un abandon de la cours ou une performance moindre. (Sì, mi è capitato di raggiungere i limiti con il sonno, il calore o delle ferite. Ciò ha portato talvolta al ritiro dalla gara o ad una performance inferiore.)
Roberto Beretta: “Il limite cerco sempre di spostarlo un po’ + su, ma sono stato capace anche di fermarmi e ritirarmi, per questo penso di essere arrivato a volte al limite ma mai averlo oltrepassato.”
Matteo Colombo: “E’ sempre stata mia abitudine non andare mai a ridosso del mio limite estremo … cerco sempre di conservare quel 5% delle mie energie  per poi sfruttarlo appieno  nel recupero post-ultra e per potermi allenare anche nei giorni seguenti alla mia gara.”

Dalle risposte di atleti ultrarunner emerge la consapevolezza dell’importanza del fattore mentale per spingersi oltre, per portare il fisico a sforzi estenuanti, ma emerge anche la consapevolezza dell’ascolto del proprio corpo, della possibilità che problemi fisici possano impedire di andare oltre anzi addirittura possono portare l’atleta ad uno stop definitivo per problemi gravi, per aver sottovalutato i messaggi del proprio corpo.

Matteo SIMONE 380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

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