lunedì 27 gennaio 2014

Consapevolezza attraverso il modello R.O.S.A.: Respiro, Osservazione, Sensazioni, Attenzione

Matteo Simone 
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR

“Il primo elemento chiave del coaching è la consapevolezza, vale a dire il frutto di un’attenzione estremamente focalizzata, di concentrazione e chiarezza di vedute.” 
 John Whitmore (1)

Modello R.O.S.A.: Respiro, Osservazione (interna ed esterna), Sensazioni, Attenzione (Fase contemplativa) (per stare bene).
Una possibilità di esplorare la realtà interiore e di percorrere il sentiero del qui e ora, della consapevolezza del momento presente. La tecnica più appropriata per esplorare la realtà interiore è la consapevolezza della respirazione.
Respiro nel “qui e ora”, momento per momento senza giudicare, è una forma di autoconsapevolezza, si resta in ascolto, in osservazione del respiro e delle sensazioni corporee, considerando che tutto sorge e tutto muore momento per momento.
Se siamo inconsapevoli delle nostre azioni presenti, siamo condannati a ripetere gli errori del passato, e non potremo mai riuscire a realizzare i nostri sogni nel futuro. 

Credere nel raggiungimento dell’obiettivo e passare all’azione

Psicologo dello sport, Psicoterapeuta


Utilizzando il modello O.R.A. (Obiettivi, Risorse ed Autoefficacia) si definisce chiaramente l’obiettivo temporale e le risorse per raggiungerlo. E’ importante riuscire a vedersi con l’obiettivo raggiunto.
Attraverso l’ipnosi Ericksoniana si chiede di immaginarsi poi avanti nel tempo con l’obiettivo raggiunto:
Come ti vedi avendo già raggiunto l’obiettivo? Dove? Con chi? Come ti senti? Come è stato raggiungere l’obiettivo? Cosa hai fatto? Chi ti ha aiutato? Quali sono state le tue risorse? Come hai iniziato? Da dove sei partito? Quali difficoltà hai incontrato? Come le hai superate?
Sì passa al lavoro di Gestalt con la tecnica della “sedia vuota”: “tu sei avanti nel tempo e hai raggiunto l’obiettivo, visualizza te stesso sulla sedia davanti a te con obiettivo ancora da raggiungere, digli come hai fatto tu a raggiungerlo e come può fare lui”; “cambia sedia e diventa te con obiettivo da raggiungere, sei disposto ad impegnarti? Quanto credi in te stesso?”.
John Whitmore nel suo libro Coaching elenca alcune domande utili per passare all’azione:
“Che cosa intendete fare?
Quando lo farete? Questa è forse la domanda più ‘impegnativa’. Tutti possiamo avere grandi idee su ciò che ci piacerebbe fare o che faremo,  ma è soltanto quando fissiamo delle scadenze precise che la nostra azione passa a un livello di realtà.
La vostra azione vi condurrà all’obiettivo?

Incrementare le potenzialità di un team


Il punto di partenza per ogni intervento, progetto è la valutazione del contesto, delle persone e questo può avvenire conoscendo il contesto, le persone attraverso l’osservazione, il dialogo, il confronto. Un primo approccio è quello di chiedere informazioni relative al loro operato, alla loro persona, alle loro intenzioni, motivazioni, obiettivi, sicurezze, timori.
Bisogna fare un monitoraggio, una valutazione delle persone coinvolte, di come sono composti i team che siano aziendali, sportivi, squadre di soccorritori. E’ utile comprendere quali sono le risorse, le caratteristiche, le qualità occorrenti nei diversi contesti, nelle diverse fasi, cercare di potenziare, rafforare quelle che si posseggono già, sviluppare quelle che non si posseggono.
Si possono creare occasioni di incontro, confronto, per poter parlare, discutere, fare esperienza, per poter insegnare e far apprendere le buone prassi che portano all’eccellenza nei diversi settori e nelle diverse fasi del processo produttivo, sportivo, di intervento in contesti emergenziali.
John Whitmore nel suo libro Coaching elenca le caratteristiche che un team efficae e con un alto grado di erformance dovrebbe presentare: “Sostegno reciproco, cooperazione, fiducia reciproca, adattabilità, pazienza, amicizia, impegno, coraggio, senso dell’umorismo, entusiasmo, compatibilità, altruismo.” Inoltre Whitmore ilustra le fasi dello sviluppo progressivo di un team: “La prima fase è chiamata dell’inclusione.

L’esercizio del posto sicuro per ridurre lo stress

Matteo SIMONE 
3804337230- 21163@tiscali.it 

Lo psicologo si avvicina alla persona in difficoltà in punta di piedi, mostra la propria disponibilità all’ascolto empatico, si parla di empatia come qualcosa che serve a comprendere l’altro, a mettersi nei panni dell’altro, per capire il suo stato, la sua situazione, la sua sofferenza, il suo vissuto.

Tra lo psicologo e la persona si crea uno spazio protetto, si condivide uno spazio ed un tempo esclusivo, riservato a loro due, devono trovare una distanza che sia ottimale per entrambi e abitare questa distanza per il tempo stabilito o necessario, questo permette alla persona di fidarsi, affidarsi, sperimentarsi, parlare delle proprie sensazioni, emozioni.

giovedì 23 gennaio 2014

Autoefficacia nello sport

DJOKOVIC: “Ho cercato, sin da piccolo, di vedermi in campo l’ultima domenica di Wimbledon giocare la finale, per me è sempre stato l’obiettivo numero uno”. (1)

Intervento su misura (Tailoring): dopo un’attenta analisi della domanda, si personalizzerà il progetto di lavoro in base alle sue specifiche esigenze, alle sue richieste ed ai suoi obiettivi, alla personalità del cliente,
Per lavorare bene è necessario:
-      stabilire una sorta di “alleanza” sia con gli atleti che con l’intero staff;
-      la presenza di un clima di fiducia e di collaborazione reciproca con l’atleta e con le varie figure dell’equipe;
-      coinvolgere anche l’allenatore, il preparatore atletico e le altre figure professionali.
Si instaura una relazione basata sulla reciproca fiducia e tesa a permettere: ascolto empatico, l’espressione delle difficoltà, supporto psicologico. L’atleta e lo psicologo vivono uno spazio ed un tempo loro, riservato, esclusivo, derivato dal fidarsi da parte dell’atleta e dall’interesse dello psicologo a mettere se stesso e la sua professionalità a disposizione dell’atleta. Si tratta di incontrare l’altro che ha una esigenza, una difficoltà, un problema, stabilire un contatto reciproco.
Attraverso le osservazioni sul campo, si ha modo di cogliere le dinamiche tra atleti ed allenatori, le modalità di feedback da parte degli allenatori, le reazioni degli atleti ad allenamenti faticosi o dolorosi.

Prestazione ottimale nelle aziende, nello sport e nelle emergenze

Se non ci riusciamo, riproviamo ancora e ancora, sorridendo, senza tensione; senza scoraggiarci, continuiamo a ripetere l’esercizio. (1)

Nei contesti lavorativi, negli ambienti sportivi, negli interventi durante le emergenze derivanti da catastrofi, tragedie, si richiede sempre più prestazioni ottimali, la cosìdetta performance, la prestazione eccellente da parte delle persone coinvolte, che siano dipendenti, sportivi, soccorritori.
Come fare per incrementare tale performace?
E’ importante prima di tutto valutare cosa si fa, come lo si fa, quanto è valido, è produttivo quello che si fa.
Bisogna fare un monitoraggio, una valutazione delle persone coinvolte, di come sono composti i team che siano aziendali, sportivi, squadre di soccorritori. E’ utile comprendere quali sono le risorse, le caratteristiche, le qualità occorrenti nei diversi contesti, nelle diverse fasi, cercare di potenziare, rafforare quelle che si posseggono già, sviluppare quelle che non si posseggono.
Si possono creare occasioni di incontro, confronto, per poter parlare, discutere, fare esperienza, per poter insegnare e far apprendere le buone prassi che portano all’eccellenza nei diversi settori e nelle diverse fasi del processo produttivo, sportivo, di intervento in contesti emergenziali.
Sheil J. Costello nella prefazione al suo libro Gestire e migliorare le performance (2) spiega: “Una gestione efficace della performance in un contesto d’impresa significa informare i dipendenti di quanto ci si aspetta da loro, valutare le loro prestazioni ed elaborare insieme modalità per migliorarsi e crescere. Solo a questo punto potranno contribuire al meglio, sfruttando tutte le loro capacità e sentendosi parte integrante dell’organizzazione aziendale”.

martedì 21 gennaio 2014

Promuovere stili di vita e alimentari sani

Psicologo, Psicoterapeuta


L’inattività fisica incide notevolmente sui costi diretti e indiretti dell’assistenza sanitaria e ha un impatto significativo sulla produttività e sugli anni di vita in buona salute. Le politiche e le azioni che favoriscono lo svolgimento dell’attività fisica rappresentano un forte investimento per la prevenzione delle malattie croniche e per il miglioramento della salute, per le relazioni sociali e la qualità della vita.
Favorire l'attività fisica: Le organizzazioni sportive potrebbero collaborare con gruppi del settore della sanità pubblica per mettere a punto campagne pubblicitarie e di marketing in tutta Europa al fine di promuovere l'attività fisica, in particolare fra le popolazioni bersaglio, quali i giovani, o i gruppi appartenenti a ceti socioeconomici più bassi. (1)
Save the Children (2) promuove insieme a Mondelēz International Foundation e un progetto triennale nelle aree periferiche di 10 città italiane a favore della pratica motoria e sportiva e dell'educazione alla salute dei bambini. Obiettivo del progetto è promuovere un cambiamento negli stili di vita dei bambini, coinvolgendo le famiglie, lavorando nelle scuole e in centri sportivi informali, con un focus particolare ad aree e quartieri disagiati. L'intervento è coordinato da Save the Children e implementato da due Partner autorevoli: UISP (Unione Italiana Sport per tutti) e CSI (Centro Sportivo Italiano) che collaboreranno insieme nelle seguenti città: Ancona, Aprilia, Bari, Catania, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Sassari e Torino. I beneficiari diretti del progetto saranno 66.440 tra bambini e loro famiglie ed un numero maggiore di beneficiari indiretti (operatori, educatori, insegnanti, pediatri ecc).

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