“Ci
accomunava l’esigenza di conoscere il nostro limite. Per farlo accettavamo
sfide sempre più difficili e intriganti. Volevamo comprendere le nostre
debolezze fisiche e mentali, per migliorarci e affrontare al meglio la prossima
scalata.” (La montagna dentro, Editori Laterza, Bari, 2015, p. 79)
Ecco
le risposte di alcuni atleti alla mia domanda: Hai
sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare?
Angelo
Fiorini: “E’ stata la Sparta Atene del 2011, che mi ha fatto
sperimentare il limite delle mie gare e soprattutto ho capito che bisognava che
ascoltassi la richiesta di aiuto da parte del mio fisico. Infatti dopo un
inizio brillante della gara, al 130esimo km ho iniziato a sentire sensazioni
strane mai avvertite che mi hanno convinto a fermarmi e a ritirami al km 172.
In passato, nonostante problemi fisici ho resistito, stretto i denti ma sono
sempre arrivato al traguardo. In sintesi ho avuto una grave insufficienza
renale da rabdomiolisi, dovuta allo sforzo, alla cattiva idratazione e
alimentazione durante la gara. Dopo le necessarie cure ospedaliere e alla
convalescenza, tutte le funzioni vitali sono tornate nella norma, ma dietro
consiglio dei medici, sono tornato a fare un’attività fisica gradualmente fino
ad un’oretta di corsa ma con i ritmi che fanno bene alla salute e no che la
devastano!
Ora dopo tre anni da questa brutta avventura, le gambe sono tornate
abbastanza in forma ma ho abbandonato le gare (sconsigliate dai medici) e
continuo ad allenarmi senza esagerare e fermandomi quando il fisico lo
richiede. Al momento il problema che è rimasto è un problema psicologico, un
blocco dovuto alla paura ricordando ciò che è accaduto.”
Vincenzo Luciani: “Da amatore
quale sono sempre stato ho cercato sempre di correre un 20% in meno delle mie
possibilità. Ho avuto solo un periodo di un anno circa in cui ero ossessionato
dal raggiungimento di obiettivo (arrivare sotto le 3 ore nella maratona). In
quel periodo mi sono massacrato di allenamenti, snaturandomi in competitivo, ma
poi, una volta fallito l’obiettivo (ho corso la maratona in 3 ore e 19 perché
ho ecceduto nei primi 10 km), sono ritornato amatore e dei tempi mi sono
interessato in maniera non esasperata e con l’avanzare degli anni sono
diventato ancora più amatore e attualmente alterno la corsa e la passeggiata
veloce (e così facendo corro, si fa per dire, ancora la maratona di 42 km in 6
ore circa).”
Marco Dori: “Ogni corsa
è secondo me un raggiungere il proprio limite. In una 10 km non ci si risparmia
così come in una 100. Velocità diverse naturalmente ma in tutti i casi si cerca
di raggiungere il limite delle proprie capacità, anche in funzione dello stato
di allenamento in cui ci si trova. Esperienze limite importanti le ho
sperimentate in occasione di alcune maratone soprattutto a causa di una scarsa
condizione atletica ma prima di iniziare l’esperienza delle ultra. In realtà la
terza 100 km di quest’anno – la 100 km delle Alpi – l’ho corsa in condizioni
non ottimali sia come livello di preparazione sia per aver cambiato alcuni
indumenti (calze e pantaloncini) senza provarli prima; cambiamenti che mi hanno
procurato grandi vesciche e piaghe inguinali tanto da farmi sanguinare
copiosamente e portarmi a camminare per parecchi km alcuni dei quali scalzo sui
talloni!”
Claudio Leoncini: “No, ho
ritenuto che la 100 Km fosse già a priori il limite oltre il quale non mi sarei
spinto.”
Monica Casiraghi: “Si sempre perché ogni gara di
lunga distanza arriva sempre la crisi e sta a te saperla gestire e superare.”
Laura Ravani: “Si, diverse volte, e mi ha
fermato (collasso, colpo di calore, pericardite). A mio parere il limite esiste
appunto perché essendo un limite ti ferma, volente o nolente. Se pensi di
averlo superato è semplicemente perché non era un limite oggettivo, ma solo
soggettivo. “
Marco D’Innocenti: “Non amo superare i limiti imposti
dalla natura al mio corpo. Il mio corpo è la cosa a cui tengo di più. Quando
ricevo segnali estremamente negativi, allora preferisco smettere e ritirarmi,
piuttosto che mettere a repentaglio la mia salute.”
Paolo Zongolo: “Si alla
Spartathlon nel 2006.”
Enrico Vedilei: “Non so se posso dire di aver
trovato il mio limite ma una volta durante la Spartathlon (246km da Atene a
Sparta), al 156°km ero transitato in 18 ore e me ne mancavano 18 per finire la
gara ho pensato di avercela fatta perché mio suocero che correva solo la
Domenica, la 100km del Passatore la chiudeva in meno di 18 ore. Purtroppo da lì
a poco ho avuto una crisi di sonno e non riuscivo ad andare avanti,
ritirandomi. Forse era il mio limite?”
Ivan Cudin: “Direi piuttosto che ho cercato di
aver coscienza del mio limite per poter affrontare al meglio queste
competizioni.”
Daniele Baranzini: “Il limite fisico l’ho superato…ho
una specie di capacità di dissociazione tra vie del dolore e stato di
consapevolezza…le riesco a separare…ma è un’arma a doppio taglio…perché si può
morire. Il limite umano non sono mai
riuscito a passarlo…solo allucinazioni e basta.”
Giuseppe Mangione: “Fino ad ora ho provato 2 volte la
48 ore ogni tanto penso alla 6 giorni per cui penso prevalga in me la curiosità
di scoprire un mio eventuale limite.”
Francesca Canepa: “In realtà mai, in genere
ascoltando bene i segnali non mi succede. Ho sperimentato il limite
psicologico, quello che per noia, brutte sensazioni o mancanza di reale
motivazione, mi ha fatto staccare il pettorale. Ma non è mai successo per un
limite dato dall’esaurimento fisico.”
Lisa Borzani: “Si, credo di sì. Al Tor des Geants
quest’anno sono arrivata al ‘limite’ non tanto dal punto di vista della
gestione della fatica bensì da quello della gestione del sonno. Le prime tre
notti di gara ho gestito la carenza di sonno con dei microsonni ma l’ultima
notte (la quarta) è stata dura e credo di essere arrivata proprio al limite
delle mie possibilità in tal senso.”
Federico Borlenghi: “Si quando si osa si porta il tuo
fisico al limite e lì che inizia la sfida con te stesso.”
Paolo Barnes: “Molto spesso, arrivo al mio
limite molte volte, mi sono trovato in ospedale, svenuto, con flebo, etc.”
Stefano Ruzza: “Il limite di resistenza forse no. Mi sono ritirato
diverse volte, magari dovute a molte ore di difficoltà e crisi, che forse avrei
potuto sopportare ancora, ma non sono per il finire a tutti i costi. Più che
superare i limiti, per me è importante arrivarci vicino e sapersi fermare prima, soprattutto nei limiti fisici.”
Salvatore Musone: “Si,
a Roma in maratona sono riuscito a finirla in 2h43’12”, 69° ass. 3° di ctg. Era
il top per me, poi, grazie ad alcuni amici con la stessa preparazione sono
riuscito a fare il famoso salto di qualità spingendomi oltre maratona conclusa
in 2h 39’15” mio record e quando mi sono spinto a finire la 100 km in 8h 27’
grandissima soddisfazione. “
Giorgio Calcaterra: “Il
limite si può sperimentare anche solo correndo 100 metri al massimo, è il
limite di quel momento. Quindi si, spesso nelle mie gare do il massimo e quindi
ricerco il mio limite.”
Marco
Zanchi: “Sì più di una volta, sia per aver esagerato nelle
mie capacità che per le condizioni climatiche che mi hanno colto di sorpresa.”
Mena Ievoli: “Si un
paio di volte una alla mia prima maratona ero arrivata proprio al limite m sono
riuscita a finirla solo per forza di volontà. E un’altra gara dove non ero al 100% ma ugualmente l’ho
portata a termine Ma devo ringraziare un’atleta che era entrata in competizione
con me, ancora la ringrazio perché mi ha permesso di finirla.”
Gianluca Di Meo:
“Sicuramente durante la
grande corsa bianca, la seconda notte ho rischiato andando a cercare il limite.
Avevo sonno e non stavo in piedi, se fossi svenuto o crollato sarei morto di
freddo da solo. Ho vinto io.”
Vito Rubino: “Ci sto
provando.”
Dante Snson: “Penso di si ma dopo che ho terminato la gara mi
viene in mente che c’è qualcosa che non ho ancora fatto e che posso ancora fare
per migliorarmi.”
Armando Quadrani: “No. Corro sempre con la
consapevolezza che a questa vita ci tengo.”
Riccardo Borgialli:
“Sicuramente, la forza di volontà forse è il mio più grande pregio, riesco a
non mollare mai, nonostante i crampi che talvolta possono arrivare o le energie
che sono finite, in un modo o nell’altro però riesco sempre a raggiungere il
mio obbiettivo".
Andrea Boni Sforza: “No, mai arrivare al limite, non fa parte del mio concetto di sport, sono un amatore, una gara è solo una gara, la vita è un'altra cosa".
Vito Todisco: “Sono ancora un
novellino...credo di essere ancora lontano dal limite.”
Mario: “Fino a oggi sono arrivato a 500 km a tappe di 45 km al giorno e poi le
100.”
Giuliano Ruocco: “La forza di reagire quando i
crampi ti bloccano e trovare le giuste risorse per raggiungere il traguardo.”
Luca Pirosu: “Si alla Maratona di Venezia
del 2014,ero in formissima ma sapevo che avrei beccato il muro, avendola
preparata in un solo mese…pur di finirla in 3h ho combattuto contro il muro
arrivando in ipoglicemia al traguardo.”
Susanna Forchino: “No, risparmio sempre un po' di
energie nelle gare lunghe, perché il mio obiettivo é quello di arrivare al
termine e non quello di ‘fare il tempo’.”
Iolanda Cremisi: “Sì, diverse volte sono stata
costretta al ritiro, ma poi piano sono riuscita a capire cosa mi ostacolava e a
costruire una preparazione adeguata anche se poi, adeguata non lo è mai!”
Alina Losurdo: “Si, quest’anno al passatore,
venendo fuori da un periodo di Anemia da mancanza di ferro ho pensato Male di
essere all’altezza dello sforzo fisico perché nonostante i pochissimi
allenamenti delle ultime 5 settimane avevo sulle spalle carichi di lavoro di km
importanti nei mesi precedenti e memore del fatto che i muscoli non
scordano ho osato. Ma al km 60 il mio
fisico mi ha ricordato che dopo 6h dovevo assolutamente fermarmi. E’ stato un
limite non avere altre forze a causa di un recupero dall’anemia non ancora al
100% ma lo definisco già un 80%. “
Andrea Accorsi: “Più volte di quanto non abbia
sperimentato la sicurezza. Anche questo fa parte del gioco. L’endurance,
qualsiasi campo appartenga, è sempre un sottile equilibrio (soprattutto quando
si cerca la prestazione), tra il limite e il baratro. Forse anche questa
diventa una forma di dipendenza.”
Marco Gurioli: “Sempre, perché c'è un momento in cui mi sembra di non farcela più ed il
pensiero di fermarsi si insinua nella testa ma poi riesco ad andar oltre e
tutto svanisce.”
Antonio Dedoni: “Affronto tutte le gare
cercando di sfiorare il mio limite senza però esagerare.”
Mario Demuru: “Le
distanze delle ultramaratone che ho affrontato, mi hanno fatto capire che i
limiti esistono ma ci sono anche i modi per superarli. Sicuramente le distanze
vanno affrontate con molto allenamento; nella gare è necessario ragionare molto
e soprattutto bisogna ostinarsi a non mollare mai. Alle volte, durante la gara
arriva lo sconforto e sembra quasi finita. Poi, invece, capita qualcosa che ti
da la forza di riprendere; chessò! un conoscente che ti incita, una parte di
percorso favorevole oppure, la rabbia che sembra ripristinarti i muscoli
stanchi a continuare.
Una volta mia sorella disse a sua figlia, quando la
ragazza fece nascere il dubbio che io potessi portare a termine la mia prima
maratona: ‘Mario, piuttosto che ritirarsi, muore’. Ora con questo non voglio
vantarmi di esser ‘fatto di ferro' ma riconosco nella mia persona il carattere
che serve per superare le difficoltà
della fatica fisica, durante la corsa.”
Julien
Chorier: “Oui, il m’est arrivé d’atteindre des limites, avec le sommeil, la
chaleur ou des blessures. Cela s’est des fois traduit par un abandon de la
cours ou une performance moindre. (Sì, mi è capitato di raggiungere i limiti
con il sonno, il calore o delle ferite. Ciò ha portato talvolta al ritiro dalla
gara o ad una performance inferiore.)”
Roberto Beretta: “Il limite cerco sempre di
spostarlo un po’ + su, ma sono stato capace anche di fermarmi e ritirarmi, per
questo penso di essere arrivato a volte al limite ma mai averlo oltrepassato.”
Matteo Colombo: “E’ sempre stata mia abitudine
non andare mai a ridosso del mio limite estremo … cerco sempre di conservare
quel 5% delle mie energie per poi
sfruttarlo appieno nel recupero post-ultra
e per potermi allenare anche nei giorni seguenti alla mia gara.”
Dalle
risposte di atleti ultrarunner emerge la consapevolezza dell’importanza del
fattore mentale per spingersi oltre, per portare il fisico a sforzi estenuanti,
ma emerge anche la consapevolezza dell’ascolto del proprio corpo, della
possibilità che problemi fisici possano impedire di andare oltre anzi
addirittura possono portare l’atleta ad uno stop definitivo per problemi gravi,
per aver sottovalutato i messaggi del proprio corpo.
Matteo
SIMONE 380-4337230 - 21163@tiscali.it
Psicologo,
Psicoterapeuta, Terapeuta EMDR
Nessun commento:
Posta un commento