Matteo Simone
Relazione fra stress ed incidenti sportivi
Tamorri,
Benzi, Reda (Tamorri S, Benzi M, Reda MA. Psychology of sports injuries: review and descriptive study of élite rugby union players. Ital J Sport Sci 2004; 11: 34-44) hanno analizzato la relazione fra stress e incidenti
sportivi per proporre interventi che possono ridurre il rischio.
Andersen
e Williams (Andersen MB, Williams JM. Athletic injury, psychosocial factors and perceptual changes during stress.J Sports Sci. 1999 Sep;17(9):735-41) hanno ipotizzato che l’aumento della tensione
muscolare, la riduzione del campo visivo e l’incremento dalla
distrazione, siano le principali cause della associazione tra stress
ed infortunio.
Infatti la contrazione simultanea non richiesta di
gruppi muscolari agonisti ed antagonisti è una risposta comune negli
stati di stress. Questa tensione generalizzata del muscolo può
portare ad affaticamento, riduzione della flessibilità articolare,
difficoltà nella contrazione motoria e inefficienza muscolare. Il
risultato finale è un maggior rischio di incidenti come distorsioni,
stiramenti, strappi.
La
riduzione dell’attenzione potrebbe invece risultare dalla
preoccupazione per gli eventi stressanti e per le loro possibili
conseguenze negative o da una deficitaria risposta di adattamento.
In uno
studio, Thompson e Morris (Thompson NJ, Morris RD. Predicting injury risk in adolescent football players: the importance of psychological variables. J Pediatr Psychol. 1994 Aug;19(4):415-29) riscontrarono che la relazione degli
eventi stressanti della vita e degli infortuni è mediata
dall’attenzione. Eventi stressanti della vita elevano il rischio
d’infortuni
riducendo l’attenzione, accrescendo l’abilità dei giocatori a focalizzare l’attenzione, il numero d’infortuni diminuiva.
riducendo l’attenzione, accrescendo l’abilità dei giocatori a focalizzare l’attenzione, il numero d’infortuni diminuiva.
L’infortunio
rappresenta un evento destabilizzante l’equilibrio psicologico
dello sportivo; un cattivo adattamento all’infortunio può
comportare la comparsa di sensazioni di rabbia e impotenza, sbalzi di
umore, sensi di colpa, pensieri depressivi, con la conseguente
compromissione delle relazioni famigliari, interpersonali,
dell’andamento scolastico o lavorativo, l’auspicabile intervento
può espletarsi nel prevenire l’incorrere dell’infortunio e
nell’aiutare l’atleta infortunato.
La
velocità di respirazione influenza la mente
(Hirait T., Curarsi con la meditazione zen, Red Edizioni Milano, 2007): gli effetti di una riduzione della velocità di respirazione non
si limitano solo al corpo, ma si estendono alla mente e alle
emozioni. Una respirazione lenta, tranquilla, porta compostezza e un
naturale sollievo dalle alterazioni emotive. Controllando e regolando
la respirazione, si ottiene un controllo completo su se stessi,
riuscendo a rimanere mentalmente tranquilli anche di fronte alle
emozioni.
Per
questo in Giappone si crede tradizionalmente che lo Zen, in cui il
controllo della respirazione occupa un posto importante, sia una via
all’autocontrollo.
La
mancanza di autocontrollo fa si che persone, altrimenti capaci, sotto
stress non siano in grado di fare quello che in condizioni normali
sanno fare benissimo.
Quando
c’è in gioco qualche cosa di importante, chi ha problemi
emozionali di questo tipo si sente i muscoli e la mente tesi, il che
impedisce di agire in modo appropriato.
Nessun
accorgimento cosciente può fare nulla per risolvere questo problema,
fuorché il controllo della respirazione.
Rilassamento
progressivo neuromuscolare:
consiste in un esercizio di contrazione e decontrazione muscolare
Si
ottiene una consapevolezza delle proprie sensazioni della tensione
psicologica e della sua scomparsa quando i muscoli si rilassano
L’intento
è di educare l’atleta alla riduzione volontaria del tono muscolare
Gli
esercizi devono essere svolti giornalmente e progressivamente devono
essere coinvolti la maggior parte dei muscoli del corpo.
Aiutare
l’atleta infortunato a ritrovare
la motivazione
Attraverso
modelli di riferimento, individuare altri atleti che hanno ripreso
dopo un infortunio, dopo periodi di stop prolungati a causa di
squalifiche doping, dopo gravi incidenti. L’atleta vincente riesce
a trovare la determinazione, la calma, lo spirito di sacrificio per
ricominciare dopo ogni stop prolungato, dopo ogni sconfitta.
Importanti
sono la meditazione, la visualizzazione, il lavorare
sull’autoefficacia.
Attraverso
la meditazione la persona riesce ad aspettare i suoi tempi, i tempi
occorrenti per il recupero, riesce a comprendere che tutto passa,
tutto sorge e tutto muore, riesce a non reagire agli eventi
spiacevoli, riesce a partire dal qui e ora e a programmare una
formulazione del goal setting, un piano degli obiettivi graduali con
una giusta scansione temporale.
Con la
visualizzazione l’atleta infortunato può continuare ad eseguire un
minimo di allenamento, ripetere mentalmente il gesto motorio dato che
l’imagery consentirebbe di rimanere tecnicamente e muscolarmente
allenati anche in stato fisico di effettivo riposo, può ricercare
precedenti gesti atletici che gli hanno permesso di emergere, di ben
figurare, di fare ottime prestazioni, può continuare a sperimentare
le sensazioni occorrenti per continuare la carriera sportiva, può
provare a visualizzare come sarà la sua ripresa all’attività
sportiva e gradualmente può sperimentare come sarà in futuro la sua
prestazione atletica, la sua performance.
La
persona che avrà sviluppato un forte senso d’autoefficacia sceglie
obiettivi più elevati, è più motivata, usa le proprie capacità
con maggiore efficienza, è meno ansiosa, gestisce meglio i
fallimenti, è più tenace e ottiene risultati più soddisfacenti di
chi invece ha una percezione negativa delle proprie possibilità.
La
prima cosa da fare è partire dalle proprie sensazioni fisiche,
corporee, sentirsi, fare una scansione corporea dalla sommità della
testa e scendendo fino alle punta dei piedi. L’atleta può
individuare le parti fragili, deboli, da potenziare.
L’atleta
può individuare eventuali criticità che lo abbiano portato
all’infortunio, può valutare, studiare cosa può focalizzare la
sua attenzione per evitare successivi infortuni, ridefinire le
priorità che si era prefissato prima dell’incidente, allargare i
suoi interessi anche ad ambiti non sportivi, continuando,
contestualmente a mantenere i contatti con il suo mondo sportivo,
l’allenatore e la squadra, accettare le emozioni negative legate
all’infortunio, in attesa di riprendersi la sua identità di
sportivo.
L’atleta
può sentirsi soggetto attivo nel processo di riabilitazione,
definire un piano di ripresa, di ripartenza, sviluppare un piano per
un’azione futura efficace può individuare le risorse occorrenti da
potenziare, sia personali che esterne, allenatore, fisioterapista,
psicologo, medico.
Sviluppare
risorse interne allo scopo di aiutare a stabilire un senso di
efficacia e di possibilità per il Futuro, creare un suo Consigliere
Interiore o un “Allenatore Interiore”, creare una “Squadra
Interiore” di aiutanti o di sostenitori, ognuno in grado di
apportare un’influenza positiva.
L’atleta
può fissare obiettivi minimi di ripresa rispettando i tempi e le
modalità occorrenti, senza fretta di riscattarsi o di dimostrare a
qualcuno. Fissare obiettivi limitati, raggiungibili e
progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per
aumentare l’autoefficacia dell’atleta.
Persuasione
verbale da parte di altri, dei quali si hanno fiducia e stima
attraverso gli incoraggiamenti verbali che tendono a sottolineare gli
elementi positivi di un gesto o una azione.
Matteo
SIMONE
Esperto
in psicologia dello sport,
nel
trattamento dei traumi (EMDR)
380-4337230
- 21163@tiscali.it