lunedì 24 agosto 2015

La corsa è un gesto naturale, lo amo, farà sempre parte della mia quotidianità

Simona Morbelli, un amante della corsa al naturale, per sentieri, per montagne. L’ho conosciuta in occasione del raduno premondiale della nazionale italiana ultratrail, simpatica, sempre solare, di corsa facile e con un completino in gonnella ma veloce in piano, salita e discesa. Simona racconta di se, delle sue passioni prima di conoscere la corsa, delle sue esperienze in gara, motivazioni, passioni, sogni.
Ti puoi definire ultramaratoneta?  “Mi definisco un ultratrailer anche se in queste ultime due stagioni ho scoperto di trovarmi a mio agio anche in altre tipi di gare, i City Trail ad esempio mi divertono e motivano.” A Simona piace divertirsi faticando, è alla scoperta del nuovo per sorprendere gli altri ma anche se stessa, valida e competitiva atleta in grado di dare filo da torcere alle più agguerrite avversarie.
Mi spieghi il City TrailI city Trail come l’Urban Trail a Lione o l’Eco Trail di Parigi, sono corse nelle città e sulle eventuali colline sopra la città, parchi, etc. I dislivelli sono limitati, a Parigi ad esempio, su 80 km vi sono 1750 di dislivello, 70 km sono su percorso sterrato e parchi, l'asfalto l ho incontrato solo gli ultimi km, quelli che servivano per raggiungere il primo piano della Tour Eiffel. Ho fatto questa gara due volte, all'estero sono gare molto sentite ed importanti. Alla partenza non meno di 1500 concorrenti. Normalmente i City Trail sono sono molto nervosi, scale, cavalcavia, strappetti nei parchi, Parigi ha un percorso più fluido senza però consentire mai al l'atleta di annoiarsi."
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? Essere un ultratrailer significa non solo amare la corsa in natura ma, nel mio caso, l'essere attratta dalle incognite che quest'ultima riserva, dal meteo alle difficoltà del percorso, alla capacità che ha il proprio corpo ad adattarsi all'imprevisto.” E’ attratta dal difficiele, dalle difficoltà ed a lei piace affrontare percorsi e condizioni ostili ed estreme per vedere ogni volta come se la cava e come ne esce fuori, è come dimostrare a se stessa e agli altri di essere in grado, ri riuscire, di essere capace.
Qual è stato il tuo percorso per  diventare un ultramaratoneta?  “Nasco alpinista (parolone) e scalatrice, ho iniziato a correre casualmente per aumentare la capacità polmonare.” Come tanti altri scopre la corsa per caso e se ne innamora.

La fatica e la paura si possono addomesticare

E’ quello che emerge da interviste ad atleti che partecipano a competizioni estreme che comportano tante ore di gara e di allenamento ed in percorsi e condizioni atmosferiche impervie. La fatica esiste ma si riesce ad addomesticarla, ci si prepara ad andare oltre, ad fare allenamenti sempre più sostenuti nelle diverse condizioni estreme, il fisico e la mente si adatta un po per volta e tutto diventa gestibile e fattibile. La mente aiuta tanto facendo un lavoro di immaginazione nel momento della gara, immaginazione del percorso, della fatica che si farà, di quelo che potrebbe accadere. Ed allora avviene che la preparazione è basata anche su questa immaginazione, l’atleta sa quali sono le parti più difficili da allenare.
Anche la paura di non farcela, dell’ignoto della gara estrema, delle condizioni atmosferica, queste paure si possono addomesticare pensando che tutto ciò che può succedere in allenamento o in gara fa parte della vita e, quindi ad ogni problema c’è almeno una soluzione da poter trovare, il fisico e la mente si adattano alle paure e si scopre che anche nel passato in certe situazioni si è avuto paura ma poi si è riusciti a continuare, ad andare avanti, ed anche aiuta il fatto che altri simili a noi ci sono riusciti ed anche all’inizio era dura per loro oppure anche loro avevano paura ma poi ce l’hanno fatta e così se vogliamo anche noi possiamo riuscire nel raggiungere i nostri obiettivi nello sport e nella vita. Riuscendo in ciò diventano più addomesticabili e gestibili la fatica e la paurta ed allostesso tempo si rafforza la mente, si eleva l’autoefficacia personale e si sviluppa la resilienza.
La paura di non farcela può portare a pensieri negativi e alla successiva ansia. In questi casi è importante focalizzarsi sul respiro, fermarsi ed osservare quello che succede ascoltando il respiro, pian piano il respiro rallenta, si può osservare la diminuzione delle palpitazioni e del tremore delle mani.

Mauro Marchi: sto bene solo quando corro tra le montagne

Mauro Marchi un ultramaratoneta uomo delle montagne, anche a lui ho provato a fare alcune domande per approfondire il mondo delle ultramaratone per portare al termine il mio prossimo libro dal titolo Ultramaratoneti e gare estreme. Ecco l’intervista via email.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Mahh per definizione e per chilometraggio direi di potermi definire tale o almeno ci provo..visto per me il massimo per ora e stato 115km.” Una volta la maratona era considerata una gara estrema, biusognava aspettare anni e anni per pensare di prepararla e portarla a termine prevenendo il cosiddetto muro del 30-35°km, e si pensava di correrla in età  più matira dopo i 30 anni. Ora è tutto più facile, tutti vogliono accorciare i tempi e sperimentarsi da subito in disstanze lunghissime.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Ma credo significhi andare oltre...tentare l'oltre cercando un limite proprio forse..io sto provando questo.” Si prova, si sperimenta, si cerca di trovarsi nel bel mezzo di situazioni difficili da superare, da portare a termine, da uscirne fuori.
Qual è stato il tuo percorso per  diventare un ultramaratoneta? “E’ stato un percorso fatto dopo 1 anno di ritorno alle corse in montagna o comunque trail di vario genere..prima le 20/30 poi le 40 e via dicendo ora è il secondo anno in corso di ultra cominciano dei buoni risultati e ci sono programmi di allungare per i prossimi anni futuri un po alla volta...per ora il mio grosso delle gare si aggira tra i 40 e gli 80km.” La gradualità e la sperimentazione è importante, il fisico e la mente devono piano piano abituarsi ad assorbire la fatica e i chilometri percorsi in modo da stabilizzare fisico e mente allo sforzo sempre pi prolungato e gradualmente si arriva a tutto.

venerdì 21 agosto 2015

Non potremmo portare a termine la gara più facile se la nostra testa non vuole (No podríamos terminar la carrera más sencilla si nuestra cabeza no quiere)

L’ultramaratoneta è continuamente alla ricerca di situazioni sfidanti da gestire, superare che poi facciano parte del proprio corredo caratteriale.
L’ultramaratoneta ha scoperto che volendo, si può far tutto, che la passione è un motore potente che riesce a mobilitare le energie occorrenti per portare a termine qualsiasi impresa con qualsiasi condizione, è una sorta di adattamento graduale che ti permette gradualmente di incrementare l’autoefficacia personale e sviluppare la resilienza che ti permette di andare avanti e non fermati per imprevisti o crisi ma avere la capacità di gestire momento per momento con tutte le proprie risorse, capacità personali scoperte nel corso di precedenti competizioni e situazioni.
Ho avuto modo di contattare Miguel Heras Hernandez uno dei corridori di montagna a livello mondiale, al quale ho chiesto di rispondere al questionario per la stesura del libro Ultramaratoneti e gare estreme.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Ser un ultramaratoniano significa ser un privilegiado por poder recorrer tantos kilometros como lo puede hacer cualquier animal de fondo. (Essere ultramaratoneta significa essere un privilegiato per essere in grado di correre per molti chilometri come può qualsiasi animale resistente.)”
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? Mi pasado deportivo estaba ligado al mundo de los raids de aventura con lo cual fue relativamente fácil reconvertirme. (Il mio passato sportivo è stato legato al mondo di raid avventura con cui è stato relativamente facile riconvertirmi.)”

Katia Figini, ultramaratoneta in un deserto a fare 250 km

Matteo Simone

Katia Figini si considera una ultramaratoneta e ci spiega come è stato il suo percorso, le sue motivazioni, la sua passione, attraverso risposte ad alcune mie domande. 

Ti puoi definire ultramaratoneta?Sembra un parolone ma in realtà tutto ciò che supera i 42,195 km è considerato ultramaratona. Perciò si mi considero ultramaratoneta.” 
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?Una persona normale che corre un po’ più a lungo di altri.”
Qual è stato il tuo percorso per  diventare ultramaratoneta?Non credo si decida di percorrere lunghe distanze da un giorno all'altro, iniziare a farlo è il frutto di un percorso che ognuno fa. Si inizia con il voler correre un’ora di seguito e poi ci si trova in un deserto a fare 250 km… I ‘casi’ della vita.”

Federico Crotti, ultramaratoneta: Più la gara è difficile e più è stimolante

Per approfondire il mondo degli ultramaratoneti e delle gare estreme ho costruito un questionario e ho raccolto alcune risposte. Questo ci permette di conoscere più da vicino le motivazioni che affascinano le persone ad avvicinarsi a questo tipo di discipline considerate estreme.

Tra gli atleti contattai anche Federico Crotti, un atleta che ha iniziato con il piacere di correre sperimentando sempre di più le sue possibilità, la sua forza di volontà, la sua scoperta per il trail e l’ultratrail arrivando a modificare la sua dieta e diventando vegano. Federico è alla continua ricerca dei suoi limiti ed al contempo alla ricerca delle sue possibilità, delle sue risorse, per lui più è dura la gara più è grande il trionfo.

mercoledì 19 agosto 2015

Franco Collè, ultratrailer: arrivare il più vicino al proprio limite


E’ difficile trattenersi dal superare i propri limiti, la tendenza generale è di non fermarsi prima del limite ma azzardare un pochetto di più ed ecco allora che si rischia di farsi del male, si può incorrere in infortuni, si può scivolare per troppa stanchezza, si  possono trascurare dei sintomi importanti.
Si sente parlare di incidenti in montagna, di infortuni o malessere durante gare considerate estreme per il percorso impegnativo, per la lunghezza della gara, per le condizioni atmosferiche.
E’ importante fare attenzione, conoscersi bene e sapersi fermare al momento opportuno. Una signora mi ha raccontato che suo nipote per raccogliere le ultime 4 arance nei rami più alto dell’albero è cascato con danni fisici quasi irreparabili, bastava fermarsi un pochetto prima.
I veri campioni nelle discipline impegnative e considerate estreme come l’ultratrail questo lo sanno e fanno molto attenzione alle proprie sensazioni e non trascurano nessun dettaglio che potrebbe essere fatale per la propria salute e comunque ti porta alla miglior performance.

Ho sottoposto il questionario a Franco Collè, atleta esperto di Ultratrail disposto a raccontarci delle sue motivazioni, le sue esperienze, le sue impressioni.
Ti puoi definire ultramaratoneta? “Penso di poter essere considerato tale in quanto ho corso numerose gare di distanza superiore ai 42 km.”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “A mio avviso essere ultramaratoneta non vuol dire essere un atleta, bensì una persona che ha imparato a gestire in modo ottimale le proprie energie fisiche e mentali.”

E’ importante avere la consapevolezza della necessità anche delle energie mentali oltre che di quelle fisiche, è una sorta di completamento ed assieme, a braccetto di permettono di proseguire, di andare avanti, avviene una sorta di dialogo tra mente e corpo, le energie fisiche e mentali vanno avanti come in una cordata, si considerano e si aiutano a vicenda, a volte è il fisico che deve impegnarsi ed usare forza, potenza, elasticità, a volte è la mente che deve considerare le difficoltà, superare le difficoltà e le eventuali crisi.

Non esiste una gara estrema, la vera difficoltà è solo nella tua Mente

A volte è la responsabilità e la pressione di indossare la maglia azzurra della Nazionale a rendere una gara difficile ed estrema.

Alcuni atleti sono abbastanza resistenti alle gare estreme superano tutte le difficoltà e i rischi e si proiettano su nuove sfide da affrontare serenamente con sicurezza. Estreme e difficili sono considerate anche quelle dove non vi è motivazione, si corre con svogliatezza, quindi è importante credere in quello che si fa ed avere la passione che ti sostiene.
Gli ultramaratoneti raccontano episodi di sofferenza dove hanno continuato ad andare avanti per portare a termine la competizione es. “Ho camminato per quasi 40 km, 10 dei quali scalzo sui talloni, di notte e in salita.”, ma alcuni riportano di essersi fermati ed aver deciso di rinunciare nella loro impresa troppo ardua, es. “Un circuito di 355m ripetuto per 200 volte, dopo 10h30’ non ne potevo più e sono andato a casa.

martedì 18 agosto 2015

“Disabilincorsa” punto d'incontro tra guide e disabili

Matteo Simone

Disabilincorsa è un sito web punto d'incontro tra guide e disabili, è anche un appuntamento con racconti, proposte, idee che spaziano dal trekking al running, dallo sci al ciclismo, dalla vela all'off-road. 

Uno "sportello consulenza" con i consigli di trainer, nutrizionisti, medici, psicologi.
“Disabilincorsa” da spazio al mondo dei disabili riportando - e dando quindi visibilità - alle bellissime imprese sportive che ogni giorno vengono realizzate ma sono spesso ignorate dall'opinione pubblica.
“Disabilincorsa” vorrebbe pertanto chiedere una collaborazione per individuare all'interno della società atleti disponibili a raccontare le loro esperienze. 

Max Clemot, runner: la mia mente ed i miei pensieri volano con le mie gambe

Gli atleti vanno alla ricerca di sensazioni positive e di benessere ed alla ricerca della sfida, per verificare quanto si è capaci a perpetrare uno sforzo nel tempo.
Gli atleti considerano l’importanza del fattore mentale, affermando che non basta solamente l’allenamento fisico ma è opportuno sviluppare anche aspetti mentali quali la caparbietà, la tenacia, la determinazione e questi aspetti poi saranno utile anche per la vita quotidiana, infatti permetteranno di saper gestire ed affrontare determinate situazioni considerate difficili.
Chi sceglie di essere ultramaratoneta e di partecipare a gare estreme sembra che non abbia limiti, vuole andare avanti, vuole cercare competizioni sempre più dure, difficili, e solo l’infortunio, l’incidente, un malessere può fermarli.
Tra gli alteti contattati vi è anche Max Clemot che si racconta di seguito.
Ti puoi definire ultramaratoneta? Beh, diciamo che sto facendo i primi passi nel mondo delle ultramaratone, ma sicuramente per definirsi tale, bisogna sentirlo nel cuore e nella mente.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? Essere ultramaratoneta significa avere una filosofia sportiva diversa da tutte le altre discipline, devi saper armonizzare mente e corpo.
Qual è stato il tuo percorso per  diventare un ultramaratoneta? Io sono appena 15 anni che posso definirmi un runner, nel corso di questo breve tragitto sportivo, ho sempre cercato di incrementare i percorsi per diminuire le distanze che mi separavano da me stesso, sono passato gradualmente dalle gare da 10km e passando per diverse maratone, sono arrivato alla mia prima indimenticabile 100km.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? Percorrere grandi distanze ti da l’opportunità di attraversare paesaggi e vedere quantità di panorami che altrimenti non avresti modo di godere, essere ultramaratoneta significa viaggiare, significa ridimensionare il mondo e riportarlo alla dimensione di se stessi.

“Disabilincorsa” da spazio al mondo dei disabili

Disabilincorsa è un sito web punto d'incontro tra guide e disabili, è anche un appuntamento con racconti, proposte, idee che spaziano dal trekking al running, dallo sci al ciclismo, dalla vela all'off-road. Uno "sportello consulenza" con i consigli di trainer, nutrizionisti, medici, psicologi.
“Disabilincorsa” da spazio al mondo dei disabili riportando - e dando quindi visibilità - alle bellissime imprese sportive che ogni giorno vengono realizzate ma sono spesso ignorate dall'opinione pubblica.
“Disabilincorsa” vorrebbe pertanto chiedere una collaborazione per individuare all'interno della società atleti disponibili a raccontare le loro esperienze. L'invito è rivolto anche a conoscenti, amici, enti o gruppi.

lunedì 17 agosto 2015

Avere una passione e alimentarla è il vero motore del vivere bene

Sulla rivista Cortina topic, Catherine Destivelle, un’atleta specializzata in arrampicata sportiva, descrive la sua passione per la montagna che ti cattura, ti assorbe, ti rende vivo e ti permette di apprezzare al massimo la vita superando qualsiasi avversità, questo succede a molte persone che attraverso una loro passione riescono a superare eventuali disagi e difficoltà che si incontrano nel corso dell’esistenza terrena: “Il mio vero obiettivo? Non è mai stata la prestazione atletica, ma piuttosto la purezza del gesto atletico, l’eleganza nella scalata. Lungo la mia carriera ho trovato tanti ostacoli, ma non mi sono mai fermata, perché mi sono sempre ritenuta responsabile di ogni mia caduta: questo mi ha aiutata a non fermarmi mai, a non mollare per nessun motivo. Ho avuto l’enorme fortuna di poter vivere fino in fondo questa passione divorante, che ti prende anima e corpo, e ti costringe a dare in cambio tutta te stessa. Avere una passione e alimentarla è il vero motore del vivere bene”. (1)
Altre persone sperimentano un benessere nel decidere di intraprendere una loro passione che comporta il raggiungimento di obiettivi, un esempio è l’atleta Ramadhan Bashir, 44 anni, diventato cieco all'età di 26 anni, diventa il primo boxeur non vedente nel Paese dell'Africa Orientale. Un obiettivo più che mai ambizioso: conquistare le Paralimpiadi di Rio 2016. Racconta Ramadhan: “Mi piacerebbe riunire tutti i pugili non vedenti ai Giochi paralimpici, anche i non professionisti. Sarebbe una grande occasione per farci conoscere".

Clement Molliet, Sky Trailer: la motivazione è il miglior aiuto nella mia gara

Mi è stato proposto di scrivere un testo che tratti il tema degli ultramaratoneti e delle gare estreme dal punto di vista psicologico, apportare testimonianze di atleti simbolo di queste discipline: Cosa motiva questi atleti? Quali i meccanismi psicologici? Cosa li spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?
Per approfondire il mondo degli ultramaratoneti e delle gare estreme ho costruito un questionario ed ho raccolto alcune risposte. Questo ci permette di conoscere più da vicino le motivazioni che affascinano le persone ad avvicinarsi a questo tipo di discipline considerate estreme. Sono stati contattati atleti che hanno percorso competizioni sportive della distanza superiore alla maratona e quindi anche coloro che hanno gareggiato alle IRONMAN che prevede 3,8km di nuoto, 180k. di bicicletta e la maratona di corsa a piedi.
Tra gli atleti contattanti anche alcuni non Italiani, tra i quali Clement Molliet conn il pettorale n.64, medaglia di bronzo nel 2015 al Campionato Europeo Sky Trail svoltosi in Val d’isere.
What was your path to becoming a Ultrarunner? (Qual è stato il tuo percorso per  diventare un ultramaratoneta?)
I was not really in this world in my past. I was nordic skier and mostly a short distance skier. (Sprint).

Bla bla bla gestione sito e pagina Facebook Disabilincorsa

Disabilincorsa è un sito web che raccoglie sportivi o chi lo vuole diventare, accompagnatori e tecnici. “Disabilincorsa” chiede una collaborazione affinché si possa e riesca a creare un “archivio” di volontari, guide e tecnici invitando quindi, chiunque fosse interessato, a scrivere tramite la sezione Moduli di contatto e dare la propria disponibilità.
Nel sito si trovano informazioni utili come l’elenco delle guide sportive, gli atleti, lo scopo della lista, la mailing list, le ultime notizie, informazioni alimentari, diete, ricette, F.A.Q., bellissime storie presenti in Racconti di vita e molto altro.
Il sito è in crescita ed in costante aggiornamento. Tramite la sezione Moduli di contatto, puoi scrivere o telefonare al numero 347-38.45.121.
Michele Pavan  Alberto Ceriani  Daniela Vittori sono amici con problemi visivi e vorrebbero realizzare iniziative che coinvolgano tutte le disabilità e tutte le discipline sportive.
Chiedono di far girare, di proporre questo testo per cercare Volontari per un giorno per la Gestione ordinaria sito web e pagina Facebook di Disabilincorsa.

venerdì 14 agosto 2015

Molte persone non riescono a prendersi cura attivamente della propria salute

Un’efficace comunicazione per la promozione della salute non può basarsi su un passaggio unidirezionale di informazioni standardizzate, di norme comportamentali dettate dall’esperto.
La comunicazione dovrebbe avere un approccio partecipativo, dovrebbe considerare la persona a cui si riferisce senza giudicarla ma rivolgendosi con attenzione e con rispetto, la comunicazione non dovrebbe essere offensiva ma empatica, senza terrorizzare, altrimenti le persone evitano a priori di ascoltare l’informazione e continuano per la propria strada.
La Carta di Ottawa dell’Organizzazione mondiale della sanità nel 1986, ha definito il concetto di “promozione della salute” come il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Ma molte persone non riescono a prendersi cura attivamente della propria salute, alcune persone sottovalutano le conseguenze di alcuni comportamenti che danneggiano la salute, alcuni non hanno una reale percezione della propria salute.
In questi casi è necessaria una comunicazione efficacia in grado non solo di informare le persone sugli stili di vita che apportano benessere o comunque che non creino benessere, ma la comunicazione efficace dovrebbe motivare le persone a considerare l’importanza della propria salute per un diretto interesse personale, per l’interesse delle persone a cui si sta vicino o si condivide un affetto, un amore, un’amicizia ed anche motivare le persone a prendere in considerazione un minimo cambiamento nel proprio stile di vita, nelle proprie abitudini ad iniziare nel porre l’attenzione in quello che si fa, a come lo si fa, con quale modalità, con quale frequenza, con quale intensità in modo da rendersene pienamente consapevoli e decidere se è veramente quello che si vuole o è qualcosa che si fa per mera abitudine, quasi per pigrizia.

Nico Leonelli: Quando ero bambino sognavo spesso di arrivare ai paesi vicini a piedi

A volte da piccoli già si sa quello che si vuole fare da grandi, si hanno dei sogni da poter e voler realizzare, altre volte durante il viaggio della vita si scopre di essere attirati da qualcosa.

Nel caso di Nico Leonelli, il sogno inizia da bambino, la voglia di mettersi sulla strada e camminare, girovagare ad iniziare dai paesi vicini, una sorta di uscita dalla zona di comfort per scoprire quello che c’è fuori, quello che c’è in giro, in altri posti, in altri paesi, e sempre di più ha coltivato questa passione del camminare, dell’allontanarsi, di andare alla ricerca di altro, di nuovo, di diverso, per scoprire altro ed anche per scoprire se stesso.
Interessanti anche le risposte di Nico al mio questionario sugli ultramaratoneti e gare estreme per la stesura del libro che approfondisce il mondo degli ultramaratoneti e delle gare estreme.
Ecco di seguito come si racconta Nico, quali sono le sue passioni, sogni, limiti.
Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta? Quando ero bambino sognavo spesso di arrivare ai paesi vicini a piedi. Per cui da adulto, quando ho iniziato a correre, il percorso per arrivare alle ultramaratone è stato abbastanza naturale e veloce.

Bla bla bla walking: non vedente cerca compagnia per dimagrire!

Chi fa sport aumenta la propria forza di volontà e aumenta la propria autostima, si diventa più forti mentalmente non solo fisicamente.
Uno studio afferma che l'influenza dei compagni può arrivare ad aumentare del 20% la probabilità di ottenere un dimagrimento significativo.
Essere circondati da persone con gli stessi obiettivi potrebbe, quindi, rendere meno pesanti gli sforzi necessari per perdere peso.
Qualcuno già conosce Michele PAVAN, classe '74 abita a Romano di Lombardia ed è non vedente.
Visto che anche lui vorrebbe/dovrebbe perdere una decina di chili di massa grassa chiede aiuto ai suoi concittadini e lancia una sfida con delle regole ben precise.
Per tutti il pilastro della longevità e della salute è la presenza costante di una buona attività fisica, che sia varia e possibilmente divertente per non essere abbandonata.
La sfida comincia sabato 12 settembre 2015 e termina sabato 10 settembre 2016. Un anno intero a disposizione!

Filippo Poponesi: 24 ore di corsa chiamata Popof Day and Night

Gli ultramaratoneti non corrono solo per se stessi ma corrono anche per gli altri, ci sono gli spingitori come Antonio Mammoli e Daniele Cesconetto che stanchi di record e di imprese estreme attraverso le 100km di record sul tapis roulant o le tante vittorie alla nove colli running di 202km o la Spartathlon di 246km ora spingono Marco Albertini in carrozzina per le strade della Strasimento di 60km, per la Pisotoia Abetone salita ripida di 50km per il passatore classica gara storica di 100km attraverso il passo della colla di quasi 1.000 metri da Firenze a Faenza.

Se davvero vuoi ce la fai: portare a termine una grande impresa

Un grande Vito Rubino, capace di portare a termine una grande impresa grazie anche al suo equipaggio coordinato dalla moglie Palas che si sono presi cura di lui fino alla fine della Race Across America (RAAM). Trattasi di una gara di ultraciclismo più dura al mondo, bisogna attraversare tutto il territorio degli Stati Uniti per una lunghezza di 3.004 miglia che corrispondono a 4.800 km in un tempo massimo di 12 giorni chi ci riesce è un eroe. Vito ci è riuscito in 11 giorni e mezzo.
Questo è significato per lui fare 12 giorni e notti di vita con la bicicletta, dormire il meno possibile, minuti, qualche ora, da due a tre ore al massimo. Significa pedalare dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina, con la luce, con il buio, attraversando tanti tipi di territori, con diversi climi, ed avere un pensiero fisso pensare al traguardo, pensare a portare a termine la gara, pensare a tutto quello che si è investito in questa gara, in termini di allenamenti, di preparazione atletica, mentale, programmazione a tavolino delle varie tappe, delle varie difficoltà, i rischi che si potevano correre, quello di cui doveva fare attenzione.
Ora che è arrivato ed ha portato a termine questa impresa per Vito c’è bisogno di tanto recupero, di rieducarsi alla vita quotidiana, dormire comodo in un letto, mangiare un pasto completo a tavola, e tante altre cose che si è dovuto privare durante questa competizione estrema. Ho fatto alcune domande a Vito sulla sua recente esperienza, ecco di seguito cosa racconta di se stesso.

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