La maggior parte
delle più importanti e riconosciute teorie della percezione hanno messo in
risalto il ruolo degli organi sensoriali, in primis la vista, nel cercare di
dare una spiegazione sul funzionamento percettivo. Questo ha implicato una
costante e continua attenzione al mondo esterno, ad una concezione più
ecologica, che vede l’uomo al centro di un ambiente in continua evoluzione.
Se consideriamo solo i paradigmi propri della
scienza, che si basano sostanzialmente su principi di verificabilità, criteri
relativi alla ripetibilità dell'applicazione del metodo e sulla necessità di
raggiungere risultati misurabili, c’è un aspetto della percezione di cui è
difficile reperire ricerche e teorie di riferimento se non in testi vicini alla
filosofia o alle pratiche spirituali: mi riferisco alla percezione del mondo interiore.
Il primo problema
che bisogna affrontare è la scelta degli strumenti da utilizzare in questa
diversa forma di percezione: risulta ovvio che gli organi sensoriali, strumenti
prediletti nella percezione della realtà esterna, non si possono utilizzare per
questo tipo di indagine.
Ma Yuan Disegno dell’epoca Dinastia Sung |
L’autore nel verificare questa ipotesi utilizza la sostanza
su di sé arrivando a conclusioni che se da un lato si allontanano dall’ipotesi
iniziale, dall’altro aprono le porte a un nuovo filone da esplorare. Il lavoro
che ne deriva, raccolto in questo saggio, non è altro che la descrizione
dettagliata, e le relative riflessioni, basate su questa esperienza.
Ma Yuan
- Salici e Montagne -
Disegno dell’epoca dinastia Sung
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Secondo Huxley, la mescalina può aiutare l’individuo a
transitare nel mondo che lui chiama dell’Esperienza Visionaria, questo mondo
che lui definisce agli antipodi della mente e che non bisogna interpretare come
una esperienza mistica. Essa infatti è ancora lontana dal Piano Divino, ma da
esso ci si può affacciare per avere come un punto di vantaggio dal quale il
Piano Divino può esser visto più chiaramente anziché dal livello dell’ordinaria
esistenza individualizzata.
Come è possibile che la mescalina provochi il trasporto
dell’individuo dall’esistenza quotidiana a un’altra realtà dove l’individuo è
in grado di percepire se stesso e il mondo in maniera differente?
Caccia notturna – Dipinto di Paolo Uccello
Museo di Ashmolean - Oxford |
A questo punto possiamo
chiederci: la percezione estetica di un’opera d’arte, che
presuppone anch’essa una forma di contemplazione, può portare il soggetto ad
una conoscenza del proprio mondo interiore? Può essere considerato uno
strumento al pari degli organi di senso per questo tipo di esplorazione? Può,
in altre parole, trasportare il soggetto nel mondo dell’Esperienza Visionaria?
Dipinto di Henry “Doganiere” Rousseau
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Buddha seduto di Khmer
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Nell’attività
cognitiva verticale vi è un primo trattamento gerarchico ascendente
(bottom-up) in cui salgono subito alla coscienza percettiva le
caratteristiche ecologicamente rilevanti ovvero legate ad un
riconoscimento (anche non concettuale) della forma percepita. A questo
processo si unisce un apprendimento percettivo attenzionale guidato,
ovvero un trattamento a cascata (top-down) degli stimoli, il quale
permette una maggiore definizione in quantità e densità delle componenti
trattate nella prima categorizzazione. Pensare la percezione nei
termini di un’attività strutturata su più livelli di trattamento
dell’informazione, ci dà la possibilità di descrivere il funzionamento
dell’attenzione estetica come un’attività di tipo associativo fondata su
un trattamento verticale e categorizzante, guidato da una risposta
affettiva. (Estetiche della percezione Fabrizio Desideri; Giovanni Matteucci).
Lohan cinese della Dinastia Ming
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Stele di Copan
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Il potere di trasporto di molte opere d’arte è attribuibile al fatto che i loro creatori hanno dipinto scene, persone e oggetti che ricordano allo spettatore ciò che consciamente o inconsciamente egli sa dell’Altro Mondo dietro la sua mente.
Un altro esempio
possono essere i grandi capolavori statici dell’arte religiosa. Le figure
scolpite degli idoli e degli dei-re egizi, le Madonne e i Pantocratori dei
mosaici bizantini, i Bodhisattva e i Lohan cinesi, i Buddha seduti di Khmer, le
stele e le statue di Copan, gli idoli di legno dell’Africa tropicale hanno una
caratteristica comune: una profonda tranquillità. Ed è precisamente questo che
dà loro il potere di trasportare lo spettatore fuori del Vecchio Mondo
dell’esperienza quotidiana, lontano, verso i visionari antipodi della psiche
umana.
Ricordiamoci che essere occupati è la legge del nostro
essere. Ma ciò che ci serve per la percezione del mondo interiore dovrebbe
essere un non far niente in particolare, rappresentato proprio da questi idoli
sopra descritti.
Lo stesso avviene
in tutte le altre forme d’arte come la musica, la letteratura, l’architettura
ed è possibile riscontrare forme di contemplazione in qualsiasi tipo di
religione al mondo.
Possiamo rischiare una
generalizzazione e dire che qualsiasi cosa, in natura o in un’opera d’arte, in
grado di provocare una forma di contemplazione, potrebbe essere in grado di
trasportare, anche se in forma parziale e attenuata, nel Nuovo Mondo
dell’Esperienza Visionaria.
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Uno stato simile si cerca di raggiungere attraverso la tecnica della meditazione.
Sono state date innumerevoli definizioni di meditazione: secondo il modello proposto da Naranjo,
esistono diverse forme di meditazione che non sono differenti tra loro, bensì
sono complementari. Queste forme di meditazione possono essere raggruppate
intorno a tre assi, come rappresentato nella figura di seguito riportata.
Più nello specifico, possiamo affermare che l’asse della cognizione si presta ad
una meditazione centrata sull’attenzione all’esperienza sensoriale, vissuti e
processi di pensiero (prestare attenzione) o su un regno astratto e immaginario
(evocazione del sacro); l’asse della
volizione, invece, si presta ad una meditazione centrata sul calmare la
mente (non fare) o sul lasciare andare; infine, l’asse affettivo è centrato su principi di mancanza di energia, di
sentimento, rinuncia e sacrificio (non attaccamento) o su una piena energia
psichica (amore).
Questi sei processi fanno tutti parte dello stesso processo
meditativo: non sono altro che approcci diversi a un singolo processo di
sospensione dell’io o di temporaneo dissolvimento dell’io.
Le frecce convergenti del disegno dovrebbero fare intuire
che i diversi approcci portano tutti allo stesso risultato.
Ma perché abbiamo
bisogno di ricorrere a questo processo di sospensione e dissolvimento
temporaneo dell’io? Che cos’è questo “io”?
Secondo la teoria dell’autoregolazione organismica di Fritz
Perls, l’uomo è stato progettato per vivere in armonia con il mondo. Quando ci
abbandoniamo alla spontaneità interiore, l’individuo funziona correttamente.
Ebbene possiamo considerare l’io come un usurpatore che
prende il controllo della psiche, cosicchè al posto di una situazione salutare
e auspicabile, di controllo dell’intero complesso corpo/mente da parte del
processo di regolazione organismica, è solo una parte ad avere il controllo e
ad instaurare un’implicita tirannia interiore.
Per fare tutto ciò, l’io attiva un processo di incoscienza attiva, che consiste nel
bloccare la consapevolezza, interferire con l’impulso e impedire la percezione
delle sensazioni corporee complete, della consapevolezza emotiva e della conoscenza
diretta del pensiero.
Le sei azioni meditative sopra descritte non sono altro che
sei modi per disfare l’io. Questo provoca un effetto che è molto simile
all’effetto figura-sfondo.
Bloccando temporaneamente l’io, esso passa sullo sfondo
facendo risaltare in primo piano alla nostra coscienza ciò che invece
quotidianamente risulta essere sullo sfondo: la nostra vera Essenza.
Le sei azioni meditative, quindi, altro non sono che sei
sentieri che conducono alla realizzazione dell’Essere.
Uno di questi
sentieri, è quello del “lasciare andare”, il cui punto centrale consiste nel lasciare che la mente segua spontaneamente
il suo corso. Questo stato è ben rappresentato dalla metafora zen del cielo
vuoto che permette il passaggio di nubi e uccelli; una condizione in cui il
meditante diviene consapevole di un nucleo stabile mentale, sempre silenzioso e
indifferenziato, non disturbato né oscurato dalla corrente dei pensieri o da
altri eventi mentali, che proprio in considerazione della non ostruzione (della
condizione mentale) dà il via a una libertà creativa massima e a un adeguamento
organico.
Il lasciare andare, nel momento in cui dissolve tutto quello
che è presente nella psiche, diventa una cura naturale a tutto quello che sta
andando per il verso sbagliato. Quali che siano le dinamiche, le abitudini, i
pensieri e le emozioni, se siamo in grado di interrompere ogni attività non
funzionale a cui ci stiamo dedicando, otterremo un temporaneo stato di salute.
Condizione questa molto simile allo stato di “contemplazione”
che abbiamo descritto all’inizio.
C’è un dipinto di
un artista giapponese del diciassettesimo secolo che riassume quanto appena
espresso: esso rappresenta una gazza marina, appollaiata su di un ramo spoglio,
in attesa, senza scopo. Sopra, sotto e intorno, niente. L’uccello orientale si
contenta semplicemente di esistere, di essere intensamente e assolutamente là.
Lui semplicemente È.
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Gaetano Buonaiuto
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[1] “Mentre
erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo
accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale,
sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era
tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse:
“Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire?
Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti
preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è
bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”. (Vangelo - Luca 10, 38-42)
Bibliografia
Claudio
Naranjo – La via del silenzio e la via
delle parole – Astrolabio
Aldous
Huxley – Le porte della percezione –
Mondadori
Vangelo –
Luca 10, 38-42
Fabrizio
Desideri e Giovanni Matteucci – Estetiche
della percezione – Firenze University Press