martedì 28 aprile 2015

Gestita e superata la crisi, torna la voglia di riprovare per far meglio

Tra gli aneddoti raccontati dagli ultramaratoneti molti riguardano situazioni di crisi superate, dove si arrivava al punto di considerare di non fare più questo tipo di competizioni stressanti dal punto di vista fisico e mentale ma che poi dopo aver gestito la situazione e superata la crisi, la voglia di riprovare tornava sempre per far meglio, per mostrare a stessi e agli altri di riuscire in quello che si vuole. Ecco cosa viene raccontato.
“A Brisighella (88°km) sono esausto, il ginocchio mi fa male soprattutto quando dal cammino passo alla corsa, il piede è anestetizzato, non lo sento più, sento la scarpa che stringe parecchio credo si sia gonfiato e circoli meno sangue, iniziano così i 12km più lenti della mia vita podistica.
Cammino dal ristoro fino all’uscita del paese, ogni volta che riprendo a correre sento male al ginocchio, vorrei continuare a camminare ma con due rapidi calcoli mi rendo conto che ci vorrebbe troppo tempo ed in quel momento il desiderio più grande per me è arrivare il prima possibile per smettere di correre, mi faccio forza e cerco di ridurre al minimo i tratti di cammino.
Il successivo ristoro sembra non arrivare mai perché si trova al 95° circa, a 7km dal precedente di Brisighella, 2km in più del solito, 2km che sembrano non passare più. Afferro un bicchiere d’acqua, i volontari mi incitano, mancano 5km a Faenza ma con 95km nelle gambe anche 5 miseri km sembrano interminabili, maledico il giorno che mi sono iscritto e mi riprometto di non rifarla mai più!
Ormai è fatta. A 2km dalla fine si entra nel paese, spengo la frontale e la metto in tasca, ormai è fatta, 98km e corro ancora, sono appena passate le 4:00 del mattino, è ancora buio, ho vinto la scommessa col sole, arriverò prima io del suo sorgere.

Importante credere in quello che si fa ed avere la passione che ti sostiene

Racconti di gare estreme, dove si arriva al punto di rischiare di morire o comunque dove si sperimentano condizioni estreme di fatica fisica o atmosferica, oppure si rischia di perdersi o precipitare. Difficili sono considerate anche le gare dove si ripete un breve circuito per tantissime ore. Ma tutto ciò non basta per limitare il rischio, si arriva al punto di chiedere di essere incatenati. Alcuni atleti sono abbastanza resistenti alle gare estreme superano tutte le difficoltà e i rischi e si proiettano su nuove sfide da affrontare serenamente con sicurezza. Estreme e difficili sono considerate anche quelle dove non vi è motivazione, si corre con svogliatezza, quindi è importante credere in quello che si fa ed avere la passione che ti sostiene. Ecco cosa raccontano alcuni ultramaratoneti:
“La gara più estrema e difficile per me, si è capito, è stata proprio la Sparta Atene, ed è quella che sicuramente non porterò mai a termine proprio perché essendo fermo già da tre anni, e mai decidessi di riprendere un percorso di gare, sarà quasi impossibile ritornare ad avere la preparazione per tornare a pensare a rifarla!”
“La 100km del Passatore ed il Gargano Raid di 77km e 3000mt D+, corso per metà in solitario.”
“La TDS del Monte Bianco, 29 ore con dislivelli durissimi, discese durissime, dove bisognava reggersi alla corda, stare attenti a non scivolare giù nei burroni.”
“L’Ironman Frankfurt, quando dopo 10 ore di gara arriva la crisi fisica, e soprattutto mentale, proseguire è dura.”

Si scopre per caso di essere ultramaratoneti

Non c’è un percorso per diventare un ultramaratoneta, si scopre per caso di essere portanti per le lunghe distanze, di sperimentare piacere e benessere nel percorrere lunghi percorsi, sentieri, strade a contatto con se stessi, con la natura, con gli altri, a sfidare i propri limiti, a fare cose impensabili a scollegarsi dal corpo per non sentire, per non essere fermati, per andare avanti, per sfidare l’ignoto, il dolore. Ecco quello che emerge ascoltando atleti al di fuori dal normale:
“In alcuni cammini religiosi ho incontrato alcuni amici ultramaratoneti e parlando delle mie e delle loro esperienze, mi hanno invitato spesso a uscire con loro tutti i giorni facendo mediamente almeno 10 chilometri. Giù di lì mi hanno invogliato a partecipare a una ‘gara’ (100km del Passatore) altri la chiamano la più bella del mondo, e cosi ci andai. Da quella poi sono scaturite altre.”
“Ho iniziato a corricchiare una mezzamaratona con un amico per scommessa a 32 anni. Da lì non mi sono più fermato.”
“Il mio percorso per diventare ultramaratoneta, è stato molto graduale. Ho iniziato oltre 15 anni fa, spronato da un amico, a corricchiare nel parco per passare il tempo mentre i nostri figli si allenavano alla scuola calcio. Con poco entusiasmo gli ho dato retta, perché ero un amante praticante del pallone.

giovedì 23 aprile 2015

Stimolare, coinvolgere, creare gruppi di movimento fisico

Chi fa sport aumenta la propria forza di volontà e aumenta la propria autostima, si diventa più forti mentalmente non solo fisicamente.
L’attività fisica tesa al benessere fisico e sociale, non solo quale sport per raggiungere prestazioni eccellenti, non solo sport come performance ma anche come promozione della salute, prevenzione ed aggregazione sociale.
Per tutti il pilastro della longevità e della salute è la presenza costante di una buona attività fisica, che sia varia e possibilmente divertente per non essere abbandonata.
Per promozione della salute si intende il processo che consente alle persone di esercitare un maggiore controllo sulla propria salute e di migliorarla. Per conseguire uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, l’individuo o il gruppo devono essere in grado di identificare e realizzare le proprie aspirazioni, di soddisfare i propri bisogni, di modificare l’ambiente o di adattarvisi.
In tal senso, aumentano le iniziative volte allo sviluppo dell’attività fisica in tutti i contesti e rivolta a tutte le persone di qualsiasi età, ceto sociale, cultura e altro.
Esempi modello sono un gruppo su Facebook dal nome 365 giorni di sport. Ecco cosa viene spiegato ai partecipanti del gruppo: “Questo gruppo nasce dalla consapevolezza che fare attività sportiva, fa bene al corpo e alla mente. Muoviamoci assieme e motiviamoci a vicenda. Un minimo impegno per un grande obbiettivo; UN ANNO DI SPORT.

Misurarsi con i propri limiti non solo fisici ma anche mentali

Essere Ultramaratoneta non significa solamente fare uno sforzo fisico ed atletico per una distanza superiore alla maratona che è di 42km e 195 metri ma ha a che fare anche con dimensioni non fisiche ma mentali quali una ricerca interiore, sperimentare nuove e forti emozioni, misurarsi con i propri limiti non solo fisici ma anche mentali:
“Accettare una nuova sfida della lunga distanza, una scommessa con te stesso che nonostante tutto quello che succede intorno a te nel mondo reale di tutti i giorni e nella vita sei pronto a reagire e metterti in discussione a nuove emozioni e sensazioni che ti accompagnano lungo le strade di una gara.”
“Un motivo di orgoglio e di autostima; l’acquisizione di una mentalità da ultramaratoneta nel senso di capacità di autoregolazione delle proprie energie fisiche e di autocontrollo psichico sperimentato sulla lunga durata della prestazione sportiva; una capacità di saper ‘soffrire’, tener duro e saper resistere ad uno sforzo prolungato.”
“Significa poter correre in armonia con il corpo e con la mente per molte ore”.
“Significa misurarmi con i miei limiti soprattutto mentali. Non ho una corporatura da maratoneta; sono alto 1,94 mt e peso intorno ai 95 kg e negli anni passati già la maratona per me era una misura limite. Poi ho scoperto le ultra e ciascuna di esse è stato un percorso dentro me fatto di sfida, difficoltà, solitudine, contatto con la natura, rispetto, voglia di mettermi alla prova. Quando parto so che vivrò un’esperienza irripetibile e unica.”

Non mollare, sviluppare le risorse residue: disability is not inability

Ramadhan Bashir, 44 anni, diventato cieco all'età di 26 anni, diventa il primo boxeur non vedente nel Paese dell'Africa Orientale. Un obiettivo più che mai ambizioso: conquistare le Paralimpiadi di Rio 2016. Racconta Ramadhan: “Mi piacerebbe riunire tutti i pugili non vedenti ai Giochi paralimpici, anche i non professionisti. Sarebbe una grande occasione per farci conoscere".
Lui non ha mollato e nonostante la cecità è riuscito a praticare il suo sport preferito.
"Da quando sono stato costretto a vivere nel buio ho sviluppato gli altri sensi, in particolar modo l'udito: ascolto con attenzione i passi e il respiro dell'avversario. Ho imparato a captare ogni piccolo gesto. Sento muoversi l'aria, il sibilo che mi avverte del colpo in arrivo. Con gli anni sono diventato molto ricettivo: è come se avessi una sorta di 'sesto senso'".
E' il futuro dei suoi figli a muovere le potenti braccia di Ramadhan. Ne ha sei il boxeur di Kampala e i suoi obiettivi futuri sono rivolti principalmente a loro. "Voglio promuovere il pugilato per ciechi e guadagnare abbastanza per assicurare ai miei figli una buona istruzione. Il mio motto è disability is not inability." (1)

lunedì 20 aprile 2015

Resilienza: più dura è la lotta, più grande il trionfo

Definizione di SPORT: “Qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica, lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”.  Carta Europea dello Sport (Consiglio d’Europa,1992)
In un’intervista a cura di Marisa Vicini fatta a Paolo Barbera emerge l’importanza dell’attività sportiva. A 17 anni esordisce nell’atletica leggera. Ha collezionato sei uscite internazionali - tra mondiali, europei e una Paralimpiade - che gli hanno portato due argenti e un oro.
Ecco cosa ci racconta Paolo:
“La mia indole positiva e ottimista mi ha consentito di superare il dolore sia psicologico sia fisico: il bruciore dell’occhio umano causticato è potente quanto quello di un forte mal di denti che non si attenua nemmeno con i farmaci e ogni trapianto, ogni operazione di chirurgia plastica sono stati molto dolorosi. Grazie a queste esperienze ho acquisito una grande capacità di resistenza e di pazienza.”
Ed ancora l’importanza dello sport per andare avanti nella vita:
“Lo sport mi ha anche dato molte gratificazioni personali: da un lato i risultati che ho ottenuto mi sono serviti da auto-incoraggiamento, dall’altro è aumentato il senso di stima e di apprezzamento che gli altri hanno avuto nei miei confronti. Ho avuto modo di viaggiare molto. È stata un’esperienza utile a fortificare il carattere.”
Si definisce resilienza la capacità di resistere alle frustrazioni, agli stress, in generale alle difficoltà della vita.

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