mercoledì 6 novembre 2013

Cambiano motivazioni ed obiettivi ma campioni si può rimanere

Si inizia a praticare sport per scelta, per caso, per riabilitazione, invogliati da genitori, da istruttori di educazione fisica, si inizia con una motivazione intrinseca, ludica, per il gusto di giocare, di divertirsi, per apprendere delle abilità da piccoli per poi incontrare lo sport da calzare, dove si è portati, dove si è visti potenziali vincenti e quindi si inizia ad investire tempo e soldi nello sport ma bisogna sempre essere consapevoli delle proprie sensazioni, dei propri bisogni, esigenze, bisogna sempre monitorare le proprie motivazioni, calibrare i propri obiettivi e decidere volta per volta cosa è meglio per se stessi, continuare la strada da campione o investire in altro, studio, lavoro, apprendere un arte o mestiere in cui credere. Ecco alcune testimonianze di alcuni campioni rispetto alle loro motivazioni ed obiettivi.

Riporto una breve intervista (1) ad Ilaria Palmieri (ballerina professionista della Compagnia di Mvula Sungani): “… Ho iniziato per gioco. Da piccolissima ho iniziato con la danza classica, poi con la mia famiglia abbiamo cambiato casa, avevo circa 7 anni. La Prof.ssa Enza Fusco, che insegnava nella mia scuola la ginnastica ritmica, mi consigliò questa disciplina. I primi due anni sono stati vissuti proprio come un gioco, dopodiché proprio Enza mi disse che se volevo fare questo sport in maniera seria lei mi avrebbe indicato la strada da seguire. Andai così ad allenarmi con Andreina Accongiagioco. All’inizio non è stato semplice, perché mentre i due anni precedenti avevo vissuto questa disciplina nel doposcuola con il solo obiettivo di divertirmi, da quel momento in poi il gioco si era trasformato in qualcosa di più serio.
Andreina ovviamente aveva un altro metodo di approccio rispetto ad Enza, molto meno giocoso e più professionale e questo all’inizio l’ho un po’ accusato. Nonostante questo e i miei 9 anni avevo già capito che il duro lavoro porta soddisfazioni e quindi imparai ad accettare anche questo diverso volto della ritmica.
Dopo poco tempo il mio ingresso nel mondo dei grandi ho iniziato a fare le prime gare con la Federazione: Regionali, Interregionali, Nazionali fino ad arrivare alla squadra Nazionale con la quale sono stata un anno, a Legnano. Quello fu il primo anno di preparazione Olimpica, parliamo di Atlanta, nel 1994.”
Come hai vissuto quel periodo?
“Sono cresciuta molto in fretta, infatti una volta lasciata la Nazionale sono tornata a scuola e lì mi sono resa conto che non riuscivo a comunicare con i miei coetanei, ero abituata a persone più grandi di me e tutto quello che dicevano o facevano i miei compagni di scuola mi sembravano tutte stupidaggini. E’ stata un’esperienza molto forte la Nazionale. Dopo questa esperienza ho continuato a fare la ginnastica ritmica per altri due anni, fino ai 16 anni.”
Come ci sei arrivata alla danza?
“Ci sono arrivata perché lasciata la ritmica ho passato quel periodo in cui non avevo voglia di fare nulla, mi stavo abbrutendo, considerato il fatto che ero abituata a fare allenamenti molto duri, tutti i giorni. Così mia madre mi ha presa per un orecchio e mi ha detto di mettermi a fare qualche sport anche fosse stato calcio. Ho scelto la danza.”
Meoni (pallavolo): “Il senso della pallavolo per me è molto cambiato. E’iniziato tutto come un gioco, un passatempo, un modo per fare movimento per poi diventare un vero e proprio lavoro. Per un periodo l’ho considerato un peso, una responsabilità e non mi divertivo più.
Oggi la pallavolo è tornata ad essere quello che era alla fine degli anni Ottanta: un gioco molto bello e strategico nel quale riesco ad esprimermi nella maniera migliore.” (2)
L’ex Bomber del Torino Paolo PULICI, 62 anni, allena i bambini della scuola calcio TRITIUM ed in un intervista su un quotidiano (3) afferma: “I calciatori di oggi giocano per i soldi, io invece gli insegno solo a divertirsi”, ed ancora: “I bambini escono da scuola e corrono qui al campo, senza nemmeno fare merenda a casa. Questo oggi sono le mie gioie …”. In queste poche parole viene fuori l’importanza della motivazione intrinseca nello sport che per i bambini è e dovrebbe essere il gioco, il divertirsi, e nel caso dell’ex campione ora la motivazione è fare qualcosa di positivo per gli altri quindi le sue gioie, la voglia di allenare è data dal piacere di fare qualcosa; l’altro aspetto che viene fuori riguarda gli obiettivi nello sport che devono sempre essere messi in discussione, riprogrammati, e così se alcuni anni fa l’obiettivo di Paolo era divertirsi lavorando, allenarsi, vincere ora non può più essere questo l’obiettivo ma basta far leva sulle proprie risorse, sulle proprie motivazioni per decidere di poter fare qualcos’altro e, comunque bene, allenando i bambini.
Ancora afferma PULICI: “Nel calcio dei grandi, dei soldi, dell’assenza di qualsiasi valore, non mi riconosco più. Io scendevo in campo per la maglia, per vincere, mica per i soldi, come fanno quasi tutti i giocatori di oggi ….”. Infatti, ritornando alle motivazioni quando si diventa campioni, professionisti, non è più sufficiente la motivazione intrinseca per ottenere risultati, per ottenere la massima prestazione, è importante anche la motivazione estrinseca, l’essere riconosciuti dagli altri, gli sponsor, i guadagni, ma la cosa è importante è che ci siano entrambe le motivazioni perché se si viene a perdere il piacere nel fare un allenamento, nel fare una prestazione, se si fa sport solo per guadagnare, in questo caso non si è più disposti a perdere, si accettano con più fatica le sconfitte,, gli infortuni e si è più facilmente tentati all’usare sostanze dopanti; potrebbe essere questo che ha portato il nostro campione di marcia a far uso di sostanze, l’aver dato importanza solamente al valore della vittoria e non al piacere, alla soddisfazione nel riuscire a fare un allenamento faticoso, nel riuscire a superare un test duro in previsione di una competizione internazionale, se lo sport diventa solamente fatica, solamente sofferenza, solamente rinunce, lo sportivo crolla, diventa vittima di uno stress che da solo non riesce a gestire e c’è il rischio che arrivi a pensare che senza vittoria è una nullità perché si è abituato a riconoscersi solo attraverso gli apprezzamenti degli altri.
Ancora dice PULICI:” Appena si iscrivono dico subito loro che il calcio è un gioco, è giusto di imparare cose nuove con i compagni, rispettando le regole ed è divertimento, a qualsiasi livello: se entri in campo allegro, fai divertire tutti, se entri arrabbiato, fai arrabbiare tutti”. Con queste parole ancora l’ex bomber ricorda che soprattutto per i più piccoli ma anche per i grandi, lo sport dovrebbe essere un’opportunità per stare assieme, per apprendere, per fare squadra, per confrontarsi, per divertirsi, per mettersi alla prova; ed è importante per gli allenatori fare attenzione a queste dinamiche, favorire uno spirito di squadra all’insegna della partecipazione, senza escludere, senza penalizzare, valutando le risorse, facendo apprezzamenti, dando feedback significativi che aiutino a crescere con sani valori, giuste regole.
Sempre sullo stesso quotidiano è riportata un consiglio sugli allenamenti da parte di Giovanni LODETTO, ex centrocampista del MILAN  vincitore con la nazionale dell’Europeo del 1968, rivolto ai ragazzi delle giovanili di INTER e MILAN: “Andateci sempre per divertirvi. Se siete bravi, calciatori lo diventerete, ma non perdete la passione”. Questo conferma ancora l’importanza di iniziare lo sport con divertimento senza pretese da parte dei genitori e dei mister di eccellere, ci sarà tempo in futuro.

(1)    Idea Sport, Notiziario della Confsport Italia, Anno III Novembre 2011 N. 10, pag. 6.
(2)    Sport di più magazine, N. 16 marzo-aprile 2012, pag. 35.
(3)    GAZZETTA DELLO SPORT del 3 ottobre 2012.

Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
Piazza Ragusa n. 5 – Roma (Stazione tuscolana)
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