Si parla sempre di più di prestazioni
sportive, di record, di attività fisica sportiva estrema, si raccontano gare ai
limiti dell’umano, sfide sul tapis roulant come quella disputata il 6 settembre 2015 dove Daniele Baranzini ha
ottenuto il Record del Mondo (WR) di 12 ore di corsa su treadmill
(tapis-roulant) all’expo di Milano, portandolo a 148,180 km, quasi tre
chilometri in più rispetto ai 145,55 km del precedente record del tedesco
Robert Wimmer del 2009. In contemporanea, per lo stesso periodo di tempo, Ivan
Cudin e Vito Intini hanno battuto il record a staffetta, dandosi il cambio ogni
10 km. Correndo sullo stesso posto, hanno fatto girare il nastro sotto i loro
piedi per 175,620 km, contro i 170,53 del precedente record della coppia
svedese Christian Malmstrom e David Hogberg ottenuti nel 2013.
Ma a volte è
importante fermarsi, KABAT-ZINN nel suoi testo “Dovunque tu
vada ci sei già. In cammino verso la consapevolezza” (1) illustra l’importanza
del non fare, di fermarsi, di sperimentare l’essere: “Un buon modo di
interrompere le nostre occupazioni è passare per un momento alla ‘modalità
dell’essere’. Valutate semplicemente questo momento, senza tentare affatto di
cambiarlo. Cosa sta accadendo? Cosa provate? Cosa vedete? Cosa sentite?
Quando ci si ferma, l’aspetto curioso è
che immediatamente si diventa se stessi. Tutto appare più semplice. In un certo
senso è come se foste morti e il mondo continuasse. Se moriste realmente, tutte
le vostre responsabilità e obblighi svanirebbero d’incanto.
Riservandovi alcuni attimi di ‘morte
volontaria’ arginando le pressioni del tempo, finché vivete sarete liberi di
ritagliarne una parte per il presente. ‘Morendo’ ora, in questo modo, in realtà
divenite più vivi. Questo è il vantaggio di fermarsi. La pausa contribuisce a
rendere più vivaci, ricche e articolate le azioni successive, aiuta a
inquadrare nella giusta prospettiva tutte le preoccupazioni e insicurezze.
Serve da guida.