La paura di sbagliare e di non essere all’altezza può
causare ansia, stress e aggressività verso tutti.
E’ importante individuare quali sono gli
aspetti importanti da potenziare per prevenire o gestire le sensazioni di
ansia, di paura, di non riuscire. Si soffre spesso di ansia che si
presenta con palpitazioni e tremore delle mani. Può capitare agli
ultramaratoneti di aver paura di non farcela ma hanno i mezzi per superarla, lo
spiega un ultrarunner di livello internazionale Daniele Baranzini: “La
paura è sempre quella di non farcela. Ma io non ci credo. Nessun ultradistance
runner presta troppa attenzione alle parole di dispiacere del corpo.”
Infatti, gli ultramaratoneti sanno che a
volte il fisico vuole cedere, sembra che abbia finito energie ma poi ti accorgi
che da qualche parte c’è un serbatoio dove si può attingere nuova energia e poter
andare avanti sorprendendosi. La fatica esiste ma si riesce ad addomesticarla,
ci si prepara ad andare oltre, ad fare allenamenti sempre più sostenuti nelle
diverse condizioni estreme, il fisico e la mente si adatta un po per volta e
tutto diventa gestibile e fattibile.
E’ quello che emerge da interviste ad
atleti che partecipano a competizioni estreme che comportano tante ore di gara
e di allenamento ed in percorsi e condizioni atmosferiche impervie. La mente
aiuta tanto facendo un lavoro di immaginazione nel momento della gara,
immaginazione del percorso, della fatica che si farà, di quelo che potrebbe
accadere. Ed allora avviene che la preparazione è basata anche su questa
immaginazione, l’atleta sa quali sono le parti più difficili da allenare.
Il fisico e la mente si adattano alle
paure e si scopre che anche nel passato in certe situazioni si è avuto paura ma
poi si è riusciti a continuare, ad andare avanti, ed anche aiuta il fatto che
altri simili a noi ci sono riusciti ed anche all’inizio era dura per loro
oppure anche loro avevano paura ma poi ce l’hanno fatta e così se vogliamo
anche noi possiamo riuscire nel raggiungere i nostri obiettivi nello sport e
nella vita. Riuscendo in ciò diventano più addomesticabili e gestibili la
fatica e la paurta ed allo stesso tempo si rafforza la mente, si eleva
l’autoefficacia personale e si sviluppa la resilienza.
La paura di non farcela può portare a pensieri
negativi e alla successiva ansia. In questi casi è importante focalizzarsi sul
respiro, fermarsi ed osservare quello che succede ascoltando il respiro, pian
piano il respiro rallenta, si può osservare la diminuzione delle palpitazioni e
del tremore delle mani. Poi si può passare alla paura di non farcela, cercando
di far leva sull’autoefficacia personale ed in particolare su esperienze
passate di benessere oppure di riuscita in qualche campo. Si può ricordare
quali erano le sensazioni sperimentate in passato in concomitanza del senso di
benessere oppure di riuscita.
Quando ci si trova in queste situazioni, si può
tendere a non parlarne. Importante è esprimere in diversi modi e con diverse
modalità quello che si sente, la propria sofferenza, il proprio dolore,
disagio. Mezzi di espressione possono essere, la scrittura, il disegno, la
drammatizzazione, parlarne con persone di riferimento o professionisti
dell’aiuto.
Si può fare un lavoro di autoconsapevolezza con l’atleta
volto a riconoscere i sintomi dell’ansia e a interpretarli correttamente.
Successivamente si possono insegnare metodi e tecniche di rilassamento volte a
ridurre il livello di ansia.
Inoltre si può fare un lavoro attraverso le visualizzazioni
o l’ipnosi per accompagna l’atleta, in situazione protetta, ad affrontare
gradualmente la situazione temuta per aiutarlo a ridurre e padroneggiare
l’ansia in quella specifica situazione. Inoltre si può cercare insieme
all’atleta o alla squadra di elaborare e far in modo di desensibilizzare alcuni
pensieri disturbanti.
Aneddoto di Jodorowsky nel suo libro Psicomagia (1): “Preoccupato, Isan
chiese a suo maestro Gyosan: ‘Maestro, la vita mi preoccupa. Mi sento inondato
dalla sua molteplicità. Milioni di cose mi vengono addosso e mi attraggono. Ne
sono invaso. Questo mi fa disperare.’ ‘Non ti preoccupare. La tua percezione
non può captare più di una cosa per volta. Perciò è inutile che ti preoccupi in
anticipo. Vivi ogni cosa nel momento in cui si presenta, esso è unico. Non è
tutti gli oggetti. Accettalo per quello che è e vivilo. Non esistono milioni di
istanti da vivere. Non esiste altro che l’istante presente. Gli altri verranno
dopo. Sono in cammino per trasformarsi nell’istante presente, ma se rimani
calmo e tranquillo, senza metterti a fare troppe elucubrazioni o farti prendere
dall’ansia, verranno uno dietro l’altro e la tua vita scorrerà serena.’
Ci sono attività che aiutano in questa
presa di coscienza emotiva, fisica, corporea e mentale, quali le passeggiate,
le camminate, la corsa lenta e la meditazione, sono attività che sembrano una
perdita di tempo ma aiuta a rinforzare la mente ed anche a preparare il fisico.
Sarebbe necessario avvicinarsi,
frequentare persone, maestri che ti possono indicare una strada, un percorso da
seguire, che include autoconsapevolezza, calma, meditazione, attesa,
preparazione, senza richiedere tutto e subito. Il percorso è duro ma come tutte
le cose che si vogliono ci vuole impegno, determinazione, costanza e
resilienza, ogni volta che capita che si devi dal percorso non bisogna
preoccuparsi, succede, è importante riprendere la strada giusta.
Se l’atleta o la squadra non possiede la
preparazione volta ad un approccio meditativo che ti fa centrare sul presente,
sul momento presente, sul qui e ora, è possibile sperimentare una scarsa
motivazione a continuare la preparazione e alle successive competizioni. Pertanto
è importante che sia gli atleti che gli allenatori siano formati dal punto di
vista degli aspetti mentali.
Sergio Mazzei, Direttore dell’Istituto Gestalt e Body Work, afferma nel mio testo Sviluppare la resilienza: “Evidentemente
il senso della resilienza in buona sostanza equivale all’avere coraggio,
all’insistere nel raggiungere il proprio scopo e dunque al non sottrarsi alla
propria esperienza, qualunque essa sia, al non censurare o negare la propria
verità, allo stare con il proprio dolore e impedimento, al tener duro anche se
le circostanze sembrano insostenibili.”
L’allenatore può intervenire sull’autoefficacia attraverso la programmazione di
sedute di allenamento che favoriscano esperienze di superamento graduale e
progressivo degli ostacoli e delle difficoltà. Deve conoscere le abilità dei
propri atleti e con questa conoscenza costruire un programma di preparazione
che si basi su obiettivi concreti e reali. Fissare obiettivi limitati, raggiungibili
e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare
l’autoefficacia dell’atleta.
L’allenatore
ha una grande importanza nello sviluppare le motivazioni giuste: graduando le prove con le quali
l’atleta deve cimentarsi, trovare le ragioni convincenti per mettere l’atleta
ogni volta alla prova, negoziando il raggiungimento di mete sufficientemente
(ma non esageratamente) difficili, monitorando i progressi dell’atleta,
insegnando a trarre lezioni dagli insuccessi.
Bibliografia
Jodorowsky A., Psicomagia, Milano, Feltrinelli, 1997.
Simone M., Psicologia dello sport e non solo,
Aracne editrice, Roma, 2011. Psicologia dello sport e dell’esercizio fisico.
Dal benessere alla prestazione ottimale, Sogno Edizioni, Genova, 2013. O.R.A.
Obiettivi, Risorse, Autoefficacia. Modello di intervento per raggiungere
obiettivi nella vita e nello sport, Edizioni ARAS, Fano, 2013. Sviluppare la
Resilienza Per affrontare crisi, traumi,sconfitte nella vita e nello sport.
MJM, Meda (MI), 2014.
Psicologo, Psicoterapeuta
380-4337230 - 21163@tiscali.it
http://www.ibs.it/libri/simone+matteo/libri+di+simone+matteo.html
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