Tante donne amanti delle ultracorse e
soprattutto delle corse in montagna, nella natura, degli ultratrai. Tra queste
ho avuto modo di contattatare Sara Paganucci, disposta a raccontare di se e
della sua passione: “L'ultramaratoneta per me è una persona resistente, che non
teme la solitudine ma non disdegna nemmeno la compagnia, spesso si parte da
soli e si arriva che si è parte di un gruppo. Ho iniziato quasi per scommessa
contro me stessa, contro il mio corpo non proprio sano, ho bruciato le tappe
facendo una maratona dopo pochi mesi che correvo, poi un’altra, poi una 50km e
così via.” Come tanti altri, si inizia per caso, o per scommessa, e si scopre
di avere la capacità e la determinazione di riuscire a portare a termine una
delle gare che una volta era considerata estrema e che bisognava arrivarci
gradualmente, dopo anni di allenamento.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La
passione per la corsa, la voglia di conoscere posti nuovi, il piacere che provo
nel soffrire tante ore e la soddisfazione infinita che si prova nel tagliare il
traguardo, voltarsi indietro e pensare: ‘ce l'ho fatta!’.” Come tanti altri si
parte per un’impresa, per percorrere una distanza quasi impossibile per i non
addetti ai lavori, e poi una volta arrivati si guarda indietro e si rimane
sorpresi per quello che si è riuscito a fare e questo ti da più sicurezza nella
vita quotidiana, nell’afffrontare i problemi quotidiani, comprendi che tutto
passa, che tutto è possibile, bisogna impegnarsi con attenzione ed andare
avanti con determinazione e voglia di riuscire, di superare il momento
presente.
Hai mai pensato di smettere di essere
ultramaratoneta? “Ogni volta che soffro per un malore o che non è andata come volevo ma dura
poco; dopo pochi attimi penso già alla successiva e stranamente è sempre più
impegnativa. ”
Cosa ti spinge a continuare ad essere
ultramaratoneta? L'amore per la corsa e la soddisfazione che mi da.” Ci si innamora di
questo sport prolungato perché ai modo per conoscerti meglio per stare tanto
tempo con te stesso, scoprire chi sei, cosa sei, da dove vieni, dove vuoi
andare, è una sorta di elaborazione, una sorta di autoterapia.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue
gare? “Ad oggi non credo di aver raggiunto
il mio limite, forse perché penso che i limiti non esistono, è la nostra mente che
li crea, il mio motto è ‘fin dove la mente arriva, l'uomo può!’” Questa
disciplina dove si contatta il limite aiuta a comprendere che se vogliamo
possiamo, se riusciamo a sognare qualcosa è possibile anche realizzarla.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “Penso che il meccanismo che mi spinge a
partecipare è la sensazione di sentirmi appagata.”
Quale è stata la tua gara più estrema o più
difficile? “Potrei
dire che è stato il passatore, nonostante l'avessi preparata per mesi, sono
arrivata lì tesa come una corda di violino, mi sono sentita male di stomaco quasi
subito e grazie all'aiuto morale e la compagnia di mio marito e alcuni amici,
mi sono trascinata per 80km e ho tagliato il traguardo.”
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai
riuscire a portarla a termine? “Nessuna, ovviamente con una buona base alle spalle.”
C’è una gara estremi che non faresti mai? “No nessuna, prima o poi
riuscirò a farle tutte.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i
limiti fisici? “Questa è proprio una bella domanda, forse la curiosità di vedere
fin dove posso arrivare?”
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua
partecipazione a gare estreme? “I miei familiari pensano che sono pazza ma vedono che sono più tranquilla
e soddisfatta quando corro. All'inizio erano un po ‘gelosi’ del tempo che
sottraevo loro, adesso mi seguono e mi sostengono nelle gare.” L’innamoramento
e la passione per le lunghe distanze toglie tempo e spazi al lavoro e alla
famiglia, ma il benessere percepito dall’atleta è tanto ed oi famigliari.”
Che significa per te partecipare ad una gara
estrema? “Partecipare
ad una gara estrema è solo il completamento di un periodo di sudore, sacrificio
e dubbi che si protrae per mesi, ma che ti da tanta emozione e soddisfazione.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “Un aneddoto può essere il gallo
che ti riconosce e saluta con un bel ‘chicchirichi’ a inizio e fine
allenamento, ogni giorno, indipendentemente dell'orario in cui ci si allena,
fantastico!”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “Che sono una persona forte e allegra, che non si perde mai d'animo, nemmeno
nei momenti più difficili.”
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa?
“La mia vita non è cambiata
molto, se ho molti impegni mi alleno all'alba o dopo il tramonto.”
Se potessi tornare indietro cosa faresti? O non
faresti? “Rifarei
tutto come prima perché gli errori, se pur dolorosi, mi hanno insegnato più
delle vittorie.”
Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Prendo la vitamina D perché il
mio fegato non la metabolizza, glucosamina per le cartilagine (su consiglio del
l'ortopedico) e aminoacidi e sali solo nelle gare lunghe.”
Ai fini del certificato per attività agonistica, fai
indagini più accurate? Quali? “Per motivi di salute vengo monitorata ogni 4/6 mesi con analisi e ecografie,
quindi non faccio altro.”
E’ successo che ti abbiano consigliato di ridurre la
tua attività sportiva? “No mai, il mio medico di base dice che prima o poi ‘morirò di corsa’, i
medici che mi seguono all'ospedale sono fieri e orgogliosi.”
Hai un sogno nel cassetto? “Si ne ho 3: MDS (marathon de
sables), UTMB (ultra trail monte bianco), TOR DE GIANT, l'ultramaratona ti
entra dentro e se si sta troppo senza farne se ne soffre la mancanza!).
Psicologo
dello sport, Psicoterapeuta
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