giovedì 7 maggio 2015

Trovare dentro di se risorse fisiche e mentali che non si immagina di possedere

Gli ultramaratoneti sanno in qualche modo riusciranno nelle loro ardue imprese e che comunque sempre da qualche parte devono attingere le risorse fisiche e mentali per andare avanti nel raggiungimento del loro obiettivo.
Questo lo sa anche Lisa Borzani, atleta azzurra ultratrail che il prossimo 30 maggio sarà impegnata nei mondiali ultratrail.
Lisa è una ultramaratoneta che nasce dalla strada e si innammora del trail correndo per i sentieri a contatto con la natura ma non disdegna gare su strada, anzi alla prima esperienza trail ebbe una sorta di trauma: “Alla fine del mio primo tentativo di ultratrail di 50km arrivai al traguardo 3 ore dopo il mio compagno e, quasi in lacrime per la troppa fatica provata gli dissi: ‘mai piu’!! asfalto tutta la vita!!’. …Poi l’anno successivo cominciai ad allenarmi per il Tor des Geants”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Nel senso stretto del termine significa percorrere distanze superiori ai classici 42 km in senso più ampio per me significa amare correre su strada o per sentieri per un periodo di tempo abbastanza lungo da far entrare in gioco variabili diverse oltre a quelle della classica ‘gara di corsa’, variabili che riguardano l’ambiente esterno ma anche il proprio intimo modo di vivere la lunga distanza.”
Lisa sa che quando corre per lunghe distanze, soprattutto a contatto della natura c’è una continua scoperta dei paesaggi, colori, suoni, odori, ma c’è anche un’esperienza intima con se stessi, è un’opportunità di spegnere apparecchi elettronici, scollegare social, smettere di parlare o ascoltare qualcuno e restare semplicemente in contatto con se stessi, la propria persona, il proprio organismo, il proprio respiro.

mercoledì 6 maggio 2015

Francesca Canepa: Un piede davanti all’altro sapendo che se la testa tiene il corpo segue

“Si può assaporare completamente una situazione piacevole , senza dispiacersi quando finisce perché si comprende che ogni cosa è destinata a passare.”
William Hart

Francesca Canepa è una donna che ama correre in natura, ama sfidare i propri limiti un po' per volta considerando l’importanza dell’aspetto mentale che permette al corpo di fare l’impossibile, quello che si vuole. Francesca sa che se non c’è passione, se non c’è motivazione non si va da nessuna parte, non ha senso avere il pettorale, meglio non presentarsi alla partenza di una competizione.
Ti puoi definire ultramaratoneta? Mi posso definire Ultrarunner, perché principalmente corro lunghissime distanze ma prevalentemente in natura, quindi condivido l’etichetta di Runner ma non quella di Maratoneta.
Cosa significa per te essere ultramaratoneta?Significa semplicemente ritenere possibile correre qualsiasi distanza. Senza limiti. Significa che il mio cervello non vede confini, il mio corpo neanche.

martedì 5 maggio 2015

Diventare ultramaratoneta: un percorso casuale, la distanza mi ha chiamato

A volte su invito di amici, parenti o medici ci dedichiamo ad attività per noi sconosciute o che non abbiamo mai avuto modo o occasione di praticare o di interessarci e come per magia gradualmente ci accorgiamo di diventare quasi dipendenti, ci accorgiamo che tali attività, tali interessi per qualche motivo ci procurano benessere, ci fanno sperimentare situazioni piacevoli.
Ecco le risposte ricevute alla domanda: “Qual è stato il tuo percorso per diventare un ultramaratoneta?”:
“Ho iniziato a corricchiare una mezzamaratona con un amico per scommessa a 32 anni. Da lì non mi sono più fermato.”
“Il mio percorso per diventare ultramaratoneta, è stato molto graduale. Ho iniziato oltre 15 anni fa, spronato da un amico, a corricchiare nel parco per passare il tempo mentre i nostri figli si allenavano alla scuola calcio. La corsa non mi diceva gran che, ma giorno dopo giorno, km dopo km, la cosa cominciava ad intrigarmi soprattutto perché le gambe rispondevano bene alla fatica e il fiato c’era!
Così mi sono iscritto ad una Società sportiva e ho iniziato ad allenarmi per fare qualche gara, prima da 10 km, poi la prima mezza maratona, la seconda, la terza e finalmente la voglia di provare la vera maratona: quella di Roma! E’ stato un successo personale, una grande soddisfazione per un traguardo che fino ad un anno prima neanche mi sarei sognato! E cosi con la consapevolezza di avere una capacità in tale disciplina, ho continuato e di maratone ne ho fatte in varie parti di d’ Italia. La svolta ci è stata quando ho cambiato società sportiva, iscrivendomi alla Società Villa de Santis, dove ho trovato un gruppo di veri ‘matti’ per la corsa, tanto da convincermi a fare la prima ultramaratona da 50 Km, la Pistoia Abetone, poi la 100km degli Etruschi poi la ventriquattrore, dove ho percorso 185 km, poi le Tre Cime Di Lavaredo sulle Dolomiti da 50 km circa e la Nove colli di oltre 202 km tra i colli dell’Emilia Romagna!!!! Nel giro di tre anni abbiamo partecipato a tante ultramaratone tanto da vincere per tre anni di seguito il campionato Iuta che è la formula uno degli ultramaratoneti tra società di tutta Italia”.

Marinella Satta: Una gara di 10 giorni oppure fare la maratona palleggiando con 2 palloni


Alcuni anni fa, il sogno nel cassetto
di Marinella Satta, nata a Domusnovas (Cagliari) e Residente in Torino, era il seguente: “Mi piacerebbe fare una gara di 10 giorni, oppure provare a fare la maratona palleggiando con 2 palloni. Appena mi capita l’occasione, spero presto, proverò a fare la maratona con 2 palloni.”

Marinella ora è una ultramaratoneta, ma ha sempre avuto lo sport nelle vene, ha sempre fatto sport ed a un certo punto del suo percorso ha scoperto di avere potenzialità inimmaginabili di ultrarunner, infatti su invito partecipa ad una maratona con soli due allenamenti portandola a termine con un risultato soddisfacente tanto da diventare una passione vitale.

lunedì 4 maggio 2015

Intervista a Marco Zanchi: atleta Nazionale Ultratrail

Marco Zanchi inizia a correre per dimagrire, come fanno in tanti, ma in lui la passione e la voglia di correre aumenta sempre di più fino a diventare un’amante delle lunghe distanze, ma l’importante è che non si corra sull’asfalto. Infatti marco considera la 100km su strada una gara estrema che non farebbe mai. Quindi più che Ultramaratona Marco si definisce Ultratrailer.
Marco ci racconta come ha iniziato a correre: “Corro da oramai 15 anni, tutto cominciato per dimagrire, dopo pochi anni ho intrapreso la strada delle gare, un vizio che avevo già quando correvo in moto di trasformare la passione in competizione. Ho cominciato a correre anche in montagna skyrace e skymarathon, poi con il passare degli anni ho aumentato le distanze quando nel 2010 ho affrontato la mia prima Ultratrail la Lavaredo di 90km dove ho concluso al 2° posto e da allora ho intrapreso questa strada delle ultra distanze che in italia non avevano ancora successo.
Marco ha la passione per la montagna e il visitare nuovi luoghi, si sente un po esploratore durante queste avventure. Per Marco come per altri Ultramaratoneti e soprattutto per gli Ultratrailer correre per lunghe distanze nella natura, per sentieri significa intraprendere dei viaggi tra la natura e con solo le tue energie a disposizione. Infatti da una parte c’è la passione per la natura, per la bellezza dei paesaggi, dall’altra parte c’è una voglia di misurasi con se stessi, di fare da solo, di superare sfide che a volte sembrano impossibili ma come racconterà Marco e come raccontano altri, a volte sembra di essere arrivati al limite, allo stremo delle forze, ma poi se scatta la molla mentale escono fuori risorse e capacità insospettabili, ti fermi credi che sia finito e dopo un po’ ti rialzi con nuovi stimoli, con più entusiasmo, questo significa essere resilienti, sapere che ce la puoi fare, che ad ogni crisi c’è almeno una soluzione, almeno una via d’uscita, basta trovare la porta giusta. E superando queste crisi, con l’esperienza aumenta anche l’autoefficacia personale, credi sempre più in te stesso e questa forza, caratteristica mentale si trasferisce, oltre che nello sport, nella vita privata, sai che puoi gestire, affrontare qualsiasi disagio, difficoltà, si diventa più sicuri.
Hai mai pensato di smettere di essere ultramaratoneta? “Per ora mai, ogni tanto torno anche alle gare condistanze brevi skyrace più per allenamento e rivedere tanti amici.”

Storie di crisi nelle lunghe distanze

Gli atleti raccontano volentieri i momenti di crisi dove si sentivano spacciati, sfiniti, arresi, ma poi qualcosa è cambiato, si sono trasformati come se avessero indossato un costume da supereroe e sono ritornati in piedi con le energie sufficienti per portare a termine l’obiettivo prefissato, infatti è stato chiesto a diversi ultramaratoneti di raccontare un aneddoto e molti raccontano queste vicende ed esperienze rimaste impressse e che sono utili in eventuali altri momenti di crisi per ricordare che già altre volte hanno superato un momento difficile e quindi se vogliono ad ogni problema c’è almeno una soluzione. Di seguito le risposte ricevute alla doomanda: “Ti va di raccontare un aneddoto?”:
“A Brisighella (88°km) sono esausto, il ginocchio mi fa male soprattutto quando dal cammino passo alla corsa, il piede è anestetizzato, non lo sento più, sento la scarpa che stringe parecchio credo si sia gonfiato e circoli meno sangue, iniziano così i 12km più lenti della mia vita podistica.
Cammino dal ristoro fino all’uscita del paese, ogni volta che riprendo a correre sento male al ginocchio, vorrei continuare a camminare ma con due rapidi calcoli mi rendo conto che ci vorrebbe troppo tempo ed in quel momento il desiderio più grande per me è arrivare il prima possibile per smettere di correre, mi faccio forza e cerco di ridurre al minimo i tratti di cammino.
Il successivo ristoro sembra non arrivare mai perché si trova al 95° circa, a 7km dal precedente di Brisighella, 2km in più del solito, 2km che sembrano non passare più. Afferro un bicchiere d’acqua, i volontari mi incitano, mancano 5km a Faenza ma con 95km nelle gambe anche 5 miseri km sembrano interminabili, maledico il giorno che mi sono iscritto e mi riprometto di non rifarla mai più!
Ormai è fatta. A 2km dalla fine si entra nel paese, spengo la frontale e la metto in tasca, ormai è fatta, 98km e corro ancora, sono appena passate le 4:00 del mattino, è ancora buio, ho vinto la scommessa col sole, arriverò prima io del suo sorgere.

Importante il sostegno di famiglia e amici per gli ultramaratoneti

“Si può assaporare completamente una situazione piacevole , senza dispiacersi quando finisce perché si comprende che ogni cosa è destinata a passare.”
William Hart

Con il tempo i famigliari comprendono che forse è meglio accettare questa passione e diventano i primi tifosi dell’atleta sostenendolo nelle sue imprese in modo da agevolarlo nel prendere le opportune precauzioni o attenzioni per svolgere al meglio la competizione o allenamento considerato estremo.
Gli amici inizialmente considerano l’alteta fuori di se, ai limiti della pazzia, ma con il tempo apprezzano gli aspetti del carattere che gli permettono di sostenere allenamenti e competizioni di lunghissima durata e di difficoltà elevatissima, diventando quasi fieri di essere amici e raccontando in giro le gesta dei propri amici atleti, quasi a vantarsi di conoscere gente che fa l’impossibile, extraterrestri.
Di seguito le risposte ricevute alla domanda: “Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua partecipazione a gare estreme:
“Mia moglie ed i miei figli mi seguono ovunque, si informano e partecipano alle mie emozioni. Senza di loro non avrebbe senso tutto questo.”
“Non è difficile immaginarlo, anche se si fidano, in qualche modo, del mio equilibrio. Molti amici pensano bene di me perché li ho portato felicemente sulla mia cattiva strada dell’ultramaratona e si sono cavate le loro belle soddisfazioni. Ricordo con piacere un anno in cui ho portato al traguardo di una 100 km un gruppo di 5 amici dell’Atletica del Parco che si sono fidati della mia conduzione di gara. Un’esperienza indimenticabile per loro e per me.
Un anno ho portato mio figlio sulle strade della Pistoia Abetone e la sua ammirazione nei miei confronti è cresciuta perché si è reso conto della difficoltà e di avere un padre all’altezza di quella difficoltà.”

Translate