Lo sport per me è un po’ come un incontro con me stesso
Non c’è un’età per iniziare a fare sport e non c’è un’età per smettere, si è sempre in tempo per scegliere uno sport o smettere di praticarlo, importante è lo spirito con lui lo si pratica che può essere giocoso da ragazzini e forse un po’ più competitivi da giovani e adulti per ritornare a giocare con il passare degli anni, con l’adultità.
Fabio, amico di allenamenti che alcuni anni fa sono riuscito a coinvolgerlo nell’Atletica La Sbarra, racconta la sua esperienza rispondendo ad alcune mie domande.
Quando ti sei sentito campione nello sport? “Da ragazzino sognavo di diventarlo ma pur non realizzando i miei sogni so di avercela messa tutta, superando i limiti soprattutto quelli con me stesso”.
Fabio è uno che si mette in gioco in allenamento, in gara non evitando l’esperienza e allontanandosi dalla zona di confort come ha dimostrato in alcune gare non facili come la 6 ore e la Resia Rosolino dove si trattava di correre anche di notte e con condizioni climatiche avverse.
Un'esperienza che ti dà la convinzione che ce la puoi fare? “Ritengo che tra le tante gare disputate (6 ore Angizia, 6 ore Latina, maratona di Roma senza nessuna preparazione ecc. Quella che mi ha insegnato di più è stata la Resia-Rosolina Relais, con le difficoltà meteorologiche, infortuni e disavventure e la mia età, dettaglio non da poco, mi ha fatto capire che è un po’ come nella vita: arrendersi mai, perché l’impegno si vede su tutto il percorso fino al traguardo”.
In effetti l’incombenza di chi è vicino all’atleta è di sopportarlo e supportarlo, da una parte bisogna accettare questa grande passione che vuol coltivare e dall’altra bisogna anche far sì che dopo grandi fatiche venga anche un po’ coccolato.
Un episodio curioso, divertente, triste, bizzarro della tua attività sportiva? “Forse, citando nuovamente Resia che li ha visti verificarsi tutti insieme nella stessa gara, alla fine della prima frazione nel passaggio del chip all’amico Fabrizio, per essere celere nell’azione, sgancio il bracciale e vedo volare il chip che finisce sulla riva dell’Adige. Ecco lì in una commistione di sensazioni, sono passato dal provare soddisfazione per aver recuperato dei minuti preziosi, alla disperazione di aver perso il chip e al peso della responsabilità di aver così determinato il risultato dell’intera squadra. Ma dopo il noto esito resta uno di quei racconti che genera ilarità e coesione per chi c’era e ha condiviso quegli attimi infiniti”.
Questa mi mancava e in effetti è una interessante testimonianza condivisa da me stesso e da tanti altri atleti, lo sforzo, la fatica se da un lato stancano e sfiniscono dall’altro rimettono al mondo, fanno sentire di essere riusciti, di essere capaci, di essersi svuotati, ma alo stesso tempo ricaricati di fiducia, entusiasmo, piani e programmi per far meglio e ottenere risultati che soddisfano.
Che significa per te praticare attività fisica? “In questa frase non trovo nulla che mi rispecchi perché per me la corsa è come respirare, non lo pratico il respiro, lui c’è. Non è uno sport, è vita”.
Praticare uno sport è una costruzione di performance, allenamenti come mattonelle che messe insieme costituiscono le fondamenta di una prestazione che soddisfa.
A cosa devi prestare attenzione nella pratica del tuo sport? Quali sono le difficoltà e i rischi? “Il lieve infortunio subito alla fine dello scorso anno mi ha messo dinanzi a nuove realtà. L’età deve rispettare quelli che sono i confini fisiologici del corpo trovando nuovi equilibri e scoprire rinnovate sensazioni attraverso dinamiche rapportate ai miei anni, quindi a diversi scenari di resistenza/sforzo/respiro”.
In effetti la testa così come può aiutare a trovare gli stimoli e l’entusiasmo per far bene, per continuare, per non nolare, allo stesso tempo può sabotare, può sfiduciare, demotivare, distrarre, quindi bisogna allenare la mente a essere presente nell’esperienza, a mettere da parte pensieri negativi e distrazioni, a valutare l’importanza di un allenamento o di una gara e stare presente proprio in quel momento in quello che si sta facendo.
Ci si può fermare, si può rallentare per diversi motivi ma mollare è sconsigliabile se si continuare a sperimentare sensazioni ed emozioni uniche e intense.
Ritieni utile lo psicologo nel tuo sport? Per quali aspetti e fasi? “Lo psicologo dovrebbe essere una figura che andrebbe affiancata con serenità a ogni categoria, soprattutto quelle di prima linea sia per l’aspetto competitivo sia per quello umano. Una figura oserei dire necessaria per alleggerirsi da tutte quelle resistenze che, come zavorre, evitano di alzarsi in volo”.
In effetti l’atleta può avere diversi blocchi e zavorre mentali che non gli permettono di spiccare il volo, e sarebbe utile confrontarsi con uno psicologo che sappia indicarli come trovare risorse dentro se stesso, come mettere in ordine sabotatori e distrattori nella sua mente, come avere il controllo della mente focalizzandosi su obiettivi realistici sfidanti ma non impossibili.
Questa sembra essere la descrizione del flow, uno stato di grazia dove si sperimenta fluidità nello sport e le parole di Fabio rendono proprio questo concetto: correvo sulle ali dell’entusiasmo senza avvertire la fatica.
Quale è stata la tua situazione sportiva più difficile? “La più difficile la staffetta 6 per un’ora di Latina, a metà luglio con 35 gradi, insieme ad altri 5 compagni di squadra, si è creata un’empatia unica, dati per spacciati sin dall’inizio, abbiamo adottato una tattica di gara folle; correre, spingendo al massimo, 400 metri ciascuno, incitandoci l’un l’altro e riuscire a ribaltare quello che era il pronostico iniziale, vincendo la gara”.
Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni, COVID? “Grosse crisi non ne ho attraversate perché era la corsa stessa a darmi la giusta energia, pur nella ripetitività, al pari del criceto sulla ruota, non ho mai smesso nemmeno in questo anno difficile”.
Un messaggio per avvicinare i ragazzi allo sport? “’Conosci te stesso’, antica scritta nel tempio di Apollo a Delfi. Gli studiosi, concordano sul fatto che Apollo intimasse agli uomini di «riconoscere la propria limitatezza e finitezza»; e io dico: conosci te stesso nei tuoi limiti e nell’essere finito e superali attraverso lo sport!”.
Cosa hai scoperto di te stesso nel praticare attività fisica? “Di me ho conosciuto tutto quello che so, grazie allo sport. I miei limiti, i miei punti di forza, la mia capacità di gioire per l’altro ma soprattutto la mia voglia di condividere”.
Vero, centrato e sicuro di sé fino alla fine, quando altri mollavano, lui restava impassibile e continuava fino al traguardo, con la consapevolezza che si era allenato bene, aveva pensato e immaginato la condotta di gara e quindi non restava che correre come solo lui sapeva.
Una parola o una frase che ti aiuta a crederci e impegnarti? “La corsa, come lo sport in genere, è quella corda che ti aiuta a risalire in sicurezza, scalando anche la più ripida delle montagne, per accorgersi che la strada che hai percorso è molta di più di quella che hai davanti. E ti ritrovi già in vetta”.
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