Hervé Barmasse nel suo testo La montagna dentro spiega come tante
volte i limiti sono mentali perché la razionalità ci blocca, non ci permette di
osare ma è anche vero che a volte la posta in gioco è molto alta e quindi
l’istinto può giocare brutti scherzi facendoti agire senza calcolare eventuali
imprevisti inattesi, per non parlare della preoccupazione dei famigliari ed
amici che stando ad aspettare possono immaginare le peggiori cose, ecco cosa
scrive a proposito Hervé: “L’ultimo
giorno procede come gli altri, tra imprevisti, ostacoli e rischi. Una scalata
al limite? Forse. Di certo un’esperienza completa e unica. Una sfida che
il buon senso e la razionalità mi
suggerivano di non tentare e che l’istinto mi ha permesso di affrontare. Dopo
tre giorni di scalata e due bivacchi inparete concludo la via nuova e sulla
cima una grande sorpresa mi attende. Nella luce opaca che precede la notte, la
sagoma di mio padre prende forma come un miraggio. Dicono che a guardarmmi
scalare dal Breuil fosse nervoso, quasi arrabbiato per non avermi impedito di
partire, dicono che fosse preoccupato per suo figlio e così mi ha raggiunto
salendo per la cresta di Furggen.”(1)
Gli ultrarunner sperimentano di avere risorse interiori nascoste che
vengono fuori al momento opportuno, inoltre sperimentano di riuscire nelle loro
imprese, sperimentano di essere in grado di portare a termine i loro progetti,
i loro obiettivi.
Le risposte degli atleti alla domanda: “Cosa ti spinge a continuare ad essere
ultramaratoneta?” fanno riferimento
ad altre dimensioni, al superare il normale, il banale, la vita
quotidiana, si parla di girare una curva per vedere cosa c’è dietro, scoprire
quello che non si può vedere e quindi la voglia di superarsi, di superare il
noto, il conosciuto.
Gli atleti più che
di sport parlano di un viaggio nel mistero nella conoscenza propria, nel vedere
cosa riescono a fare, cosa riescono a sopportare, a raggiungere. Di seguito le
risposte ricevute:
Marco Stravato: “Il
viaggio, l’avventura, i lunghi percorsi, 24 ore e più a non pensare allo stress
lavorativo, sembra di essere entrato in un'altra dimensione, dentro se stessi.”
Giuseppe Meffe: “La voglia di mettermi in
gioco, di conoscermi, di sperimentare e soprattutto l’incontro con l’altro.”
Paolo Zongolo: “La
voglia di conoscere paesaggi sempre diversi e di conoscere sempre più me stesso
e fino a dove posso spingermi.”
Giuseppe Mangione: “Mi
spinge il semplice gesto della corsa, gesto atletico più naturale che esista,
mi spinge perché l’ultramaratona mi dà un pensiero positivo, mi spinge perché devo
scoprire i miei limiti. La forza e la grande passione che ho per la corsa mi fa
continuare ad essere una ultramaratoneta.”
Maria Chiara Parigi: “La bellezza di questo sport mi spinge a
proseguire pensando sempre a nuove strade e nuove sfide da affrontare! Di base
sono un avventuriera!”
Paolo Barnes: “Penso
che il vuoto esistenziale e le endorfine mi fanno andare avanti.”
Stefano
Ruzza: “Allenarmi e sentire il mio fisico adattarsi sempre
di più alle lunghe distanze mi piace, come mi piace ancora gareggiare.”
Stefano
Bognini: “Infrangere i miei record personali e migliorarmi
sempre.”
Salvatore
Musone: “Essere ultramaratoneta significa andare avanti
senza limiti, non mi stanco di cercare competizioni sempre più dure. Solo per
un serio infortunio di salute si smette a malincuore, purtroppo come nel mio
caso.”
Giorgio
Calcaterra: “Niente, è una cosa che mi va di fare e
che faccio, ma non mi spinge niente se non la passione.”
Roldano
Marzorati: “Piacere, puro piacere, sfide non stop fra me e la
montagna, la strada.”
Roberto
D’Uffizi: “Ritengo che sia importante
per me continuare a progredire dal punto di vista umano, l’ultramaratona non è
certamente l’unico mezzo di questo percorso, ma uno dei possibili, visto che
amo correre.”
Vito
Rubino: “Vivere la vita
intensamente. Raggiungere uno stato in cui solo le cose importanti contano.
Riscoprire le persone importanti nella mia vita. Riscoprire e migliorare me
stesso.”
Silvio Cabras: “Mi spinge essere alla ricerca dei miei limiti, e poi noi che corriamo
sappiamo il benessere psicofisico che ci da la corsa! “
Dante Sanson: “Scoprire i miei limiti e costringermi a trovare nuove soluzioni per
continuare a ridivenire ultramaratoneta.”
Armando
Quadrani: “L'illusione che un giorno
riesca a raggiungere quel qualcosa che cerco ogni volta che corro, ma che non
so cosa sia, e che quindi non potrà mai concretizzarsi.”
Andrea Boni Sforza: “AMO FARE SPORT, AMO VIVERE EMOZIONI E
TRASMETTERLE, FINCHE’ L’ULTRAMARATONA MI DARA’ QUESTA GIOIA, CONTINUERO’.”
Stefania: “Quando corro mi sento bene”.
Vito Todisco: “Vedere fin dove arriva quel ragazzino che da
piccolo giocava in porta o andava a servire la messa pur di non far fatica.”
Gian Paolo Sobrino: “Il piacere di esserlo, la condivisione della
avventure con persone speciali.”
Matteo Pigoni: “La passione che ho per la montagna, arrivare di
corsa in posti naturalmente incontaminati, il brivido di raggiungere una
vetta.”
Mario: “Le emozioni che provo ogni volta che corro.”
Giuliano Cavallo: “La voglia/curiosità di scoprire dove si arriva
con la testa/mente!”
Giuliano Ruocco: “E’ un fascino particolare, le mie emozioni
vissute dal cambio del paesaggio a seconda delle altitudini sono quelle che mi
emozionano di più.”
Luca Pirosu: “Continuare a toccare certe corde tra me e
corpo, in una gara corta non hai neanche
il tempo per capire cosa stai facendo o pensare a chissachè se non raggiungere
l’avversario là davanti in ore di corsa, approfittando dei ritmi più blandi ,
trovi spinto forse dall’adrenalina e endorfine a volte delle risposte ai tuoi
perché.”
Alberto
Ceriani: “La sfida con me stesso.”
Susanna Forchino: “Il fatto di potermi misurare con i miei limiti,
di constatare ogni volta che ‘volere é potere’ e di provare ogni volta una
felicità immensa nel portare a termine un’impresa.”
Iolanda Cremisi: “la forza che ho trovato in me stessa, capire che, se si vuole, qualsiasi obiettivo
può diventare raggiungibile, aver scoperto risorse interiori finora
inesplorate, entrare in contatto con me stessa.”
Mario
Demuru: “Mi spinge la voglia di affrontare qualcosa di
difficile nella corsa. Ho già detto di considerare le ultra, come vere e
proprie imprese e il fatto di essere capace di farle mi fa sentire davvero
bene. Poi, non è la stessa cosa di una gara breve, dove partenza e arrivo le
congiungi nel più breve tempo possibile; nelle ultra, sulla linea di partenza,
ti concentri quasi come se dovessi affrontare un lungo viaggio e magari
guardando la direzione che prenderai, sei costretto ad alzare lo sguardo verso
l’alto, dove c’è una montagna enorme che dovrai salire e poi ridiscendere
nell’altro versante; nella quale il percorso lo dovrai ragionare attentamente
ad ogni km di percorrenza, per non compromettere nulla sino all’arrivo. E i
cancelli orario!? La soddisfazione di passarci nel tempo stimato e poi ricevere
l’ok dei medici, che ti aspettano per valutare le tue condizioni fisiche e
vedendoti ancora energico, ti incitano a proseguire!? In quali altre gare le
vedi queste cose? Le ripartenze dai
cancelli orario, mi riempiono di soddisfazione. Mi fanno un effetto energico,
mi danno ancora più carica, per ultimare la gara.”
Julien
Chorier: “Le plaisir de découvrir de nouvelles courses,
paysages, personnes à travers le monde mais aussi le défi sportif. (Il piacere
di scoprire nuove gare, paesaggi, persone di tutto il mondo, ma anche la sfida
sportiva.)”
Raffaele Luciano: “Correre una ultramaratona,
mi permette di scoprire nuovi aspetti del mio carattere, di conoscermi meglio,
scopro di avere risorse che nel quotidiano non pensavo di avere.”
Cecilia
Poli:
“In primis la curiosità, come dicevo, non solo di esplorare posti nuovi ma
anche di conoscere nuovi amici folli che come me condividono l’amore per questo
sport. Ah! Dimenticavo, non essendo molti ancora, posso dire di essere fiera di
essere entrata a far parte della famiglia del trail, ecco sì è proprio questo
che mi spinge, la voglia ogni volta di sentirmi di nuovo a casa.”
Domenico Martino:
“mi gratifica tanto perché ripeto amo correre.....e mi fa stare bene
fisicamente e mentalmente.”
Come dicono Susanna e Iolanda: “volere è
potere” e “se si vuole, qualsiasi obiettivo può diventare raggiungibile”,
questo è un chiaro messaggio che emerge dagli atleti che praticano questa
disciplina faticosa, impegnativa che sembra non alla portata di tutti in quanto
ci vuole tanto coraggio, tanta passione, determinazione, volontà, elevata
autoefficacia e tanta resilienza per superare momenti di difficoltà o eventuali
crisi che possono presentarsi durante i lunghi percorsi di gara.
Gli
ultramaratoneti riportano di non considerare la partecipazione ad ultramaratone
come spingersi oltre i limiti ma hanno un approccio di sicurezza in quello che
fanno avendo sperimentato con gradualità crescente la propria autoefficacia,
cioè di poter riuscire ad aumentare il chilometraggio in allenamento ed in gara
utilizzando delle strategie che gli permettano di superare eventuali crisi,
difficoltà o quello che viene definito limite. Altri vogliono sperimentare
sensazioni che possono essere di dolore o sofferenza che comunque non impedisce
il raggiungimento di un loro obiettivo.
(1)
Hervé Barmasse, La montagna dentro,
Editori Laterza, Bari, 2015, p. 192.
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