giovedì 26 marzo 2020

Bisogna andare avanti con coraggio, fiducia, speranza e resilienza

Matteo SIMONE

I giorni passano e le cose cambiano di giorno in giorno ma la vita va avanti, perché la vita è resiliente, sa come svincolarsi dai mille problemi, sa come rimanere sempre a galla nonostante tutto. 
Ora tocca a noi prendere in mano le redini, decidere momento per momento cosa è meglio per noi. Bisogna andare avanti con coraggio, fiducia, speranza e resilienza. Ogni giorno è il nostro giorno.
Abbiamo tanti progetti, sogni, mete, cose da continuare a fare, la vita può durare 100 anni ma anche un attimo, come un sorriso, un pianto, una caduta.
Sentiamo il respiro, il cuore, la pelle e allora accorgiamoci che siamo vivi, che siamo sopravvissuti, che non è ancora l’ora.
Nel libro “Sviluppare la resilienza”, Sergio Mazzei, Direttore dell’Istituto Gestalt e Body Work di Cagliari, afferma: “Evidentemente il senso della resilienza in buona sostanza equivale all’avere coraggio, all’insistere nel raggiungere il proprio scopo e dunque al non sottrarsi alla propria esperienza, qualunque essa sia, al non censurare o negare la propria verità, allo stare con il proprio dolore e impedimento, al tener duro anche se le circostanze sembrano insostenibili.
Sviluppare la resilienza (Per affrontare crisi, traumi, sconfitte nella vita e nello sport) 

Ci sono tante storie di resilienza come la testimonianza dell’amico Mauro Tomasi ce riesce a trasmettere tanta forza e coraggio: Come hai superato crisi, sconfitte, infortuni? 
“La crisi nella fase dopo incidente, durata circa 9 anni, l’ho superata trovando l'input per ricredere nella vita, vedendo persone che erano messe molto peggio di me fisicamente, ma psicologicamente messe meglio, mi riferisco a tetraplegici e varie malattie degenerative, loro erano felici, entusiasti, nonostante che tanti non si muovevano per niente. Vedendo loro ho cambiato anch’io la visione di quello che mi è successo da negativo in positivo, accettando quello che mi era successo come un’opportunità, un’occasione diversa di vivere la vita. 
E li veramente ho cominciato a vivere, accorgendomi di quante cose avrei potuto fare nella mia ‘nuova occasione’ che mi è stata donata, il mondo cambia solamente se cambiamo noi e le nostre decisioni e convinzioni in questo sono determinanti. Non importa come sia una persona fisicamente, dove viva, cosa faccia o dovrà fare, importa solo quello che vuole essere e come vuole stare, se vuole stare bene starà bene, se vuole stare male starà male, la scelta è solo sua. Tante volte non si apprezza e non si dà valore a quello che si ha, oppure se ne accorge solo quando non si ha più, ‘c’è chi ha tutto e non ha niente e c’è chi non ha niente e ha tutto’
”.

Passa tutto se siamo fiduciosi, collaborativi, pazienti, se siamo comunque in contatto a distanza, se siamo sensibili, tolleranti. Passa tutto e si affronta tutto come i muri di tante maratone, possiamo e dobbiamo farcela sviluppando resilienza per cercare di uscire più forti e determinati per ritornare anche a correre maratone e ultramaratone sempre con il sorriso.
Di seguito riporto un interessante aneddoto tratto dal libro “Arrendersi mai, come trovare la carica per affrontare positivamente la vita”, pagg. 6-9, di Luis Rojas Marcos:

“…Era ricoverato da cinque anni a causa di un infortunio subito sul lavoro mentre stava ispezionando un cantiere. …Mi venne in mente di chiedergli che voto avrebbe dato alla sua esistenza: da zero, molto infelice, a dieci, molto felice. Dopo un momento di riflessioni, con il sorriso sulle labbra e senza esitare, mi rispose: ‘un bell’otto’. Rimasi sorpreso: mi affrettai a chiedergli che valutazione avrebbe dato prima di quell’infortunio. Sempre senza esitazioni, la risposta di Robert fu: ‘Direi un otto e mezzo, più o meno.’ ‘Solo mezzo voto di differenza?’ chiesi con malcelata incredulità. ‘Caro dottore’, mi spiegò Robert praticamente come per tranquillizzarmi, ‘le parrà strano, eppure mi ritengo un uomo fortunato. Sono sopravvissuto a un gravissimo incidente con tutte le facoltà mentali intatte, anzi, da allora la mia esistenza ha acquistato un significato più profondo. Penso che, in un certo senso, quell’incidente abbia fatto di me una persona migliore. Sono divenuto più comprensivo con gli altri, apprezzo maggiormente piccole cose che prima mi parevano scontate”.

Bisogna comunque andare avanti fiduciosi, speranzosi con forza e coraggio mettendo da parte altro e focalizzandosi per la risoluzione del problema contingente non facile ma neanche impossibile, insieme si può, anzi si deve soprattutto per i più piccoli che hanno ancora tanta strada ma anche per i più grandi che si sono sempre adoperati per noi, “enjoy and take care”, sii felice comunque.
Passerà tutto se andiamo avanti anche con un po' di ansia, panico, paura, disperazione, sconforto. Rallentando o fermandosi, sì può approfittare per riprendere vecchie e sane abitudini messe da parte come scrivere, leggere, meditare, vedere vecchie foto cartacee, fare qualche telefonata.
Interessante le parole di Eugenio Borgna nel suo libro “L’attesa e la speranza”, Feltrinelli, 2018, pagg. 77-78:
Gli scenari cambiano quando il dolore diminuisce e nel dolore rinascono le dimensioni del passato e del futuro: rinasce la speranza ma rinasce soprattutto l’attesa. L’attesa che il dolore si esaurisca e scompaia, e l’attesa che il dolore non si ripeta: l’attesa che i farmaci completino la loro azione terapeutica e che gli orizzonti della vita si riaprano: l’attesa che rinascano le relazioni interpersonali bruciate dal dolore; e l’attesa che rinascano le emozioni divorate dal deserto del dolore: l’attesa di conoscere fino in fondo le cause della malattia che ha trascinato con sé il dilagare del dolore: l’angoscia dell’attesa quando non si abbiano risposte alle domande sulle cause e sulla durata della malattia, e sulla riemergenza possibile del dolore: con i fantasmi del passato che si fanno allora vicini e strazianti nel ricordo delle ore e delle giornate trascorse nella solitudine e nella disperazione.
Le parole, che vorremmo dire quando siamo nella angoscia del dolore, non sono di questo mondo: nel senso che le conosciamo solo noi nel segreto della nostra interiorità ferita e lacerata; ed è davvero poco quello che gli altri possono ascoltare e possono capire. Il linguaggio delle parole si fa insomma oscuro e insondabile nei roveti ardenti del dolore; ma il linguaggio del corpo al di là di ogni nostra intenzione grida in silenzio per farsi intendere e, se è possibile, per farsi aiutare
.

A seguito di eventi critici, disturbanti, traumatici; oltre alle cure mediche, ai consigli da parte della comunità scientifica, ai provvedimenti delle istituzioni; l’aiuto psicologico è importante e fondamentale per la persona che ha bisogno di sentirsi tutelato, compreso, ricevere un rinforzo sulle proprie capacità di affrontare la situazione.
L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di sviluppare la resilienza nelle persone, aiutare a ricostruire fiducia e relazioni, ricostruire sé stessi, la propria attività. L’aiuto psicologico può avere l’obiettivo di incrementare fiducia e pazienza in attesa di ritornare gradualmente alla quotidianità, di riprendere le cose lasciate in sospeso, di prendersi cura di sé.
Gli psicologi possono intervenire dove c’è trauma e tragedia per contenere ed elaborare dolore, sofferenza, panico, disperazione, per accompagnare vittime e familiari per indirizzarli ad accettare e affrontare l’onda del cambiamento imposta della routine giornaliera in attesa di poter gradualmente ritornare alla quotidianità quando sarà possibile. 

Matteo SIMONE 380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo, Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR

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