giovedì 30 aprile 2015

Hai un sogno nel cassetto?

Il sogno nel cassetto degli ultramaratoneti è percorrere sempre più chilometri nelle condizioni più difficili e continuare a correre anche a 100 anni. 

Ecco cosa rispondono alla domanda: “Hai un sogno nel cassetto?”:
Pasquale Artuso: “Il Tor des Geants (TDG)!” 
Marco Stravato: “La Nove Colli Running 202,4 km, ma di più l’UTMB (Ultra Trail du Mont Blanc 168 km con 9.600 metri di dislivello positivo in semi-autonomia che si svolge sui tre versanti francese, italiano e svizzero del Monte Bianco) e il TDG. Il trail lo preferisco ultimamente.”
Gianni Greco: “Poter correre una Ultra con mia moglie.”
Marco Dori: “Relativamente alle ultra, sì, diversi. Mi piacerebbe correre nel deserto, una di quelle corse a tappe. Mi piacerebbe correre anche sul ghiaccio al Polo Sud o Nord e poi mi piacerebbe fare una sky race / un ultra trail in montagna in mezzo alla neve. Poi mi piacerebbe riuscire a fare la Atene – Sparta di 248 km… Insomma, parecchie cose…”

mercoledì 29 aprile 2015

L’alimentazione degli ultramaratoneti semplice e naturale

Chiedendo a diversi ultramaratoneti se usano integratori o farmaci è emerso che diversi seguono una dieta vegetariana e per la maggior parte non usano farmaci se non alcuni ai quali gli è stato prescritto e tendono a far uso di alcuni integratori soprattutto nei periodi di maggior carico di allenamenti. La maggior parte sono propensi a farne a meno e cercare di andare avanti con un’alimentazione semplice e naturale, così come sembra essere lo stile di vita semplice e naturale, in particolare per gli ultratrail che sperimentano benessere a correre liberi tra sentieri, parchi, montagne. Quindi alla domanda: “Usi farmaci, integratori? Per quale motivo?”, di seguito le risposte ricevute:
“Mai presi dei farmaci, integratori invece si.”
“Sali, magnesio e potassio soprattutto in estate.”
 “Aminoacidi prima delle gare o allenamenti lunghi, Sali minerali quando fa caldo, enervit gt che compro al supermercato, polase. Per quale motivo? Nelle ultra si andrebbe troppo sotto scorta, quindi penso sia quasi essenziale, certi limiti sarebbe impossibile da raggiungere, non uso nient’altro però.”
No, riesco a tirare avanti mangiando naturale.”
Non uso nessun farmaco e integratore specifico.”
“Quando mi alleno prendo degli aminoacidi immediatamente prima e dopo l’allenamento per proteggere i muscoli e riparare le microlesioni muscolari. Durante le ultra sciolgo maltodestrine nell’acqua.”

martedì 28 aprile 2015

L’atletica “LA SBARRA” per uno sport integrato

L’atletica “LA SBARRA” è una squadra di podismo della zona sud-est di Roma, la maggior parte delgi atleti si allenano nell’immenso Parco Tor Tre Teste - Alessandrino, uno dei tanti polmoni verdi di Roma, situato tra il lungo Viale Palmiro Togliatti, la via di Tor Tre Teste e le due vie consolari Prenestina e Casilina.
In questo parco c’è di tutto, è attraversato da un tratto di un antico acquedotto di Roma, l'Acquedotto Alessandrino che dà il nome al quartiere, inoltre all’interno c’è un anfiteatro all’aperto, una pista di atletica che fa da perimetro ad un campo di Rugby dove si riversano tanti bimbi e ragazzi appassionati a questo sport in alternativa al calcio.
Inoltre nel parco è possibile notare degli stormi di pappagalli verdi, ed in un laghetto è possibile osservare le tante tartarughe e i vari uccelli d’acqua che stazionano e transitano per il parco. Inoltre, sempre all’interno del parco il cui perimetro ha una lunghezza di circa 8 km è possibile anche usare un paio di zone attrezzate per gli esercizi fisici all’aperto.
Insomma è un ritrovo per tanti appassionati di sport all’aperto, individuali e di squadra, è un ritrovo per tanti appassionati della corsa e della camminata, è un ritrovo per coloro che portano i cani a spasso, per coloro che vanno in bicicletta e per coloro che vogliono fare un picnic o comunque uscire fuori casa senza allontanarsi più di tanto e godersi i colori, gli odori, i suoni del parco.
Una decina di anni fa un gruppo di corridori ha deciso di costituire una squadra podistica ed ha individuato un nome semplice e cioè “ATLETICA LA SBARRA” in quando il ritrovo è sempre stato in corrispondenza di una sbarra orizzontale che stava a significare un ingresso del parco.

La passione e la pratica dell’ultramaratona

La passione e la pratica dell’ultramaratona permette di conoscere e scoprire delle risorse interne che in situazioni ordinarie sono insospettabili. L’adattamento graduale a situazioni di estremo stress psicofisico permettono di esprimere delle caratteristiche che hanno a che fare con la tenacia, la determinazione, la resilienza, che accrescono la forza mentale per andare avanti, per raggiungere un obiettivo prefissato, per superare eventuali crisi lungo il duro percorso. Gli ultramaratoneti sperimentano di possedere risorse insospettabili, superando le diverse crisi e situazioni lungo il loro percorso. Di seguito alcune testimonianze:
“Della mia esperienza ultra decennale da maratoneta e poi da ultramaratoneta, ho scoperto un lato del mio carattere che nella vita di tutti i giorni invece non è proprio cosi: quello di avere una fermezza decisionale e una sicurezza caratteriale prima e durante le gare che sono quelle che ti fanno arrivare al traguardo!”
“Sicurezza, ho vinto la mia timidezza, la mia forza, non pensavo di avere tutta questa volontà mentale.”
“Di avere un carattere che non si abbatte mai e che sa trovare in se stesso la forza per superare gli ostacoli con tenacia che a volte sfiora l’ostinazione. Ognuno di noi ha dentro di sé dei poteri insospettabili quanto non sollecitati a dovere. Ho scoperto anche di avere delle buone qualità di leader e di saper condurre anche gli altri al traguardo, sapendo suscitare in loro le giuste motivazioni e dando sempre l’esempio.”
“Ha rafforzato la mia forza interiore.”

Gestita e superata la crisi, torna la voglia di riprovare per far meglio

Tra gli aneddoti raccontati dagli ultramaratoneti molti riguardano situazioni di crisi superate, dove si arrivava al punto di considerare di non fare più questo tipo di competizioni stressanti dal punto di vista fisico e mentale ma che poi dopo aver gestito la situazione e superata la crisi, la voglia di riprovare tornava sempre per far meglio, per mostrare a stessi e agli altri di riuscire in quello che si vuole. Ecco cosa viene raccontato.
“A Brisighella (88°km) sono esausto, il ginocchio mi fa male soprattutto quando dal cammino passo alla corsa, il piede è anestetizzato, non lo sento più, sento la scarpa che stringe parecchio credo si sia gonfiato e circoli meno sangue, iniziano così i 12km più lenti della mia vita podistica.
Cammino dal ristoro fino all’uscita del paese, ogni volta che riprendo a correre sento male al ginocchio, vorrei continuare a camminare ma con due rapidi calcoli mi rendo conto che ci vorrebbe troppo tempo ed in quel momento il desiderio più grande per me è arrivare il prima possibile per smettere di correre, mi faccio forza e cerco di ridurre al minimo i tratti di cammino.
Il successivo ristoro sembra non arrivare mai perché si trova al 95° circa, a 7km dal precedente di Brisighella, 2km in più del solito, 2km che sembrano non passare più. Afferro un bicchiere d’acqua, i volontari mi incitano, mancano 5km a Faenza ma con 95km nelle gambe anche 5 miseri km sembrano interminabili, maledico il giorno che mi sono iscritto e mi riprometto di non rifarla mai più!
Ormai è fatta. A 2km dalla fine si entra nel paese, spengo la frontale e la metto in tasca, ormai è fatta, 98km e corro ancora, sono appena passate le 4:00 del mattino, è ancora buio, ho vinto la scommessa col sole, arriverò prima io del suo sorgere.

Importante credere in quello che si fa ed avere la passione che ti sostiene

Racconti di gare estreme, dove si arriva al punto di rischiare di morire o comunque dove si sperimentano condizioni estreme di fatica fisica o atmosferica, oppure si rischia di perdersi o precipitare. Difficili sono considerate anche le gare dove si ripete un breve circuito per tantissime ore. Ma tutto ciò non basta per limitare il rischio, si arriva al punto di chiedere di essere incatenati. Alcuni atleti sono abbastanza resistenti alle gare estreme superano tutte le difficoltà e i rischi e si proiettano su nuove sfide da affrontare serenamente con sicurezza. Estreme e difficili sono considerate anche quelle dove non vi è motivazione, si corre con svogliatezza, quindi è importante credere in quello che si fa ed avere la passione che ti sostiene. Ecco cosa raccontano alcuni ultramaratoneti:
“La gara più estrema e difficile per me, si è capito, è stata proprio la Sparta Atene, ed è quella che sicuramente non porterò mai a termine proprio perché essendo fermo già da tre anni, e mai decidessi di riprendere un percorso di gare, sarà quasi impossibile ritornare ad avere la preparazione per tornare a pensare a rifarla!”
“La 100km del Passatore ed il Gargano Raid di 77km e 3000mt D+, corso per metà in solitario.”
“La TDS del Monte Bianco, 29 ore con dislivelli durissimi, discese durissime, dove bisognava reggersi alla corda, stare attenti a non scivolare giù nei burroni.”
“L’Ironman Frankfurt, quando dopo 10 ore di gara arriva la crisi fisica, e soprattutto mentale, proseguire è dura.”

Si scopre per caso di essere ultramaratoneti

Non c’è un percorso per diventare un ultramaratoneta, si scopre per caso di essere portanti per le lunghe distanze, di sperimentare piacere e benessere nel percorrere lunghi percorsi, sentieri, strade a contatto con se stessi, con la natura, con gli altri, a sfidare i propri limiti, a fare cose impensabili a scollegarsi dal corpo per non sentire, per non essere fermati, per andare avanti, per sfidare l’ignoto, il dolore. Ecco quello che emerge ascoltando atleti al di fuori dal normale:
“In alcuni cammini religiosi ho incontrato alcuni amici ultramaratoneti e parlando delle mie e delle loro esperienze, mi hanno invitato spesso a uscire con loro tutti i giorni facendo mediamente almeno 10 chilometri. Giù di lì mi hanno invogliato a partecipare a una ‘gara’ (100km del Passatore) altri la chiamano la più bella del mondo, e cosi ci andai. Da quella poi sono scaturite altre.”
“Ho iniziato a corricchiare una mezzamaratona con un amico per scommessa a 32 anni. Da lì non mi sono più fermato.”
“Il mio percorso per diventare ultramaratoneta, è stato molto graduale. Ho iniziato oltre 15 anni fa, spronato da un amico, a corricchiare nel parco per passare il tempo mentre i nostri figli si allenavano alla scuola calcio. Con poco entusiasmo gli ho dato retta, perché ero un amante praticante del pallone.

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