Matteo Simone
Psicologo, Psicoterapeuta
Sollecitato da un amico triatleta, ho pensato di scrivere un libro che parli non solo di campioni ma anche dell’atleta comune lavoratore che deve districarsi tra famiglia e lavoro per coltivare la sua passione sportiva cercando di trovare il tempo per allenarsi, fare sport, stare con amici atleti, partecipare a gare.
Per tale motivo ho pensato di predisporre un questionario per raccogliere il punto di vista di atleti comuni e campioni approfondendo il mondo dello sport e in particolare gli aspetti che incidono sul benessere e sulla performance.
Di seguito si racconta Francesco Coronas della “Podistica Solidarietà (Triathlon)”.
In che modo lo sport ha
contribuito al tuo benessere? “Praticandolo fin da quando avevo 5 anni, lo sport ha sempre rivestito
un ruolo fondamentale nella mia vita: mi sento incompleto se non lo pratico ed
è essenziale per il mio equilibrio psicofisico ed il mio benessere in generale.
Mi piace sapere di essere in salute e soprattutto poter sfruttare il mio corpo
al massimo delle sue possibilità”.
Come hai scelto il tuo sport? “Nel modo più semplice e naturale possibile: ho sempre amato l’acqua ed il mare, quindi i miei genitori mi iscrissero in piscina (la scelta piacque anche a loro visto che il mio pediatra del tempo lo aveva comunque consigliato visti i benefici per lo sviluppo, principio mens sana in corpore sano). Nel 2004 poi decisi di iniziare l’avventura del triathlon, non sentendomi ‘completo’ nella parte ‘terrestre’ dello sport”.
Si inizia a praticare
sport per scelta, per caso, perché è necessaria una riabilitazione, invogliati
dai genitori o dagli istruttori di educazione fisica, si inizia con una
motivazione intrinseca (perché si prova piacere a praticare un’attività
sportiva), ludica (per il gusto di giocare e di divertirsi); dietro questa
scelta può esserci la volontà di apprendere sin da piccoli delle abilità che
aiutino a riconoscere lo sport per il quale si è portati o dove si è visti
potenzialmente vincenti e nel quale, quindi, investire tempo e soldi. Bisogna,
però, essere sempre consapevoli delle proprie sensazioni, dei propri bisogni,
delle proprie esigenze, è indispensabile monitorare le proprie motivazioni,
calibrare i propri obiettivi e decidere volta per volta che cosa è meglio per
se stessi, credendo sempre in quello che si fa.
Quali condizioni fisiche o
ambientali ti hanno indotto a fare una prestazione non ottimale? “Per le gare di velocità (nuoto), la condizione
fisica che mi condiziona di più è il peso, o generale nel non sentirmi ‘appesantito’:
se so di essere in peso forma corretto allora affronto meglio lo sforzo e so di
poter fare un prestazione importante. Per le gare di resistenza oltre che il
peso forma, le condizioni ambientali hanno un’importanza fondamentale per la
mia prestazione, soprattutto da un punto di vista psicologico. Il caldo
soprattutto mi condiziona da un punto di vista psicologico: sapendo di dover
affrontare comunque uno sforzo prolungato, sapere che farà caldo mi condiziona
anche nel dosare le mie forze ed essere più conservativo per la fase finale”.
Cosa e quali persone hanno
contribuito al tuo benessere nello sport e/o performance? “Sicuramente i miei genitori perché mi hanno
indirizzato alla pratica dello sport, innanzitutto per la ricerca ed il
mantenimento del benessere psicofisico; a seguire la mia compagna, anche lei
ex-agonista di atletica leggera e parte di una famiglia di ‘sportivi’/
fisioterapisti/massoterapisti di importanza nazionale che, vista la sua
esperienza a contatto con atleti di livello olimpionico, riesce sempre ad
indirizzarmi e a consigliarmi correttamente nel continuo bilanciamento tra
sport, lavoro e vita privata”.
La gara della tua vita, dove hai sperimentato le emozioni più belle? “Beh mediamente le gare più belle sono quelle in cui stabilisco un nuovo personale o dove, vista la durezza del percorso, sono comunque contento di averla portata a termine (magari anche a discapito magari di partecipanti più atleticamente predisposti e preparati J)”.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano nello sport? “Sicuramente il continuo desiderio di
migliorarmi, di raggiungere sempre nuovi obiettivi, di accettare nuove sfide,
di vedere veramente fino a dove posso arrivare”.
Un episodio curioso o divertente della tua attività sportiva?
“Durante una gara di triathlon, siamo passati
in una zona dove era presente un alveare: hanno sospeso la gara, in seguito
all’attacco di vespe verso tutti gli atleti passanti che erano passati di lì J”.
Cosa
hai scoperto di te stesso nel praticare attività fisica? “Che
a volte penso troppo, dovrei lasciarmi andare di più: è esattamente in questi
momenti in cui ho raggiunto le mie prestazioni migliori”.
A volte è importante osare,
andare oltre, provare, rischiare, molte volte il limite è nella nostra testa.
Quali sensazioni sperimenti- nello sport (allenamento,
pre-gara, gara, post-gara)? “Allenamento: sono concentrato su perseguire gli
obiettivi previsti dalla seduta, sentire le sensazioni corrette e buttare fuori
tutto lo stress accumulato durante la giornata di lavoro. Pre-gara: emozione,
concentrazione, ripasso tutto il percorso a mente, ripenso a tutti gli step che
ho fatto nella preparazione e soprattutto…se non ho dimenticato nulla J. Gara: sono concentrato sullo
sforzo, nello stabilizzare subito il ritmo che sento sia giusto e calibrato in
base al percorso, a come mi sento nel momento e alle condizioni ambientali. Post-gara:
le sensazioni del post-gara dipendono molto dall’esito della stessa, ma
generalmente appagamento, relax, tranquillità e serenità interiore”.
Qual
è stata la tua gara più difficile? “Triathlon Olimpico MTB di
Bolsena 2014: percorso durissimo sull’antica Via Francigena, fino alla mattina
presto aveva diluviato, durante la gara 20 persone sono cadute in bici”.
Hai
dovuto scegliere di prendere o lasciare uno sport a causa di un percorso di
studi o carriera lavorativa? “Non ho scelto io, ma i miei genitori per me. All’età
di 9-10, ero stato notato da alcuni rappresentanti della nazionale di nuoto
giovanile del tempo e avevano proposto ai miei genitori di potermi far
intraprendere la carriera agonistica: purtroppo al tempo non vi erano le
condizioni per poterlo fare e la considerazione ‘mediatica’ che aveva lo sport,
e soprattutto il nuoto, non era quella di adesso”.
Hai
rischiato di incorrere nel doping? Un messaggio per sconsigliare il doping? “No
non ho mai rischiato: so che ci sono persone che lo praticano, ma è una scelta
che non condivido assolutamente. Le gare innanzitutto sono un momento in cui
confrontarti con te stesso, indipendentemente dal riscontro cronometrico:
assumere sostanze che aumentano le prestazioni è solo prenderti in giro”.
Come hai gestito eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Non ho avuto crisi particolari, a parte alcune ‘pause’ che mi sono concesso (5-6 mesi di stop completo dall’attività sportiva). In generale, ho saputo gestire i periodi di difficoltà/infortuni tramite l’aiuto e il consiglio della mia compagna, soprattutto in seguito ad infortuni (per fortuna pochi): purtroppo la tendenza è sempre quella di sottovalutare gli infortuni e non fermarsi per non perdere la forma raggiunta, ma la soluzione è sempre e solo quella di riposare e aspettare il normale decorso, altrimenti non si guarirà mai completamente”.
A volte è
importante fermarsi, Kabat-Zinn nel suo testo “Dovunque tu
vada ci sei già. In cammino verso la consapevolezza” illustra l’importanza del
non fare, di fermarsi, di sperimentare l’essere:
“Quando ci si ferma, l’aspetto curioso è che immediatamente si diventa
se stessi. Tutto appare più semplice. Questo è il vantaggio di fermarsi. La
pausa contribuisce a rendere più vivaci, ricche e articolate le azioni
successive, aiuta a inquadrare nella giusta prospettiva tutte le preoccupazioni
e insicurezze. Serve da guida. Più volte nel corso della giornata, fermatevi,
sedetevi”.
Potrebbe essere utile lo psicologo nello sport? In che modo e in quali
fasi? “Sicuramente è un aiuto in più a favore dell’atleta e
può essere utile in qualsiasi fase (dalla preparazione al post-gara). In
generale può essere di supporto in un momento di difficoltà personali
dell’atleta e poi nello specifico per il miglioramento della prestazione e
curare ogni fase di preparazione della stessa”.
Quale
messaggio vuoi rivolgere ai ragazzi per farli avvicinare allo sport? “Lo sport è divertimento, adrenalina pura (altro che i-phone e play
station J), libertà, fa provare delle emozioni uniche ed irripetibili, offrendo la
possibilità di creare dei legami di amicizia unici”.
Un'intervista a Francesco è riportata
nel libro "Triathlon e Ironman", edito da Prospettiva Editrice.
Matteo SIMONE
Psicologo, Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
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