martedì 14 luglio 2015

L'ultramaratona come un viaggio dentro a se stessi

Nella vita si fanno delle scelte, molti preferiscono poltrire o restare in una zona di estremo confort per non rischiare un giudizio, una brutta figura, altri per sentirsi vivi devono sentire il proprio corpo, le proprie sensazioni corporee, il cuore che palpita, il respiro affannoso, il sudore colare da proprio corpo, il senso di fame, sete, freddo, caldo, c’è tanto bisogno di sentire.

Riporto di seguito alcune risposte alla domanda Cosa significa per te essere Ultramaratoneta?:
Mauro Fermani: Vuol dire non accontentarsi, aver voglia di mettersi alla prova, soffrire e cercare di raggiungere altri obiettivi senza smettere di sognare.”

lunedì 13 luglio 2015

Tante coppie condividono la passione delle ultramaratone

Tra i tanti ultrarunner che ho avuto modo di conoscere e sottoporre un questionario sugli ultramaratoneti e gare estreme vi sono tante coppie che condividono questa passione, tra queste Gian Paolo Sobrino e Iolanda Cremisi, ecco di seguito come si raccontano rispetto a quello che sperimentano nelle lunghe distanze, cosa li motiva ed alcuni aneddoti.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?
Gian Paolo: “Essere ultramaratoneta significa portare a termine con estrema disinvoltura gare (o meglio esperienze) molto più lunghe di una semplice maratona; approcciare una maratona da 42 Km con la consapevolezza che per me è un corto e non ho problemi a chiuderla. Vivere esperienze diverse; essere consapevole che il mio fisico non prova fatica.
Iolanda: “Andare sempre un po' oltre il limite. Correre in tempi ravvicinati distanze lunghe. La possibilità di conoscere il mio fisico e le mie capacità, la sfida con me stessa.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di smettere di essere ultramaratoneta? 
Gian Paolo: “Ogni volta che arriva un infortunio che non passa; mi chiedo se ne uscirò e tutto sembra difficile, impossibile, irraggiungibile. Poi, a parte il classico rischio degli infortuni, temo da un lato i passaggi tecnici nei trail di montagna, dall'altro il traffico dei veicoli quando mi alleno su strada ed il mio pensiero va spesso ai ‘tanti’ per i quali un incidente stradale ha chiuso la carriera podistica, o anche peggio.
Iolanda: “Sono stata ferma qualche mese ed ho temuto di non riuscire a riprendere...  mi fa paura abbandonare il fondo perché ricostruirlo è davvero faticoso. Diverse volte sono stata costretta al ritiro, ma poi piano sono riuscita a capire cosa mi ostacolava!

venerdì 10 luglio 2015

Tante volte i limiti sono mentali perché la razionalità ci blocca

Hervé Barmasse nel suo testo La montagna dentro spiega come tante volte i limiti sono mentali perché la razionalità ci blocca, non ci permette di osare ma è anche vero che a volte la posta in gioco è molto alta e quindi l’istinto può giocare brutti scherzi facendoti agire senza calcolare eventuali imprevisti inattesi, per non parlare della preoccupazione dei famigliari ed amici che stando ad aspettare possono immaginare le peggiori cose, ecco cosa scrive a proposito Hervé: “L’ultimo giorno procede come gli altri, tra imprevisti, ostacoli e rischi. Una scalata al limite? Forse. Di certo un’esperienza completa e unica. Una sfida che il  buon senso e la razionalità mi suggerivano di non tentare e che l’istinto mi ha permesso di affrontare. Dopo tre giorni di scalata e due bivacchi inparete concludo la via nuova e sulla cima una grande sorpresa mi attende. Nella luce opaca che precede la notte, la sagoma di mio padre prende forma come un miraggio. Dicono che a guardarmmi scalare dal Breuil fosse nervoso, quasi arrabbiato per non avermi impedito di partire, dicono che fosse preoccupato per suo figlio e così mi ha raggiunto salendo per la cresta di Furggen.”(1)
Gli ultrarunner sperimentano di avere risorse interiori nascoste che vengono fuori al momento opportuno, inoltre sperimentano di riuscire nelle loro imprese, sperimentano di essere in grado di portare a termine i loro progetti, i loro obiettivi.
Le risposte degli atleti alla domanda: “Cosa ti spinge a continuare ad essere ultramaratoneta?” fanno riferimento ad altre dimensioni, al superare il normale, il banale, la vita quotidiana, si parla di girare una curva per vedere cosa c’è dietro, scoprire quello che non si può vedere e quindi la voglia di superarsi, di superare il noto, il conosciuto.
Gli atleti più che di sport parlano di un viaggio nel mistero nella conoscenza propria, nel vedere cosa riescono a fare, cosa riescono a sopportare, a raggiungere. Di seguito le risposte ricevute:
Marco Stravato: “Il viaggio, l’avventura, i lunghi percorsi, 24 ore e più a non pensare allo stress lavorativo, sembra di essere entrato in un'altra dimensione, dentro se stessi.”

Promuovere i benefici del movimento tramite la MOVE Week

Now We Move è una campagna europea, organizzata da ISCA (International Sport and Culture Association) in collaborazione con ECF (European Cyclists’ Federation) che punta a combattere la sedentarietà che affligge il nostro continente.  La visione generale della campagna NowWeMove e della MOVE Week è quella di raggiungere 100.000 cittadini europei in più attivi entro il 2020.
MOVE Week – la settimana della campagna Europea che promuove lo sport e l’attività fisica per incoraggiare una più ampia partecipazione allo sport e all’attività fisica in tutta Europa dal 21 al 27 Settembre 2015.
E’ prevista per il 13 SETTEMBRE 2015 l’organizzazione, per il terzo anno consecutivo, del grande Flash MOVE Europeo, evento di lancio e apertura della MOVE Week 2015.
Il Flash MOVE Europeo è organizzato da diverse realtà in contemporanea in oltre 30 paesi europei. Il FlashMOVE verrà pubblicizzato e promosso durante la settimana precedente l’avvio della MOVE Week, con l’intento di dare grande risalto al lancio della campagna.
Un Flash Mob è una coreografia spontanea eseguita da un gruppo di persone in uno spazio pubblico in un breve arco di tempo. Il Flash Mob è pianificato in anticipo, e il più delle volte la coreografia ha l'obiettivo di sorprendere ed intrattenere i passanti, sensibilizzare su un particolare argomento, o promuovere qualcosa.

Il trail running e l’ultra-trail

Il trail running è una specialità della corsa a piedi che si svolge su sentieri in natura (montagna, deserto, bosco, pianura e collina) con tratti pavimentati o di asfalto limitati, che al massimo e in ogni caso non devono eccedere il 20% del totale della lunghezza del percorso.
Trattasi di uno sport di corsa a piedi ma non in piste di atletiche e nemmeno su strade, bensì per sentieri di montagna e con dislivelli di altimetria.
Il termine trail  significa "traccia", "pista", "sentiero". Nel 1977  fu ufficialmente organizzata una delle prime corse di trail running, la Western States Endurance Run, gara di corsa a piedi di 100 miglia (circa 161 km).
Nel panorama dello sport nazionale ed Internazionale il trail ed a maggior ragione l’ultratrail sono discipline sportive poche conosciute.
La corsa è idealmente, ma non necessariamente, in semi-autosufficienza o autosufficienza idrica e alimentare, e sempre nel rispetto dell'etica sportiva, onestà, solidarietà e nel massimo rispetto dell'ambiente in cui si corre.
Il trail running è un'attività autentica nel senso che è praticata in armonia con la natura e con gli altri, all'insegna della semplicità, della convivialità e del rispetto per ogni tipo di differenza.
Svolgendosi le competizioni di trail running in ambienti naturali spesso distanti da centri abitati, ambienti a volte impervi e soggetti a variazioni climatiche non sempre prevedibili, spesso gli organizzatori prevedono l'obbligo per i concorrenti, specie nelle gare più lunghe, di recare con sé del materiale che possa garantire la sicurezza personale, la sopravvivenza e l'individuazione in attesa di soccorsi nel caso di incidenti.
Le gare con un percorso di lunghezza inferiore ai 42 km sono definite trail, mentre si etichettano come ultratrail quelle con un percorso che invece supera i 42 km.

Il limite è quello che uno si impone con la mente

Si smette per motivi di salute, per logorio, impossibilitati a continuare. Si smette a malincuore, si vorrebbe essere invincibili, imbattibili, supereroi, infiniti, quasi immortali.

Ecco le risposte alla domanda: “Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta?”,:
Angelo Fiorini: “Non ho mai pensato di smettere ma nel momento di massino entusiasmo e di ottima forma fisica, ho dovuto fermarmi a causa di gravi problemi fisici dovuti alla gara più estrema alla quale ho partecipato, la Sparta Atene di 245 km, nell’ottobre del 2011. Dopo 172 km, sono stato costretto a fermarmi e lo sono fino a tutt’oggi!
Vincenzo Luciani: Fosse stato per me, non avrei smesso mai. Però ho smesso di correre le ultramaratone nel 2007, perché ormai la componente di sofferenza era diventata superiore alla gioia e alla soddisfazione della corsa. Per me è stato sempre importante, essendo un amatore, nel vero senso della parola, divertirmi e quando la corsa non è stata soprattutto divertimento ho deciso a malincuore di smettere. Conservo però la mentalità dell’ultramaratoneta e sono capace in qualsiasi momento, anche a corto di allenamento di percorrere lunghe distanze perché sono corazzato mentalmente a sopportare la grande fatica, nella corsa e nella vita (in media lavoro dalle 12 alle 16 ore al giorno).

giovedì 9 luglio 2015

Ho allenato il mio cervello ad andare oltre

Gli atleti considerano l’importanza del fattore mentale, affermando che non basta solamente l’allenamento fisico ma è opportuno sviluppare anche aspetti mentali quali la caparbietà, la tenacia, la determinazione e questi aspetti poi saranno utili anche per la vita quotidiana, infatti permetteranno di saper gestire ed affrontare determinate situazioni considerate difficili.

La domanda: “Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta?” ha avuto le seguenti risposte:
Angelo Fiorini: “La motivazione principale che mi ha spinto ad iniziare tale percorso, è stata la mia caparbietà e tenacia nel cercare il prossimo risultato dopo averlo ottenuto, sfidando la fatica fisica, grazie ad un’ottima tenuta mentale che in questo tipo di attività estrema, è fondamentale perché le gambe possono essere in forma ma se la testa dice no non vai da nessuna parte!!!
Pasquale Artuso: “Vedere fin dove posso e riesco ad arrivare, mi ha dato sempre fastidio ‘non riuscire a vedere cosa c’è dietro una curva’ perché dovevo girare per tornare indietro.”
Stefano La Cara: “Ogni singola sensazione che si respira.”

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