venerdì 8 maggio 2015

Gianluca Di Meo: Ultramaratoneta è uno stato mentale al di là dei km, è un avventuriero del limite

Gianluca Di Meo è un ultramaratoneta che ne ha sperimentato tante di gare, con condizioni atmosferiche più estreme, infatti allo scorso raduno italiano ultratrail premondiale raccontava la sua ultima esperienza durante la corsa bianca della quale ne va orgoglioso per averla terminata

Per Gianluca Ultramaratoneta non significa superare solamente i 42km, ultramaratoneta è uno stato mentale aldilà dei km. Ultramaratoneta è un avventuriero del limite.
Gianluca nasce estremo nello sport. Sembra essere un ingordo dell’attività fisica, di chilometri, di fatica, per lui non esiste uno sport rilassante.
Qual è stato il tuo percorso per diventare ultramaratoneta?Io sono nato ultramaratoneta. 30 anni fa appena comprata la bici mi sparai 200km in una volta sola. Iniziai a correre nel gennaio 2004 e a maggio corsi la 100km del Passatore".

Gianluca è incontentabile, è continuamente alla ricerca dell’infinito in tutto quello che fa, per esempio sport, viaggi.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta?La ricerca nel andare al limite, l’avventura infinita, mi piacciono i viaggi che non finiscono subito.”

Gianluca ha trovato il suo Eden, il suo elisir di lunga vita, la sua vita è correre e soprattutto a contatto con la natura, come tanti altri ultratrailer, piace coniugare la passione della natura con quella dello sport prolungato, una ricerca misteriosa e affannosa.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? “Si sospettò una patologia al cuore tutto rientrato.”
Cosa ti spinge a continuare a essere ultramaratoneta?La ricerca dei percorsi della natura della scoperta, ormai corro solo in natura.”

Sembra che Gianluca se le vada a cercare, va continuamente incontro al limite, ed ogni volta ne esce fuori, sembra di vedere un film dove si sa che nel finale il protagonista si salva sempre. Ma è importante notevole attenzione a quello che si va, ai pericoli ai quali si può andare incontro, l’esperienza deve servire a tutelarsi, a proteggere se stessi e gli altri, a trarre lezioni importanti per la vita.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?Sicuramente, durante la grande corsa bianca la seconda notte ho rischiato andando a cercare il limite. Avevo sonno e non stavo in piedi, se fossi svenuto o crollato sarei morto di freddo da solo, ho vinto io.”

A Gianluca ora non importa la quantità notevole ed impossibile di chilometri da percorrere o il tempo da impiegare, ma importa scoprire, conoscere, sperimentare, è una continua ricerca di zone non di confort per sperimentare sensazioni nuove che siano di piacere o di spavento, dolore, sofferenza.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare estreme?Ora solo la scoperta, il viaggio, il condurre un viaggio. Sono 11 anni di ultramaratone, motivazioni kilometriche o cronometriche non ne ho più.”

Sembra che Gianluca se le vada a cercare le avventure più impossibili e strane, ha tanta voglia di avventurarsi in un tunnel, sperimentare il buio e poi rivedere la luce.
La tua gara più estrema o più difficile?La grande Corsa Bianca 160km 7000D+ trainando una slitta di 15kg sulla neve in autosufficienza.

Come tanti altri ultrarunner, non esistono gare dove non ci si riesce, ma c’è la convinzione che se c’è la passione, la motivazione giusta ed elevata è possibile fare tutto.
Una gara estrema che ritieni non poter mai riuscire a portare a termine?Nessuna gara estrema penso di non poter riuscire. Bisogna avere solo gran voglia e motivazione.
C'è una gara estrema che non faresti mai?No, qualcuna mi piace meno ma ogni gara estrema ha il suo fascino.”

C’è tanta voglia negli ultrarunner di spingersi oltre, di mettersi alla prova, di uscire fuori dalla zona di confort, per conoscersi meglio, per sfidare se stessi.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici?Mettermi alla prova, capire chi sono e quanto posso ancora spingermi oltre.
Certo buttarsi sempre nella mischia, entrare sempre nel tunnel, desta sempre un po di preoccupazione per i famigliari.
Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?Che sono matto, irresponsabile.”

Nella vita si fanno delle scelte, molti preferiscono poltrire o restare in una zona di estremo confort per non rischiare un giudizio, una brutta figura, o di sdare semplicemente scomodi e altri per sentirsi vivi devono sentire il proprio corpo, le proprie sensazioni corporee, il cuore che palpita, il respiro affannoso, il sudore colare da proprio corpo, il senso di fame, sete, freddo, caldo, c’è tanto bisogno di sentire. 
Che significa per te partecipare a una gara estrema? “Essere vivo.”
Ti va di raccontare un aneddoto?Ero sul divano, correvo al massimo 42km su asfalto, qualche 100km su strada, all’improvviso il TG5, Marco Olmo aveva vinto l’UTMB. Cos’era questo UTMB? 166km 10.000 metri di dislivello positivo in montagna. Massacrante! Mai corso in montagna, il giorno dopo comprai scarpe da trail e zainetto. 4 anni dopo finii il mio primo UTMB. 8 anni dopo invitai Olmo a correre sui monti di casa mia. Strana la vita".

Gianluca
da piccolo aveva la predisposizione all’estremo, a sentire, a sperimentare.
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare ultramaratoneta?Da piccolo, più correvo, più andavo in bici, più stavo sotto l’acqua gelata, più ero contento, più spostavo i miei limiti più ero contento, non mi interessava la velocità ma la durata".

Per Gianluca il lavoro è un attesa, la vita è al di fuori del lavoro, quando mette le scarpette e sperimenta fuga e libertà infinita.
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa?Ho preferito abbandonare un lavoro di responsabilità per fare il dipendente in ufficio, ridurmi stipendio, stimoli ma avere più vita per fare l’ultramaratoneta.”

Gianluca è una persona impaziente, non gli va di aspettare, di fare qualità, lui deve andare subito ed il più lontano possibile.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non faresti?Probabilmente farei un po' più velocità. Sono arrivato a un buon livello con buoni  piazzamenti e poi mi sono seduto e ho cominciato ad allungare le distanze per mancanza di pazienza.”
Un sogno nel cassetto? "L’Iditaroid (avventura estrema sia per le condizioni climatiche, con temperature spesso vicine a -40 °C, che per la lunghezza del percorso, ben 1770 km. Si partecipa a piedi, in bici o con gli sci) dove per usare il cellulare ci vogliono tre persone per le bassissime temperature".
C’è una domanda che non ti ho fatto o qualcosa che vuoi dire?Una cosa che non ho detto perché non mi si vede mai fare gare, io ho corso quasi un centinaio tra maratone e ultramaratone, ma ho più di 200 autogestiti importanti fatti da me, a me piace correre libero, senza pettorale, senza bisogno di sorteggi, senza orari di partenza o bandelle da seguire, la mia avventura e i sentieri sono liberi di essere percorsi quando si vuole senza mille persone a contendersi un traguardo. Questo per me è un concetto importantissimo. Grazie di cuore.”

Gianluca, come tanti altri Ultratrail, è uno spirito libero e questo ci tiene a sottolineare, non ci sta a seguire regole troppo rigide come gli orari, incolonnamenti, masse di gente, a lui piace la libertà, il perdersi per poi ritrovarsi, lo smarrirsi, per conoscersi sempre di più, per vedere, verificare sempre dove può arrivare, è come mettersi una benda agli occhi ed andare avanti esplorando il territorio.

Gianluca è menzionato nel mio “Sport, benessere e performance”, edito da Prospettiva Editrice,

dove sono riportare le tante gare della sua vita: “Ce ne sono talmente tante, che non saprei da dove partire e ciò è positivo. Le gare sofferte comunque ti lasciano qualcosa. Ma quelle dove hai iniziato soffrendo, e le finisci in crescendo e in posti straordinari, sono quelle che porto dentro.
‒ La 100 km di Lipsia 2008, la mia seconda 100 km. Sensazioni fantastiche dall’inizio alla fine; inesperto, chiudo in terra tedesca 7° con 8h20’.
‒ La Bologna Zocca di 50 km, l’ultra maratona di casa. Tanti amici sul percorso a fare il tifo e io a battagliare con i migliori ultra maratoneti in Italia. Chiudo 6° a 15’ da Marco D’Innocenti.
‒ L’UTMB 2010 acciaccato, percorso dimezzato per maltempo, le sensazioni man mano che i chilometri passavano diventano migliori. Chiudo 119° su 2˙500 partenti da tutto il mondo.
‒ Valdigne 2011, in Valle d’Aosta: paesaggi stupendi e io che da 100° al 50° km, vado in crescendo e chiudo dopo 100 km al 15° posto, superando atleti del calibro di Gianluca Galeati e Francesca Canepa.
‒ UTMB 2013, l’ultima gara a cui pensavo di partecipare nella mia vita. I miei genitori, mio nipote, mia sorella sul percorso. Una gara che neanche dovevo iniziare, ma gestita bene e non soffrendola mai dall’inizio alla fine: ed erano 168 km!
‒ Lavaredo 2014, la rinascita. Dopo mesi senza gare, una rivincita per 120 km: dall’inizio alla fine belle sensazioni. Chiudo 77° in 18h30’.
‒ Grande Corsa Bianca 2015: serenità, forza, ingegno, paesaggi stupendi. Lì ho capito chi sono come atleta e cosa mi fa stare davvero bene: il ghiaccio, l’autosufficienza, gli spazi deserti bianchi e in solitudine, il mio ambiente naturale.”
 
Interviste a Gianluca sono riportate nei miei libri:
“Ultramaratoneti e gare estreme”, edito da Prospettiva Editrice.
 “Maratoneti e ultrarunner”, edito da Edizioni Psiconline.

Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
CONTATTI: 380.4337230 - 21163@tiscali.it

Nessun commento:

Translate