Matteo Simone 21163@tiscali.it
Gli amici inizialmente considerano l’atleta fuori di se, ai limiti della pazzia, ma con il tempo apprezzano gli aspetti del carattere che gli permettono di sostenere allenamenti e competizioni di lunghissima durata e di difficoltà elevatissima, diventando quasi fieri di essere amici e raccontando in giro le gesta dei propri amici atleti, quasi a vantarsi di conoscere gente che fa l’impossibile, extraterrestri.
I familiari inizialmente non
approvano la passione di
un ultramaratoneta che percorre tanti chilometri su strade o sentieri in
condizioni atmosferiche difficili, a volte ai limiti della sopravvivenza, ma
con il tempo comprendono che l’atleta si dedica ad una passione che lo
coinvolge e che gli permette di sperimentare benessere.
Ecco di seguito le risposte alla domanda: Cosa pensano familiari e amici della tua partecipazione a gare estreme?
Angelo
Fiorini: “I miei famigliari, moglie e
figli, sono stati contenti di questa mia nuova attività fino a quando si
trattava di allenarsi al parco, fare una corsa salutare, hanno accettato anche
la voglia poi di fare qualche garetta, fino alla mitica maratona di Roma,
guardandomi come un extra terrestre, ma quando ho iniziato l’avventura da
ultramaratoneta sono stati subito contrari prendendomi per matto, perché per
loro era inconcepibile che ci si poteva sottoporre a certi sforzi fisici per
sport, rischiando di farsi male. Quindi con il passare del tempo la mia
passione per le gare, è diventato motivo di discussioni con la mia famiglia, In
primis perché preoccupati della mia salute e poi anche per problemi logistici
(soprattutto per mia moglie): panni sporchi, scarpe infangate d’inverno, i week
end sempre impegnato in qualche gara (anche se a volte le gare si trasformavano
motivo per fare gita con le famiglie che ci seguivano).”
Pasquale
Artuso: “Sono preoccupati e non vogliono.”
Marco
Stravato: “Molti
amici pensano che io sia matto, forse che voglio dimostrare loro che sono più
bravo, più forte, altri mi ammirano, in pochi vogliono vivere queste esperienze
con me, mia moglie mi sopporta, a lei piacerebbe che corressi di meno, magari
2, 3 volte a settimana per massimo un ora, i miei figli sentono che spesso
manco a casa, già lavoro tanto, poi quando potrei stare con loro vado a
correre, hanno ragione, forse dovrei lasciare le ultra? Le maratone? Correre solo per star bene
fisicamente? Forse
dovrebbe essere così, ma non lo è.”
Stefano
La Cara: “Mia moglie ed i miei figli mi seguono ovunque, si informano e
partecipano alle mie emozioni. Senza di loro non avrebbe senso tutto questo.”
Vincenzo Luciani: “ Molti amici pensano
bene di me perché li ho portati
felicemente sulla mia cattiva strada dell’ultramaratona e si sono cavate le
loro belle soddisfazioni. Ricordo con piacere un anno in cui ho portato al
traguardo di una 100 km un gruppo di 5 amici dell’Atletica del Parco che si
sono fidati della mia conduzione di gara. Un anno ho portato mio figlio sulle
strade della Pistoia Abetone e la sua ammirazione nei miei confronti è
cresciuta perché si è reso conto della difficoltà e di avere un padre
all’altezza di quella difficoltà.”
Marco Dori: “Alcuni dei miei compagni
di squadra si sono interessati a queste ultra e mostrano un senso di
ammirazione. Alcuni di loro li ho coinvolti in ultra nel 2015; non 100 km ma 50
e 65”.
Fabrizio Terrinoni: “I miei familiari capiscono
perché sono tutti sportivi, per gli amici dipende, alcuni possono essere
increduli ed ammirati, altri mi consigliano di smettere data l’età.”
Sole Paroni: “Alcuni amici dimostrano molta stima e ammirazione, i familiari assolutamente no, dimostrano indifferenza se non opposizione".
Franco Draicchio: “Se non esagero sono felici, ma
se manco spesso di casa un po' me lo fanno anche pesare, questo sinceramente mi
rende felice, è bello sapere che moglie e figli ti vogliono a casa con loro.”
Giuseppe Meffe: “Non pensano, mi lasciano fare, sono stupiti come tutti.”
Mauro Fermani: “Non penso di aver corso gare estreme, anche la 100 miglia
pur richiedendo un impegno di 21h51’ non credo sia stata estrema. La mia
compagna di vita mi supporta, certo alcuni amici non runners pensano che
esageri e sia matto, mentre i runners sono abituati a ben di peggio.”
Claudio Leoncini: “Nessuna preoccupazione, ho disputato ultramaratone ma mai
nulla di pericoloso.”
Monica
Casiraghi: “La mia famiglia e amici hanno sempre approvato e appoggiato questa mia
scelta di vita.”
Laura Ravani: “Ho sostegno completo da parte di mio marito e mia sorella,
gli altri compresi i miei genitori mi guardano come se fossi pazza.”
Marco D’Innocenti: “Sono contentissimi e sono i miei primi tifosi.”
Paolo Zongolo: “Come in molti casi che non sono tanto normale.”
Enrico Vedilei: “Senza i miei genitori non starei qui a raccontare la mia
storia, mi hanno sempre aiutato. Poi ho trovato una moglie con una famiglia di
ultramaratoneti e quindi il gioco è fatto e per noi è tutto naturale".
Ivan Cudin: “Inizialmente erano molto preoccupati, ora mi sostengono.”
Daniele Baranzini: “I familiari non vogliono, gli amici sono
incuriositi.”
Giuseppe Mangione: “Ho 2 grandi tifosi i miei figli i miei amici mi fanno
sentire come l’uomo bionico.”
Aurelia Vaiclu: “Sono molto contenti i miei figli di quello che faccio e quando parto per fare una ultra dico
sempre, correrò per i miei figli perché loro mi danno tanta forza. Amici sono quelli che condivido le grandi emozioni
della corsa perché corrono anche loro".
Lisa
Borzani: “Paolo, il mio compagno, condivide tutto con me: allenamento, gare,
preparazione e questo oltre ad essere stupendo per me è anche una bellissima
fonte di forza. Mia mamma dice il rosario tutte le sere affinchè il Signore mi
convinca a smettere perché teme che io, abbastanza minuta, possa consumarmi del
tutto!! Mio papà però è mio segreto complice! I miei amici che praticano anche
loro le ultra mi capiscono benissimo…gli altri un po’ meno ma mi supportano ed
incoraggiano lo stesso.”
Federico Borlenghi: “Inizialmente non erano molto contenti adesso come possono
mi seguono e mi fanno assistenza.”
Paolo Chersogno: “Mi stimano ma non mi invidiano.”
Maria Chiara Parigi: “I miei familiari ora mi capiscono, prima pensavano che
perdessi tempo! I miei amici mi ritengono matta ma nel senso positivo!”
Filippo Canetta: “Le gare che faccio sono sempre difficili da spiegare a
qualcuno che non le ha fatte, quindi tendo a minimizzare. Spero solo, in un
certo modo, di essere d’esempio ai miei figli e insegnargli che con l’impegno
si possono superare le difficoltà.”
Paolo Barnes: “Vedono la corsa come una dipendenza, ormai la corsa mi ha
allontanato dalla famiglia e dai vecchi amici, per fortuna mia moglie è nella stessa sintonia.”
Antonio Carozza: “Inizialmente pensavano che si trattasse di un amore
temporaneo, poi quando hanno constatato che la cosa andava avanti, mi
sopportano ma non mi capiscono pienamente.”
Stefano Ruzza: “All'inizio hanno visto la questione come un'esagerazione,
come una cosa anormale, poi vedendo il modo in cui ho portato a termine gare
lunghe e difficili in buone condizioni e senza conseguenze, ora mi assecondano.
Forse vedo anche invidia, ma positiva, vista come stimolo.”
Stefano Bognini: “I familiari mi incitano e mi sostengono durante le gare. Gli
amici sono orgogliosi di me.”
Michele Belnome: “Che sono un folle, che non ha senso. che sono un bambino".
Salvatore Musone: “Li ringrazio per la loro presenza, che mi hanno sempre
aiutato e spronato anche se alcuni amici qualche volta mi dicono di lasciar perdere.”
Roldano Marzorati: “I familiari sono abituati, gli amici sono a loro volta quasi
tutti ultramaratoneti.”
Roberto
D’Uffizi: “In genere trovo diffidenza da parte di coloro che non
praticano la corsa. Ho la fortuna tuttavia, di avere una moglie che ha
praticato running e molti amici con i quali condivido questa passione: li sento
molto vicini in prossimità di questo tipo di gare.”
Lorena: “Sono un po' preoccupati per la
mia incolumità ma sanno che ce la farei comunque.”
Marco Zanchi: “Sono gli amici che spesso mi lanciano nuove sfide, mio padre è
contento solo quando gli porto a casa i trofei!”.
Marinella
Satta: “Diciamo che sono sempre stata ostacolata.”
Mena Ievoli:
“Mio marito e mia figlia dicono che sono matta, alcuni amici la stessa cosa
altri mi chiedono come faccio a farlo e alcuni mi ammirano.”
Valentina Spano: “I miei figli sono
entusiasti, il marito fa un po' più fatica ad accettarlo.”
Gianluca Di
Meo: “Che sono matto, irresponsabile.”
Vito
Rubino: “Sono molto
fortunato perché anche mia moglie è una ultramaratoneta e partecipa con me alle
gare ultra. Quando non partecipa fa parte della mia squadra di supporto. Questo
ci dà la possibilità di condividere momenti importanti, di superare momenti
difficili insieme e attraverso questo percorso di rafforzare la nostra unione
di coppia. Mia madre invece è un tipo pauroso, quindi le dico piuttosto cha
vado a fare delle ‘passeggiate’ all’aperto. I miei amici si sono abituati e
quasi non si sorprendono più quando racconto quello che faccio.”
Dante
Sanson: “Temono che mi faccia male, non si rendono conto di come
sia possibile pianificare un obiettivo, pensano si arrivi a correre per caso e
improvvisando, ma alla fine tutti dicono, però!!! Bravo!!! (Avere fede in
questo piccolo riconoscimento esterno aiuta).”
Monica
Testa: “Amici pensano che sia matta ma provano tanta
ammirazione, famigliari che sono matta, solo il marito capisce.”
Armando
Quadrani: “Ricordo che quando iniziai a corricchiare le prime
garette c'era chi mi credeva matto e chi non mi credeva affatto. Dicevano: ‘mo' corre pure lui, se...vabbè’. Adesso costoro hanno iniziato a corricchiare.”
Riccardo
Borgialli: “Ovviamente ci sono quelli che rimangono a bocca aperta
di fronte alle mie imprese, altri invece come la mia fidanzata o i miei
genitori sanno che non sono cose impossibili da fare e mi spronano sempre a
fare meglio; sanno che è uno sport che mi piace e mi fa star bene e per certi
versi seguendomi lungo il percorso di una gara, facendomi assistenza, si
immedesimano in me e capiscono cosa sto provando in quei momenti.”
Andrea
Boni Sforza: “Spesso pensano che sia una pazzia o uno spreco, per loro sono uno 'sfigato'. tuttavia, ho stima di chi mi ama e dei miei amici veri, e questo vale più di tutto".
Luigi Brugnoli: “All’inizio che non stavo bene, adesso mi vedono in forma
e molto attivo”.
Stefania: “Che percorro più km di loro in macchina.”
William Da Roit: “Qualcuno mi capisce, qualcun altro è rassegnato.”
Vito Todisco: “La telefonata a mia madre a fine gara e sentirmi dire in
dialetto ‘chi te lo fa fare, sprecare tante energie’, sono così narcisista a
sentirmelo dire, è molto orgogliosa di me.”
Matteo
Pigoni: “In pochi capiscono cosa faccio, ma vedo che
rimangono ad ascoltarmi quando gli racconto le mie avventure, per me è una vera
passione.”
Mario: “Dicono che sono matto.”
Giuliano
Cavallo: “Nulla ogni tanto mi dicono che
non sono normale.”
Giorgio Piras: “In famiglia, mi prendono un po’ per fuori di testa, gli
amici in un modo o nell’altro si congratulano e con una punta di invidia mi
ammirano (ma non tanto).”
Enrico Togni: “Non è ben dichiarato, c’è ammirazione da una parte
piuttosto che ‘compassione’.”
Efisio Contu: “Che sono un pazzo ma mia moglie e miei figli sono orgogliosi.”
Luca Pirosu: “Pazzo per i familiari, un piccolo eroe per gli amici.”
Alberto
Ceriani: “Mi incoraggiano e apprezzano il mio
coraggio e la mia tenacità.”
Susanna
Forchino: “In famiglia mi sostengono tutti; so che
quando gareggio sono con me. Mio padre è un po’ più apprensivo, mentre mia
madre racconta a tutti ciò che faccio come se fossi un’eroina, mio figlio
e mio marito mi localizzano per sapere dove mi trovo e per me
é bellissimo.”
Iolanda Cremisi: “Anche il
mio compagno è un ultramaratoneta, quindi massima complicità e condivisione. E'
una parte importante della nostra vita. I nostri figli si rendono conto di
avere dei genitori ‘diversi’ dagli altri e spesso fanno finta di ignorare le
nostre stranezze, talvolta addirittura si dimostrano avversi, ma poi sono
orgogliosi di noi e spesso scopro che non perdono occasione per raccontare agli
altri le nostre avventure e i nostri km.”
Alina Losurdo: “Mio
marito ha smesso di pensare. Solitamente è più preoccupato per la cagnetta che
mi segue che per me. Ormai per lui quando mi vede correre 10km o 100 sono la
stessa cosa e a volte è complice dei miei allenamenti lunghi, mi lascia a
30/40km da casa e poi se ne torna a badare ai nostri animali. Mia madre si
preoccupa troppo e ho smesso di parlarne. Mio padre se non fosse per la
distanza di km che ci separa verrebbe fino in capo al mondo pur di seguirmi.
Porta nel portafogli come dei santini i ritagli di giornale che parlano di me.”
Andrea Accorsi: “Non me ne
sono mai preoccupato. Vivo molto egoisticamente la mia dimensione sportiva e la
vivo come ricerca, quindi libera da ogni pregiudizio esterno.”
Stefano: “I miei familiari accettano queste mie scelte, sono abbastanza contenti. I miei amici, un po' sedentari, sono sorpresi di ciò che riesco a fare e forse un po' mi ammirano".
Marco Gurioli: “Si dividono
fra chi mi ammira e chi mi crede un po' matto.”
Mario Demuru: “Dipende! Mia moglie e i miei figli apprezzano quello che faccio. Mia
sorella, quando racconto qualcosa, mi guarda quasi con preoccupazione; secondo
me pensa che non sono tanto sano ma non me lo dice. I miei amici mi prendono in
giro ma è normale, la maggior parte di loro sono pigroni e comprendo il perché
non capiscono la mia passione. Ma anche loro, quando sanno che devo affrontare
qualcosa di difficile, mi incitano e qualche volta si vantano di conoscere uno
che fa un casino di km di corsa.”
Julien Chorier: "Ma famille a suivi mon
évolution dans ce sport avec passion. Au début il y a eu quelques
interrogations sur les risques de blessures mais avec le temps j’ai démontré
que cela n’était pas le cas. Ensuite, j’ai toujours était soutenu et supporté
par ma famille, cela est indispensable pour la réussite dans un sport si
exigeant. (La mia famiglia ha seguito la mia evoluzione in questo sport con
passione. In un primo momento erano preoccupati per il rischio di infortuni, ma
con il tempo ho dimostrato che non era il caso di preoccuparsi. In seguito sono
stato sempre sostenuto e supportato dalla mia famiglia, questo è essenziale per
il successo in uno sport così impegnativo.)”
Roberto Beretta: “I
familiari inizialmente mi osteggiavano, ora quando dico che faccio una gara di
80 km sostengono che è corta. Gli amici li ho portati sui sentieri della
perdizione, per cui mi capiscono.”
Matteo Colombo: “Anche se
mi considerano un pochino 'matto', spero e mi auguro che in fondo siano fieri
ed orgogliosi… anzi ne sono sicuro!”.
Raffaele Luciano:
“Semplicemente ‘che c’è qualcosa che non va’. Dopo la prima 50 km, mia madre
non mi ha parlato per una settimana. Poi però mi ha detto: ‘ascolta il tuo
fisico e non esagerare, questa per la corsa è una passione, non deve diventare
una droga’.”
Daniele Cesconetto: “I miei
familiari ormai si sono abituati e non si sorprendono più di niente. Gli amici
anche.”
Cecilia Poli: “Mio padre lo adora, lo troverete infatti
spesso ai ristori con cellulare alla mano, pronto a fare mille foto, coca cola
e cibarie varie. È si lui è l’uomo dei ristori, appassionato di sport e matematico per
natura si diverte a venire con me e la Chiara alle gare, si occupa di beverage
e fotografie ma soprattutto di statistiche. Credo che nel cellulare abbia
segnato i nostri tempi ristoro per ristoro. Abbiamo tentato più volte di fargli
capire che nel trail non ci sono medie da rispettare ma in fondo poi a noi
piace così, di sicuro il suo amorevole interessamento rende ancor più speciale
questo sport. I miei amici e molte delle persone che incontro mi vedono come
un’extraterrestre, alcune ti guardano con ammirazione, per loro è come se tu
fossi wonderwoman, sicuramente ciò che accomuna tutti è la curiosità, condividere le nostre emozioni attraverso i
social spinge molti a far domande, quasi volenterosi anche loro, prima o poi d’iniziare questo
sport.”
Domenico Martino: “Familiari e amici mi sono
vicino, alcuni amici sono un punto di forza, mi chiamano spesso in gara, mandano
messaggi, qualcuno dice che sono pazzo...…..hahaha......”
Antonio Mammoli: “Gli amici del mio gruppo
podistico e tutti quelli che mi conoscono in città , mi elogiano sempre in ogni
occasione. I miei familiari mia moglie niente di che, mio figlio neppure, nessun
elogio e mai un Bravo!”
Sara Paganucci: “I miei familiari pensano che sono pazza ma
vedono che sono più tranquilla e soddisfatta quando corro. All'inizio erano un po' ‘gelosi’ del tempo che sottraevo loro, adesso mi
seguono e mi sostengono nelle gare.”
Tom Owens: “Many of my friends do the same racing! My family do not truly understand because they are not endurance athletes- they are super supportive though. (Molti dei miei amici fanno le stesse gare! La mia famiglia non comprende veramente perché non sono atleti di endurance - sono super favorevoli però.)”
Alessandro Tanzilli: “Mi ammirano, forse mi invidiano, non so, comunque sono molto orgogliosi.”
Vito Intini: “Dopo tanti anni hanno capito
che con dedizione e preparazione le gare di Ultramaratona sono una disciplina
come tante altre.”
Filippo Poponesi: “Che fanno
male alla salute e che dovrei smettere.”
Manuela Vilaseca: “In the beginning they were against. They
said I was too crazy and they thought it was weird that I liked to do such
things. With time they started to see my progression and they realized how
important it was to me. I feel that I’ve gained respect. (In principio erano
contrari. Dicevano che ero troppo folle e pensavano che fosse strano che mi
piaceva fare queste cose. Con il tempo hanno cominciato a vedere i miei
miglioramenti e si sono resi conto di quanto fosse importante per me. Sento di
aver guadagnato rispetto.)”
Alessandro Torchiana: “I miei familiari mi seguono (anche se un po' preoccupati…in particolar modo la
moglie) e sono fieri di me.”
Giovanni Capasso: “So matto
qualcuno non sa nemmeno di cosa si sta parlando quando dico ho fato 50 km con
ds+ 4400 in 9 ore mi guardano come se fossi un alieno.”
Alexander Rabensteiner: “All’inizio erano un po’
preoccupati, ma poi, capendo la mia passione, sono orgogliosi e contenti
dei miei risultati e mi danno anche il sostegno necessario.“
Philipp Reiter: “As I wouldn’t call my races that extreme, I have rea lly good support from my family background. It’s important to have someone to you can share your experiences with and tell about your feelings and emotions. If I know that my family is waiting at the finish line I can even more push my limits. (Non chiamerei le mie gare estreme, ho davvero un buon supporto dal miei familiari. E' importante avere qualcuno con cui è possibile condividere le esperienze, le tue sensazioni ed emozioni. Se so che la mia famiglia mi sta aspettando al traguardo, posso ancora di spingermi oltre i miei limiti.)”
Miguel Heras Hernandez: “Aunque lo ven como algo exclusivo para ciertos privilegiados, ya están acostumbrados y me apoyan al máximo. (Lo vedono come qualcosa di esclusivo, per alcuni privilegiati, sono già abituati e mi sostengono al massimo.)”
Con il tempo i familiari comprendono che forse è
meglio accettare questa passione e diventano i primi tifosi dell’atleta
sostenendolo nelle sue imprese in modo da agevolarlo nel prendere le opportune
precauzioni o attenzioni per svolgere al meglio la competizione o allenamento
considerato estremo.
Il treno dello sport a volte passa e bisogna farsi trovare pronti e decisi alla fermata per prenderlo al volo e lasciarsi trasportare per strade, ville, parchi e monti.
“Sport, benessere e performance. Aspetti psicologici che influiscono sul benessere e performance dell'atleta” di Matteo Simone. Editore: Prospettiva Editrice. Collana: Sport & Benessere. Data di Pubblicazione: 15 novembre 2017.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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