Gli ultramaratoneti sanno in qualche modo riusciranno nelle loro ardue
imprese e che comunque sempre da qualche parte devono attingere le risorse
fisiche e mentali per andare avanti nel raggiungimento del loro obiettivo.
Questo lo sa anche Lisa Borzani, atleta azzurra ultratrail che il
prossimo 30 maggio sarà impegnata nei mondiali ultratrail.
Lisa è una ultramaratoneta che nasce dalla strada e
si innammora del trail correndo per i sentieri a contatto con la natura ma non
disdegna gare su strada, anzi alla prima esperienza trail ebbe una sorta di
trauma: “Alla fine del mio primo tentativo di ultratrail di 50km arrivai al
traguardo 3 ore dopo il mio compagno e, quasi in lacrime per la troppa fatica
provata gli dissi: ‘mai piu’!! asfalto tutta la vita!!’. …Poi l’anno successivo
cominciai ad allenarmi per il Tor des Geants”
Cosa significa per te essere ultramaratoneta? “Nel
senso stretto del termine significa percorrere distanze superiori ai classici
42 km in senso più ampio per me significa amare correre su strada o per
sentieri per un periodo di tempo abbastanza lungo da far entrare in gioco
variabili diverse oltre a quelle della classica ‘gara di corsa’, variabili che
riguardano l’ambiente esterno ma anche il proprio intimo modo di vivere la
lunga distanza.”
Lisa sa che quando corre per lunghe distanze,
soprattutto a contatto della natura c’è una continua scoperta dei paesaggi,
colori, suoni, odori, ma c’è anche un’esperienza intima con se stessi, è un’opportunità
di spegnere apparecchi elettronici, scollegare social, smettere di parlare o
ascoltare qualcuno e restare semplicemente in contatto con se stessi, la
propria persona, il proprio organismo, il proprio respiro.
Qual'è stato il tuo percorso per diventare un
ultramaratoneta? “Sono partita dalle gare su strada e dalla maratona corse per
le prime volte per seguire le ‘orme’ di mio padre, anche lui maratoneta. Poi
con il tempo mi è venuta voglia di provare una 50km e poi il mitico Passatore
di 100km. Infine, grazie al mio compagno Paolo amante della montagna, ho
scoperto l’ultratrail.”
Lisa scommette continuamente su se stessa,
allenandosi e preparandosi continuamente per percorrere e gareggiare su
sentieri sempre più lunghi ed impervi ponendosi obiettivi sempre più importanti
e facendo di tutto, non trascurando nulla, per portarli a termine.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La voglia
di pormi degli obiettivi anche ‘importanti’ come distanza o dislivello
(nell’ultratrail) e di cercare di lavorarci su per raggiungerli.”
Che significa per te partecipare ad una gara
estrema? “Significa mettermi in gioco, provare a raggiungere l’obiettivo
prefissato, iniziare un’avventura ‘programmata’ e preparata.”
Come la maggior parte delgli ultramaratoneti anche
Lisa ha sperimentato l’esperienza del limite perché ti puoi preparare quanto
vuoi, puoi avere passione, predisposizione ma dietro l’angolo ci può essere
sempre un imprevisto che ti coglie di sorpresa, l’iimportante è non farsi
trovare impreparato e cercare di gestiroo nel miglior modo possibile facendo
leva sull’esperienza acquisita nelo sport e nella vita e considerando che per
ogni problema c’è almeno una soluzione a disposizione e che quando sembra di
non poterne proprio più, se sei fiducioso una porticina da aprire per attingere
nuove energie, nuove soluzioni la trovi.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue
gare? “Si, credo di si’. Al Tor des Geants quest’anno sono arrivata al ‘limite’
non tanto dal punto di vista della gestione della fatica bensi’ da quello della
gestione del sonno. Le prime tre notti di gara ho gestito la carenza di sonno con
dei microsonni ma l’ultima notte (la quarta) è stata dura e credo di essere
arrivata proprio al limite delle mie possibilita’ in tal senso.”
Quale è stata la tua gara più estrema o più
difficile? “Il Tor des Geants…ma e’ stata anche l’esperienza più bella che
abbia mai sperimentato!”
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “Che a volte (non sempre purtroppo!) io (come chiunque altro)
posso trovare dentro me delle risorse fisiche e mentali che non immaginavo
lontanamente di possedere.”
Dalla sua parte c’è tanta passione, tanto
entusiasmo, serenità e condivisione con il compagno Paolo che diventano
meccanismi psicologici indispensabile per continuare a far bene ed avere sempre
stimoli che ti spingono a fare di più e sempre meglio.
Quali i meccanismi psicologici ritieni ti aiutano a
partecipare a gare estreme? “La voglia, l’entusiasmo, la serenita’ interiore e
con chi ti sta accanto sono per me elementi psicologici fondamentali.”
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti
fisici? “La curiosità e la voglia di
vedere se ce la posso fare, sempre con la consapevolezza che non sono un super
eroe e che quindi posso anche fallire perché fa parte del gioco.”
Lisa comunque sta con i piedi per terra, si è resa
conto che certe cose non sono indicate per lei e quindi è consapevole dei
propri limiti rinunciando ad alcune prestazioni sportive.
Quale è una gara estrema che ritieni non poterci mai
riuscire a portarla a termine? “Il Trofeo KIma o comunque tutte quelle gare
dove e’ richiesta la capacita’ di percorrere sentieri con passaggi aerei, parti
attrezzate con corde o catene o passaggi esposti.”
Dal punto di vista della comprensione per questo
tipo di attività prolungata considerata estrema Lisa ha il sostegno e la
comprensione di famiglia ed amici che fanno il tifo con lei e condividono la
sua passione, e questo è importante per la serenità di un’atleta, soprattutto
quando si tratta di vestire la maglia della Nazionale e rappresentare la
propria Nazione.
Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Paolo, il mio compagno, condivide tutto con me:
allenamento, gare, preparazione…e questo oltre ad essere stupendo per me è
anche una bellissima fonte di forza. Mia mamma dice il rosario tutte le sere affinchè
il Signore mi convinca a smettere perché teme che io, abbastanza minuta, possa
consumarmi del tutto!! Mio papà però è mio segreto complice! I miei amici che praticano
anche loro le ultra mi capiscono benissimo…gli altri un po’ meno ma mi
supportano ed incoraggiano lo stesso.
Come è cambiata la tua vita famigliare, lavorativa?
“Devo cercare di ‘incastrare’ tutto: lavoro, famiglia e sport perché le ultra
richiedono indubbiamente tante ore da dedicare all’allenamento. Ho però la
fortuna di condividere tutto con il mio compagno perciò risulta tutto più
facile.”
Hai un sogno nel cassetto? “Si…ma non si dice sennò
non si avvera!!!”
Matteo SIMONE
Psicologo,
Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
CONTATTI: 380.4337230 - 21163@tiscali.it
www.psicologiadellosport.net/eventi.htm
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