venerdì 10 luglio 2020

Stefano Romano, 1000km allo Sbarco: Se vuoi condividi, se hai dona, se puoi corri

Sono solamente un buon dilettante che non riesce a smettere di sognare in grande

Essere ultramaratoneti significa essere pronti a tutto, a fare tanti chilometri di corsa, a faticare tanto con il corpo e con la mente, a raggiungere obiettivi difficili e sfidanti, a progettare sfide da portare a termine.

Quando c’è un problema si sa che bisogna organizzarsi e cambiare piani e programmi provvisoriamente e riorganizzarsi. In questo periodo di confinamento tanti si sono fermati o organizzati per fare qualcosa di diverso ma sempre stimolante. E’ interessante l’esperienza di Stefano Romano, atleta della nazionale ultramaratoneti.
Come hai gestito il periodo del COVID?Inizialmente ho cercato di continuare a correre, nonostante i divieti diventassero sempre più stringenti. Ho sempre corso da solo, quindi non avevo grossi problemi, a parte gli allenamenti collettivi del mercoledì che avevo appena iniziato, dove comunque alla fine eseguivo le ripetute sempre in solitaria. Torino è grande e andavo in collina, a volte uscivo dalla città e a volte mi incrociavo con altri ultramaratoneti giusto per fare due chiacchiere mantenendo le distanze, d'altronde non ho mai corso a distanze inferiori al metro, credo con nessuno. Poi quando gli scenari sono cambiati e si poteva sgambettare cricetando ho provato a girare la questione. La sfida adesso era opposta: adesso non dovevo più correre. Ho sempre avuto necessità di spazio, strade lunghe, ampie, salite, orizzonti diversi e non dell'isolato sotto casa, del tapis-roulant o di qualche altro surrogato. Non pensavo, in tutta sincerità, di reggere botta così bene. Ne è venuta fuori una convivenza non programmata, una grande serenità interiore e la convinzione di ritornare meglio di prima. È bello anche ricostruire da capo, non so se ne avessi realmente bisogno, difficile dirlo. Ma a volte è la vita a metterti davanti a delle sfide che nemmeno immaginavi”.

Si può fare tutto, si può superare ogni situazione, si può ricominciare ogni volta con nuovi stimoli. In situazioni difficili si apprezza quello che si ha, che si è riusciti a fare, e non si vede l’ora di riprendere non la quotidianità ma una vita interessante e stimolante.
Come hai tenuto alta la motivazione per continuare ad allenarti seriamente?La motivazione era scesa, d'altronde era chiaro fin dall'inizio che la stagione sportiva, le gare intendo, sarebbero state tutte annullate. Sono in forse per Spartathlon, ma non credo che la condizione internazionale la consenta e il recente annullamento del Tor lo testimonia. Adesso è cambiato tutto grazie al progetto ‘Lo Sbarco’. Abbiamo attivato un progetto educativo all'aria aperta per minori delle elementari, completamente gratuito e attivo da due settimane, all'indomani delle mascherine obbligatorie anche all'esterno, di guanti che abbiamo scoperto essere pericolosi, delle scuole chiuse e del campionato di serie A fermo. Cerco di dare visibilità al progetto correndo 1000 km durante il periodo della scuola estiva. L'obiettivo è di raccogliere donazioni per almeno 10000 euro e riuscire a retribuire la professionalità delle persone impegnate nella realizzazione del progetto. La campagna di crowdfunding si chiama 1000km ALLO SBARCO e uno degli slogan è: ‘se vuoi condividi, se hai dona, se puoi corri’. Sono molto positivo e gasato per questo progetto che ho fortemente voluto come presidente dell'Associazione che lo organizza. I centri estivi hanno questo anno prezzi troppo elevati, noi intendiamo essere diversi e accogliere tutti, anche famiglie in difficoltà, lasciando ad ognuno la possibilità di contribuire secondo coscienza. Nella prima settimana abbiamo raccolto oltre 2000 €, ma andiamo avanti fino alla fine di luglio. Mi permetto di lasciare il link della campagna:

Lo sport perché non è solo performance, vittorie e titoli ma anche uno strumento di benessere, di coinvolgimento, di educazione per tutti ma soprattutto per persone che devono crescere sani e autonomi come i più piccoli che hanno bisogno di essere guidati e indirizzati nella conoscenza del proprio corpo e delle proprie potenzialità.
Come ne sei uscito fuori?Riprendendo a correre, a fare quello che amo. Ho trasgredito solamente due volte, sempre sotto il temporale, la seconda facendo avanti e indietro fino al supermercato e saltando nelle pozzanghere come un bambino. Ho ritrovato l'entusiasmo, so di essere molto indietro adesso nella forma ma so anche di avere molto tempo davanti a me. È come se mi fossi rigenerato, in un certo modo. E poi alla fine gli ultimi allenamenti nelle mie amate salite mi fanno essere più fiducioso del previsto”.

Ogni tanto è importante mollare, rallentare, fermarsi, cercare nuovi stimoli e un entusiasmo rinnovato nel cercare di fare meglio con fiducia e resilienza. 
Sei più motivato, entusiasta, affaticato?L'entusiasmo, si sa, è contagioso. E io lo sono sempre stato, un emotivo che si fa prendere dall'entusiasmo e, a volte, dallo sconforto. Il punto è che puoi imparare da tutti e due gli aspetti. La fatica non mi ha mai fatto paura e il fatto di non avere un obiettivo chiaro ti fa perdere la motivazione. E allora ho pensato ad una cosa, a coniugare l'aspetto sportivo con quello lavorativo, dandomi degli obiettivi concreti e misurabili”.

Sempre più lo sport entra nel mondo del lavoro per formare individui e gruppi, per star bene individualmente e in team, per formare ed educare piccoli e grandi.
Sei ancora pronto per una maglia azzurra?Penso di esserlo molto più di prima nella testa, ma attualmente molto di meno nelle possibilità sportive. Un mese e mezzo di stop si fanno sentire, ma comunque nel caso credo se ne riparlerà nel 2021, quando mi auguro, come tutti, si possa riprendere a praticare e a gareggiare con regolarità. A questo proposito mi permetto di evidenziare l'insensatezza di riaperture di campionati, champions e annullamento di gare lunghe centinaia di km con meno di mille iscritti”.

La strada che porta alla maglia azzurra è molto dura e impegnativa, piena di allenamenti duri, test, gare nazionali e internazionali, ci vuole tempo, forza, resistenza, volontà, e tanta motivazione.
Famiglia e amici in che modo si interessano a te e ti supportano?Mi sento molto sostenuto dalla mia famiglia. La mia compagna mi stimola, i miei figli crescono ed Eleonora, di 10 anni, comincia a seguirmi in bici, mentre Diana e Gabriele, più piccoli, adorano correre. Giusto ieri una bambina si è rivolta alla maggiore chiedendole se fosse la figlia di quello che correva…Inutile dire che questa cosa mi inorgoglisce e, lo vedo negli occhi di Claudia e dei teppisti, inorgoglisce tutti noi. Questa cosa fa parte di noi, come il circo e tante altre cose. E poi come sempre ogni volta che corro trovo qualcuno con il quale scambiare due parole, qualcuno che mi saluta, tanti mi riconoscono, forse sono anche piuttosto riconoscibile io con il mio aspetto fisico. In fondo mi basta questo, che gli altri mi concedano la libertà di fare quello che mi piace e mi fa stare bene. Dal momento che in passato tutto questo non era affatto scontato io non chiedo altro”.

Sembra aver trovato un sano equilibrio Stefano tra sport, lavoro e famiglia divertendosi e faticando portando avanti mete e obiettivi con il sostegno dei propri cari.
Hai in mente eventuali prossimi allenamenti, gare, eventi importanti?Oltre a Spartathlon a fine settembre l'obiettivo era di riprovare la Nove colli evitando il drastico calo degli ultimi 25 km. Ma ormai credo che il mio vero, grande obiettivo, sia di dimostrare a me stesso che posso fare una 24 ore ad alto livello”.
Cosa diresti a Stefano di 10 anni fa?Gli direi che era paralizzato dal timore di perdere cose, affetti. Non aveva nemmeno mai portato a termine una maratona, tanto per dirne una. Correre lo ha aiutato molto a liberarsi dalle sovrastrutture che lo hanno limitato. Il denaro, il desiderio di piacere agli altri, il possesso di cose e persone, il controllo del tempo. Gli direi che ancora non lo sapeva che era sulla strada giusta, anche se si sentiva ingabbiato. Gli direi, più di tutto, di allenarsi e di ascoltarsi meglio. E così è stato”. 

Prima o poi si trova qualcosa o una strada che possa far svegliare, che possa porre attenzione ai propri bisogni ed esigenze, che possa far cambiare stile di vita e ritrovare sapori, gusti, percorsi di consapevolezza per raggiungere obiettivi o comunque sentirsi al posto giusto nel modo appropriato.
Quanto conta il sostegno di famiglia, amici e dei tuoi fan e come contraccambi?Come dicevo prima, sono quelle cose di cui te ne accorgi solo quando non ci sono. Per tanti anni mi sono chiesto perché la mia famiglia non venisse anche solo a vedermi arrivare mentre gareggiavo a 400 metri di distanza da casa. Oggi siamo disposti a fare un viaggio e stare tutti insieme. Non è egoismo, io non lo chiedo, ma sono felice di avere vicino a me persone che mi sostengono in questo modo. Fan, mi fa ridere, effettivamente sento di averne. Parecchi. Sarà per il mio modo di essere, perché non nascondo la mia umanità. Amici, ne sto trovando. Mi risulta molto difficile non condividere la passione per l'attività fisica all'aria aperta con gli altri”.

E’ importante la condivisione delle esperienze, il sostegno dei propri cari soprattutto in uno sport molto faticoso che fa venire dubbi e a volte anche deliri dovuti alla tanta stanchezza. 
Ora su cosa ti focalizzi? Forza, resistenza, tecnica?Sarà un'eresia, ma credo che in questo momento conti decisamente di più la scioltezza e la leggerezza. Dopo un periodo buio, chiuso, malato e oscuro (anche nei suoi risvolti più crudi, non solo quelli psicologici), abbiamo tutti necessità di sentire un po' di vento e di aria pulita. E allora io corro pensando di essere un animale, curando la tecnica e ascoltando il corpo. Il mio allenatore Andrea Degiuseppe mi ha recentemente detto che corro come un mezzofondista e non come un ultramaratoneta. È un buon segno, pur essendo un atto istintivo riesco effettivamente a trasferire il pensiero nell'atto sportivo”.

Son interessanti questi messaggi benefici di leggerezza, purezza, libertà dopo un periodo considerato buio e triste come dice giustamente Stefano.
Cosa stai sognando questo periodo?Tanti sogni: riprendere a gareggiare, raccogliere i fondi necessari al progetto. Ma più di tutti, il progetto di fare il giro della Sardegna di corsa e vedere il mare”.
Quanto e come soffri e gioisci negli allenamenti e gare?Nelle gare ormai non mi ricordo più, anche se le emozioni del Mondiale ad Albi rimarranno indelebili. Negli allenamenti sto ritrovando stimoli nuovi, pochi giorni fa ho corso una maratona a ritmo blando e non ho avuto nessun problema, nonostante non corressi più di 20 km tutti insieme da mesi. La testa è rimasta quella di prima, anzi è persino più consapevole. La forma arriverà, per quella ci va tempo. Se avrò la costanza di ricostruirla sono convinto di tornare più veloce del 2019”.

Nella mente degli ultrarunner ci sono sempre sogni di libertà e di performance, la voglia di sentirsi liberi di correre e di andare dove si vuole a piedi di corsa, ma anche la voglia di vincer o indossare la maglia azzurra.
A quale campione del passato o del presente ti senti più vicino?A nessun campione, io sono solamente un buon dilettante che non riesce a smettere di sognare in grande. Ultimamente mi piace rivedere correre e vincere Gelindo Bordin, uno che nelle maratone veniva fuori in progressione, vecchia scuola di allenamenti durissimi, ma poi anche discoteca e vita, per così dire, libertina. Io, con tutti i limiti del caso, mi sento un po' come lui. Preparo le gare scrupolosamente, ma poi la sera prima immancabilmente scattano le birre artigianali. Molti ultramaratoneti sono così, è giusto dirselo. Forse non tutti possono andare a podio o avere indossato la maglia della nazionale, ma è questo lo spirito giusto che mi piace coltivare. Non ho un fisico costruito e modellato, non nascondo i miei vizi o i miei difetti, mi piace riderci su. L'autoironia e la determinazione, non serve altro in fondo. Sono questi i veri carburanti che all'aumentare del kilometraggio, fanno la differenza, quando sotto l'atleta rimane l'essere umano”.

Psicologo, Psicoterapeuta
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