lunedì 21 gennaio 2019

Intervista a due ultrarunner: Monica Casiraghi e Sara Valdo


La fatica fisica nello sport viene ripagata da un benessere mentale prima di tutto e poi anche da una soddisfazione derivante da vittorie; non è da tutti riuscire e primeggiare in questo tipo di gare lunghe e a condizioni considerate quasi estreme.
Di seguito Monica e Sara raccontano la loro esperienza attraverso risposte a un mio questionario di un po’ di tempo fa, raccontando la loro passione, le loro motivazioni e cosa significa sfidare i propri limiti: Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?
Monica:Ho iniziato a correre da bambina, prima gare veloci poi mezze maratone e maratone cercando sempre di migliorare, poi sono passata alle ultra, perché sentivo che quella era la mia strada; alla fine di ogni maratona potevo continuare ancora per km, e perché il mondo dell’ultramaratona è affascinante! La mia prima ultra è stato un mondiale di 100km, una sfida con me stessa!
Sara: “Da giovane ho praticato sci, nuoto e pallavolo, non a livelli competitivi, ma per il benessere di fare sport. Poi un giorno alcuni amici mi hanno proposto le non-competitive della domenica e da lì ho iniziato a correre. Mi piacerebbe fare un po’ di Triathlon, insieme alla corsa.”

Ultra per Monica e Sara significa percorrere sempre più chilometri, cimentarsi in distanze sempre più lunghe e con condizioni sempre più estreme. Questo perché l’appetito vien mangiando e questo sport a loro piace e sperimentano benessere oltre alla performance: Quale è stata la gara più estrema o difficile? Quale gara ritieni non poter mai riuscire a portare a termine?

Monica:Le 24 h in pista una cosa per me inconcepibile, ma l’ho corsa! Non so forse una gara al freddo, con temperature a meno 20 non lo sopporterei.
Sara: “La più estrema sin ora è stata la 24ore e la Nove Colli. Non voglio peccare di presunzione ma preferisco non pensare mai di non poter riuscire a fare qualcosa, bisogna comunque provarci.”

Anch’io ho provato una 24 ore ed è stata un’esperienza ricca, metro per metro, chilometro per chilometro, osservando tanto dal tramonto al buio della notte, dall’alba ai colori del mezzogiorno; la nove colli sono al terzo tentativo ma ogni volta torno a casa sereno e divertito e arricchito per l’esperienza che faccio ogni volta e per la moltitudine di atleti che incontro: Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta? Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme?
Monica:Del mio carattere le ultra mi hanno insegnato a essere sicura e determinata e a superare le paure della vita. Non penso che ci siano meccanismi psicologici, bisogna avere sempre una forte motivazione, essere resilienti e determinati.”
Sara: “Con l’impegno, il sacrificio e il divertimento nulla è così difficile, per non dire impossibile.”

Oramai tutti parlano di resilienza, io ci ho scritto anche un libro dal titolo “Sviluppare la resilienza Per affrontare crisi, traumi, sconfitte nella vita e nello sport. MJM, Meda (MI), 2014 http://www.mjmeditore.it/autori/matteo-simone

Monica e Sara ancora non si sono fermate e provano a sfidare ancora i limiti continuando a mettersi in gioco in gare sempre lunghe e impegnative: Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme? Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa?
Monica:La mia famiglia e amici hanno sempre approvato e appoggiato questa mia scelta di vita. La mia vita familiare non è cambiata, ho imparato a ritagliare del tempo nella giornata per allenarmi.”
Sara: Che sono un po’ ‘matta, folle’. Non è cambiata, sicuramente migliorata.”

Se vuoi qualcosa, se ci tieni a qualcosa, devi visualizzare e immaginarti avanti nel tempo e vederti raggiungere la tal cosa: Che significa per te partecipare a una gara? Hai sperimentato il limite nelle tue gare?
Monica:Correre un ultra per me è una fantastica avventura. Si sempre perché ogni gara di lunga distanza arriva sempre la crisi e sta a te saperla gestire e superare.”
Sara:E’ l’occasione per mettermi alla prova con me stessa, raggiungere i limiti e provare ogni volta a superarli.”

Gli obiettivi si raggiungono dopo averli prima sognati: Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti? Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?
Monica:Se tornassi indietro rifarei tutto perché quello che ho vissuto mi ha fatto diventare quella che sono: penso una persona migliore! Non uso ne farmaci ne integratori solo cellfood per il benessere di tutti i giorni.
Sara: “Se tornassi indietro chiederi ai miei genitori di portarmi a fare atletica leggera. Rifarei tutto. Non uso farmaci, qualche integratore perché nelle lunghe distanze si consumano molte sostanze e non si riesce a recuperarle con l’alimentazione (Sali minerali ecc).”

Se vuoi ottenere qualcosa, ci devi credere, ti devi impegnare, lavorare sodo e duro, fare sacrifici, rinunce, ma quello che ottieni ti ripaga: Hai mai rischiato per infortuni o altri motivi di smettere di essere ultramaratoneta? E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre l'attività sportiva?
Monica:Si ho pensato diverse volte di smettere per infortuni o per problemi di salute, ma non l’ho mai fatto perché sarebbe stata la strada più semplice. Diverse volte mi hanno consigliato di ridurre la corsa per problemi fisici o infortuni, ma per la mia testa è stato difficile accettare questo!”
Sara:Non ho mai pensato di mollare, possono esserci dei momenti in cui si deve diminuire il carico di lavoro o di intensità per motivi di recupero fisico, familiari o lavorativi, ma mollare no. Sconfitte, crisi e infortuni fanno parte del bagaglio dell’atleta per cui vanno accettate e superate. Amo quello che faccio perché mi fa stare bene, ascolto sicuramente i consigli ma soprattutto me stessa.

Interviste di Monica e Sara sono riportate nel mio libro “Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate, competitive e resilienti.”


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