Matteo Simone
Nella notte tra sabato 13 e domenica 14 luglio si è corsa la quinta edizione della 6 ore di Roma, primo 'Memorial' Antonio Raso, deceduto lo scorso anno e mio carissimo amico.
Tra le donne ha vinto Elsie Cargniel Bergamasco 65,238 km, precedendo la spagnola Saioa Calle Moral 59,244 km e Sonia Scialanca 57,003 km.
Il vincitore assoluto è stato lo spagnolo Marc Gispert Giron 78,063 km, precedendo Tiberio Recchia 74,391 km e Andrea Orsi 69,218 km.
Anche io ho partecipato per la terza volta non consecutiva alla 6 ore di Roma incontrando sempre bella gente e facendo tratti con alcuni di loro.
A fine gara, alle 05.00 di domenica 14 luglio è intervenuta la famiglia del caro Antonio Raso che hanno ricevuto una targa dagli organizzatori e sono rimasti sorpresi e commossi dal calore dei tanti partecipanti, tra i quali tanti amici di squadra e di corse insieme e soprattutto bellissima la medaglia con il viso del caro Antonio Raso, sempre nei nostri cuori.
Di seguito approfondiamo la conoscenza della terza donna, Sonia Scialanca (ASD Piano Ma Arriviamo) attraverso risposte ad alcune mie domande.
La gara dove hai sperimentato le emozioni più belle? Premetto che corro da meno di cinque anni e poco dopo aver cominciato è arrivato il Covid: per tanto tempo mi sono allenata senza poter gareggiare… quindi non ho così tante esperienze di gare sulle gambe!
Credo di aver vissuto le emozioni più belle durante la mia seconda maratona, a Valencia, nel 2022. Era la prima volta che facevo una gara all’estero e sono stata travolta dall’entusiasmo del pubblico, ogni metro c’era qualcuno che ti incitava, ti chiamava per nome anche se non ti conosceva leggendolo dal pettorale, era una festa continua, un carnevale. Non avevo mai visto niente di simile! C’erano street band che sparavano note a tutto volume, gruppi di persone mascherate a temi diversi e ben studiati, cartelli da ‘schiaffeggiare’ per ‘ricevere più energia’, … insomma un vero tifo organizzato e presente in ogni momento della gara. In più quell’anno, senza chissà quale sforzo e senza grandi velleità, sono arrivata a una preparazione fisica inaspettata, che mi ha dato la forza di arrivare agli ultimi 7 dei 42 km in accelerazione, sentendo dentro una gioia indescrivibile, mentre attraversavo l’azzurro ponte sull’acqua della Città delle Arti e delle Scienze di Valencia. Insomma, in caso non si sia capito: consiglio a tutti di fare quella maratona, ne rimarrete stupefatti.
Il 4 dicembre 2022 Sonia ha corso la Maratona di Valencia con l’ottimo crono di 3h31’18”. Il calore del pubblico fa fare cose straordinarie mettendo da parte la fatica e distraendosi da ogni eventuale stanchezza fisica o mentale.
La vincitrice fu l’etiope Amane Beriso Shankule 2h14’58”, precedendo la connazionale Letesenbet Gidey 2h16’49” e la keniana Sheila Chekpirui 2h17’29”. Il vincitore assoluto fu il keniano Kelvin Kiptum (deceduto successivamente in incidente stradale) 2h01’53”, precedendo il tanzaniano Gabriel Geay 2h03’ e il keniano Alexander Mutiso 2h03’29”.
Cosa sperimenti prima, durante, dopo una gara? Prima avverto un misto di eccitazione e paura, perché cerco sempre di migliorarmi e quindi di fare cose nuove che mi mettano alla prova, cose che ho desiderio di raggiungere (da qui l’eccitazione) e che allo stesso tempo mi spaventano perché non le ho sperimentate prima (da qui la paura). Ma di una cosa sono certa: anche se posso provare un po’ d’ansia, non è mai quel sentimento troppo negativo e disturbante che mi è capitato di provare in altri contesti, come esempio salendo su un palco, visto che suonare è un’altra delle mie passioni.
Durante la gara, invece, provo sia felicità per quello che sto facendo, per le persone intorno a me che si stanno cimentando nella stessa sfida, e sia momenti di sconforto in cui mi domando ‘Ma chi me l’ha fatto fare, mi ritiro!’. Poi però non mollo, arrivo alla fine e dopo scopro di aver conquistato un risultato che magari va anche oltre le mie aspettative iniziali. Ripeto, mi sento ancora neofita, per cui ogni gara è una sorpresa.
Ogni gara o qualsiasi altra performance può essere considerata una sfida, un mettersi in gioco, un cercare di ben figurare e ci può stare un po’ di ansia che risulta funzionale e attivante prima dell’inizio. In gare sportive si può gestire meglio in quanto si è nel mucchio, in gare di podismo o ultramaratone, mentre nelle altre performance si può essere esposti direttamente a un pubblico che potrebbe essere visto come giudicante, ma importante è fare le cose più per piacere intrinseco, per il gusto di farle con la consapevolezza che si è capaci, si è preparati e qualsiasi cosa succeda si può accettare, accogliere, metabolizzare, superare.
Come mai la tua partecipazione alla 6h di Roma? È stata una bella follia! Sono una persona metodica, quando decido di partecipare a una competizione tendo a fare di tutto per prepararmi al meglio. Invece in questo caso ho deciso all’ultimo momento, spinta dal presidente della mia squadra e da una compagna ‘malefica’ che mi ha convinta con il suo entusiasmo. Avevo pochi lunghi sulle gambe e per questo temevo di farmi male, ma dall’altra parte volevo sperimentare ancora un’altra cosa che non avevo mai fatto: superare i 42 km e correre più di 3 ore e 42 minuti, mio tempo massimo di corsa in assoluto, prima della 6 Ore.
Il mondo delle ultramaratone è considerato da tanti un mondo di folli, bizzarri, estremi ma anche persone simpatiche, coraggiose, che si vogliono mettere in gioco apprendendo dall’esperienza. Un grande passaggio per Sonia da una maratona di 42,195km a una gara dove ha percorso 57km, davvero un bel coraggio che gli ha permesso di fare questo grande salto nel buio non sapendo cosa gli poteva aspettare correre per 6 ore in un circuito di 1km, di notte, al buio, percorso sterrato, ma la vedevi Sonia tranquilla e serena, fare tanti giri, doppiarmi tante volte, sicura di sé, distinta fino alla fine della gara, le 5.00 del mattino e questo grazie anche al suo Presidente Giuseppe Minici che è un ottimo esempio per i suoi atleti, ex atleta d’élite del Centro Sportivo Esercito con tempi eccellenti dai 10km con circa 30’ e maratona da 2h17, ora sempre in gioco con la sua squadra ben figurando individualmente d di gruppo, anche lui in gioco in questa gara per buona parte delle 6 ore e poi continuando a camminare incoraggiando suoi atleti e anche tutti gli altri che conosceva, lo ringrazio anch’io per i suoi graditi incoraggiamenti ogni volta che mi doppiava.
Ti è piaciuta? Criticità? La rifaresti? La consigli? Mi è piaciuta moltissimo! Un’esperienza che quasi se la batte con quello che ho vissuto a Valencia, in termini di emozioni. La rifarei, assolutamente sì, e la consiglio per un semplice motivo: le persone. Chi decide di fare una gara del genere non è il tipo di runner un po’ invasato che cerca la performance a tutti i costi. Chi si cimenta in questa avventura, invece, è un vero sportivo in ogni senso, desideroso di affrontare una grande sfida, ma anche di sentirsi parte di una comunità di magnifici folli, che ci provano tutti insieme e quello che succede… succede!
Inoltre, il fatto che si svolga su un circuito di 1 km può sembrare alienante da fuori, ma in realtà permette di passare ogni volta davanti al punto di ristoro e quindi ti mette in uno stato di sicurezza, di tranquillità; ti consente di scambiare una parola, una battuta, di sentirti costantemente confortato da chi rimane lì a dare supporto (nel mio caso avevo anche l'opportunità di usufruire di un meraviglioso gazebo messo a disposizione dalla mia squadra, in cui potermi cambiare, prendere i miei gel con tutta comodità, ritrovando perfino compagni che erano venuti lì non per gareggiare, ma solamente per farci compagnia per l’intera nottata… è stato commovente!). Anche il semplice fatto di sentire uno speaker che per tutto il tempo nominava gli atleti al passaggio del rilevatore del chip, notando chi stesse tenendo un buon ritmo, chi stava riposando un po’, chi spingeva forte, è stato un incoraggiamento costante. Per non parlare del ristoro finale, eccezionalmente ricco, e della medaglia enorme, una grande soddisfazione metterla al collo!
L’unica criticità dovrei attribuirla allo scarso numero di bagni chimici presenti: anche se il numero di atleti era limitato, stare lì per sei ore mette le persone in condizione di aver bisogno più volte di usufruire del bagno. Averne a disposizione di più sarebbe stato a mio avviso più agevole per tutti.
Per questa testimonianza di Sonia, sono molto felice, infatti trattasi di una gara che abbiamo in casa a Roma, unica nel suo genere, che per certi versi attrae, invece di andare a letto si può scegliere di correre tutta la notte, in ascolto delle sensazioni interne, sperimentando sensazioni ed emozioni uniche, intense, forti, condividendo con tanti altri la gioia di faticare, mettendosi alla prova, con lo speaker che trasmetti messaggi di incoraggiamenti generali e individuali, gustando i ristori particolari e unici, dall’anguria al ghiacciolo.
Hai sperimentato il limite nelle tue gare? Sì, spesso: nelle gare veloci, su cui mi sono concentrata di più quest’anno, perché cercavo di spingere tanto, ma a volte il contesto o la mia condizione fisica non lo permettevano; e anche nei trail di montagna, perché ho molta paura di correre in discesa, ma allo stesso tempo ho voglia di essere il più possibile veloce, trovandomi poi agli ultimi chilometri con i quadricipiti urlanti. Ma per il momento non mi è mai successo di essermi ritirata.
Certo, a volte il corpo accusa il colpo e può succedere, come dice Sonia, che i quadricipiti di urlano perché non ce la fanno a sopportare il carico di lavori, tutto sta a essere in ascolto delle percezioni e sensazioni corporee e capire quanto e come spingere in allenamento per abituare e adattare il proprio corpo alle più difficili situazioni e saper cambiare ritmi al momento giusto, osando ma senza strafare.
La tua gara più estrema o più difficile? Il Medium Trail dei Monti Simbruini: 24 km e 1320 m di dislivello. Sembra poco, ci sono atleti che fanno tranquillamente la versione Long di 48 km, altri che si cimentano in distanze ben maggiori a Lavaredo o al Tor des Géants. A me è bastato quel trail a farmi pensare per tre quarti della gara ‘Mi ritiro, mi ritiro, mi ritiro’. Poi non l’ho fatto e ci ho messo 3 ore e mezza, quanto una maratona, praticamente!
Il 28 maggio 2023 Sonia ha corso il 'MTMS - Medium Trail dei Monti Simbruini’ in 3h28’54”. La vincitrice fu Veronica Del Grosso 2h45’28”, precedendo Silvia Gaffi 2h48’31” e Camilla Cignitti 3h03’53”. Il vincitore assoluto fu Manuele Grillo 2h31’55”, precedendo Massimo D’Emidio 2h33’57” e Daniele Masci 2h34’10”.
Ritieni utile lo psicologo nello sport? Non ho esperienze in merito, ma la componente mentale in questo tipo di attività è molto importante. La corsa in particolar modo è un dialogo continuo con se stessi, con il proprio corpo, con le sensazioni che il cervello recepisce e reinterpreta, a volte in modo sbagliato. Avere un supporto da questo punto di vista non può che essere un bene, secondo me, proprio per superare le proprie debolezze, le paure, i momenti di sconforto. Occuparsi della salute mentale è occuparsi del proprio benessere in generale, quindi sì, l’utilità di una figura del genere a mio parere è indiscutibile.
Sogni realizzati e rimasti incompiuti? Sogni realizzati: tanti, tutti quelli che potevo sperare in questo sport, dalla mia prima maratona a Roma a quei 57 impensabili chilometri della 6 Ore. Di incompiuto ho il fatto di non essere riuscita a migliorare il mio tempo in maratona dopo Valencia, per una serie di questioni di salute e di incastri temporali, ma ci riproverò! Ho fatto anche la Maratona di Chicago nel 2023, chiusa in 3h38’, puntavo a un crono inferiore, ma mi ero infortunata al tendine d'Achille in allenamento.
Prossimi obiettivi a breve, medio, lungo termine? La maratona di Firenze a fine novembre, dove spero di realizzare il mio incompiuto di cui sopra.
Il 27 marzo 2022 Sonia ha corso la sua prima maratona in 3h42’22” e successivamente ha ottenuto un grande risultato alla maratona di Valencia. Ora che ha provato l’ultramaratona di 6 ore totalizzando 57km, la maratona per lesi sembrerebbe una gara con un approccio un po’ più veloce senza temere eventuali muri del 35°km.
Ti ispiri a qualcuno? Alla corsa mi ci ha fatto arrivare un mio carissimo amico, pacer ormai fisso della maratona di Roma e di tante altre gare in giro per l’Italia: Nicola Pangia. Senza di lui non avrei mai scoperto questa passione e senza i suoi consigli non sarei mai arrivata così in fretta al grado di consapevolezza che mi ha permesso di gestire bene gli allenamenti e le mie esperienze di gara.
Cosa diresti a te stessa di dieci anni fa? Come hai fatto tutti questi anni a vivere senza la corsa? Perché pensavi di non essere portata per lo sport?
C’è sempre qualcuno che spinge qualcun’altro a fare sport o è d’esempio o modello e poi si diventa riferimenti per altri da portare via da divani e da zone di troppo confort.
Cosa dicono di te familiari, amici, colleghi di lavoro, fan? Che sono pazza! Le persone che non sono dentro questo mondo hanno difficoltà a capire cosa spinge un runner ad alzarsi alle 6 del mattino per correre magari 30 km, sia che piova o che facciano 40 gradi. E in quanto a fan...non credo di averne!
Che significato ha per te un podio o personal best? Diciamo chiaramente che io penso al PB più che altro, il resto non mi interessa: in una gara la sfida è innanzitutto con me stessa, poi che ci siano anche gli altri e che le varie prestazioni siano messe a confronto è solo una cosa ulteriore che lascia il tempo che trova, per quanto mi riguarda. Il significato di un podio è.… il vino o il prosciutto che spesso vengono messi in palio! A parte gli scherzi, in questo momento della mia vita ‘atletica’ un podio per me è il riconoscimento di risultati che mai avrei pensato di raggiungere e che a volte ottengo quasi per caso, improvvisando, come alla 6 Ore.
Cosa ti spinge a fare sport considerati estremi? Beh, se vogliamo considerare la 6 Ore di Roma estrema… perché altre esperienze del genere non ne ho. Però è sempre la sfida con me stessa, alzare l’asticella in continuazione, come ‘Gimbo’ Tamberi, sempre più in alto.
In effetti quando si prova la pratica di questo sport ci si rende conto di avere tanta passione e altissima motivazione da volersi allenare quasi a tutti i costi per star bene prima di tutto e migliorare per sfidare sempre più se stessi in tempi e gare sempre più dure e impensabili.
Cosa dà e cosa toglie lo sport? Lo sport dà benessere, felicità, gioia, soddisfazioni, sorprese e rapporti umani indissolubili. A me ha dato il sorriso. Contemporaneamente, lo sport toglie tempo agli affetti, al lavoro, ad altri interessi, alle necessarie occupazioni della vita quotidiana che in una maniera o nell’altra si è costretti a incastrare… ed è una discreta giostra mantenere un equilibrio sano in tutto questo.
Trattasi di trovare un sano equilibrio tra le tante passioni e altri impegni quotidiani cercando di coltivare ogni orto con cura e tempo sufficiente, da quello sportivo, musicale, familiare, relazionale, ludico, lavorativo.
Quali sono gli ingredienti del successo? Che domandone! Mi sembra un po’ esagerato che venga posto proprio a me! Per la mia limitata esperienza, posso dire che in questo sport ci vuole costanza, tenacia, coraggio e passione. Ci vuole un attento ascolto del proprio corpo, consapevolezza e perfino studio: in questi anni ho letto moltissimi libri più o meno tecnici sulla materia. Ci vogliono i consigli dei professionisti, di vario tipo, dall’allenatore al fisioterapista, al nutrizionista. Ma credo che il grosso sia fatto dalla singola persona, che mette insieme tutti questi input e capisce cosa sia meglio per se stessa.
Ogni passione richiede una dedizione e documentazione sufficiente per far bene e poi meglio, per non farsi male, per uscirne bene da ogni situazione.
Gli allenamenti più importanti? Dipende dal tipo di gara che si sta preparando. Per esempio, credo che per una maratona i lunghi siano fondamentali. Ma non mi sento di dire che un allenamento sia più importante di un altro, ogni piccola cosa contribuisce allo stato di forma fisica che si sta cercando. Ciò che è veramente importante è la costanza.
In effetti, la performance è dovuta alla somma di tanti piccoli o lunghi allenamenti e altrettanto recuperi/riposi che permettono di trovare la propria forma fisica e mentale per affrontare ogni tipo di sfida o competizione.
Una parola o frase che ti aiuta nei momenti difficili? Corri sul chilometro su cui sei sopra. Senza pensare ad altro, né al chilometro prima, né a quello dopo.
Il momento presente è sempre il più importante, unico, denso, intenso, tocca goderselo al massimo, puntando sempre avanti.
C'è qualcuno che ti incoraggia o scoraggia nelle tue imprese sportive? Ricevo sempre incoraggiamenti, devo ammetterlo, nessuno mi ‘scoraggia’, al massimo si può preoccupare che mi possa far male. Gli incoraggiamenti sono da parte dei miei compagni di squadra, passati e presenti, a cui devo tutta la forza che trovo ogni volta che calzo le mie scarpe da running.
In che modo lo sport ti aiuta nella vita quotidiana? Mi ha aiutata a trovare una forma fisica che non avevo mai avuto prima, sia in termini meramente estetici, sia in termini di salute: esempio prima tendevo ad avere la pressione alta e invece adesso si è notevolmente abbassata. E poi mi aiuta… a godermi con leggerezza gli stravizi culinari, perché sì, se non si fosse capito, sono molto golosa!
Cosa hai scoperto del tuo carattere facendo sport? Sembra contraddittorio, ma ho scoperto la flessibilità. Perché sono sempre stata una persona poco incline al cambiamento, molto rigida, incastrata nel mio mondo di caselle da spuntare. Nella corsa questa forma mentis metodica aiuta senza dubbio, è utile nel seguire le lunghe schede di allenamenti di un certo tipo fatti in un certo giorno, ma c’è anche bisogno di imparare a considerare l’imprevisto dietro l’angolo: un malessere inatteso, una condizione climatica impraticabile, un impegno improrogabile. Bisogna fare i conti con così tante variabili, che è inevitabile diventare pronti a modificare i propri piani in ogni istante, a cavalcare l’onda dell’inaspettato, a cambiare ritmo per oltrepassare l’ostacolo. Quindi sì, flessibilità e consapevolezza del momento presente.
In effetti, a volte lo sport aiuta ad avere più consapevolezza di se stessi, proprio corpo e quindi occuparsene, potenzialità, esigenze, bisogni; inoltre la pratica di uno sport incrementa fiducia in sè e soprattutto resilienza, cercando di accettare e gestire, affrontare, superare qualsiasi condizione avversa e improvvisa lungo il percorso di allenamento o gara, sentendosi padroni di se stessi e tenendo le redini della propria vita, cavalcando ogni cambiamento inaspettato ma trovando ogni via d’uscita o di arrivo.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta
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