I achieved more than I ever dreamed through running
Greg Meyer (18 settembre 1955) ha stabilito record americani di corsa su strada negli 8 km, 10 km, 15 km, 25 km e 10 miglia, e ha stabilito record mondiali nei 15 km (a Gasparilla a Tampa, FL) e nelle 10 miglia (la Cherry Blossom Ten Mile a Washington, DC).
Nel 1978, Meyer vinse i Campionati statunitensi di cross country a Seattle in 29’36”, precedendo Alberto Salazar 29’37” e Craig Virgin 29’57”.
Meyer vinse le maratone di: Detroit del 1980, Chicago del 1982 e Boston del 1983.
Di seguito approfondiamo la conoscenza di Greg attraverso risposte ad alcune mie domande.
Come ti definisci dal punto di vista atletico? Ex maratoneta… in particolare maratoneta su strada.
La maratona in cui hai provato le emozioni più belle? La mia emozione più positiva è stata la maratona di Boston del 2013. Ho corso con i miei due figli. Uno era molto in forma, l'altro non tanto e ha fatto fatica. Dopo circa 15 miglia, il mio figlio più piccolo ha cercato di convincerci ad andarcene perché sapeva che eravamo molto più in forma. Il mio figlio più grande si è limitato a guardarci e ha detto ‘siamo partiti insieme e finiremo insieme’.
Per me significava tantissimo che loro avessero quel legame. Ovviamente il momento peggiore è arrivato subito dopo aver finito, quando sono esplose le bombe. Avevamo appena tagliato il traguardo circa 10 minuti prima. Mia moglie e mia figlia si erano offerte volontarie al traguardo tutto il giorno e se ne erano andate solo quando avevamo finito tutti. Il pensiero di cosa sarebbe potuto succedere a loro mi spaventa ancora. Il dolore che quelle bombe hanno inflitto a così tante persone è stato orribile.
Greg è stato un grandissimo maratoneta, ha vinto la maratona di Boston il 18 Aprile 1983 in 2h09’, precedendo Ron Tabb 2h09’31” e Benji R. Durden 2h09’57”. Successivamente nessun’altro statunitense vinse la maratona di Boston fino al 2014 quando la vinse Meb Keflezighi in 2h08’37”.
Bellissimo poi partecipare con i suoi 2 figli alla maratona di Boston il 15 aprile 2013, sicuramente sarà stato un giorno molto emozionante tornare da ex vincitore a correre l’intera maratona con i suoi due figli, davvero una grande sfida. Purtroppo quell’anno ci fu un attentato, ricordo ancora le immagini che giravano in televisione, un evento orrendo e traumatico per tanti, soprattutto per chi l’ha vissuto in prima persona.
Qual era il tuo vissuto prima, durante e dopo una maratona? Prima di una maratona ero sempre ansioso. Anche quando sapevi di essere in forma, sapevi sempre che qualcosa poteva andare storto in una gara lunga come quella. Cercavo sempre di mantenere la calma e visualizzare quale volevo fosse il risultato. Durante la gara, ti concentri sulla gara. Monitori il tuo corpo, come sta rispondendo. Il tuo ritmo, i concorrenti intorno a te, il percorso e le condizioni meteorologiche. Sei consapevole di tutto e questo determina cosa fai durante la gara. Reagirai a un concorrente o lo costringerai a reagire a te. Tutto dipendeva dalle circostanze.
Una maratona risulta essere una gara molto impegnativa, lunghissima e sfidante, sia dal punto di vista della preparazione sia la gara in sé. Prima ci possono essere un po’ di preoccupazioni, dubbi, tensione, ansia ma è importante focalizzarsi con la consapevolezza che si è fatta un’ottima preparazione e possibilmente può essere utile sentirsi positivi, ottimisti, fiduciosi immaginando e visualizzando quello che potrebbe succedere in gara e possibilmente vedendosi all’arrivo in una gara riuscita.
La tua maratona più dura? La maratona più dura è stata quella delle selezioni olimpiche del 1984. A 20 miglia ero sicuro che sarei entrato nella squadra olimpica, in base a chi era ancora nel gruppo di testa. A 22 miglia il mio tendine del ginocchio si è semplicemente irrigidito e sono arrivato settimo. Ero devastato.
La maratona, a volte, è una vera incognita, nei primi chilometri tutto può filare liscio e si possono fare proiezioni finali con ottimi pronostici, ma la gara è lunghissima e tutto può succedere, Ci può essere una crisi, un dolore che si fa sentire, una stanchezza improvvisa oppure si può fare un finale in progressione, tutto può succedere, importante è allenarsi bene, conoscersi bene, potenziare gli aspetti più critici e fare del proprio meglio. Le olimpiadi sono un sogno di tanti e quando sei vicino al sogno le sensazioni e le emozioni sono intense.
Le selezioni olimpiche statunitensi del 1984 per la maratona maschile si sono tenute a Buffalo, New York, il 26 maggio. Il vincitore fu Pete Pfitzinger in 2h11’43”, precedendo Alberto Salazar 2h11’44” e John Tuttle 2h11’50”. A seguire Dave Gordon 2h11’59”, Dean Matthews 2h12’25”, Tony Sandoval 2h12’41”, Greg Meyer 2h13’29”, Bill Rodgers 2h13’30”; Sal Vega 2h14’18”, Tom Raunig 2h16’02”.
Pensi che lo psicologo sia utile nello sport? Sì, per i podisti di lunga distanza per trovare modi per credere nel loro allenamento e non temere di vincere o perdere. Per altri sport, come superare la paura dopo un infortunio.
Sogni realizzati, lasciati incompiuti, da realizzare? Sogni realizzati... correre il miglio in meno di 4 minuti e vincere la maratona di Chicago e Boston. Incompiuti, non entrare nella squadra olimpica nel 1982. Da realizzare, trovare un modo per realizzarmi nel mio ritiro dalla carriera lavorativa.
Greg è stato il primo corridore dell'Università del Michigan scendere sotto i quattro minuti nel miglio. Inoltre Greg ha vinto le maratone di Chicago (2h10’59”) e Boston (2h09’), due maratone tra le 6 più importanti del mondo, infatti rientrano nel World Marathon Major: la Maratona di Tokyo, Maratona di Boston, Maratona di Londra, Maratona di Berlino, Maratona di Chicago e Maratona di New York.
Grandissima carriera sportiva da maratoneta per Greg e poi non è facile inserirsi nel mondo del lavoro, dopo essere stato un grande atleta, inoltre, per tutti, poi è difficile quando si va in pensione e trovare delle passioni che impegnano durante le giornate libere.
Chi ti ha ispirato? Chi mi ha ispirato… principalmente i miei allenatori. Alle elementari avevamo grandi volontari, al liceo il mio allenatore di fondo ci ha insegnato a lavorare sodo, al college il mio allenatore mi ha insegnato a credere in me stesso. Per la maratona, il mio allenatore mi aveva preparato fisicamente. Ho ammirato molti atleti lungo il percorso, come corridore di fondo ho guardato a Marty Liquori e Jim Ryun. I ‘Milers’ … erano i migliori all'epoca.
Gli allenatori diventano delle figure fondamentali per gli atleti, sono loro che devono trasmettere messaggi positivi, di coraggio, di fiducia nei loro allievi per invogliarli, stimolarli, entusiasmarli a correre e allenarsi duramente per raggiungere obiettivi sfidanti, difficili ma non impossibili.
Martin Liquori, detto Marty (11 settembre 1949) nel 1967 divenne il terzo statunitense a correre il miglio in meno di 4 minuti, l'impresa era riuscita per primo a Jim Ryun. L'anno seguente alle Olimpiadi di Città del Messico riuscì a qualificarsi per la finale dei 1500 metri, il più giovane finalista nella storia delle Olimpiadi su questa distanza.
Nel 1971, Liquori vinse il Dream Mile il 16 maggio a Filadelfia battendo di misura l'eterno rivale Ryun e migliorando il suo primato personale in 3'54"6. Passato ai 5000 metri, nel 1977 tornò ai vertici mondiali giungendo secondo nella prima edizione della Coppa del mondo alle spalle dell'etiope Miruts Yifter migliorando il primato nazionale in 13'15"1.
Cosa dicevano la famiglia, gli amici, i colleghi, i fan? Sono stato fortunato ad avere un supporto così incredibile dai miei genitori. Non mi hanno mai criticato (erano sempre d'accordo con gli allenatori), ma non mi hanno mai lasciato andare troppo giù o troppo in alto. I miei amici mi hanno sempre sostenuto. Non ho mai voluto deluderli.
Cosa ti ha dato lo sport e cosa ti ha tolto? Lo sport mi ha dato quasi tutto. Ho incontrato la madre dei miei figli correndo, ho ottenuto più di quanto avessi mai sognato correndo e ho visto il mondo, e in seguito ho avuto la sicurezza di passare a un'altra carriera. ‘Cosa ti ha tolto la corsa…’ non mi viene in mente niente. Sono stata fortunato.
La pratica di uno sport procura molto benessere psicofisico e anche relazionale, si fa amicizia e a volte si trovano compagni e partner per la vita.
Cosa significavano per te una vittoria, un record personale o una sconfitta? Ho sempre pensato che una vittoria a qualsiasi livello fosse più o meno la stessa cosa. Al liceo, vincere un titolo statale era l'obiettivo, al college diventare 'All American' e vincere titoli di squadra, e cose come Boston e Chicago erano tutte fantastiche, ma erano tutte fantastiche all'epoca. Avere una grande gara, sia una vittoria che un nuovo record personale o un record americano, è stato semplicemente molto soddisfacente a livello interiore. Vincere Boston non era diverso dal vincere un titolo statale al liceo, l'unica differenza era la quantità di attenzione data a Boston che è ancora lì oltre 40 anni dopo. Una sconfitta dipendeva dal motivo per cui perdevo. Non ero pronto, come nel Boston del 1981 o avevo fatto un errore tattico o una decisione sbagliata. Le decisioni sbagliate possono perseguitarti. Non essere pronto ti ha solo mostrato su cosa devi lavorare.
Una grande carriera sportiva per Greg a cominciare con l’atletica leggera e il cross country dell'Università del Michigan diventando per 4 volte ‘All-American’ (onorificenza sportiva assegnata agli atleti dilettanti statunitensi che si sono particolarmente distinti nel loro campo o nel loro ruolo). Ha ottenuto grandi successi ma passando anche da sconfitte dove ha potuto apprendere e imparare cosa bisognava migliorare per far meglio, infatti nel 1981 alla ‘Boston Marathon’ si classificò 11° con il crono di 2h13’08”, ma poi la vinse nel 1983.
Quali sono gli ingredienti del successo? Il duro lavoro. Questo viene prima, poi devi sviluppare la mentalità del successo, della vittoria. È qui che un coach/mentore può aiutarti se hai bisogno di un supporto extra. So di aver guadagnato molto dallo sport di altri intorno a me... che hanno creduto in me quando forse non ci credevo io stesso. Credere di poter vincere e meritare di vincere è la chiave.
In effetti, per ottenere il successo bisogna volerlo, desiderarlo, impegnarsi duramente e crederci tantissimo.
Chi ti ha allenato? Da solo o con altri atleti? Al liceo, Len Skrycki. Era della vecchia scuola… un duro lavoro. Al college, la persona che ha avuto il maggiore impatto sulla mia corsa è stato Ron Warhurst. Mi ha insegnato ad allenarmi bene ma anche a credere in me stesso. Per la maratona, Bill Squires... conosceva l'evento, soprattutto il percorso di Boston.
I miei giorni facili erano da solo o con un amico, i giorni difficili eravamo in un grande gruppo. Ovviamente al liceo e al college avevamo delle squadre, ma a Boston avevamo il Greater Boston Track Club… e Bill Rodgers. Bill era il migliore al mondo, quindi allenarsi con Bill ha dato a tutti la sicurezza di poter gareggiare con chiunque. Come mentore, Bill mi ha aiutato molto.
Quali sono stati gli allenamenti più importanti? Per me, guadagno forza fisica e mentale dai miei allenamenti in collina. Sono iniziati con Warhurst al college e credo nelle colline ancora oggi. Ho anche creduto nel duro lavoro in pista/intervalli.
Dietro a un fortissimo atleta, vi è sicuramente un grandissimo, bravissimo, professionista allenatore e un gruppo di amici per allenarsi insieme, soprattutto durante gli allenamenti più difficili. Bellissima la dichiarazione di gratitudine nei confronti del grandissimo Bill Rodgers che vinse 4 volte la maratona di Boston e 4 volte la maratona di New York.
Il duro lavoro paga sempre, soprattutto in salita, i collinari, i progressivi, le ripetute in pista.
Chi ti ha incoraggiato o scoraggiato? Tutti mi hanno incoraggiato… tutte le persone che ho menzionato prima. Sono stato fortunato. L'unica persona che ha messo in dubbio la mia corsa è stata una ragazza con cui sono uscito al liceo e all'università… mi ha chiesto se avessi dovuto scegliere tra lei e la corsa, cosa avrei scelto… ho detto ‘Non farei quella domanda’. È successo in un momento in cui stavo appena sfondando e mi sentivo davvero bene a correre. Ovviamente quella relazione non è durata! Ah!
Se si ha davanti un grande talento, tutti sono propensi a incoraggiarlo nei suoi allenamenti e nelle sue gare, aspettandosi grandissimi risultati, certo chi è al difuori del mondo dell’atletica non riesce a comprendere l’importanza della pratica dello sport per il benessere personale psicofisico e relazionale e può mettere in discussione questa forte passione.
Cosa hai scoperto di te stesso praticando sport? Ho scoperto di avere la capacità di lavorare, sia fisicamente che mentalmente. Ho anche imparato che, anche se puoi essere bravo, in un giorno qualsiasi qualcuno potrebbe essere migliore, sia nell'atletica che nella vita. Puoi concentrarti solo sul tuo miglioramento. Ho anche imparato che stare con le persone giuste è importante… sia nell'atletica che nella vita.
Bellissima testimonianza che aiuta a focalizzarsi su se stessi e i propri miglioramenti che si possono fare con il duro lavoro e l’elevata motivazione, con la consapevolezza che tutto passa e cambia e finiscono fasi e cicli e quindi godersi il momento presente ed essere pronti al cambiamento, riorganizzandosi sempre con pazienza, fiducia e resilienza.
Qualche consiglio per vincere una maratona? Lavora sodo, allenati in modo intelligente e credi nel tuo allenamento.
Qualche consiglio per chi corre la sua prima maratona? Avere un piano e rispettarlo. Non farti prendere dall'eccitazione dell'allenamento facendo troppo e facendoti male. Il giorno della gara, rispetta il piano, non farti prendere dall'andare troppo veloce. Controllati… segui il piano.
Ottimi consigli, non strafare, soprattutto in allenamento, rispettare i programmi di allenamento e in gara non lasciarsi andare troppo all’inizio dove tutto sembra facile, ma rispettare il ritmo stabilito, su cui si è lavorato e si è testati per un’ottima maratona.
Dott. Matteo Simone
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
Greg Meyer: I achieved more than I ever dreamed through running
Ho ottenuto più di quanto avessi mai sognato correndo
The marathon where you experienced the most beautiful emotions? My most most positive emotion came in the 2013 Boston Marathon. I ran with my two sons. One was very fit, the other not so much and he struggled. About 15 miles in my younger son tried to get us to leave him as he knew we were much fitter. My older son just looked over and said ‘we started together and we’ll finish together’. It meant the world to me that they had that bond. Of course the worst moment came right after we finished, when the bombs went off. We had just pass the finish line about 10 minutes before. My wife and daughter had been volunteering at the finish line all day and only walked away when we all finished. The thought of what could have happened to them still scares me. The pain those bombs inflicted on so many people was horrific.
What was your experience before, during and after a marathon? Before a marathon I was always anxious. Even when you knew you were fit, you always knew something could go wrong in a long race like that. I would always try to stay calm and visualize what I wanted the outcome to be. During the race, you concentrate on the race. You monitor your body, how it’s responding. Your pace, the competitors around you, the course and the weather conditions. You’re aware of everything and that dictates what you do during the race. Will you be reacting to a competitor or forcing them to react to you. It all depended on the circumstances.
Your hardest marathon? Hardest marathon was the 1984 Olympic trials. At 20 miles I thought for sure I’d make the Olympic team, based on who was still in the lead pack. At 22 miles my hamstring just tightened and I hobbled in 7th. I was devastated.
Do you think the psychologist is useful in sport? Yes, for distance runners to find ways to believe I their training and not fear winning or losing. For other sports, how to overcome the fear after an injury.
Dreams fulfilled, left unfulfilled, to be realized? Dreams fulfilled…breaking 4 minutes in the mile and winning Chicago and Boston Marathon. Unfulfilled, not making the Olympic Team in 1984. To be realized, to find a way to be fulfilled in my retirement from my work career.
Who inspired you? Who inspired me…mostly my coaches. Grade school we had great volunteers, in high school my distance coach taught us hard work, in college my coach taught me to believe in myself. For the marathon, my coach had me physically ready. I admired many athletes along the way, as a distance runner I looked at Marty Liquori and Jim Ryan. Milers…they were the top dogs back in the day.
What did family, friends, colleagues, fans say? I was blessed to have such amazing support from my parents. They never criticized (always agreed with the coaches), but they never let me get too down or too high. My friends were always supportive. I never wanted to let them down.
What has sport given you and what has it taken away from you? The sport gave me almost everything. I met the mother of my kids through running, I achieved more than I ever dreamed through running and saw the world, and later had the confidence to move on to another career. What running took away….I can’t think of anything. I was blessed.
What did a victory, a personal best or a defeat mean to you? I always felt a victory at any level was about the same. In high school, winning a state title was the goal, in college making All American and winning team titles, and things like Boston and Chicago were all great, but they were all great at the time. Having a great race, either a victory or a new personal best or American record was just very internally satisfying. Winning Boston felt no different than winning a state title in high school, the only difference was the amount of attention given to Boston that still is there over 40 years later. A defeat depended on why I lost. Was I just not ready, as in the 1981 Boston or did I make a tactical error or a poor decision. The poor decisions can haunt you. Not being ready only showed you what you need to work on.
What are the ingredients of success? Hard work. That comes first, then you need to develop the mindset of success, of winning. This is where a coach /mentor can help if you need the extra support. I know I gained so much from the sport of others around me…who believed in me when maybe I didn’t believe in myself. Believing you can win and deserve to win are key.
Who trained you? Alone or with other athletes? In high school, Len Skrycki. He was old school…really hard work. In college and the person who had the greatest impact on my running was Ron Warhurst. He taught me to train right but also to believe in myself. For the marathon, Bill Squires….he just knew the event, especially the Boston course. My easy days were alone or with a friend, the hard days we had a great group. Obviously high school and college we had teams, but in Boston we had the Greater Boston Track Club…and Bill Rodgers. Bill was the best int he world, so doing workout with Bill gave everyone confidence that they could race with about anyone. As a mentor, Bill helped me so much.
What were the most important workouts? For me, I gain physical and mental strength from my hill work outs. These started with Warhurst in college, and I believe in hills to this day. I also believed in hard track work / intervals.
Who encouraged or discouraged you? Everyone encouraged me….all the people I had mentioned before. I was blessed. The one person who questioned my running was a girl I dated in high school and college….she asked the question if I had to choose between her and running, what would it be…I said “I wouldn’t ask that question”. It came at a time when I ws just breaking through and felt really good about running. Obviously that relationship didn’t last! Ha!
What have you discovered about yourself by playing sports? I discovered that I have the ability to work, both physically and mentally. I also learned while you may be good, on any given day someone may be better, both in athletics and life. You can only focus on your own improvement. I also learned that being around the right people matter…both in athletics and life.
Any advice for winning a marathon? Work Hard, train smart and believe in your training. Any advice for anyone running their first marathon? Have a plan and stick to it. Don’t get caught up in the excitement of the the training by doing too much and getting hurt. On race day, stick to the plan, don’t get caught up in going out too fast. Control yourself…follow the plan.
Dott. Matteo Simone
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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