sabato 11 febbraio 2017

La paura distrugge la curiosità e la vivacità


Nel testo Il corpo accusa il colpo, di Bessel Van Der Kolk, Raffaello Cortina Editore, possiamo leggere qualcosa di interessante circa la paura: “La paura distrugge la curiosità e la vivacità. Non c’è crescita senza curiosità e non c’è capacità di adattamento senza la capacità di esplorare, attraverso prove ed errori, chi sei e ciò che è importante per te.” 


Pertanto, questo concetto credo sia valido sia per i bambini che iniziano a relazionarsi con il mondo ma anche valido per gli adulti che non possono nascondersi al sicuro dentro le mura domestiche e fare solo quello che sono sicuri di saper fare, è importante continuare a sperimentare sempre, a mettersi sempre in gioco, ad apprendere attraverso prove ed errori senza temere il giudizio senza aver paura di sbagliare, andare incontro al nuovo, all’ignoto per mettersi alla prova.
Anche la paura di non farcela, dell’ignoto della gara estrema, delle condizioni atmosferica, queste paure si possono addomesticare pensando che tutto ciò che può succedere in allenamento o in gara fa parte della vita e, quindi ad ogni problema c’è almeno una soluzione da poter trovare, il fisico e la mente si adattano alle paure e si scopre che anche nel passato in certe situazioni si è avuto paura ma poi si è riusciti a continuare, ad andare avanti, ed anche aiuta il fatto che altri simili a noi ci sono riusciti ed anche all’inizio era dura per loro oppure anche loro avevano paura ma poi ce l’hanno fatta e così se vogliamo anche noi possiamo riuscire nel raggiungere i nostri obiettivi nello sport e nella vita. Riuscendo in ciò diventano più addomesticabili e gestibili la fatica e la paura ed allo stesso tempo si rafforza la mente, si eleva l’autoefficacia personale e si sviluppa la resilienza.
E’ quello che emerge da interviste ad atleti che partecipano a competizioni estreme che comportano tante ore di gara e di allenamento ed in percorsi e condizioni atmosferiche impervie.
La paura di non farcela può portare a pensieri negativi e alla successiva ansia. In questi casi è importante focalizzarsi sul respiro, fermarsi ed osservare quello che succede ascoltando il respiro, pian piano il respiro rallenta, si può osservare la diminuzione delle palpitazioni e del tremore delle mani.
La paura di sbagliare e di non essere all’altezza può causare ansia, stress e aggressività verso tutti. Importante è esprimere in diversi modi e con diverse modalità quello che si sente, la propria sofferenza, il proprio dolore, disagio. Mezzi di espressione possono essere, la scrittura, il disegno, la drammatizzazione, parlarne con persone di riferimento o professionisti dell’aiuto.
Aneddoto di Jodorowsky : “Preoccupato, Isan chiese a suo maestro Gyosan:
‘Maestro, la vita mi preoccupa. Mi sento inondato dalla sua molteplicità. Milioni di cose mi vengono addosso e mi attraggono. Ne sono invaso. Questo mi fa disperare.’
‘Non ti preoccupare. La tua percezione non può captare più di una cosa per volta. Perciò è inutile che ti preoccupi in anticipo. Vivi ogni cosa nel momento in cui si presenta, esso è unico. Non è tutti gli oggetti. Accettalo per quello che è e vivilo. Non esistono milioni di istanti da vivere. Non esiste altro che l’istante presente. Gli altri verranno dopo. Sono in cammino per trasformarsi nell’istante presente, ma se rimani calmo e tranquillo, senza metterti a fare troppe elucubrazioni o farti prendere dall’ansia, verranno uno dietro l’altro e la tua vita scorrerà serena?."

Ci sono attività che aiutano in questa presa di coscienza emotiva, fisica, corporea e mentale, quali le passeggiate, le camminate, la corsa lenta e la meditazione, sono attività che sembrano una perdita di tempo ma aiuta a rinforzare la mente ed anche a preparare il fisico.
Sarebbe opportuno avvicinarsi, frequentare persone, maestri che ti possono indicare una strada, un percorso da seguire, che include autoconsapevolezza, calma, meditazione, attesa, preparazione, senza richiedere tutto e subito. Il percorso è duro ma come tutte le cose che si vogliono ci vuole impegno, determinazione, costanza e resilienza.
La partecipazione a gare estreme è una scoperta, un contattare il proprio limite, sfidare se stessi, conoscere nuovi percorsi, sentire nuove emozioni.
Per gli ultramaratoneti non si tratta di fare gare estreme ma occasioni per divertirsi, infatti affrontano tale imprese con opportuna preparazione e accorgimenti in modo da non trovarsi in condizioni di estrema difficoltà. Come nei lunghi viaggi che capitano imprevisti, anche nelle ultramaratone possono accadere degli imprevisti lungo il percorso, ma ciò non impedisce di fare esperienze che danno un senso alla propria vita.
Se l’atleta o la squadra non possiede la preparazione volta ad un approccio meditativo che ti fa centrare sul presente, sul momento presente, sul qui e ora, è possibile sperimentare una scarsa motivazione a continuare la preparazione e alle successive competizioni. Pertanto è importante che sia gli atleti che gli allenatori siano formati dal punto di vista degli aspetti mentali.
Si può fare un lavoro di autoconsapevolezza con l’atleta volto a riconoscere i sintomi dell’ansia e a interpretarli correttamente. Successivamente si possono insegnare metodi e tecniche di rilassamento volte a ridurre il livello di ansia.
Inoltre si può fare un lavoro attraverso le visualizzazioni o l’ipnosi per accompagna l’atleta, in situazione protetta, ad affrontare gradualmente la situazione temuta per aiutarlo a ridurre e padroneggiare l’ansia in quella specifica situazione. Inoltre si può cercare insieme all’atleta o alla squadra di elaborare e far in modo di desensibilizzare alcuni pensieri disturbanti.
Sergio Mazzei, Direttore dell’Istituto Gestalt e Body Work di Cagliari, a cui devo parte della mia formazione di psicoterapeuta della gestalt, afferma nel mio testo "Sviluppare la resilienza", che: “Evidentemente il senso della resilienza in buona sostanza equivale all’avere coraggio, all’insistere nel raggiungere il proprio scopo e dunque al non sottrarsi alla propria esperienza, qualunque essa sia, al non censurare o negare la propria verità, allo stare con il proprio dolore e impedimento, al tener duro anche se le circostanze sembrano insostenibili.”

E’ importante anche far leva sull’allenatore che dovrebbe conoscere le potenzialità dei propri atleti o squadra, i punti di forza e di debolezza, dovrebbe costruire con loro progetti di obiettivi raggiungibili, stimolanti, da rivalutare all’occasione, dare feedback adeguati, spiegare le sedute di allenamento, l’importanza del gesto sportivo, il significato, raccontare aneddoti, far parte della storia sportiva degli atleti o della squadra, condividere momenti di gioia e sofferenza, di vincite e di sconfitte, essere disposto ad ammettere di aver fatto un errore, di aver preteso, di aver sottovalutato, di non aver considerato.
L’allenatore può intervenire sull’autoefficacia attraverso la programmazione di sedute di allenamento che favoriscano esperienze di superamento graduale e progressivo degli ostacoli e delle difficoltà. Deve conoscere le abilità dei propri atleti e con questa conoscenza costruire un programma di preparazione che si basi su obiettivi concreti e reali. Fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l’autoefficacia dell’atleta.
L’allenatore ha una grande importanza nello sviluppare le motivazioni giuste: graduando le prove con le quali l’atleta deve cimentarsi, trovare le ragioni convincenti per mettere l’atleta ogni volta alla prova, negoziando il raggiungimento di mete sufficientemente (ma non esageratamente) difficili, monitorando i progressi dell’atleta, insegnando a trarre lezioni dagli insuccessi.
Gli ultramaratoneti, in genere non sperimentano l’ansia della competizione, del pregara, ma quello che in genere avviene è una certa aspettativa positiva, non si vede l’ora di affrontare il lungo viaggio che, come i lunghi viaggi, è fatto di conoscenza, di scoperte, di imprevisti. Gli ultramaratoneti come si fa per i lunghi viaggi, si preparano in anticipo, si informano sulle condizioni climatiche sul percorso, su quello che è opportuno o indispensabile portare a seguito, si documentano. Come i lunghi viaggi diventa importante la preparazione, l’attesa, c’è una voglia di divertirsi, di conoscere, di scoprire se stessi e quello che succede.
L’esperienza sia in modo diretto, partecipando ad alcune gare, sia attraverso interviste, racconti e testimonianze di atleti di sport di endurance, mi ha permesso di scrivere diversi libri.
Andrà tutto bene se coltiviamo l’arte del rallentare, fermaci, della creatività, fiducia apprendendo dall'esperienza, qualsiasi esperienza. Se riusciamo a essere pazienti e responsabili possiamo sviluppare resilienza e potremmo uscirne fuori anche più rafforzati.
Segnalo alcuni libri pubblicati da Prospettiva Editrice: Da 10 a 100 Dai primi 10 km corsi alla 100 km per Milano (Alberto Merex Mereghetti e Matteo Simone); Triathlon e Ironman. La psicologia del triatleta; Lo sport delle donne. Donne sempre più determinate, competitive e resilienti; Sport, Benessere e Performance. Aspetti psicologici che influiscono sul benessere e performance dell’atleta; Ultramaratoneti e gare estreme.

Dott. Matteo SIMONE 380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

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