Gianluca Di Meo è un ultramaratoneta che ne ha sperimentato tante di gare, con condizioni atmosferiche più estreme, infatti allo scorso raduno italiano ultratrail premondiale raccontava la sua ultima esperienza durante la corsa bianca della quale ne va orgoglioso per averla terminata.
Per Gianluca Ultramaratoneta non significa superare solamente i 42km, ultramaratoneta
è uno stato mentale aldilà dei km. Ultramaratoneta è un avventuriero del
limite.
Gianluca nasce
estremo nello sport. Sembra essere un ingordo dell’attività fisica, di
chilometri, di fatica, per lui non esiste uno sport rilassante.
Qual è stato il tuo percorso per diventare ultramaratoneta? “Io sono nato ultramaratoneta. 30 anni fa appena comprata la
bici mi sparai 200km in una volta sola. Iniziai a correre nel gennaio 2004 e a
maggio corsi la 100km del Passatore".
Gianluca è
incontentabile, è continuamente alla ricerca dell’infinito in tutto quello che
fa, per esempio sport, viaggi.
Cosa ti motiva ad essere ultramaratoneta? “La ricerca nel andare al
limite, l’avventura infinita, mi piacciono i viaggi che non finiscono subito.”
Gianluca ha
trovato il suo Eden, il suo elisir di lunga vita, la sua vita è correre e
soprattutto a contatto con la natura, come tanti altri ultratrailer, piace
coniugare la passione della natura con quella dello sport prolungato, una
ricerca misteriosa e affannosa.
Hai mai rischiato per infortuni o altri problemi di
smettere di essere ultramaratoneta? “Si sospettò una patologia al cuore tutto
rientrato.”
Cosa ti spinge a continuare a essere
ultramaratoneta? “La ricerca dei percorsi della natura della scoperta, ormai
corro solo in natura.”
Sembra che Gianluca se le vada a cercare, va
continuamente incontro al limite, ed ogni volta ne esce fuori, sembra di vedere
un film dove si sa che nel finale il protagonista si salva sempre. Ma è
importante notevole attenzione a quello che si va, ai pericoli ai quali si può
andare incontro, l’esperienza deve servire a tutelarsi, a proteggere se stessi
e gli altri, a trarre lezioni importanti per la vita.
Hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue
gare? “Sicuramente, durante la grande corsa bianca la seconda notte ho
rischiato andando a cercare il limite. Avevo sonno e non stavo in piedi, se
fossi svenuto o crollato sarei morto di freddo da solo, ho vinto io.”
A Gianluca ora non
importa la quantità notevole ed impossibile di chilometri da percorrere o il
tempo da impiegare, ma importa scoprire, conoscere, sperimentare, è una
continua ricerca di zone non di confort per sperimentare sensazioni nuove che
siano di piacere o di spavento, dolore, sofferenza.
Quali meccanismi psicologici ti aiutano a partecipare a gare
estreme? “Ora solo la scoperta, il viaggio, il condurre un viaggio. Sono 11
anni di ultramaratone, motivazioni kilometriche o cronometriche non ne ho più.”
Sembra che Gianluca se le vada a cercare le avventure più
impossibili e strane, ha tanta voglia di avventurarsi in un tunnel,
sperimentare il buio e poi rivedere la luce.
La tua gara più estrema o più
difficile? “La grande Corsa Bianca 160km 7000D+ trainando una slitta di 15kg
sulla neve in autosufficienza.”
Come tanti altri ultrarunner, non esistono gare dove
non ci si riesce, ma c’è la convinzione che se c’è la passione, la motivazione
giusta ed elevata è possibile fare tutto.
Una gara estrema che ritieni non poter mai
riuscire a portare a termine? “Nessuna gara estrema penso di non poter
riuscire. Bisogna avere solo gran voglia e motivazione.”
C'è una gara estrema che non faresti mai? “No,
qualcuna mi piace meno ma ogni gara estrema ha il suo fascino.”
C’è tanta voglia negli ultrarunner di spingersi oltre, di mettersi alla
prova, di uscire fuori dalla zona di confort, per conoscersi meglio, per
sfidare se stessi.
Cosa ti spinge a spostare sempre più in avanti i limiti fisici? “Mettermi
alla prova, capire chi sono e quanto posso ancora spingermi oltre.”
Certo buttarsi sempre nella mischia, entrare sempre
nel tunnel, desta sempre un po di preoccupazione per i famigliari.
Cosa pensano familiari e amici della tua
partecipazione a gare estreme? “Che sono matto, irresponsabile.”
Nella vita si fanno delle scelte, molti
preferiscono poltrire o restare in una zona di estremo confort per non rischiare
un giudizio, una brutta figura, o di sdare semplicemente scomodi e altri per
sentirsi vivi devono sentire il proprio corpo, le proprie sensazioni corporee,
il cuore che palpita, il respiro affannoso, il sudore colare da proprio corpo,
il senso di fame, sete, freddo, caldo, c’è tanto bisogno di sentire.
Che
significa per te partecipare a una gara estrema? “Essere vivo.”
Ti va di raccontare un aneddoto? “Ero sul divano, correvo
al massimo 42km su asfalto, qualche 100km su strada, all’improvviso il TG5,
Marco Olmo aveva vinto l’UTMB. Cos’era questo UTMB? 166km 10.000 metri di
dislivello positivo in montagna. Massacrante! Mai corso in montagna, il giorno
dopo comprai scarpe da trail e zainetto. 4 anni dopo finii il mio primo UTMB. 8
anni dopo invitai Olmo a correre sui monti di casa mia. Strana la vita".
Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare
ultramaratoneta? “Da piccolo, più correvo, più andavo in bici, più stavo sotto
l’acqua gelata, più ero contento, più spostavo i miei limiti più ero contento,
non mi interessava la velocità ma la durata".
Per Gianluca
il lavoro è un attesa, la vita è al di fuori del lavoro, quando mette le
scarpette e sperimenta fuga e libertà infinita.
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “Ho preferito abbandonare un lavoro di responsabilità per fare il dipendente in ufficio, ridurmi stipendio, stimoli ma avere più vita per fare l’ultramaratoneta.”
Come è cambiata la tua vita familiare e lavorativa? “Ho preferito abbandonare un lavoro di responsabilità per fare il dipendente in ufficio, ridurmi stipendio, stimoli ma avere più vita per fare l’ultramaratoneta.”
Gianluca è una persona impaziente, non gli va di aspettare, di fare qualità, lui
deve andare subito ed il più lontano possibile.
Se potessi tornare indietro cosa faresti o non
faresti? “Probabilmente farei un po' più velocità. Sono arrivato a un buon
livello con buoni piazzamenti e poi mi sono seduto e ho cominciato ad
allungare le distanze per mancanza di pazienza.”
Un sogno nel cassetto? "L’Iditaroid (avventura estrema sia per le
condizioni climatiche, con temperature spesso vicine a -40 °C, che per la
lunghezza del percorso, ben 1770 km. Si partecipa a piedi, in bici o con gli
sci) dove per usare il cellulare ci vogliono tre persone per le bassissime
temperature".
C’è una domanda che non ti ho
fatto o qualcosa che vuoi dire? “Una cosa che non ho detto perché non mi si
vede mai fare gare, io ho corso quasi un centinaio tra maratone e
ultramaratone, ma ho più di 200 autogestiti importanti fatti da me, a me piace
correre libero, senza pettorale, senza bisogno di sorteggi, senza orari di partenza
o bandelle da seguire, la mia avventura e i sentieri sono liberi di essere percorsi
quando si vuole senza mille persone a contendersi un traguardo. Questo per me è
un concetto importantissimo. Grazie di cuore.”
Gianluca, come tanti altri
Ultratrail, è uno spirito libero e questo ci tiene a sottolineare, non ci sta a
seguire regole troppo rigide come gli orari, incolonnamenti, masse di gente, a
lui piace la libertà, il perdersi per poi ritrovarsi, lo smarrirsi, per
conoscersi sempre di più, per vedere, verificare sempre dove può arrivare, è
come mettersi una benda agli occhi ed andare avanti esplorando il territorio.
Gianluca è menzionato nel mio “Sport, benessere e performance”, edito da Prospettiva Editrice,
dove sono riportare le tante gare della
sua vita: “Ce ne sono talmente tante, che non saprei da dove partire e ciò è
positivo. Le gare sofferte comunque ti lasciano qualcosa. Ma quelle dove hai
iniziato soffrendo, e le finisci in crescendo e in posti straordinari, sono
quelle che porto dentro.
‒ La 100 km di Lipsia 2008, la mia
seconda 100 km. Sensazioni fantastiche dall’inizio alla fine; inesperto, chiudo
in terra tedesca 7° con 8h20’.
‒ La Bologna Zocca di 50 km, l’ultra
maratona di casa. Tanti amici sul percorso a fare il tifo e io a battagliare
con i migliori ultra maratoneti in Italia. Chiudo 6° a 15’ da Marco
D’Innocenti.
‒ L’UTMB 2010 acciaccato, percorso
dimezzato per maltempo, le sensazioni man mano che i chilometri passavano
diventano migliori. Chiudo 119° su 2˙500 partenti da tutto il mondo.
‒ Valdigne 2011, in Valle d’Aosta:
paesaggi stupendi e io che da 100° al 50° km, vado in crescendo e chiudo dopo
100 km al 15° posto, superando atleti del calibro di Gianluca Galeati e
Francesca Canepa.
‒ UTMB 2013, l’ultima gara a cui pensavo
di partecipare nella mia vita. I miei genitori, mio nipote, mia sorella sul
percorso. Una gara che neanche dovevo iniziare, ma gestita bene e non
soffrendola mai dall’inizio alla fine: ed erano 168 km!
‒ Lavaredo 2014, la rinascita. Dopo mesi
senza gare, una rivincita per 120 km: dall’inizio alla fine belle sensazioni.
Chiudo 77° in 18h30’.
‒ Grande Corsa Bianca 2015: serenità,
forza, ingegno, paesaggi stupendi. Lì ho capito chi sono come atleta e cosa mi
fa stare davvero bene: il ghiaccio, l’autosufficienza, gli spazi deserti
bianchi e in solitudine, il mio ambiente naturale.”
Interviste a Gianluca sono riportate nei
miei libri:
“Ultramaratoneti e gare estreme”, edito
da Prospettiva Editrice.
Matteo SIMONE
Psicologo,
Psicoterapeuta Gestalt ed EMDR
CONTATTI: 380.4337230 - 21163@tiscali.it
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